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Autore: micRobs    02/05/2013    12 recensioni
Magnus/Alec | Sentimentale, Fluff e Introspettivo | post City Of Glass.
Dal testo: "Con il susseguirsi dei giorni e delle nottate, parlare è diventato sempre più fluido – sempre meno silenzi e più racconti, meno permessi inutili e più sorrisi complici, meno gote arrossate e più familiarità – ma Alec ha continuato a rifiutarsi di dormire. Sembrava prendere vita, nel momento in cui metteva piede nel tuo appartamento, e tu non te la sei mai sentita di spegnere quella scintilla dentro di lui, proponendogli qualcosa di così banale come dormire. Segretamente, ne sei sempre stato onorato, perché il modo in cui Alec sembra colorarsi quando è in tua compagnia fa sentire più luminoso anche te. E niente c’entrano gli strati di glitter e pailettes che ornano i tuoi vestiti e la tua pelle."
[...]
"«Hai dormito perché io ho voluto che tu dormissi, Alexander» spieghi, con pazienza.
Lui inarca un sopracciglio, un attimo prima che i suoi occhi siano attraversati da quel lampo di consapevolezza che glieli fa sgranare prima di schiudere le labbra. «Mi hai…? Mi hai drogato?»"
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Magnus/Alec
Genere: Sentimentale / Romantico / Introspettivo / Angst lieve / Fluff.
Avvertimenti: One Shot, Slash, ambientata immediatamente dopo City Of Glass, probabile OOC perché è la prima volta che scrivo su questi due personaggi
Rating: Verde
Parole: 1881 (secondo Word)
Note d’autore: Approdare in un nuovo fandom è sempre traumatico, ma stavolta l’ansia è anche di più perché sento di star facendo un pericoloso salto nel vuoto. Dunque, non so esattamente cosa dire per presentare me e questo piccolo *esperimento*. Chi mi conosce, sa che sono solita farcire le mie storie con una quantità ignobile di parole e introspezione, per cui anche questa shot contiene pochi dialoghi e tanti pensieri. Scriverla è stato sorprendentemente semplice, a dispetto di quanto pensassi, per questo adesso ho il terrore di aver fatto un casino enorme. Prendetela per quella che è e, non lo so, sentitevi liberi di mandarmi da dove sono venuta.
Note di betaggio: Un grazie tutto speciale alla mia parabatai, per aver letto e corretto questa cosina in anteprima.




While he sleeps






Dorme.

Potrebbe star fingendo, a ben pensarci, ma Alec non è in grado di mentire e tu puoi comunque vantare una discreta conoscenza di quella complicata testa mora, quindi avresti facilmente svelato l’inganno e smascherato il ragazzo.

No, questa volta, la magia non c’entra nulla. È un concetto che va ben oltre il saper scatenare scintille azzurre dalle dita o far materializzare oggetti provenienti dall’altra parte del paese. È una magia più intima e meno concreta, una che sai di essere il solo in grado di maneggiare e controllare, una che soddisfa di più del far apparire una pizza per cena, quando non hai voglia di sporcare pentole e stoviglie.

Alec dorme voltato su un fianco – una mano infilata sotto il cuscino e l’altra vicino al viso – e tu sai che sta dormendo perché il suo respiro è regolare e cadenzato, attraverso le labbra leggermente schiuse, e il suo petto si solleva a ritmo.

Inspiri profondamente e ti posizioni specularmente a lui, facendo attenzione a non compiere movimenti eccessivamente bruschi per evitare di svegliarlo. È una visione talmente rara che ti premuri di catturarne ogni dettaglio e conservarne ogni particolare, in modo da permettere alla tua mente di ricreare quell’immagine in caso di un nuovo periodo di magra.

E sai che capiterà perché, da quando ha deciso che trascorrere la notte da te non equivale a un cambiamento di rotta troppo drastico per la sua buona condotta, Alec non ha mai dormito. All’inizio della vostra strana relazione, compariva sull’uscio di casa tua con quegli occhi limpidi e sinceri e quel sorriso un po’ colpevole – come se non dovesse affatto trovarsi lì, quasi come se a te potesse dispiacere il trovartelo lì – e poi passava la notte appollaiato sul divano del salotto, elargendo qualche carezza al Presidente e rimuginando su pensieri e preoccupazioni che gli si accavallavano nel cervello e gli appesantivano le tempie.

Tu ci hai provato, ci hai provato più di una volta a chiedergli di condividere con te il peso del mondo che sembrava portare sulle spalle, ma Alexander non è mai stato così bravo a darti ascolto e quelle poche parole che è riuscito a confidarti sono scivolate fuori dalle sue labbra dopo ore di silenzi e domande più o meno dirette.

Con il susseguirsi dei giorni e delle nottate, parlare è diventato sempre più fluido – sempre meno silenzi e più racconti, meno permessi inutili e più sorrisi complici, meno gote arrossate e più familiarità – ma Alec ha continuato a rifiutarsi di dormire. Sembrava prendere vita, nel momento in cui metteva piede nel tuo appartamento, e tu non te la sei mai sentita di spegnere quella scintilla dentro di lui, proponendogli qualcosa di così banale come dormire. Segretamente, ne sei sempre stato onorato, perché il modo in cui Alec sembra colorarsi quando è in tua compagnia fa sentire più luminoso anche te. E niente c’entrano gli strati di glitter e pailettes che ornano i tuoi vestiti e la tua pelle.

Quando ha bussato alla tua porta qualche ora fa, però, c’era qualcosa di diverso nell’aria. Sarà che anche tu ti sentivi diverso, perché il ritorno da Alicante è stato sfibrante e teso e ti ha lasciato addosso una patina opaca e appiccicosa che neanche l’acqua calda della doccia e il bagnoschiuma al mirtillo sono riusciti a mandare via. Lo hai percepito ancor prima di vederlo e, ancor prima di te, anche il Presidente si era messo sull’attenti.

Alec aveva occhiaie profonde e pesanti, lo sguardo spento e l’aria di chi ha vagato per ore senza sapere dove andare, pur di non tornare a casa. È scivolato silenziosamente al tuo fianco, pallido spettro del ragazzo che conosci tu, e ha trovato il suo posto nell’angolo del divano, quello che ormai è suo e che porta il suo odore e il suo nome impressi sopra. Come ogni cosa che ti appartiene o credevi lo facesse.

«Non lo so neanche perché sono qui» ha mormorato e tu ci hai messo più o meno due secondi netti a chiudere la porta e a raggiungerlo.

«Beh, vediamo di scoprirlo allora» hai provato a sorridere per lui, perché quel viso così asettico e scolorito non gli appartiene e, per quanto tu sappia di non aver alcun diritto di aspettarti un comportamento differente da lui, visti i fatti di Alicante, non riuscivi proprio a conciliarlo con il tuo Alexander.

Lui ha sollevato lo sguardo su di te, come se non ti vedesse, come se neanche si rendesse conto di essere lì al tuo fianco, ha ingoiato a vuoto e poi è tornato a perdersi nei suoi pensieri. E tu hai deciso che il senso di colpa ne sarebbe valso la pena, ma Alexander Lightwood aveva bisogno di dormire e, se non voleva farlo a modo suo, lo avrebbe fatto a modo tuo.

Sollevi una mano e avvicini un dito al suo viso, tracciando il profilo dei suoi lineamenti distesi, senza però toccarlo e rischiare di svegliarlo. È quasi giorno, consideri, a breve sarai costretto a destarlo comunque, ma il pensiero della mole di preoccupazioni che lo investirà, non appena avrà aperto gli occhi, ti stringe lo stomaco e secca la gola.

È un attimo, quando realizzi che saresti disposto a privarti di ottocento anni di giornate identiche a se stesse, pur di concedergli un unico giorno di tranquillità.

Alec sembra portare sulle spalle il peso di un mondo che non lo capisce, in cui non riesce a trovare il proprio posto e che, il più delle volte, lo tiene premuto al suolo e gli impedisce anche di respirare. Si sforza di essere un figlio perfetto, un Cacciatore valoroso, un dignitoso membro del Concilio, un migliore amico affidabile, un fratello presente, ma troppo spesso dimentica di avere diciassette anni e che, a quell’età, ci si aspetta anche che sorrida e che si permetta di prendersi un pomeriggio di relax.

Sfiori il suo zigomo con il dorso di un dito e sorridi quando lui storce il naso infastidito. Ripeti quel movimento, stavolta in modo più sicuro ma pur sempre delicato, e ti bei della consistenza della sua pelle sotto le dita.

Quel ragazzo ha un modo tutto suo di farti diventare scemo, lo hai capito da molto tempo ormai, ma ancora ti stupisci del modo in cui ogni esperienza vissuta si annulli, nel momento in cui la ripeti per la prima volta con lui.

«Alexander» lo chiami, carezzandogli dolcemente la guancia, per regalargli almeno un risveglio sereno. «Se non ti rispedisco a casa, a breve verrà qualcuno a reclamare la mia testa su un piatto d’argento.»

Lui arriccia le labbra e si agita appena, segno evidente che sta per scrollarsi di dosso l’intorpidimento dovuto al sonno e tornare al mondo sensiente. «Mmh, sarebbe un tale spreco» biascica, gli occhi ancora chiusi e una mano che corre a nascondere uno sbadiglio.

Tu sorridi e allontani le dita dal suo viso, per permettergli di stiracchiarsi a dovere. Di solito, sei tu quello dagli atteggiamenti silenziosi e felini ma, in questo momento, l’immagine di Alec si sovrappone a quella di un grosso gatto pigro e tu non puoi fare a meno di pensare a quanto calzante sia.

«È tardi?» Domanda lui, improvvisamente più sveglio e vigile.

Rotei gli occhi e ti sollevi sul gomito, posando la guancia al palmo mezzo chiuso. «Non più del solito» lo tranquillizzi, mentre sposti una mano sulla sua spalla e lo senti rabbrividire. «Ma volevo darti modo di svegliarti per bene, prima di andare via.»

Lui fa un sorriso un po’ colpevole e apre gli occhi, ancora lucidi di sonno. «Non volevo addormentarmi, scusa.»

Sospiri, perché Alec ha questa lieve tendenza a scusarsi per qualsiasi cosa faccia in tua presenza. Tu ci hai provato a spiegargli che con te non ha bisogno di sforzarsi di essere impeccabile, perché è già perfetto così ed è così che vuoi che sia, ma lui sembra essere sordo a questo genere di complimenti e, più che arrossire e mordersi un labbro in quel modo che ti costringe a distogliere lo sguardo per la paura di fare qualche stupidaggine, non sembra assimilarli.

«Hai dormito perché io ho voluto che tu dormissi, Alexander» spieghi, con pazienza.

Lui inarca un sopracciglio, un attimo prima che i suoi occhi siano attraversati da quel lampo di consapevolezza che glieli fa sgranare prima di schiudere le labbra. «Mi hai…? Mi hai drogato?»

Ridi e scuoti lievemente la testa. «Avrei fatto un lavoro pessimo, in quel caso» ti difendi, ma lui non pare convinto, così tu sospiri e fai risalire le dita lungo il suo collo. «Avevi bisogno di dormire, io ti ho solo facilitato le cose.»

Aggrotti la fronte, mentre lui si rabbuia momentaneamente, e riesci a distinguere perfettamente il momento in cui i suoi sensi riprendono a lavorare a pieno regime e le sue sinapsi iniziano a funzionare in modo corretto.

«Devo andare» asserisce sicuro, lo sguardo fermo e le sopracciglia appena contratte in una chiara smorfia di preoccupazione. Non è più con te, la sua mente è già di nuovo all’Istituto. Si solleva agilmente, indossando l’ideologica divisa da Cacciatore che per qualche ora sei riuscito a sfilargli, ma tu non sei d’accordo.

«No, non devi» obietti e lo prendi per un polso, con l’intenzione di trattenerlo lì con te. «Nessuno se la prenderà se sparisci per qualche ora, Alexander, nessuno si aspetta che tu sia disponibile e attento oggi e, oltretutto, sanno che sei con me, quindi saprebbero dove venirti a cercare, in caso di impellenti necessità.»

Lui schiude le labbra e alterna lo sguardo dal tuo viso alla tua mano chiusa intorno al suo polso; per un attimo, sembra prendere seriamente in considerazione le tue argomentazioni ma, quando poi parla, ci sono ancora troppi dubbi e insicurezze nelle sue parole.

«Magnus» chiama, con quella voce un po’ strascicata e implorante che sai precedere una giustificazione più o meno valida per un comportamento che tu non approverai. «Dobbiamo ancora organizzare le pattuglie e finire di stilare il rapporto completo di quanto accaduto ad Alicante e-»

«E sono certo possano fare a meno di te per questo tipo di burocrazia» lo interrompi, tirando lievemente il suo polso e costringendolo a stendersi di nuovo accanto a te. Più vicino a te. «Li raggiungerai più tardi e ti farai aggiornare. Puoi fidarti di me per una volta?»

Lui si irrigidisce appena e non hai modo di domandarti se sia per la tua ultima domanda o per il movimento del tuo braccio che lo ha portato ad adagiare la testa alla tua spalla, perché lui sospira e poi si rilassa di nuovo, come un muscolo dopo una contrazione. «Mi fido di te» assicura e tu sorridi, mentre posi la testa alla sua.

«E allora rimani» stabilisci, sperando che lui non si accorga della leggera sfumatura di preghiera che ha assunto la tua voce. Inspiri profondamente e poi fai schioccare le dita: le persiane alle finestre calano di più e la stanza torna a immergersi nella penombra.

«Comodo così» commenta lui, incantato come ogni volta dall’uso pratico che fai della tua magia. Avverti la sua risata leggera solleticarti il collo e, automaticamente, non puoi fare a meno di sorridere anche tu.

Il mondo fuori dalla tua camera da letto può anche mettersi in pausa per qualche ora: tu sei riuscito a far ridere Alexander Lightwood, il resto ha completamente perso d’importanza.





The End.



Vi lascio un paio di indirizzi a cui rintracciarmi eventualmente: FacebookAsk.fm

Robs.

   
 
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