Lei raccoglieva sogni e immagini. Sognava sempre di notte e di giorno rimediava a questa assenza immaginando probabilmente troppo, finiva così per perdersi in mondi onirici dai colori sgargianti o in universi più giusti, più romantici, creati su misura dall’umore della giornata. Ogni giorno infatti, in base allo stato d’animo, dalla situazione, dalle persone, lei creava la sua realtà e vi si abbandonava completamente. Ultimamente aveva un sogno ricorrente, non le capitava spesso. Bianco e Nero, null’altro. Una maschera bianca, lo smoking nero, come il cielo notturno sopra di lui, un porticato bianco. La Luna e le stelle brillavano come accese da qualche fuoco divino. I suoi occhi dietro la maschera candida, come ghiaccio e acciaio, erano freddi e affilati. Da quel grigio-azzurro sembravano nascere tutti gli altri colori: un vino magenta, muri color panna, timido verde di erba tra la neve. Siamo un una stanza, i riccioli mori ondeggiano al ritmo cadenzato dei suoi passi, le voci lontane si perdono in un brusio indistinto, leggero tintinnio di bicchieri, frusciare di stoffe, tacchi sul pavimento freddo. Sensazioni sfiorano la pelle, percezioni disorientano e parole armoniose carezzano leggere il mio corpo. Si, anche io ne ho uno.