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Autore: wordsaredeadlythings    29/04/2013    5 recensioni
- E se ti dicessi che ti amo? - domandò Jack, guardandolo dritto negli occhi.
- Ti direi che sei ubriaco - Alex deglutì, rimanendo fermo. Sentiva quella cosa, all'interno di sé, artigliargli la gola, bloccargli la lingua.
- Sì, è vero. Sono ubriaco e ti amo. Ma domani sarò sobrio, e ti amerò lo stesso. -
Alex sgranò gli occhi. Si guardarono. Passarono due minuti, forse, prima che uno dei due si mosse. O forse passarono secoli interi, ma loro non lo avrebbero mai saputo, né gli interessava saperlo.
- Andiamo a casa, Jackie -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E se ti dicessi che ti amo?






Che freddo del cazzo. Alex affondò le mani dentro le tasche della sua giacca, alla ricerca di un briciolo di calore in più. Niente da fare: era un freddo cane comunque.
Guardò di nuovo dritto davanti a sé.
Quella casa. Le tende erano bianche: vedeva la luce che scintillava dietro la finestra, quella finestra. Era in casa, ma non avrebbe mai avuto le palle di suonare il campanello.
Sospirò, scuotendo la testa. Si voltò, riprese la sua strada.
Non pensava di poter diventare così patetico.


- Ti manco, ogni tanto? -
Alex deglutì, guardandosi intorno. Sentiva qualcosa stringergli la gola in una morsa ferrea, qualcosa al quale non aveva ancora dato un nome, ma che cominciava a diventare anche più pesante dell'ansia.
"Rispondi, cazzo" ringhiò, nella sua testa, e quel suono saturo di rabbia rimbalzò nelle pareti della sua mente, ferendolo nel profondo. "Ti prego ti prego ti prego ti prego".
- Ogni tanto? - domandò Jack, per poi scoppiare a ridere - Amico, tu mi manchi sempre! -
Quella cosa scivolò via dalla sua gola.
Alex sorrise, mentre uno tsunami di emozioni contrastanti si espandeva per ogni singola cellula del suo povero corpo stremato.



La fermata del bus, il freddo di dicembre, la borsa di scuola appesa svogliatamente alla spalla sinistra. Una folata di vento gli scompigliò i capelli, e il ragazzo imprecò, correndo subito a sistemarseli al meglio.
- Che freddo boia! - esclamò Jack, lì vicino, e Alex pensò che avrebbe potuto passare la vita ad ascoltare quella cazzo di voce, che gli sarebbe bastato.
- G-G-G-Già - balbettò lui. I suoi denti battevano così forte che tenerli fermi sembrava quasi impossibile.
- Cielo, stai morendo di freddo! - affermò Jack, avvicinandosi. Lo abbracciò da dietro, allacciando le mani sul petto di lui, e Alex si immobilizzò.
Era come essere abbracciati dalla lava di un vulcano. Profumava di girasoli, di primavera, di thè alla menta.
- Meglio? -
- S-Sì - balbettò Alex, abbassando lo sguardo a terra.
Dal cemento si alzava un fiore giallo, e Alex pensò che Jack era esattamente come quel fiore: giallo, pieno di vita. Lo riempiva. Si sentiva pieno quando Jack era con lui.


- Jack? -
- Uh? -
- Posso dirti una cosa? -
Jack si voltò verso di lui: la brandina sulla quale dormiva non era comodissima e cigolava ad ogni fottutissimo movimento, ma avrebbe spostato anche le montagne per passare più tempo con Alex.
- Spara -
- Ho la febbre a quaranta e sono mezzo addormentato - mugugnò, strofinandosi la mano sul viso, e Jack ridacchiò.
- Questo lo avevo notato -
- Però sei qui -
- E dove dovrei essere, scusa? -
Jack intravide Alex sorridere appena.
- Mi ami, Jackie? -
- Più di così si muore, Lex -


Jack sentì il vomito salire rapidamente su per la sua gola, e in meno di due secondi si ritrovò piegato in due a vomitare. Di nuovo.
Alex appoggiò le sue mani tremanti e delicate sulla sua fronte, permettendogli di vomitare senza sforzi eccessivi. Quando ebbe finito, lo aiutò a rimettersi seduto composto, per poi pulirgli il viso con un fazzoletto blu.
- Lex? - mormorò lui, la voce impastata dal vomito e dalla birra. Sentiva l'alcool circolare insieme al sangue, dentro le vene, dritto nel cervello. Era come avere della nebbia tossica nel cranio, qualcosa che permetteva al cervello di scollegarsi dalla ragione.
- Sei tutto sudato - affermò Alex, asciugandogli la fronte con la parte pulita del fazzoletto.
Jack gli prese la mano e lo strattonò. Alex perse l'equilibrio, e si ritrovò a due centimetri dal viso di lui. Puzzava di birra, vomito, e sul suo viso era ritratta un'espressione totalmente persa, ma ad Alex non poteva sembrare più perfetto di così.
- E se ti dicessi che ti amo? - domandò Jack, guardandolo dritto negli occhi.
- Ti direi che sei ubriaco - Alex deglutì, rimanendo fermo. Sentiva quella cosa, all'interno di sé, artigliargli la gola, bloccargli la lingua.
- Sì, è vero. Sono ubriaco e ti amo. Ma domani sarò sobrio, e ti amerò lo stesso. -
Alex sgranò gli occhi. Si guardarono. Passarono due minuti, forse, prima che uno dei due si mosse. O forse passarono secoli interi, ma loro non lo avrebbero mai saputo, né gli interessava saperlo.
- Andiamo a casa, Jackie -



- J-Jackie? -
- Ehy - Jack si alzò da quella fottutissima sedia di plastica verde, avvicinandosi al letto. Vide la mano di Alex, sopra le coperte bianche di quel letto d'ospedale, e l'afferrò, stringendola con dolcezza. Accarezzò la pelle dell'amico -amico?- con il pollice, mentre lo osservava.
Alex aprì gli occhi lentamente. Si strofinò la mano destra sul viso, per poi mettersi seduto. Si guardò intorno, per poi sospirare.
- Ancora qui? -
- Già - Jack sorrise - Sei un catorcio, Lex -
Alex ridacchiò, per poi abbassare lo sguardo: Jack gli stava ancora tenendo la mano, e forse non lo avrebbe lasciato. Alex avrebbe voluto chiedergli di non lasciarlo mai, ma non lo fece.
- Da quanto sei qui? -
- Da quando sei arrivato, più o meno -
Alex lanciò uno sguardo all'orologio da parete davanti al letto. Sgranò gli occhi.
- Cazzo, mi vuoi dire che sei lì seduto da quattro ore? -
- Devo fare una pisciata che non finisce più, cristo -
Alex rise forte, e si sentì più leggero. Era ancora a pezzi: si sentiva come se qualcuno, durante la notte, avesse spezzato ogni suo singolo muscolo con una sega, come se tutti i nervi del suo corpo fossero impazziti in una volta. Non ricordava un cazzo di quello che era successo, e forse era meglio così. I polmoni bruciavano come se stessero andando a fuoco, e respirare era una tortura, ma si costrinse a farlo comunque.
- Tu sei fuori di testa, amico -
- Già, lo sono. -
Alex lo guardò. Si guardarono. Per due minuti, per venti secondi, per due secoli: il tempo non aveva importanza. Quando si guardavano, si perdevano in mondi in cui il tempo non esisteva, e potevano essere felici esattamente così com'erano. Alex avrebbe tanto voluto saltare in uno dei tanti mondi che brillavano negli occhi di Jack, ma non poteva, ed era così stressante che gli venne voglia di piangere.
- Jackie? -
- Sì, Lex? -
- E se ti dicessi che ti amo? -
- Ti direi che ti amo anche io, coglione -


Le labbra di Jack sapevano di thè verde, di girasoli, di giallo, di vulcani, di insicurezze e di felicità.









Buonsalve!
Boh, non so nemmeno cosa dire. Sono pucci e avevo voglia di Jalex.
Non credo che ci sia tanto da spiegare, no?
Spero vi sia piaciuta almeno un pochettino, anche se so che l'avete odiata!
Un bacione,
_Cris







   
 
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