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Autore: Kaede_no_mori    01/05/2013    2 recensioni
"...come se, con l'ingiallirsi dei capelli, Takanori potesse trovare un posto in cui quell'anima di demone deviato avesse il coraggio di esprimersi..."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Reita, Ruki, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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こんにちはみんなさま!
Sono Kaede, scrittrice altamente asociale e tremendamente socievole, per questo ascolto tutti ma parlo con pochi quindi... vi lascio alla Fanfiction!
Lasciate una recensione, o voi che entrate!

 

 

一期一会
One meeting, once change



Takanori osservava con occhi meravigliati il cielo.
Vedeva batuffoli che fluttuavano leggiadri, in contrasto con l'azzurro cielo di una Tōkyō fin troppo caotica per un sedicenne che, pieno di rabbia, cercava di fuggire a perdifiato da una società che provava oppressivamente ad inglobarlo in una categoria e di reprimere ogni forma di diversità.

La chioma del ragazzo, che aveva passato i suoi natali a Kyoto, si schiariva col tempo, come se, con l'ingiallirsi dei capelli, Takanori potesse trovare un posto in cui quell'anima di demone deviato avesse il coraggio di esprimersi e di mostrare al mondo intero ciò che si celava dietro una camera piena di poster ed una borsa, riempita di qualsivoglia eyeliner, fin troppo femminile e grande per un ragazzo di un metro e sessantadue.


Contava Takanori.
Passava la sua vita aggiungendo e sottraendo le calorie del cibo, diventando una calcolatrice umana.
Poteva dire precisamente che nel suo piatto di riso bianco bollito c'erano 362 calorie, che un bicchiere di coca-cola ne aveva all'incirca 57 e che un piatto di pasta, che ne aveva almeno 240, era assolutamente da evitare.


Non mangiava Takanori.
Saltava i pasti per far imbestialir suo padre, per cercare di ottenere l'attenzione di quell'uomo troppo occupato ad urlare quanto odiasse i sogni futili, senza valore e vani del figlio per reputarlo un membro dignitoso di quella famiglia.


Dimagriva Takanori.
Vedeva le costole e le ossa del bacino fare capolino sulla pelle nivea e le arterie disegnare immaginari alabastri violacei sulle sue esili braccia.
Aveva di nuovo paura di incrinarsi una costola in seguito all'abbraccio “troppo caloroso” dei suoi bandmates.


Piangeva Takanori.
Si limitava a far scendere calde lacrime amare, che gli rigavano le guance e si andavano mescolando con l'acqua tiepida ed insaponata della doccia. Osservava con occhio indagatore i lividi neri e gialli su tutto il suo corpo, toccandoli e contandoli uno alla volta.
“Uno... due...” Un'altra lacrima
“dieci... undici...” Un mesto sorriso
“diciotto... diciannove” Ed era arrivato solo alle gambe.


Sorrideva Takanori.
Arricciava gli angoli della bocca quando Ryo lo sollevava da terra abbracciandolo.
Rideva, racchiuso da quelle forti braccia, scaldando i reciproci cuori, gelidi e avizziti fino ad un attimo prima.


Gemeva Takanori.
Urlava il nome dell'amato mentre il corpo acerbo da sedicenne, fin troppo magro e fragile, veniva schiacciato ritmicamente sotto a quello di Ryo, in quella che era la danza più antica del mondo.
E in un rantolo veniva, macchiando le lenzuola a scacchi nere e bianche della stanza di quello che, da un mese, era il suo fidanzato.


Sognava Takanori.
Immaginava di poter vivere con Ryo, scappando per l'ennesima volta di casa, passando i pomeriggi a fare l'amore con la luce soffusa della finestra, cibandosi e riempindosi dei baci, del sudore e dell'anima dell'altro.


Fumava Takanori.
Accendeva l'ultima Marlboro del pacchetto, scrivendo un breve messaggiosu un pezzo di carta, strappato dalla moleskine nera, afferrando con il braccio sinistro la valigia e gettando il mozzicone della sigaretta dalla finestra, uscendo di casa e dirigendosi verso la metropolitana.
“Arrivo.” L'sms che fece sorridere Ryo.


Correva Takanori.
Volava libero verso il suo sogno, lasciandosi dietro una casa, una famiglia ed un biglietto abbandonato sulla scrivania.
Quattro parole che si imprimevano a fuoco nella sua mente “素晴らしき家族を持ち。”,
subarashiki kazoku wo mochi, ho una famiglia meravigliosa.


E, alla fine, era felice Takanori che ripensava a ciò che aveva dovuto sopportare per trovarsi lì, schiacciato in un appartamento microscopico davanti all'edificio della PSC, mentre il riso si cuoceva, Ryo tornava dalle registrazione e gli veniva sussurrato all'orecchio un “Buon anniversario pulce”, seguito da un bacio ed una rosa blu lasciata cadere a terra dalla foga del momento.



  
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