Like a tattoo.
 
San Francisco era una bella città per crescere un figlio.
Era un pò meno caotica di New York. E nonostante fosse Agosto inoltrato, incredibilmente il clima non cedeva alla calura delle estati californiane ma a una nebbia fitta e suggestiva alla quale presto ci si abituava.
Beh, non troppo in verità. Hanna odiava quella nebbia, la odiava con tutto il cuore. Ma era stato proprio il cuore, a spingerla in quella città tanto diversa dalla sua. A seguire Joseph nel cammino verso la sua carriera da chef, che sembrava andare parecchio bene.
Nonostante stesse con Joseph da quasi un anno, e lo conoscesse da all’incirca altri due, continuava a sentire ancora uno strano brivido di piacere solo a pensare al suo nome.
Soprattutto quel giorno.
Era quasi l’alba e la piccola bambina di appena un mese aveva cominciato a piangere, puntuale come un orologio. Nonostante Joseph si fosse proposto per andare a calmarla, Hanna aveva declinato la sua offerta. Non per fare un piacere a lui, forse più per farlo a se stessa.  
Erano bastati una decina di minuti per farla cadere di nuovo tra le braccia di Orfeo, e la madre di ritrovò a  sorridere senza avere la forza di staccare gli occhi dal viso paffuto di sua figlia nemmeno per un attimo. Continuò a dondolarla per un bel pò anche dopo che si fu addormentata, solo per il gusto di godersi la creatura più bella che avesse mai visto. Era troppo presto per capire a chi somigliasse di più tra i genitori, ma la giovane donna vedeva racchiusa in quella piccola creatura tutta la bellezza e la dolcezza del padre. Per questo era la cosa migliore che avesse mai fatto.
A malincuore, notò l’orario e si disse che anche lei aveva bisogno di riposo, con una giornata tanto speciale alle porte. Allora la posò delicatamente nella sua culletta e, dopo aver sistemato il walkie-talkie in modo da poter sentire bene anche il suo respiro, si diresse verso la stanza da letto dove un Joseph assonnato la stava aspettando, seduto contro la spalliera del letto.
“Ci ha messo molto ad addormentarsi” disse lui, la voce soffocata da uno sbadiglio.
“No, è la mamma che ci ha messo molto a staccarsi da lei” Joe rise di gusto, facendo spazio alla moglie che in quel momento si stava infilando nel letto.  Si voltò di lato e le cinse la vita con un braccio, mentre con l’altro manteneva la sua testa.
“Capita anche a me” confessò il moro, dopo aver lasciato un bacio sulla spalla scoperta di lei. Hanna si avvicinò alle labbra di Joe, sfiorandole, cullata solo dalla dolce sensazione dell’aria calda che le accarezzava la bocca. Quel calore poi le pervase il viso, irradiandosi presto in tutto il corpo quando Joseph prese a baciarla. Quando lui si staccò, lei fu presa da un senso di incompiutezza che la portò a continuare a baciare la guancia ispida, il mento, poi il collo dell’uomo. Si soffermò un po' di più sotto al collo del ragazzo, sulla clavicola, nel punto in cui prendevano posto le parole ti amo, seguite dalle piccole cifre che formavano la data 22 Luglio 2013. Cominciò a baciare il lembo di pelle sulla quale erano stati incisi quei numeri e pensò di non poterlo amare più di quanto stesse facendo. Quella data rappresentava era il giorno in cui era nata loro figlia, Ivy.
“Buonanotte, Signor Jonas” sussurrò poi, stendendosi con il viso a pochi centimetri da quello di Joseph. Il moro ricambiò con un bacio sulla fronte.
“Buonanotte, futura Signora Jonas”
Non potendosi tratterere dal sorridere a quella affermazione, Hanna si sistemò meglio tra le braccia di colui che nel giro di qualche ora sarebbe diventato suo marito e si addormentò immaginando tutti i modi possibili in cui la voce di Joe le avrebbe riferito il fatidico “Si”.
 
 
Sono tornata con una One Shot che non è altro che la continuazione, e vera conclusione, della fan fiction Forever The Name On My Lips.
Spero vi sia piaciuta e di avervi fatto rivivere le emozioni che spero la mia storia vi abbia lasciato.
Beh, che dire. Grazie se siete arrivate a leggere fin qui.
Siete fantastiche.
♥