~ Odi tu la perpetua isola dagli incubi di automi piumati?
Il lieve frusciar di verdi e durevoli foglie
etereo si culla nella quiete urlante di un’eufonia,
disgregando le acre armi dalle impalpabili doglie
con le taciturne e militanti dita in una lotta d’armonia.
Scroscianti vigilano le caste acque delle rive in polvere
e in rifiuto si erigono al plasma in protesta,
ghermendo sibili per miti e selvaggi appelli d’arciere
che l’angusta mano d’afferrar non è lesta.
Deleterie le gracili dita del seme onnipotente
colgono in ricerca gli acuminati e labili pugnali
e d’illusione voci brandiscono l’altrui mente
che abietti proiettili espugnano marziali.
In lerce terre cadaveri in odio si dissolvono,
di replicanti figure egli le carni ne agguanta
e d’orror l’assetato ciclo non cede all’abbandono
ma il bel comando austero alimenta.
Sordi non odono l’eufonico richiamo
e d’essenza vuoti si spengono alterati.
Odi tu, purpureo embrione che d’imperi funestiamo,
la perpetua isola dagli incubi di automi piumati?