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Autore: GiuliaGiuxi    27/04/2013    1 recensioni
"Avevamo tutti e due paura di non essere capiti, ma in realtà eravamo noi due a non capire: non capivamo che avevamo già un "noi". Per quanto strano fosse sono arrivato alla conclusione che tu capivi me e io, anche involontariamente, senza pensarci troppo, capivo te. Non mi dovevo impegnare, era questione d'istinto, natura e cuore."
*Titolo provvisorio*
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi ricordo di averti detto che avrei vissuto da solo, con un cane e avrei coltivato le verdure nell'orto dietro casa, sempre da solo. Mi ricordo anche che tu mi dicesti che avrei avuto una brutta vita, perché a stare soli sempre si diventa soli dentro. Però ricordo anche che tu dicesti che avevi paura che il futuro che io speravo di avere sarebbe capitato a te. Avevi paura di finire da sola, in un condominio, a parlare con i gatti cercando di farti capire, almeno da loro. Avevi paura che nessuno ti capisse, che tu fossi il problema perché non riuscivi a farti capire da nessuno. Io, invece, pensavo che nessuno mi capisse perché ero troppo speciale e per quello dovevo passare la mia vita da solo: bastava che mi capissi io, cosa mi importava degli altri?
Avevamo tutti e due paura di non essere capiti, ma in realtà eravamo noi due a non capire: non capivamo che avevamo già un "noi". Per quanto strano fosse sono arrivato alla conclusione che tu capivi me e io, anche involontariamente, senza pensarci troppo, capivo te. Non mi dovevo impegnare, era questione d'istinto, natura e cuore. 
E così mi sono ritrovato a cambiare, nei miei pensieri, quella casetta solitaria che condividevo con il cane, con la stessa casetta, ma con te al mio fianco. Mi immaginavo a strimpellare la chitarra cercando di far uscire fuori le parole direttamente dal mio cuore, per farmi capire meglio, come faccio sempre.
Tu eri lì, che sorridevi e canticchiavi qualche vecchia canzone mentre scrivevi frettolosamente sul quaderno, dimenticando la punteggiature e qualche parola, troppo concentrata com'eri a seguire il filo dei tuoi pensieri che galoppavano veloci, molto più veloci della tua penna. 
E stavi lì, con la faccia concentrata e i denti a morderti la lingua, come fai sempre quando sei tanto presa da qualcosa.
Poi ho pensato a ciò che mi dicevi tu, a quello che volevi fare, cioè trasferirti a Londra che "è la mia città, me lo sento nel sangue" così dicevi. 
E così ci immaginai in un piccolo bilocale, a fare lavoretti per pagare l'affitto tra una lezione di scrittura creativa e l'altra all'università, perché era quello che volevi fare, e perché piaceva anche a me. Insomma, incasinati e felici.
Poi però ho pensato ai tuoi occhi tutte le volte che parlavi di Disneyland, di come si illuminavano ogni volta e ho capito che ti ci avrei portava, che avrei comprato una stanza dell'albergo per sempre, se era quello che ti faceva felice. Sognavi di lavorarci, a Disneyland, di fare un personaggio. Ricordo tutti i tuoi personaggi preferiti. Io avrei fatto Peter Pan perché ho sempre saputo che avevi una cotta per lui. 
Poi però mi è venuto da sorridere perché, ormai, dovunque mi immaginassi nel mio futuro, era normale per me immaginarti al mio fianco. Ero felice al solo pensiero di poter vedere il tuo sorriso ogni mattina. Mi scoppiava il cuore di gioia nel sapere che quel sorriso era solo per me, tutto mio.
E mi hai fatto capire cosa sia l'amore: ritrovarsi a pensare sempre alla felicità di un'altra persona, prima ancora della tua, perché sai che solo attraverso la sua, di felicità, sarai felice anche tu.
Quindi, prima di dirti che ti amo, ti devo ringraziare perché io sarò uno dei pochi che, prima di morire, avrà conosciuto la verità del verbo "amare". Tutto questo grazie a te, Sophie.
Mi dispiace se ho aspettato così tanto per dirtelo, ma avevi ragione tu, sai, tanti anni fa quando mi dicevi 'allora sei un codardo': si, sono un codardo. Sono un codardo perché ho aspettato 10 anni per dirti quello che provavo da sempre, per dirti che ti amo. Ma ti ricordi cosa dicevo sempre quando mi rimproveravi perché avevo portato i compiti una settimana dopo il giorno di scadenza? 'Meglio tardi che mai'.
Ti amo,
John.

 
*Rullo di tamburi*
Eccomi di nuovo qui, signori e signore, a rompervi con un'altra (forse) storia!
L'altro giorno stavo male e il mio cervello malato ha partorito una strana idea, cioè quella di questa storia
e così mi sono messa subito a scrivere.
Ora, se qualche anima pia decidesse di seguiremi, il che sarebbe molto improbabile,
vi devo avvertire che non so quanto velocemente io riesca a postare
perchè sono molto molto molto presa con la scuola.
e non so nemmeno se riuscirò a completarla, questa storia!
Btw, io ci provo e spero che a qualcuno piaccia,
e spero anche che vogliate darmi il vostro parere, anche se siamo solo al prologo.
Vi voglio bene,
Giuls

 
   
 
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