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Autore: Flame Ettard    01/05/2013    7 recensioni
[Accenni Silver X Blaze]
Cos'è successo a Blaze? Perchè è diventata come la conosciamo ora? Cos'ha passato?
Una fanfiction sul passato di Blaze.
La dedico alla mia Gemella, che ama questo personaggio (assieme a Silver) quanto me.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaze the Cat, Silver the Hedgehog
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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“Questo mondo era devastato prima che io nascessi. Un luogo tetro ed aspro,  dove viviamo nell’oscurità eterna.  La vita è una lotta e le persone vivono senza speranza.  Com’è potuto succedere? Nessuno mi risponderà direttamente. Ma tutti indicano sempre… le fiamme.”

-Complimenti, è una femminuccia! In ottima salute,anche!-
L’infermiera consegnò la piccola tra le braccia dell’Imperatrice sua madre.
L’Imperatrice fissò a lungo la piccola.
La piccola piangeva, piangeva a dirotto.
“Lo so, piccola mia. E’ davvero orribile il mondo in cui sei stata concepita, vero? E sai qual è la cosa peggiore, piccola mia? Che sarà il tuo regno.”
L’Imperatore si pose al fianco di su moglie, in piedi, e cominciò a fissare anche lui la piccola.
Presto smise di piangere.
Un sorriso gioioso affiorò sui volti di entrambi i genitori, che si voltarono con il capo l’uno verso l’altro, in uno sguardo d’intesa, per poi posare di nuovo gli occhi sulla loro cucciola.
Dischiuse le palpebre, mostrando due meravigliosi occhi dorati.
Allora giunse LA domanda.
-Come la chiamiamo?-
L’Imperatrice distorse il sorriso in una smorfia pensierosa.
-Che ne dici- propose – se aspettassimo un po’, prima di sceglierle il nome?-
L’Imperatore annuì.

-Guarda, piccola mia.- Le fece il padre, chinandosi alla sua altezza, di fianco a lei, ed indicando una sedia.
L’Imperatrice se ne stava accanto alla figlia, sul lato opposto.
-Ora concentrati. Su quella sedia. Concentra tutta la sua energia, e poi falla alzare in cielo con la telecinesi. Non troppo, sta attenta.-
Non parlava molto, anche se aveva solo quattro anni. Forse non le piaceva.
Fece come le aveva detto suo padre.  Si concentrò su quella sedia.
Ma la sedia non si alzò dolcemente in volo.
L a sedia cominciò a bruciare.
A bruciare, come lì, fuori, come il loro regno ogni qual volta Iblis li attaccava.
Non era telecinesi, quella, la telecinesi che avevano tutti gli abitanti di quel regno.
Era pirocinesi.
Una pirocinesi che ricordava troppo le tragedie quotidiane di quel mondo.
Sua madre urlò.
I servitori accorsero a placare l’incendio.
C’era un gran caos.
Voci, urla, L’Imperatore e L’Imperatrici che venivano portati sulla soglia della porta.
E la loro figlia lì, davanti a quella sedia bruciata.
Che c’era di male? Aveva fatto solo quello che le aveva detto suo padre.
Davvero, allora, non poteva capire.
L’Imperatrice finalmente smise di piangere e urlare, grazie all’Imperatore, anche se quest’ultimo non aveva certo un’espressione rassicurata.
-Quella bambina è pericolosa.- borbottò. – E’ nata con le stesse fiamme di quel mostro. Non possiamo lasciare che stia a contatto con qualcuno.-
L’Imperatrice alzò lo sguardo verso il marito, confusa, come a chiedere dove volesse arrivare.
-Lasceremo che faccia da guardia ai Sol Emerald. In questo modo avrà un lavoro da fare… e starà lontana da tutto e tutti.-
L’Imperatrice, scosse la testa, avrebbe voluto scoppiare ancora a piangere.
Quella era la sua bambina…!
Ma… non c’era nient’altro da fare, vero?
-…aze…-
-Cosa?-
-Si chiamerà…-singhiozzò la donna, balbettando -si chiamerà Blaze.-

Aveva 6 anni.
Nel parco giochi, lanciava la palla verso il muro, e, rimbalzando, la riprendeva in mano, e poi la lanciava di nuovo.
I bambini le stavano alla larga. Molto alla larga.
Alcuni, alla sua vista, addirittura, scappavano dal parco giochi.
“Quella è nata con lo stesso potere di quel mostro che ci distrugge!”
Bisbigliavano tra loro, allontanandosi.
“Bisbigliavano” si fa per dire.
Blaze li sentiva molto bene.
Ci era abituata, ormai.
Lei era pericolosa, no?
Ed aveva un compito.
Un compito di cui doveva occuparsene da sola.
E quindi era da sola che doveva stare.
Ci era abituata. Non faceva più male.
Ed anche se avesse voluto far amicizia con qualcuno… non ci sarebbe riuscita.
Perché non aveva proprio idea di come si facesse amicizia.
La palla le scivolò dalle mani, finendo a poca distanza dietro di lei.
I bambini che erano ancora lì si allontanarono ancor di più.
Però, ehy, c’è tanta gente a questo mondo che va controvento.
e chi ti dice che non ci fosse qualcuno di così buono (o così ingenuo), da avvicinarsi, invece di allontanarsi?
Beh, qualcuno, in quel regno, c’era.
La palla, contornata da un’aura azzurra, tornò tra le mani di Blaze, dove l’aura azzurra si estinse.
-Ehy- esordì una voce dietro di lei. – Era tua, vero?-
Blaze si voltò.
Un riccio (doveva avere più o meno la sua età) la osservava, a circa un metro da lei.
Non ricordava più da quando qualcuno non si avvicinava a lei così tanto.
-…Sì.-
Rispose, una voce fredda, ma che non riusciva a nascondere un po’ di stupore.
-Ciao! Io sono Silver!-
sorrise quel riccio dall’aria ingenua e sorridente. – Come ti chiami?-
-Blaze…-
-Blaze! Che bel nome, eh!-
-…-
Blaze lo guardava con un certo distacco.
Non aveva paura? Forse non sapeva chi era lei.
Così glielo chiese direttamente.
-Non hai paura?-
-Vuoi farmi del male?-
-No.-
-Allora non c’è motivo di averne, no?-
Che strano, quel Silver.
Davvero strano.
-Ehy, ti va se giochiamo insieme?-
Blaze questa volta aveva sul volto un misto di paura e confusione. Scosse la testa energicamente.
-No?- si rattristì Silver. – Allora… un'altra volta?-
Blaze si prese una lunga pausa.
Poi annuì, timidamente.
Il sorriso di Silver si ravvivò.
-Allora alla prossima!-
La salutò agitando freneticamente la mano, mentre correva via.
Il cuoricino di Blaze batteva all’impazzata.
Guardò di nuovo la palla tra le sua mani.
Sì, era proprio la sua.
E non c’era più traccia di quell’aura azzurra.
Corse via, verso il luogo in cui faceva da guardia gli smeraldi.
E si promise che quella era l’ultima volta che si concedeva una pausa dal suo compito.
Questo perché, Blaze ebbe un rimpianto, per la prima volta.
Rimpianse di non poter vedere più quel riccio. Rimpianse di avergli mentito.
Rimpianse di essersi legata col cuore a qualcuno.

Perché adesso, la  sua solitudine, avrebbe fatto doppiamente male.
   
 
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