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Autore: Bloody_Schutzengel    27/04/2013    5 recensioni
*Dal Testo*
Sono ancora una nazione…? La osservo quasi attentamente anche se non ci tengo conto. Era la mia bandiera, la bandiera italiana. Verde, bianca… rossa… osservo con disprezzo lo stemma al suo centro sulla parte candida: lo odio. Odio il mio sovrano, quel vigliacco che ha approvato l’avverarsi di questa distruzione. Figlio di puttana.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Abbiamo perso hai perso ho perso.




Cammino barcollante, quasi non mi reggo in piedi. Il mio volto è per terra, coperto dai miei ridicoli capelli che pendono in avanti. Sì, sono ridicoli, come me. Le mie spalle sono pesanti, anche se l’unica cosa che preme sopra di loro è l’aria contaminata dalla nebbia del fumo della guerra. Sì, la guerra che ho perso. Mi fermo, esausto, anche se fin ora niente di che ho fatto, essendo inutile al massimo grado, secondo me, secondo te, come la pensano tutti, tutto il mondo. 

I miei occhi sono mirano alla bandiera che ho in mano, la sento pesante e quasi non più mia. Sono ancora una nazione…? La osservo quasi attentamente anche se non ci tengo conto. Era la mia bandiera, la bandiera italiana. Verde, bianca… rossa… osservo con disprezzo lo stemma al suo centro sulla parte candida: lo odio. Odio il mio sovrano, quel vigliacco che ha approvato l’avverarsi di questa distruzione. Figlio di puttana.

Mi sento così solo… alzo lo sguardo vuoto e osservo la strada senza fine davanti a me, soffocata dalle due strisce di palazzi ai lati del percorso polveroso. I loro tetti non esistono più, sono frastagliati, a zig zag, con vetri che pendono, ferri e pietre rotte. Mi bruciano gli occhi per la polvere che si alza col vento, per il fumo e per colpa delle lacrime già versate in precedenza e che sto continuando a versare senza rendermene conto. Piango senza accorgermene, sì. 

Il mio volto, dapprima spento si corruga in uno sguardo di odio e si abbassa di nuovo, si possono distinguere i miei gemiti, i miei singhiozzi. La mia bocca è dolente, coi denti digrignati, voglio urlare. All’improvviso, come d’istinto alzo il volto al cielo e grido.  Non una frase, né una parola, una semplice vocale. Nessuno mi sente… e che mi aspettavo… sono solo, qui non c’è nessuno né niente e le uniche persone che ci sono, sono a terra, morte, dilaniati i loro cadaveri, sono grigi come il cielo e come il paesaggio, se così si può ancora chiamare. A quanto pare, sono l’unica cosa ancora colorata in questo mondo… la mia uniforme celeste, ridicola, ne strappo un lembo, alla fine della camicia e lo stringo forte in mano, ma non abbastanza da non farlo volare insieme alla folata di vento che arriva.

In un gesto di rabbia afferro con tutte e due le mie misere e luride mani l’asta di quella sporca bandiera, la alzo e rovinosamente la faccio cadere sul mio ginocchio piegato in avanti. Anche con tutta la mia rabbia, non riesco a romperla, mi faccio solo male, di più di quanto non mi sia già fatto. Mi sfogo con dei gemiti di dolore, giacché le mie gambe erano già distrutte quasi. Cambio tattica e la sbatto contro un muro del palazzo vicino, ma ottengo solo che la pietra crolli. E’ impossibile quasi… Provo a  strapparne il drappo dai colori spenti, ma le mie dita bruciano allo sfregamento. Com’è possibile che una bandiera… un pezzo di legno non si rompa? Eppure questo stato non esiste più, inutile com’è stato, com’è… Io non esisto più agli occhi di tutti. Lascio cadere la bandiera, mi arrendo.

Continuo a camminare, quasi cadendo, sento una forza che mi tiene ancora in piedi, uno spirito. Nonno sei tu…? Non so che dire, potrebbe essere… lui è colui che c’è sempre stato, non come mio fratello, o come lui… come loro… Il nonno mi ha sempre difeso e tutto quello che volevo era somigliare a lui, al mio supereroe, al mio idolo, ma questo fino a quando non ho incontrato quel bastardo. Sì, è un bastardo, come dice mio fratello Lovino. Forse avrei dovuto ascoltarlo quando diceva che mi avrebbe abbandonato… ma io sono stupido ed inutile, come potevo intuirlo…? Solo ora mi rendo conto che ho amato ed amo ancora, forse, un mostro. Lui e il suo superiore hanno creato ciò su cui i miei piedi poggiano ormai indifferenti: corpi di umani, donne, bambini, anziani, uomini tutti denutriti, bruciati, mutilati. Si riconoscono soldati del mio paese, del suo paese e vittime innocenti che sono stati dichiarati deboli, inferiori, inutili. Guardo tutto questo scempio e mi domando… come posso amarti ancora dopo tutto questo? Come posso amarti sapendo di aver ubbidito a bacchetta agli ordini di quel pazzo uccidendo innocenti senza rimpianti? Come posso ancora amarti sapendo che hai anche ucciso la mia gente, de mio paese, tuoi alleati fidati…?

E penso a tutti questi punti interrogativi mentre salgo sul tetto di uno dei pochi edifici non ancora distrutti. Sulla sua cima c’è una bandiera rossa, bianca e nera con quel simbolo che tu mi spiegasti essere il sole stilizzato. E’ la tua bandiera. Odio anche quella perché è il simbolo di tutto questo. Non ci faccio caso e cado a terra in ginocchio barcollante.

Perdo i sensi e l’ultima cosa che vedo è quella schifosa bandiera, come la chiamano tutti, nazista.
 


   

 

“Feliciano? Dove sei? Fratello!” lo sto chiamando da un sacco di tempo, mai che una volta mi ascoltasse o rispondesse… bah. Non so più che fare con lui. Sono arrabbiato, come sempre, dicono. Nervoso, asociale, violento. Mi seguono due tizi biondi armati che mi hanno detto di cercare quella testa di cazzo di Feliciano, così faccio. Me ne fotto di tutto quello che vedo, ho visto abbastanza fin ora e non ho più paura, dopo quei quattro giorni. Sì, quei quattro fottuti giorni dove ho cercato di sconfiggere quel bastardo che ti eludeva con le sue parole. Ho cercato di proteggermi e proteggerti in quei quattro giorni schifosi, in cui ho liberato la mia gente e la tua gente, la nostra gente, di questo cazzo di paesediviso da sempre. I miei occhi, impassivi di ciò a cui assistono, sono solo attenti a guardare i miei piedi e il davanti, per evitare di cadere. Sono sporco e ferito, ma non me ne fotte piu’ niente. Che ho da temere? Quattro graffi? Ne sarà valsa la pena se riesco a trovare  mio fratello. 
“Feliciano!!!” mi sgolo.

Calpesto senza curarmene la bandiera nostra, tanto ne faremo un’altra. Non so come ma riesco a distinguere l’uniforme di quel pazzo di cui mio fratello di era invaghito. La fisso dal basso e mi affretto a raggiungerlo. Inciampo su qualche scalino ma non me ne fotte più niente, qualunque cosa per farla la finita. Quei due che si dicono nostri alleati mi seguono, li sento parlare, non curandomi delle loro parole, ma mi fisso in testa i loro nomi anglo-americani: Alfred ed Arthur, così se mi serviranno potrò minacciarli o non so cosa. Arrivo sul tetto e sgrano gli occhi: che schifo. Il crucco è lì con il corpo, all’apparenza morto, di mio fratello. Come fa schifo. Lo odio, l’ho sempre odiato, ma adesso più che mai. Le mie ciglia si aggrottano, i miei denti si mostrano, digrignati, sembro un cane rabbioso appena inizio a ringhiare, come dicono quei due dietro di me che ho avvertito abbassare le armi.

“Lascialo stare, stronzo! Lascialo! Lascialo!!” Gli urlo ringhiando e correndo. Lo riesco a spingere a terra e a bloccarlo. E’ strano, non è stato mai così debole, quel bastardo. Sono sopra di lui e riesco a sopportare il tentativo delle sue mani di liberarsi, nonostante sia molto più grande di me. Ho voglia di ucciderlo. Ho voglia di sputargli in faccia, per quello che ha fatto a quella povera gente, ma soprattutto a noi. A me e mio fratello che lo ha amato e forse lo ama ancora. Cazzo, Feliciano, come fai a essere così cieco? Me lo spieghi? L’inglese mi urla di lasciarlo, ma prima che potesse finire di avvertirmi, prendo io l’iniziativa ed intriso di rabbia mi fiondo su mio fratello morente che giace a terra su un fianco. E’ sveglio, ma debole. Vorrei sgridarlo, punirlo per non avermi dato ascolto, per avermi considerato nulla… il suo fratello maggiore. Lo vedo aprire gli occhi a fatica, il suo respiro cresce impaurito e veloce, io lo sento più leggero sulle mie braccia che lo stringono lievemente.

Lo chiamo sottovoce, ma lui è come se non mi vedesse. Parliamoci chiaro, chi cazzo se n’è mai fottuto di me? L’ignorante, inutile ed arretrato Sud Italia. Spagna? Mi ha abbandonato. “Sono neutrale” ha dichiarato prima di questa schifosa guerra. Mi ha abbandonato per salvare il suo culo, bastardo… Eppure pensavo mi volesse bene, mi amasse, come mi ha amato ai quei tempi, quando eravamo padrone e colonia. Ma cosa mia aspettavo. Accecato dalla rabbia guardo per terra sentendo le loro schifose voci.   

 






Non so come, ma mi sono svegliato. Non so come ma ora riesco a correre e corro verso di te, che sei per terra per rialzarti. Ti abbraccio, ti stringo forte e bevo le mie lacrime miste a sangue e polvere. Sono felice, almeno un po’, perché ho ritrovato il mio mostro, il mostro che amo dopotutto. Sforzo un sorriso sul mio orribile volto, ma sento qualcosa che mi preme sul petto: le tue mani guantate mi respingono. Io non mi arrendo, ma tu mi spingi con forza, così da convincermi ad alzarmi. Mi alzo e ti guardo interdetto: perché…? Perché mi fai questo? Io ti ho perdonato per tutto… e tu mi respingi? Respingi colui che ciecamente ti ha seguito fin qui, come un cagnolino senza padrone che nonostante le bastonate ed i colpi col giornale, rimane fedele.

Cosa vuoi da me che io non ti abbia dato? Fedeltà? Ancora? Affetto? Sesso? Forse può essere che vuoi solo il mio corpo… Mi strappo le vesti, la divisa, la camicia nera, la cravatta ma la mia forza si esaurisce, non risco a spogliarmi dei miei stivali perennemente slacciati e dei miei pantaloni.  

D’improvviso, prima che io possa correre verso di te per chiederti spiegazioni ed abbracciarti di nuovo, due ragazzi da dietro di tengono per le braccia e mi tirano. Mi dicono di arrendermi, di venire con loro, ma io non do loro ascolto e tiro, urlo, piango a dirotto lacrime che non vogliono uscire. Riesco a muovere qualche passo. Mio fratello si mette davanti a me e mi tiene le spalle. So che mi sta cercando di guardare negli occhi ma io tengo il viso basso, con la bocca aperta urlante.

Sono cieco, impazzito, fuori di senno. Non sono Feliciano, sono un animale, ma per te tutto. Non sento niente, sono diventato sordo per le mie, le tue e le vostre urla, le grida di tutto e tutti, di questo mondo storpiato. Sento come un boato, solo questo. Non distinguo le parole di nessuno, nemmeno le mie, ma urlo i miei pensieri. Sono sbattuto da mio fratello e tirato dai suoi alleati che fino a qualche giorno prima odiava. Li sento ordinare qualcosa al mio fratellone che credo ubbidisca, dato che mi prende lui da dietro le braccia e mi stringe forte, mi fa male e fa urtare contro il suolo.

Sanguino e sporco tutto di rosso. Rosso e grigio. Mi urla di fermarmi ed io, stremato e sto in silenzio a guardare il mio Ludwig in ginocchio davanti a me, come me, retto da quei due biondi. Gli sanguina la fronte e la polvere gli sporca quel suo viso perfetto, il suo meraviglioso viso di porcellana ruvida. Spiccano i suoi occhi tra i fili di capelli dorati luridi non più in riga. Ci guardiamo negli occhi. Ambra contro celeste. Mare contro montagna. Amore e, probabilmente, odio.

Sorrido sadicamente.


Piango.



Abbiamo perso.






*Angolo di Ania*

Ecco... non so cosa sia ma vi ringrazio si essere arrivati a leggere fino a qui questa Fic, se così la si può definire. Dopo questo scempio ho capito che Love Is War nelle orecchie per tre ore di fila fa deprimere (anche se io sono sadica ma vabbè) ... eh... che più vi raccomando di RECENSIRE!!! Anche se vi fa schifo, lo so. Se volete chiarimenti sulla Fic non esitate a chiedere. un abbraccio gratis, un bacio e alla prossima! *sorride idiota* - Ania. 

 
   
 
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