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Autore: Miss Swish    01/05/2013    4 recensioni
[985 D.C.]
I vampiri non esistono da sempre. La loro provenienza risale a mille anni fa. Sono nati con gli Originari. Da una famiglia. Ed è di questa famiglia che parlerà la storia. Di una famiglia umana, come tante altre ne sono esistite e sempre ne esisteranno. Una famiglia destinata a divenire immortale.
[Mikael/Esther, Finn/Sage, Elijah/Tatia/Niklaus, Niklaus/Stefan, Stefan/Rebekah, Kol/Rebekah, Henrick/Kadlin]
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo, personaggio, Stefan, Salvatore, Tatia
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: Incest
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The sun also rises


985 D.C., 18 Novembre
 

L’alba aveva tinteggiato le cime degli alberi da poco tempo quando Rebekah schiuse gli occhi e si portò a sedere sul letto della sua piccola camera. La giovane fanciulla, l’unica figlia di Mikael, uno degli scopritori di quella terra benedetta da Thor, sorrise al mattino e si affrettò a prepararsi. Quel giorno aveva potuto maggiormente trovare ristoro tra le lenzuola perché i suoi fratelli e suo padre non si sarebbero recati a caccia con gli altri uomini del villaggio. Poteva, però, già sentire sua madre, solerte e svelta, preparare il fuoco per la colazione. Era suo compito aiutarla nelle mansioni domestiche, come ogni altra brava figlia. Rebekah era solita farlo con molto piacere al primo mattino per poi trascorrere il resto della giornata con Henrick, il suo fratellino appena divenuto ragazzo. Era l’unico tra i suoi fratelli che poteva ancora giocare con lei al limitar del bosco. Gli altri erano troppo grandi e avevano altri compiti a cui badare.

Rebekah si issò in piedi e cominciò ad acconciarsi i lunghi capelli lisci e biondi nella comune treccia tipica delle donne non ancora in età da marito. Poi indossò una lunga veste azzurro cielo sulla tunica da notte e uscì dalla camera che abitava da sola, com’era giusto che fosse. Con un mite sorriso ricordò con quanta sofferenza aveva ricevuto la notizia da suo padre. Da bambina aveva condiviso la camera con i suoi fratelli maggiori, ma quando aveva compiuto sette anni, suo padre aveva ritenuto che fosse il momento adatto per allontanarla da loro. Aveva pianto a lungo per quella lontananza forzata, soprattutto nelle notti fredde e prive della luce lunare.
Rebekah aveva sempre avuto paura del buio e solo le parole miti e rassicuranti di Elijah avevano il potere di tranquillizzarla e farla tornare a dormire serena e senza preoccupazioni.

Elijah era il maggiore tra i suoi cinque fratelli ed era anche il più saggio e pacato. Raramente s’irava e per questioni che gli toccavano il cuore. Era solito mantenere un decoro e una compostezza che molti uomini del villaggio gli invidiavano.

Ma se Rebekah si fosse ritrovata dinanzi a un bivio invalicabile, non sarebbe stato Elijah il fratello che avrebbe scelto. Non per mancanza d’affetto nei suoi riguardi, quello mai, ma perché un altro aveva più bisogno di lei per vivere.

Se avesse dovuto scegliere, la piccola Rebekah avrebbe sicuramente seguito Niklaus, il terzogenito della famiglia.

Niklaus aveva un’indole più riservata rispetto a quella degli altri fratelli. Era chiuso in se stesso, orgoglioso, ma spesso insicuro delle proprie possibilità. A causa di suo padre.

Questo era risaputo sia nella loro famiglia che nel villaggio.

Sembrava quasi che Mikael provasse un profondo divertimento nel vedere Niklaus in difficoltà. A metterlo lui stesso in difficoltà.

Niklaus era noto anche per la propria impulsività e molte volte aveva dovuto trattenerlo dal replicare per i torti che era costretto a subire.

Mikael non aspettava altro che avere una ragione per abbandonarlo a se stesso.

Fortunatamente sua madre non avrebbe mai permesso a nessuno di allontanarla dai suoi figli tanto adorati e suo padre amava troppo sua madre per farla soffrire.

« Madre,» salutò con dolcezza e amore, con un leggero sorriso gioioso, la donna intenta a mescolare il latte nella pentola sul fuoco lento dopo essersi avvicinata allo spazio utilizzato come cucina. Esther si volse verso di lei e le rivolse un tenero sorriso. Sua madre era bellissima, era la donna più bella di tutto il villaggio e quando suo padre le aveva detto che aveva la sua stessa bellezza, Rebekah si era sentita così lusingata dall’abbracciarlo di slancio. Sapere di essere simile a sua madre non poteva che onorarla e renderla felice.

« Figliola, prepara la tavola. È quasi pronto. Poi cerca tuo padre. Dovrebbe essere al fiume,» le comunicò velocemente per poi tornare al pasto fumante e dall’odore gradevole.

« Sarà fatto, madre,» replicò blanda la giovane prendendo le stoviglie e ritornando nello spazio principale della casa, quello dedicato ai pasti. Lì vi trovò i suoi due fratelli maggiori. Elijah e Finn erano già svegli e pronti per i lavori nei campi. Parlottavano tra loro mentre attendevano la colazione. La giovane dispose le ciotole e le stoviglie sulla superficie ruvida del tavolo di quercia e ascoltò brevemente la conversazione. Ruotava sul matrimonio imminente di Finn con la figlia di Bjarni, Sage. Rebekah storse di poco il naso leggermente alla francese e affrettò il lavoro. Quella Sage non le era particolarmente simpatica e non riteneva fosse la moglie adatta per il serio e rispettoso Finn. Avrebbe potuto optare per una scelta migliore, ma si esimeva dall’esplicarlo a voce alta. Suo padre non gradiva le discussioni all’interno della famiglia. Quando ebbe sistemato la tavola, si avvicinò ai suoi fratelli, mentre Elijah rideva per l’entusiasmo smisurato di Finn per il giorno delle notte sempre più imminente, e posò un dolce bacio sulle guance di entrambi. Poi uscì di casa e raggiunse velocemente il fiume dove suo padre stava discorrendo con uno degli uomini del villaggio probabilmente per la prossima caccia. Rebekah riconobbe accanto a suo padre suo fratello Kol, il più mattiniero e attivo. Kol non aveva bisogno di molto riposo ed era abbastanza forte all’alba per aiutare suo padre nei lavori del giorno.

« Allora, Mikael, andremo a Nord o ad Est domani?» domandò Styrkar, un uomo alto e ben piazzato con folti capelli neri e un paio di grandi occhi grigi, proprio come quelli del figlio maggiore. L’uomo non era particolarmente legato alla loro famiglia. Proveniva dalla Danimarca, mentre Mikael ed Esther erano originari dell’Estonia. S’erano incontrati sulla terraferma del Nuovo Mondo, ma il loro rapporto era sempre stato molto formale ed impostato.

« Penso ad Est, Styrkar. Ho sentito che gli uomini lupo hanno intenzione di cacciare a Nord. Rebekah, figliola,» l’appellò con la solita dolcezza non appena si fu avvicinata abbastanza da poterla vedere da vicino. Rebekah era la preferita tra i suoi figli e il suo affetto per lei era così palese da far sorridere Esther. Amava i suoi figli, tutti ed indistintamente, ma Rebekah era la sua bambina e il suo compito era quello di proteggerla, amarla e far in modo che tutti la rispettassero. Per quello era abbastanza duro e intransigente sulle compagnie che avrebbe dovuto frequentare. Sua figlia era come un giglio. Puro, onesto, bellissimo. Non avrebbe mai permesso a nessuno di approfittarsi di quella rara e candida avvenenza.

« Padre, mia madre vuole riferirti che è pronto in tavola,» riferì sottovoce, avvicinandosi timidamente. Non era giusto che una donna interrompesse un discorso tra uomini. Per quello Rebekah aveva atteso che suo padre si accorgesse della sua presenza e per quello parlava a voce bassa e docile. In verità Mikael conosceva bene l’indole guerriera che animava la giovane donna che aveva dinanzi a sé. Non sarebbe stata sua figlia altrimenti.

« Vengo subito,» le assicurò con un ampio sorriso prima di farle segno di rientrare in casa. Rebekah annuì, scambiò un veloce gioco di sguardi con suo fratello e salutò con un cenno del capo l’uomo prima di volgere le spalle al trio e al fiume.

« Non è ancora in età da marito, vero?» sentì domandare da Styrkar che da sempre aveva desiderato che suo figlio sposasse una donna bella e d’animo nobile come Rebekah. Era molto ambita tra i giovani del villaggio. Ma lei stessa sembrava inconsapevole della propria bellezza. Sembrava così pura di cuore da non saper riconoscere le lusinghe maschili e questo non poteva che incrementare anche la simpatia dei genitori. La giovane rallentò di poco l’andatura per udire la risposta paterna che non tardò ad arrivare.

« Troppo giovane. Ha solo diciassette anni,» chiarì subito suo padre facendole nascere un dolce sorriso pieno di tenerezza. Rebekah era uno spirito libero. Era indomabile e innocente. Non era il momento adatto per macchiarla e forse non lo sarebbe mai stato.

« Non la cederai tanto volentieri, vecchio mio,» affermò ilare l’uomo, battendogli una mano sulla spalla, « E tu, ragazzo?» chiese a Kol che era rimasto in silenzio, ma intimamente soddisfatto dalle parole del padre. Non avrebbe mai permesso a nessun uomo di profanare la sua sorellina. Di certo non sarebbe potuta rimanere pura per sempre, ma Rebekah meritava il meglio e Kol sentiva che il meglio non abitava in quel villaggio.

« L’amore non è passione che m’appartiene, Styrkar,» replicò sereno e affabile, trattenendo a stento un sorrisetto. Ovviamente non sarebbe stato così stolto da donare tutto se stesso alla prima donna che gli avrebbe rivolto un’occhiata languida. Era molto poco attratto dalle gioie della carne, o meglio dalle gioie dell’amore. Semplicemente non gli interessava costruire una relazione stabile.

« Potrebbe essere considerato saggio, Kol, ma anche sterile di significanza. Vi auguro una buona giornata. Ho anch’io la mia donna ad attendermi,» li salutò affabile prima di allontanarsi verso casa sua a pochi metri dalla loro sul versante sinistro del fiume. Mikael e Kol passeggiavano lentamente verso casa, ognuno immerso nei propri pensieri.

« Mi chiedo perché tu sia così ostinato, figlio mio, in questa guerra,» borbottò Mikael piuttosto divertito. Rispettava la scelta di suo figlio anche se non la comprendeva. Quando era stato ragazzo, Esther gli era apparsa come una Frigg umana e aveva pregato i loro padri per ottenere il permesso di sposarla.

« Vedo Elijah e Niklaus, padre. Soffro per loro. Le donne sono un problema,» spiegò il ragazzo. In verità non era l’unica ragione per la quale non voleva prendere moglie, ma era una delle principali. I suoi fratelli si stavano allontanando, stavano litigando a causa dell’amore per una donna. Lui non l’avrebbe mai fatto. Non avrebbe mai perso una persona così importante come un fratello solo per vivere la propria illusione. Mai.

« Non tutte,» replicò asciutto Mikael, avvicinandosi maggiormente al figlio. Non gradiva discorrere di quell’argomento. Fosse stato per lui avrebbe impresso nelle menti di quei due ragazzi un po’ di buon senso. Persino Elijah lo stava deludendo per quell’amore insensato. Da Niklaus non si sarebbe aspettato altro che un amore privo di regole e limiti, ma riteneva che Elijah avrebbe donato il suo cuore a una donna più meritevole di Tatia. Kol non era pienamente in errore. Se l’opzione fosse stata una donna così discutibile, Mikael avrebbe preferito che suo figlio rimanesse celibe, ma sapeva bene che esistevano donne davvero pure di cuore. Rebekah ne era l’emblema vivente, « Ma agisci come ritieni. Sei ancora giovane. Imparerai ad amare,» affermò l’uomo, nutrendo ancora speranza per quel ragazzo a volte troppo silenzioso. La speranza di vederlo felice e sereno. Kol sembrava essere il più facile dei suoi figli da comprendere a primo sguardo, ma celava qualcosa di molto profondo nel suo cuore. Qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto conoscere se non avesse iniziato a mostrare quella parte di sé al resto del mondo.

« Siete tornati. Finalmente. Il pasto stava divenendo freddo,» affermò Esther contrariata da quel ritardo quando rientrarono in casa. Kol le rivolse un breve sorriso di scuse prima di accomodarsi al fianco di Niklaus e Henrick. Mentre Mikael scosse divertito il capo, sminuendo il velato rimprovero della moglie, avvicinandosi al figlio minore che gli sorrideva con allegria. Henrick era ancora un bambino, ma stava diventato sempre di più un ragazzo che si prospettava forte e vigoroso proprio come i suoi fratelli.

« Diventi ogni giorno sempre più grande, figlio mio. Presto ti porteremo a caccia,» gli annunciò dolcemente incontrando un po’ di resistenza negli occhi della moglie, e tristezza in quelli della figlia. Senza Henrick Rebekah non avrebbe più avuto un compagno di giochi, ma non era più tempo per svagarsi. Rebekah doveva divenire un’ottima donna di casa e Henrick un uomo degno di quel nome.

« Veramente, padre?» esclamò estatico Henrick, sobbalzando sul posto stupito da quella prospettiva, sorridendo felice. Per lui sarebbe stata una grande gioia quella di andare a caccia con i suoi fratelli e suo padre. Rebekah gli sarebbe sicuramente mancata, ma voleva seguire Niklaus e Kol e divertirsi con loro tra le fronde degli alti alberi della foresta. Mikael rise per la baldanza del suo figlio più piccolo e annuì dopo avergli carezzato i capelli scuri come quelli dei fratelli maggiori. Poi si accomodò a capotavola e incominciarono a mangiare tranquilli. Erano quasi giunti alla fine del pasto quando sentirono dei movimenti e delle voci concitate provenire dalla piazza del villaggio.

« Perché questa confusione?» domandò irritato. Il pasto era sacro per lui e voleva si mantenesse sempre il silenzio, ma oltre i confini della sua casa qualcosa stava accadendo. Il disordine e il baccano erano evidenti. Si alzò da tavola dopo aver scambiato uno sguardo con sua moglie che sembrava ignara quanto lui di cosa stesse accadendo. Fece cenno ai suoi figli di rimanere a tavola, anche se ben sapeva che non gli avrebbero ubbidito. Nel villaggio rare volte succedeva qualcosa fuori dall’ordinario e i suoi ragazzi erano troppo curiosi per perdersi un evento del genere. Mentre Kol, Niklaus e Rebekah si issarono subito in piedi, dopo che Esther e Mikael furono usciti di casa, Elijah, Finn e il piccolo Henrick attesero un paio di istanti prima di seguire i fratelli e i genitori. Molte persone erano fuori dalle proprie case. Tra essi vi erano anche la promessa di Finn e la sua piccola famiglia, « Bjarni, cosa accade?» domandò all’uomo più vicino a lui mentre Finn si avvicinava alla ragazza dai lunghi capelli rossi al fianco del padre come per proteggerla da qualche pericolo.

« Un ragazzo. Sbucato dal nulla. Indossa abiti strani e sembra svenuto. Ayana gli è vicino,» comunicò loro con la sua voce baritonale e possente prima di indicargli il punto dov’era situato il ragazzo apparso pochi istanti prima. Alcuni uomini e donne del villaggio erano stretti a cerchio vicino al luogo dov’era inginocchiata Ayana e dov’era disteso supino un giovane uomo dalla carnagione perlacea. Le parole di Bjarni corrispondevano al vero. Il ragazzo sembrava essere venuto da un’altra epoca. Alcuni mormoravano sommessamente e quasi con timore reverenziale, ma Ayana non sembrava preoccupata. Ed Esther si fidò subito del parere dell’amica strega che aveva salvato la sua famiglia tanti anni prima.

Rebekah vide quel giovane, appena rinvenuto. Lo guardò direttamente in viso, senza timore, appena celata dalle ampie spalle di suo fratello Niklaus dinanzi a lei. Aveva un bel volto, pulito e privo di barba, non molto comune negli abitanti del suo villaggio. Mascella squadrata e piuttosto prominente, mento ampio, labbra rosee e sottili, lievemente schiuse alla ricerca d’aria in quel momento. Oppure incredule di trovarsi lì. Aveva degli splendidi occhi. Verdi con le foglie degli alberi tra cui amava correre quando era bambina. Verdi come l’erba delle praterie dove i cavalli pascolavano liberi e allo stato brado. Verde come le pietre preziose che aveva visto una volta. In quel momento si guardavano intorno, spaventati e impauriti come quelli di un cerbiatto indifeso.

Rebekah fu subito attraversata da una fitta di dolcezza per quello sguardo così perso. Comprese subito che non fosse una minaccia per nessuno. Un uomo, un ragazzo, così delicato e avvenente non poteva fare del male a qualcuno.

Aveva una fronte spaziosa, ma non troppo alta. Ciò che lo contraddistingueva, però, era la sua capigliatura. Rebekah non aveva mai visto, in tutta la sua vita, dei capelli così buffi e strani. Erano color sabbia, sollevati e sembravano essere indomabili. Quello la incuriosì e la divertì allo stesso tempo.

Rebekah non sapeva come quel ragazzo si chiamasse, né da dove venisse né perché sembrasse così fuori luogo in quel loro villaggio, in quel loro tempo. No, Rebekah non lo sapeva, ma poteva sentire qualcosa nascere dentro di sé.

Curiosità, vicinanza, calore.

Quel ragazzo aveva appena fatto breccia nel suo cuore.
  
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