Non sentivi nulla. Nulla.
No il rumore dei soccorritori. No le chiacchiere dei giornalisti.
No le grida dei curiosi. No lo scrosciare dell’oceano infuriato, sotto di te.
Nulla.
Ma non perché eri assorta.
No.
Quello si chiamava dolore.
Quello che ti rende sorda, cieca. Magari anche... morta.
I tuoi occhi scivolarono sulla maschera che tenevi in mano;
sul suo oro, sul suo rosso, una volta, scarlatto.
Tremarono gli occhi, nel vedere quella crepa,
partire dall’occhio, scalfirlo, e scendere lungo la sua guancia,
fino a piegare la fessura delle labbra.
Quella ferita, che sembra voragine.
Tremarono le mani.
Il cuore cedette.
Appoggiasti la superficie metallica al tuo petto, come se potessi sentirlo.
Almeno per l’ultima volta.
Poi vedesti quel segnale lampeggiate e indossasti il casco.
Il cuore freme ma no, non vuoi illuderti.
E invece. Eh Pepper? Che bella sorpresa.
La luce tornò a balenare nei tuoi occhi.

Le tre biglie rotolarono, Iron Man, verso di te.
Si fermarono. E poi la vedesti.
Pepper, la tua ragione per sopravvivere;
lì, imbrigliata, mentre il suo corpo era percorso da venature rosso e oro.
Il tuo cuore si fermò.
Che le schegge lo avessero già trafitto, Tony?
Sentisti la voce di quel maledetto,
dire che il suo corpo stava decidendo se accettare o meno l’extremis.
Non volevi nemmeno pensarci.
Il corpo di lei era rigido. Si contraeva.
I suoi occhi si chiudevano. Forse voleva piangere,
ma non ci riusciva.
Non ce la facevi.
I tuoi muscoli si tesero;
girasti il volto di lato,
come a voler cancellare quell’ologramma, ma non potesti.
Ormai quelle immagini erano impresse nelle tue pupille, marchiate nella tua memoria.
Quelle erano lacrime, Strak? Si.
Non potevi non guardarla.
Non potevi non soffrire.
Non potevi lasciarla.