Nota dell'autrice: La canzone che accompagna il testo è "My last breath" degli Evanescence. La traduzione l'ho fatta io, quindi magari non è perfetta. Per una volta ho voluto concentrarmi su una coppia un po' trascurata dal mondo delle fics. Fatemi sapere che ve ne pare, ci conto!
Shut
Down
Immobili,
madre e figlia si guardavano negli occhi. Sembrava quasi che stessero
silenziosamente combattendo l’una contro l’altra, entrambe pronte ad
approfittare del primo, appena percettibile momento di debolezza
dell’avversaria. Le due donne si somigliavano, ma non troppo. Avevano gli
stessi capelli biondi e lucenti, ma gli occhi erano totalmente diversi, la luce
che emanavano non era nemmeno paragonabile. Gli occhi della figlia erano lucidi
di lacrime che minacciavano di sgorgare da un momento all’altro, erano
determinati ma pure imploranti, mentre gli occhi della madre… difficile
definirli. Erano profondi, certo, e molto belli, di un azzurro talmente intenso
da far sfigurare il cielo dell’estate, ma non v’era nemmeno la parvenza del calore che
irradiava da quelli della giovane che scrutavano in silenzio. Ci si poteva
perdere in essi, ma non nel modo piacevole in cui ci si perde in un bel paio di
occhi azzurri, nella contemplazione delle mille sfumature cangianti al ritmo
delle emozioni della proprietaria di quegli occhi. Ci si poteva perdere nella
loro glaciale, completa e totale indifferenza. Quegli occhi non esprimevano
alcuna emozione, apparivano distanti anni luce dall’osservatore, facendolo
dubitare seriamente che in quel corpo dalla pelle così candida e perfetta ci
fosse vita. E la verità era che l’osservatore avrebbe fatto davvero bene a
porsi questa domanda. Bastava fare un confronto tra le due donne per rendersi
conto che c’era qualcosa di strano. La figlia era evidentemente adulta, una
donna sulla trentina, senza dubbio, era molto graziosa, ma un occhio attento
sarebbe riuscito ad intravedere qualche piccola ruga sottile sotto i suoi
occhi.
La
madre, d’altro canto… lasciava senza parole. A giudicare dall’età della figlia
avrebbe dovuto essere perlomeno una donna di mezz’età, per quanto potesse
mantenersi giovane avrebbe dovuto portare qualche segno del tempo sul proprio
corpo. Invece non era affatto così. La sua pelle candida era liscia e perfetta,
non una sola ruga solcava il suo volto. Sembrava una ragazzina, appena
ventenne. Era davvero stupefacente, ma soltanto per chi non era a conoscenza
della verità. Solo chi pensava che quella fosse una comunissima terrestre avrebbe
potuto stupirsi di fronte all’ostentazione di tanta giovanile perfezione.
Ma
chi la conosceva, sapeva perché C18 non poteva invecchiare.
La
figlia, Marron, mosse un passo incerto verso la madre, spezzando l’immobilità
del momento. Nella casa silenziosa, in cui l’unico rumore era l’infrangersi
delle onde sulle coste della piccola isoletta su cui si ergeva quella modesta
abitazione, la voce tremante della giovane suonò quasi dolorosa alle orecchie
di C18, anche se i suoi occhi, come di consueto, non tradirono alcuna emozione.
“Mamma,
dimmi la verità. Che cosa vuoi fare? Perché vuoi che ti lasci da sola nella
camera di papà? Perché non posso entrare anch’io? Sta morendo, ho tutto il
diritto di stargli accanto!”.
C18
chiuse gli occhi per qualche istante. Il suo pensiero corse all’uomo dai
capelli grigi che giaceva immobile e privo di conoscenza nella camera alle
spalle di Marron.
Crilin
si stava spegnendo. Aveva una certa età, ormai, e pur essendo stato, un tempo,
il più forte terrestre presente sul pianeta, anche se non in assoluto il più
forte del pianeta, adesso era soltanto un uomo debole e incapace di resistere
oltre alla malattia che lo aveva colpito e che in ogni istante gli strappava un
pezzetto di quella vita che tante volte la misericordia di una potente e antica
magia gli aveva restituito. Questa volta, però, niente avrebbe trattenuto il
miglior amico di Goku sulla Terra. Nessuna magia lo avrebbe sottratto
all’abbraccio della morte. Marron riprese a parlare, incapace di attendere
oltre una risposta da parte della madre.
“Dobbiamo
avvisare gli altri, mamma. Vorranno… vorranno dirgli addio”.
Al
singhiozzo che si sovrappose all’ultima parola della ragazza, C18 aprì gli
occhi. Marron aveva smesso di trattenersi, e adesso piangeva nella maniera più
composta possibile, con una mano davanti alla bocca. C18 piegò leggermente le
labbra e una sottilissima ombra passò davanti alle sue iridi azzurre. Non aveva
alcuna intenzione di rinunciare a fare quello che si era ripromessa da tempo,
ma non voleva nemmeno essere la causa di ulteriore dolore per la ragazza. Se la
giovane sentiva il bisogno di avere accanto a sé i suoi amici, glielo avrebbe
concesso, ma a patto che Marron rispettasse la sua volontà riguardo alla
risoluzione che aveva preso.
“Va
bene. Chiamali pure, se vuoi. Falli venire qui. Ma devi promettermi, Marron,
che quando te lo chiederò uscirai dalla camera di tuo padre senza fare storie,
senza lamentarti. Voglio dirgli addio a modo mio, e voglio farlo da sola. Hai
capito?”.
Se
possibile, gli occhi di Marron divennero ancora più tristi. Per un momento C18
fu tentata di afferrarla per le spalle, scuoterla e pretendere di sapere come
diavolo faceva ad intuire che dietro quella che apparentemente era soltanto la
richiesta di una donna innamorata si celava qualcosa di ben più profondo e
temibile. Forse perché Marron sapeva che sua madre non era una donna innamorata
qualsiasi.
Eppure
la compagna di Crilin non riusciva a spiegarsi quell’innato intuito, quella
capacità che Marron, come il padre, aveva di comprendere le persone che amava.
Forse perché lei non aveva mai posseduto niente del genere, almeno dacché
conservava memoria.
Ma
non poteva lasciarsi commuovere, pur se di commuoversi fosse stata capace. Si
preparò ad un altro scontro verbale e con la voce più calma che riuscì a tirar
fuori si rivolse di nuovo a Marron:
“Me
lo prometti? Mi prometti che farai quello che ti ho chiesto?”.
La
figlia di Crilin fissò in silenzio la madre per qualche istante, con le guance
bagnate di lacrime, prima che la sua espressione disperata lasciasse il posto a
quella stessa risolutezza che vedeva nei lineamenti e negli occhi della donna
di fronte a sé. Lasciò che il suo volto rispecchiasse la forza e la
determinazione della madre, impose al suo cuore di tacere, perché dentro di sé
sapeva che quella era la cosa più giusta da fare, che la sua mamma aveva tutto
il diritto di decidere, e che se non voleva rivelarle come avrebbe fatto a
portare a termine ciò che Marron aveva intuito volesse fare, glielo avrebbe
concesso. Anche se avrebbe preferito urlare. In cuor suo, aveva sempre saputo
che un giorno sarebbe finita così, e che per quel giorno sua madre avrebbe
progettato tutto nei minimi dettagli, lasciando a lei l’unico compito di farsi
da parte e permettere che la sua volontà giungesse a compimento. Marron non
aveva alcun dubbio, aveva compreso senza esitazione che quel momento era
arrivato. L’aveva letto in fondo a quegli occhi, freddi e immobili per chiunque
altro, privi di espressione e gelidi per gli altri abitanti del pianeta Terra.
Non era così per lei, tuttavia. Quegli occhi comunicavano direttamente col suo
spirito, così come con quello di suo padre. E non avrebbe mai potuto ignorare
la loro tacita preghiera.
“Te
lo prometto, mamma”.
Stupita,
C18 si limitò ad inclinare il capo, osservando la ragazza che si voltava e
raggiungeva il telefono per avvisare gli altri delle condizioni del padre.
Non
si sarebbe aspettata di trovare tanta comprensione, se Marron avesse avuto
sentore di quello che voleva fare. E invece la figlia l’aveva stupita. Ma del
resto, si disse C18, c’era ben poco di che stupirsi. Dopotutto si trattava
della figlia di Crilin.
Senza
aggiungere altro, C18 andò a sedersi al capezzale del marito. Portò una mano in
tasca e strinse l’oggetto rettangolare e metallico che ormai da un po’ di tempo
teneva sempre con sé.
I
compagni del passato arrivarono molto presto, e poco per volta presero a
sfilare al capezzale dell’amico morente, che non poteva vederli, immerso
profondamente nel sonno. C18, accoccolata su una poltrona accanto al letto di
Crilin, osservava il cielo tingersi lentamente di rosa e poi di scarlatto,
mentre il sole scompariva dietro la linea dell’orizzonte. Cercava
deliberatamente di ignorare le parole di conforto di tutti gli amici del
marito, che in quel momento le apparivano soltanto come degli intrusi fuori
posto, desiderava solo che se ne andassero. Era lei che aveva condiviso lunghi
anni con l’uomo che adesso giaceva su quel letto, era suo diritto godere di
quegli ultimi momenti.
Prima
che fosse tutto finito, che tutto si spegnesse, una volta per tutte.
L’ultimo
sgradito ospite si ritirò in salotto, e la testa bionda di Marron fece capolino
dalla porta della camera da letto. C18 vide le guance rigate di lacrime, ma
finse di non accorgersene.
“Devi
mantenere la tua promessa, adesso. Lasciami sola con lui”.
La
ragazza si avvicinò al letto e annuì, in silenzio. La madre riprese:
“Salutalo,
Marron. Se ne sta andando”.
Incapace
di trattenere i singhiozzi, Marron abbracciò suo padre, che lentamente stava
riprendendo conoscenza. Accortosi della presenza della figlia, Crilin sollevò debolmente
una mano e le accarezzò i capelli, salutandola con voce flebile. La ragazza lo
baciò sulle guance, sorrise tra le lacrime e si staccò da lui.
C18,
che nel frattempo si era alzata dalla sua poltrona, la fissò intensamente.
Voleva cogliere, ancora una volta e per l’ultima volta, ogni minuscolo
particolare di quel volto che tanto aveva amato. Marron la abbracciò di getto e
le sussurrò all’orecchio:
“Non
è facile per me mamma, ma capisco la tua scelta. Ho sempre saputo che prima o
poi avrei dovuto lasciarti fare”.
Strinse
la madre con tutte le sue forze, prima di scostarsi da lei e guardarla negli
occhi.
C18
ricambiò lo sguardo, ed in fondo al gelo impenetrabile di quei profondi occhi
azzurri Marron vide con chiarezza l’amore di sua madre per lei. Lo sentì
attorno a sé, lasciò che la scaldasse per qualche secondo, prima di baciare
anche lei sulla guancia e ritirarsi, chiudendosi la porta alle spalle. Era
dura, terribilmente dura, ma doveva rispettare la volontà di sua madre, e lo
avrebbe fatto ad ogni costo.
C18
si chinò verso Crilin, che la fissava con occhi semiaperti, la debolezza
evidente in ogni tratto del suo volto. La voce dell’uomo era tremante e
instabile:
“Cosa…
cosa voleva dire Marron?”.
La
compagna si sedette sul bordo del letto accanto a lui, ma non rispose. Si
limitò a fissarlo carezzandogli leggermente una guancia col dorso della mano,
lasciando trasparire un po’ di quella dolcezza che da qualche parte nel suo
animo si era da tempo assopita, e che di tanto in tanto riaffiorava in superficie,
brevemente, alla presenza del marito o della figlia. Crilin aprì la bocca per
parlare nuovamente, ma venne assalito da un tremendo colpo di tosse che lo
lasciò ansimante e ricoperto di sudore,
tra le braccia della moglie che lo stringeva nel tentativo di soffocare quel
dolore, di spingerlo via.
Hold on to me love
Tieniti a me amore
“Tutto bene?”
A
dispetto dei suoi gesti amorevoli, la voce del cyborg si ostinava a rimanere
fredda, apparentemente insensibile a ciò che stava accadendo. Ma Crilin, così
come Marron, non si lasciava ingannare da quell’atteggiamento, non l’aveva mai
fatto. Fin da quel primo bacetto sulla guancia che gli aveva fatto
completamente perdere la testa, quando ancora quegli occhi azzurri che tanto
amava erano gli occhi di un nemico, aveva imparato a non fermarsi alle
apparenze, ad andare più a fondo con lei, a scavare dentro quello sguardo per
leggervi ben più di quanto gli altri potessero scorgere. Crilin non parlò
comunque, decise di approfittare di quell’abbraccio, dato che ad ogni modo era
piuttosto raro che C18 si lasciasse andare a gesti affettuosi come quello. In
realtà era piuttosto stupito di quel comportamento. Si scostò leggemente da
lei, la guardò negli occhi e vi scorse un leggerissimo, sottile velo di paura.
Lei aveva capito che stava per morire, che quelli erano gli ultimi istanti
concessi dal fato alla loro bizzarra, e per certi versi assurda, storia
d’amore.
You know I can’t stay long
Lo sai che non posso restare a lungo
Crilin
aveva familiarità con la morte. Più volte si era ritrovato tra le sue braccia.
Eppure, la sensazione che lo pervadeva adesso era sconosciuta. Ciò che
conosceva era la morte violenta, che fulminea e spietata lo strappava alla
vita, non sapeva niente di quel freddo che adesso, lentamente, risaliva dalle
sue gambe e si impossessava di ogni centimetro del suo corpo.
Non
aveva paura di morire, non era questo a preoccuparlo, ma ugualmente vi era
paura dentro di lui.
Non
voleva lasciare la donna che adesso, mascherata di distacco e freddezza, lo
stringeva tra le braccia.
All I wanted to say was I love you and I’m not afraid
Tutto quello che volevo dire è che ti amo e che non ho paura
Irrazionalmente,
si sentiva un po’ un egoista ad andarsene in quel modo, sapendo di doverla
abbandonare al suo destino, alla sua eterna condanna.
Perché
C18, la sua amata, non poteva morire, non come tutti gli esseri umani.
Non
le era concesso di ammalarsi, di invecchiare, di vedere diventare bianchi i
propri capelli, era intrappolata all’interno di quel corpo perennemente
giovane, guidato da circuiti che ne garantivano la perfezione tecnologica.
Crilin
aveva impiegato un po’ di tempo per rendersene conto, non aveva previsto una
cosa del genere. Ma poi, poco per volta, col passare degli anni, aveva capito.
Marron cresceva, lui sfioriva a poco a poco e i suoi capelli si ingrigivano, e
C18 era sempre più distante da loro, nell’immutabilità della sua condizione di
essere non completamente umano. Inizialmente Crilin si era un po’ indispettito,
oltre che preoccupato. Aveva sempre nutrito, dentro di sé, il timore di non
essere all’altezza di quella donna dalla strabiliante bellezza, di non meritare
una compagna del genere, e quando aveva scoperto che la donna sarebbe rimasta
perfetta e giovane per sempre, aveva seriamente avuto paura di essere
abbandonato. Ma non aveva mai davvero dubitato di lei, della sua fedeltà. Il
dubbio non era riuscito ad insinuarsi davvero in lui, era stato immediatamente
cacciato via alla vista della reazione della moglie a quella scoperta. Triste
impotenza nei suoi pugni stretti, di fronte allo specchio.
Crilin
circondò a sua volta C18 con le braccia e sussurrò:
“Tutto
bene. Resta qui accanto a me”.
Can
you hear me?
Can you feel me in your arms?
Puoi sentirmi?
Puoi sentirmi tra le tue braccia?
Il
freddo diveniva più intenso di minuto in minuto, per Crilin respirare era
sempre più faticoso. Tenere le braccia attorno al corpo della moglie era ormai
impossibile, non riusciva più a reggerne il peso, così le lasciò scivolare
sulle lenzuola. C18 aggiustò la propria posizione, adagiando il capo sul petto
di Crilin, ascoltando il battito del suo cuore. Il profumo dei capelli di lei
infuse tranquillità all’uomo morente, che socchiuse gli occhi concentrandosi
solo sul respiro della moglie sul suo collo, su tutte le immagini di C18 nella
sua mente e sul proprio, tremulo respiro, che lentamente andava affievolendosi.
Holding
my last breath,
safe inside myself
are all my thoughts of you,
sweet raptured light, it ends here tonight.
Trattenendo il mio ultimo respiro,
al sicuro dentro di me
ci sono tutti i miei pensieri di te,
dolce estatica luce, finisce qui questa notte.
Doveva
lasciarla, abbandonarla a quel destino beffardo che l’avrebbe costretta a veder
morire sua figlia, i suoi nipoti, tutti coloro che aveva conosciuto. Crilin
ancora una volta si rese conto che era stato davvero un idiota ad invidiare,
anche se solo per un attimo, la condizione di cyborg di C18, comprendeva
perfettamente adesso che si trattava soltanto di una terribile condanna priva
di qualsiasi misericordia. Lui non avrebbe mai voluto vivere per sempre. Si era
preso gioco della morte fin troppe volte grazie al potere delle Sfere, adesso
era giunto il momento di chiudere gli occhi e lasciarsi andare, anche se il suo
cuore doleva terribilmente al pensiero di lasciarla indietro, di non avere
nemmeno la speranza di poterla un giorno incontrare nell’Aldilà.
Non
sarebbe stato Paradiso senza di lei.
I'll
miss the winter,
a world of fragile things
look for me in the white forest
hiding in a hollow tree
(come
find me)
un mondo di cose fragili,
cercami nella foresta bianca,
nascosta nella cavità di un albero
(vieni a trovarmi)
“Mi
dispiace”.
C18
sollevò il capo nell’udire quelle scuse provenire dalle labbra del marito in
punto di morte, ma ne comprese immediatamente la ragione. Strinse leggermente
gli occhi, osservandolo attentamente, e tirò fuori l’oggetto rettangolare che
fino a quel momento aveva tenuto gelosamente nascosto in tasca. Crilin osservò
il piccolo aggeggio metallico e lo riconobbe immediatamente. E come avrebbe
potuto non farlo? Era del tutto identico a quello che lui, tanti anni prima,
aveva tenuto tra le mani di fronte agli occhi, per la prima volta impauriti, di
quel cyborg che sembrava non temere nulla al mondo, che invece per pochi
istanti aveva temuto proprio lui. Era esattamente uguale al telecomando che lui
avrebbe dovuto utilizzare, che invece aveva distrutto, con un unico gesto di
cui a lungo andare non si era pentito. Aveva un unico pulsante rosso al centro,
un solo scopo.
Spegnere
la luce che animava quegli occhi azzurri.
Il
corpo di C18 non poteva invecchiare e quindi morire di morte naturale. Poteva
venire distrutto, o spento, appunto. Disattivato.
“Come…
come hai fatto?”
“Bulma.
Ci ho messo un po’ a convincerla, ma alla fine ha capito”.
“No…
non voglio, non puoi farlo. Non puoi”.
C18
non parlò, si limitò a piegare le labbra in una smorfia beffarda, un lampo di
sfida negli occhi. La sua espressione comunicava chiaramente, non erano
necessarie parole.
La decisione non
spetta a te. Non puoi fermarmi.
Gli
occhi di Crilin, da spaventati che erano, divennero gradualmente tristi, quindi
rassegnati. Capì che non avrebbe potuto fare niente per farla desistere, che
C18 aveva fatto la sua scelta. E nonostante il profondo amore che da anni li
legava, sapeva di non avere il diritto di impedirle di decidere come e quando
porre fine alla propria esistenza. Una lacrima scivolò su una guancia pallida
dell’uomo.
C18
vide il terrore negli occhi dell’amato lasciare il posto a quella comprensione
che amava così tanto, costante presenza nella sua vita. La smorfia beffarda si
tramutò in un sorriso più sincero, mentre si chinava a raccogliere con le
labbra la lacrima di chi mai, nemmeno per una volta nella vita, l’aveva delusa
o non era riuscito a comprenderla completamente. Fino in fondo.
I
know you hear me,
I can taste it in your tears.
Lo so che mi senti,
posso assaporarlo nelle tue lacrime
Sistemò
le proprie gambe, stendendosi completamente accanto al marito. Poggiò la testa
sul cuscino accanto alla sua, ne circondò il torace con un braccio, il
telecomando sempre stretto tra le dita, fredde come se presagissero ciò che di lì a poco
sarebbe avvenuto.
Non
aveva alcun rimpianto. Marron era adulta e aveva accettato, pur soffrendo, la
sua scelta, aveva capito che senza di lui, che era stato per lei l’unico per tutta la sua seconda vita, la
sua vita da cyborg, non voleva vivere un solo istante. La sua mente corse al
giorno in cui aveva realizzato, per la prima volta, che quella era l’unica
soluzione, al momento in cui finalmente una riluttante Bulma le aveva
consegnato l’oggetto che adesso stringeva. Ripensò a quando lo aveva visto per
la prima volta, proprio in mano a Crilin, quando aveva temuto che succedesse
ciò che adesso avrebbe provocato proprio lei. Lasciò vagare la mente tra i
ricordi di quella vita che il suo uomo le aveva donato, ascoltando il respiro
del corpo steso accanto a lei, sempre più debole.
Holding
my last breath,
safe
inside myself
are all my thoughts of you,
sweet raptured light, it ends here tonight.
Trattenendo il mio ultimo respiro,
al sicuro dentro di me
ci sono tutti i miei pensieri di te,
dolce estatica luce, finisce qui questa notte.
Umana,
sì. Ma non del tutto. Non quando contava davvero.
Crilin
non avrebbe voluto sapere che la pensava così. Detestava quando gli dicevano
che C18 non era un vero essere umano.
E’ una donna a
tutti gli effetti, ha solo dei circuiti al posto del cervello.
C18
strinse con più forza il telecomando. Non era vero, non era mai stato così.
Certo, era stata felice grazie a lui, ma non era mai stata una donna a tutti gli effetti. La barriera
che la separava dai veri esseri umani non era mai crollata del tutto, nel corso
degli anni. E più volte si era sentita da sola, e si era disprezzata per la sua
debolezza inconfessabile.
Closing
your eyes to disappear,
you pray your dreams will leave you here
but still you wake and know the truth,
no one's there.
Chiudendo i tuoi occhi per scomparire,
preghi che i tuoi sogni ti lascino qui,
ma ancora una volta ti svegli e conosci la verità,
non c'è nessuno lì.
Perciò
aveva deciso di andarsene via, una volta che lui se ne fosse andato. Lui e
soltanto lui aveva dato un senso a quella mezza vita, e con la morte si sarebbe
portato via quel senso. Marron doveva vivere, lo meritava, non poteva per tutta
la vita soffrire per una donna a metà, dal cuore di ghiaccio, che non era
capace di amarla completamente e senza riserve, o perlomeno che non era capace
di dimostrarlo. Lei ce l’avrebbe fatta, niente le impediva di vivere davvero,
fino in fondo, ogni singolo giorno della propria vita.
Sentì
il respiro di Crilin farsi più pesante, un tremito pervadere il suo corpo.
Freddo, ma anche un po’ di paura, inevitabile nel momento estremo, anche per il
più coraggioso degli uomini.
“C18…”
Un
bisbiglio appena udibile, che spense la tristezza e rasserenò l’animo della
donna. Era così bello sentirsi chiamare da lui, da quella voce gentile. Forse
non era stata molto fortunata durante la sua vita, aveva sofferto molto, ma in
quel momento C18 capì che era così, con quella voce nelle orecchie, che voleva
che finisse, con la consapevolezza di essere diventata davvero importante per
qualcuno, tanto che il suo nome veniva invocato in punto di morte.
Say
goodnight,
don't be afraid,
calling me, calling me as you fade to black.
Di' buonanotte,
non avere paura,
chiama il mio nome mentre sbiadisci nell'oscurità.
Holding
my last breath,
safe
inside myself
are all my thoughts of you,
sweet raptured light, it ends here tonight.
al sicuro dentro di me
ci sono tutti i miei pensieri di te,
L’ultimo
rantolo da parte di Crilin e l’ultimo sussurro di C18.
“Grazie.
Ho vissuto solo accanto a te”.
Gli
occhi bruni e quelli azzurri si chiusero, un dito si poggiò sul pulsante rosso,
esitò un istante, e spinse.
sweet raptured light, it ends here tonight.
dolce estatica luce, finisce qui questa notte.