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Autore: itswinter    27/04/2013    1 recensioni
Mi incuriosirono i suoi occhi, erano scuri e tenebrosi. Familiari.
E non accennava a spostarli da quelli della sottoscritta.
Aveva dei riccioli scuri che gli ricadevano abbastanza ordinati sulla fronte,
il volto era liscio senza un accenno di barba e i capelli ricci glielo incorniciavano alla perfezione.
Ancora non avevo spostato gli occhi da lui, che sentii la voce della ragazza davanti a me
parlare nuovamente.
- Ethan Davies. - disse.
- Che cosa? - risposi confusa io.
Mi costrinsi a staccare gli occhi dal ragazzo e spostai la mia attenzione su la ragazza davanti a me.
- Ethan Davies. - ripetè - E' il ragazzo che ti sta fissando.
Quello con quell'aria da bello e dannato. -
Ethan Davies, anche il suo nome era bello..
Eh si, bello e dannato erano proprio gli aggettivi che più gli si addicevano!
- Qual'è il suo problema? - chiesi allora, intenzionata a scoprire qualcosa in più su di lui.
- Nessuno lo sa, tutti hanno paura di lui. Si dice che abbia ucciso tutte le sue ex con un'accetta,
e che abbia nascosto i resti qui da qualche parte. Io non mi avvicinerei troppo, fossi in te. -
disse allora lei, con un tono più gentile.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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because you're obsessed with me.

(perché sei ossessionata da me.)


 
Eccomi qua, con una nuova fan fiction, la prima romantica che scrivo.
Vorrei sapere cosa ne pensate e se vale la pena continuare,
è la ff a cui tengo di più e vorrei poter migliorare anche grazie ai vostri consigli.
Vi lascio al capitolo, spero vi piacerà.
p.s. aggiunto dopo la pubblicazione del primo cap: ho notato che viene seguita molto questa storia,
ma nessuno recensisce e non ha senso continuare così..

Anche se non vi piace gradirei saperlo, così posso provare a migliorare.
Ma fatemi sapere che ne pensate per favore.

1- SGUARDI.

 
- Charliiiiiiiie! -
Ed ecco il classico risveglio in casa Johnson.
Tutte le mattine era quella storia:
- mia sorella urlava dal piano di sotto alle sette del mattino per svegliarmi.
- io mi svegliavo con il mal di testa
ed infine
- io andavo a scuola con il giramento di scatole grazie alla mia cara sorellina
a cui piaceva urlare per tutta la casa.
Ma quel giorno era stato mio padre ad urlare, perché era il nostro primo giorno
alla Padua High School, e non voleva che io e mia sorella Savanna facessimo tardi.
Era Lunedì 14 Settembre, il sole splendeva in cielo illuminando tutta la mia stanza,
il cui pavimento era ancora ricoperto di scatoloni pieni di oggetti dal trasloco,
e il primo giorno di scuola si faceva sentire rendendomi nervosa e agitata.
Indossai velocemente il mio paio di jeans preferiti, quelli chiari, e una canottiera color acqua marina.
Spazzolai velocemente i miei capelli lunghi castani facendone poi due trecce,
e mi misi in testa il mio beanie nero preferito, che mi dava quell'aria da ragazza ribelle.
Mi guardai un'attimo allo specchio del bagno e fissai con insistenza la trousse
dei trucchi che mi aveva regalato mia madre anni prima.
"Dovevo truccarmi per fare una buona impressione il primo giorno di scuola?"
mi chiesi mentalmente.
Non mi ero mai truccata, nemmeno un filo di matita, quindi scartai l'idea.
Era solo il primo giorno nel nuovo liceo, nulla di che.
Con questi pensieri fastidiosi per la testa scesi al piano di sotto dove mia sorella
si mangiava mezza frittella. Lei e la sua stupida dieta.
- Buongiorno Char! - esclamò mio padre, raggiante.
- Papà! Quante volte ti devo ripetere che non devi chiamarmi così?!  - gli chiesi.
Si ostinava a chiamarmi così di prima mattina, tanto per punzecchiarmi un po'.
- Scusa tesoro, ma mi diverte troppo la tua faccia. - mi disse lui, con un sorrisetto.
- Beh, oggi non sono proprio in vena, sono nervosa e non so cosa aspettarmi dal nuovo liceo,
quindi ti prego di non interferire. - ribattei. Così lui si scusò con lo sguardo.
Mi preparai una tazza di latte e presi una delle mie barrette ai cereali dalla cucina.
Poi mi sedetti accanto a mio padre, che come ogni mattina leggeva il giornale, e feci colazione.
- Io vado ragazze, il lavoro mi aspetta. - annunciò mio padre dopo un po'.
Faceva il dottore, ed era il primo giorno anche per lui nell'ospedale di Seattle, King County.
- Okay papà, ti chiamiamo quando torniamo da scuola. - lo rassicurai io.
- Perfetto, a dopo. - disse dopo averci stampato un bacio sulla fronte.
Uscì di casa con la sua ventiquattrore in mano e partì nella sua macchina ormai
troppo vecchia per definirla tale.
- Si parte tra dieci minuti, ti conviene fare in fretta. - annunciai a mia sorella che stava
ancora spilluzzicando la sua (mezza) frittella.
- Vabbene mammina. - mi sfotté lei.
E io ebbi un sussulto.
 
Mamma.. nostra madre ci aveva lasciato  anni prima, quando io ero una quindicenne
piena di domande e in cerca di consigli.
Scoprire che mia mamma tradiva mio padre fu un duro colpo per me.
Ma lui non sembrò molto scalfito da questo.
Ci spiegò che era da tempo che lo sospettava, e non esitò nel decidere di trasferirsi
insieme a noi in un altro paese, lasciandola li con il suo amante.
Non l'ho mai perdonata per quello che ci ha fatto.
Tradire papà è stato come tradire noi.
E non ho mai capito il motivo, in quanto nostro padre uomo estremamente gentile
e premuroso nei confronti di tutta la famiglia.
 
Cercai di scacciare quei pensieri tristi con tutta la mia buona volontà e tornai al piano
superiore per finire di preparare la cartella.
Quando fui in camera mia guardai tutti gli scatoloni pieni delle mie cose ancora da sistemare.
Mi faceva troppo fatica riordinare la mia stanza nella settimana in cui eravamo arrivati li,
quindi avevo lasciato tutto a terra, ripromettendomi che avrei messo a posto tutto
nelle settimane a venire.
Raccolsi la mia tracolla e la riempii con un quaderno, il mio libro preferito,
Harry Potter (cosa che a qualcuno sembrava infantile ma che io amavo),
probabilmente lo avrei letto all'intervallo, e il mio astuccio nero dell'Eastpack.
Chiusi la porta-finestra che dava sul balcone (che avevo lasciato aperta perché nella notte
faceva un caldo pazzesco)
e scesi di corsa le scale per poi afferrare una mela che avrei mangiato per pranzo.
Mia sorella mi aspettava davanti alla porta con il suo zainetto fucsia,
e indossava  la sua gonna più corta. I capelli biondi erano legati in una coda alta perfetta.
- Non stiamo andando ad una sfilata, Sav. - le dissi con una smorfia.
- Ah, sta zitta, tu con capisci nulla di moda! - mi ammonì lei.
Beh, a dir la verità non è che non ci capivo nulla, è che non mi interessava.
Le diedi una spintarella per farla procedere verso la mia macchina, di seconda mano color grigio,
e mi chiusi la porta dietro le spalle chiudendola successivamente a chiave.
In macchina misi in moto e abbassai completamente il finestrino per il caldo afoso
che faceva in quell'abitacolo stretto.
Partii con un po' di agitazione addosso e in silenzio ci avviammo a scuola.
Arrivati davanti alla Padua High School parcheggiai li di fronte, e io e mia sorella osservammo
la scuola per diversi minuti, poi ci decidemmo a scendere.
Aprii lo sportello e non feci in tempo a mettere un piede a terra che una moto
mi venne quasi a sbattere contro.
Alzai lo sguardo e incontrai gli occhi scuri del ragazzo alla guida di quel mezzo di trasporto che avevo sempre odiato.
Non riuscivo a vedere il resto del volto del ragazzo, che era coperto dal casco,
ma potevo vedere le sue sopracciglia aggrottate e i suoi occhi scuri puntati su di me.
- Ehi, maleducato, sta più attento la prossima volta se non ti dispiace. - decretai pungente dopo essermi ripresa.
Lui mi guardò ancora per qualche altro secondo facendo passare i suoi occhi lungo tutto il mio corpo
e riportandoli infine sul mio volto, che aveva assunto una smorfia interrogativa.
- Finita la radiografia? - chiesi scocciata.
Lui scosse la testa e fece marcia indietro, per darmi la possibilità di uscire dalla macchina
e di raggiungere mia sorella sul marciapiede.
Quando fui accanto a lei il ragazzo ripartì con un rombo fortissimo e parcheggiò più avanti.
- Bell'inizio giornata, eh, sorellona? - mi chiese mia sorella con un ghigno.
- Che simpatica. - le dissi alzando i miei occhi castani al cielo.
Entrammo nella nuova scuola, un po' timorose e agitate.
Io dovevo iniziare il mio ultimo anno di liceo, mentre Savanna era al terzo.
Insieme ci avviammo verso la segreteria dove prendemmo il nostro orario delle lezioni
e ci salutammo per poi dirigerci verso le rispettive classi.
Alla prima ora avevo "Storia degli U.S.A.", e per tutta l'ora non feci altro che prendere appunti,
ma sentivo gli occhi di qualcuno puntati sulla mia schiena.
Non mi girai mai, non ce la facevo. E non chiedetemi perché, non lo so neanche io.
Sta di fatto che quando alla ricreazione mi ritrovai in giardino alla ricerca di un tavolo libero per mangiare,
continuai a sentirmi osservata insistentemente.
Scrutai tutti i tavoli presenti ed era libero solo un posto in un tavolo a due dove sedeva una ragazza
con qualche kilo di troppo piegata a ingonzarsi con un cheeseburger della mensa.
Mi avvicinai cauta e quando gli fui davanti mi schiarii la gola e attirai la sua attenzione.
Puntò i suoi occhi chiari contornati da uno spesso strato di matita nera nei miei e poggiò il panino nel suo vassoio.
- Si? - mi chiese, come per dire "allora, che cazzo vuoi?".
- Posso sedermi? E' l'unico posto rimanente e non vorrei dover mangiare in .. -
ma non mi lasciò finire la frase che mi prese per un polso e mi fece sedere davanti a lei.
- Basta che stai zitta, ho un mal di testa allucinante e non mi va di sorbirmi le tue cavolate. - affermò.
"Ma che problema hai!?" pensai dentro di me. E poi dicevano che ero io l'acida.
Mi accomodai meglio sulla sedia e tirai fuori la mela che mi ero portata da casa.
Iniziai a mangiare in silenzio, ma la sensazione di essere osservata ancora mi infastidiva.
Così mi girai e trovai un ragazzo affacciato a un balcone che dava sul cortile con i suoi occhi puntati su di me.
Mi incuriosirono i suoi occhi, erano scuri e tenebrosi. Familiari.
E non accennava a spostarli da quelli della sottoscritta. Dire che era bello era riduttivo, era veramente poco.
Aveva dei riccioli scuri che gli ricadevano abbastanza ordinati sulla fronte,
il volto era liscio senza un accenno di barba e i capelli ricci glielo incorniciavano alla perfezione.
Era un dio, nel vero senso della parola.
Ancora non avevo spostato gli occhi da lui, che sentii la voce della ragazza davanti a me parlare nuovamente.
- Ethan Davies. - disse.
- Che cosa? - risposi confusa io: non avevo la più pallida idea di cosa\chi stesse parlando.
Mi costrinsi a staccare gli occhi dal ragazzo e spostai la mia attenzione sulla ragazza davanti a me.
- Ethan Davies. - ripeté - E' il ragazzo che ti stava fissando.
Quello con quell'aria da bello e dannato. -
Ethan Davies.. anche il suo nome era bello..
Eh si, bello e dannato erano proprio gli aggettivi che più gli si addicevano.
- Qual è il suo problema? - chiesi allora, intenzionata a scoprire qualcosa in più su di lui.
- Nessuno lo sa, tutti hanno paura di lui. Si dice che abbia ucciso tutte le sue ex con un'accetta,
e che abbia nascosto i resti qui da qualche parte. Io non mi avvicinerei troppo, fossi in te. -
disse allora lei, con un tono più gentile.
- Io sono Miller, comunque. - si presentò poi.
Le strinsi la mano che mi stava porgendo e mi presentai anche io:
- Charlie, ma chiamami come ti pare, il mio nome non mi è mai piaciuto. - feci un sorriso tirato.
Ero felice di conoscere qualcuno, e credevo che sotto quella corazza superficiale si nascondesse
una ragazza sensibile come me. Almeno lo speravo.
- Non mi fa paura quel tizio comunque, Nathan o come si chiama. - continuai.
Avevo sbagliato a dire il suo nome di proposito, Ethan ormai me l'ero impresso dentro.
- Io ti ho avvertito. - mi sorrise lei alzando le spalle.
 Finimmo di mangiare in silenzio e non mi voltai più, forse un po' di paura ce l'avevo adesso.
Ci salutammo alla fine della ricreazione e andammo nelle nostre classi.
Dopo due ore di Inglese mi recai nuovamente in giardino per aspettare mia sorella e ritornare a casa.
Sentii uno strano odore di vernice e mi avvicinai ai muri dietro alle rampe delle scale.
C'era Miller che stava facendo dei graffiti, ed era veramente brava. Peccato che fosse vietato.
- Miller! Ma che fai? E' vietato! - la ammonii io. Lo avevo letto nel regolamento scolastico.
- Lo so ma è la mia passione! Non dirai niente, vero Charlie? - mi implorò allora lei con lo sguardo.
- Ok, ok. - sospirai allora io, annuendo.
Poi spostai lo sguardo alle nostre spalle e trovai il ragazzo misterioso intento
a mordere una mela piegato a leggere un libro.
Quando alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi scuri nei miei ebbi un sussulto e decisi cosa avrei fatto.
Mi avviai nella sua direzione e non staccai mai gli occhi dai suoi.
- Ma che fai? Se impazzita? Torna indietro! - mi sussurrò Miller prendendomi per un braccio,
cercando di farmi cambiare idea.
- Miller, lasciami fare e sta a vedere. - decretai allora io.
Continua allora per la mia strada e mi fermai a pochi metri da lui.
Misi le mani sui miei fianchi e presi a fissarlo.
Lui assottigliò lo sguardo su di me, e dopo trenta secondi esatti lo spostò a terra
per raccogliere la sua tracolla e andarsene con passo spedito.
- Come hai fatto? - mi chiese strabiliata Miller.
- Non ho paura di lui. - ripetei allora io, la stessa frase che avevo detto a pranzo.
E mi avviai verso la mia macchina.
Cazzo, quanto mi sbagliavo.
 
 
Here I am.
Ehi bella gente :')
Ci tengo davvero tanto a questa mia nuova ff,
e vorrei specificare alcune cose importantissime:
- è completamente ispirata alla serie televisiva "10 things I hate about you".
- i personaggi sono ispirati a quelli della serie,
con l'aggiunta di personaggi che nella serie
non compaiono e che sono completamente inventati da moi.
Spero di ricevere qualche commento,
ma se andrà male probabilmente cancellerò tutto :c
Grazie per aver letto, al prossimo capitolo.
con amore,
- jess
   
 
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