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Autore: vitadastagista    01/05/2013    1 recensioni
"Ti chiedi quale sia la sua “prison cell”.
Ti chiedi quale sia stata la “prison cell” di Freddie Mercury.
Ti chiedi quale sia la tua, di “prison cell”."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"One day I'm gonna be free, Lord"




I tuoi occhi color ghiaccio sono fissi sul dizionario di greco.
Le tue mani affusolate stringono la bic nera. Non vedi l’ora di poter sostituire alla penna il tuo plettro preferito, quello verde.
I denti bianchi mordicchiano il braccialetto di pelle che porti sul polso sinistro.
 

La stanza riservata agli studenti è praticamente deserta, fatta eccezione per due ragazzi seduti nei due banchi più isolati della sala.
Distogli l’attenzione dalla versione di greco quanto basta per cambiare canzone sull’iPod.
Attivi la riproduzione casuale, che seleziona “Pompeii” dei Bastille.
Non sai neanche perché l’hai scaricata, quella canzone.
Non è il tuo genere.
Ma momentaneamente non t’interessa.
 

Guardi fuori dalla finestra, vedi il sole. E ti chiedi perché ti sei rinchiuso nel liceo alle due di pomeriggio, da solo, quando potresti essere a giocare a calcio al campetto.
Ti gratti la fronte con il cappuccio masticato della bic.
 

Ad un certo punto, un rumore ti fa alzare lo sguardo.
Una ragazza si sta sedendo di fronte a te.
Stai per dire “Ehi, no, che fai? Non puoi.”
Resti in silenzio.
Una massa di capelli castani le copre il viso.
Li scosta con un gesto seccato.
Ti vede.
Rimane immobile, un’espressione indecifrabile dipinta sul viso.
Non te ne curi, riprendi a tradurre.
 

Lei è ancora lì, davanti a te.
Il libro di latino aperto sul banco, l’iPod appoggiato di fianco al diario verde della Smemoranda che porta tutto il peso di un anno di scuola.
A volte, mima con le labbra le parole della canzone che sta ascoltando mentre scrive velocemente su un quaderno che tiene sulle gambe.
Ha una dog tag che le pende dal collo.
Riesci a leggere l’incisione.
“I just gonna get out of this prison cell, one day I’m gonna be free, Lord”
 

Ti chiedi quale sia la sua “prison cell”.
Ti chiedi quale sia stata la “prison cell” di Freddie Mercury.
Ti chiedi quale sia la tua, di “prison cell”.
 

La noncuranza.
La noncuranza è la tua “prison cell”.
Il menefreghismo nei confronti di tutto ciò che non sia musica.
Nei confronti della gente che ti vuole bene.
Guardi la ragazza.
La studi, la penna appoggiata alle labbra.
I capelli sfiorano il quaderno mentre si china a scrivere.
Alza il capo, le labbra sono piegate in un sorriso naturale, gli occhi esprimono tranquillità.
Eppure, per quanto tranquilla possa sembrare, sei sicuro che anche lei ha una “prison cell”.
 

L’interrogativo ti tortura. Vorresti sorriderle, e chiederle da cosa si deve liberare.
Non lo farai.
Non uscirai mai dalla tua “prison cell”.
 

Ti alzi, diretto alle macchinette.
Scorri gli scaffali, in cerca di una semplice bottiglietta d’acqua.
Inserisci 50 centesimi.
 

Dei passi ti fanno irrigidire.
La ragazza si posiziona davanti alla macchinetta di fianco alla tua.
Inserisce un euro e digita senza guardare un numero.
 

33.
Sfiori le cifre e la bottiglietta cade con un tonfo.
Ti chini per raccoglierla.
 

-Merda.-
Quella parola, appena sibilata, ti fa voltare leggermente.
La ragazza guarda in cagnesco un Kit Kat in bilico.
 

Sulla porta della tua “prison cell” appare un cartello.
Exit.
 

Senza pensarci due volte, tiri un colpo secco alla macchinetta.
Il Kit Kat cade.
E la porta della tua “prison cell” si spalanca.
 
 

 
“Grazie mille.”
“Figurati. Queste macchinette non funzionano mai.
Comunque piacere, Federico.”
“Maddalena.”

 
 
 

 
  
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