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Autore: lilac    22/11/2007    12 recensioni
Vegeta ha un disperato ed urgente bisogno della riparazione di uno dei suoi marchingegni meccanici. Bulma invece avrebbe bisogno di un po' di pace e di tranquillità... Ma è proprio questo ciò di cui entrambi hanno bisogno? E perché Bulma non riesce a togliersi dalla testa quella stupida canzone che ha sentito canticchiare a sua madre? Song-fiction semi-seria, dedicata agli amanti della coppia Bulma/Vegeta.
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: La trama e i personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Akira Toriyama che ne detiene tutti i diritti. Questa storia è stata scritta quindi senza alcuno scopo di lucro.
CREDITS: La canzone che dà il titolo alla storia, You really got a hold on me, è tratta dall’album ‘With The Beatles’ del 1963. Canzone scritta da Smokey Robinson (The Miracles) nel 1962 e interpretata come cover dai Beatles solo un anno dopo. Oggi quella dei Beatles, a cui faccio riferimento, è la versione più conosciuta.
NOTE DELL’AUTRICE: - Questa canzone fa parte del primissimo repertorio dei Beatles (‘With The Beatles’ è il loro secondo album), testi molto semplici e melodie orecchiabili e spensierate, sebbene si noti già allora una vena drammatica che non tarderà a palesarsi. Questa atmosfera a tratti quasi infantile, ma “in divenire”, mi sembrava la più adatta per questa storia.
- Il testo non credo abbia bisogno di traduzione, vista l’estrema semplicità. L’unica nota più difficile è forse proprio lo stesso titolo, espressione non facilmente traducibile in italiano. Letteralmente traducibile come “Hai davvero fatto presa su di me”, o qualcosa del genere^^, è un’espressione ormai in disuso, vista l’età della canzone. Io lo tradurrei con qualcosa di simile a “Mi hai proprio conquistato”, con una connotazione positiva e negativa allo stesso tempo (col senso “è stato più forte di me, non ho potuto sottrarmi anche se avrei voluto”). In poche parole, in italiano non rende affatto XD, perciò ho lasciato il titolo inglese, anche se ho “giocato” un po’ col significato letterale di hold (“presa”, “stretta”), e con l’altro significato di “hold (me)” con cui gioca anche il testo (“abbracciami”)^^.
- NB In rosso le parti riferite a Bulma, in blu quelle riferite a Vegeta e in verde quelle riferite ad entrambi.

Questa Song-fiction è stata scritta per un concorso indetto sul forum Writers Arena.
Buona lettura^^



YOU REALLY GOT A HOLD ON ME


“Senti, mio caro...”
Bulma se ne stava comodamente seduta sul divano, sorseggiando un tè e smangiucchiando svogliatamente un pasticcino. La sua postura e il suo sguardo indolente erano il ritratto della serenità. Tuttavia, il tono tagliente e sarcastico con cui si era apprestata a rispondere e il lieve rossore sulle sue guance tradivano senza ombra di dubbio una certa irritazione. Aveva appena finito di discutere con sua madre per impedirle di convincersi che le importasse qualcosa di Vegeta, almeno per provarci, e non era stata per niente un’impresa facile. Il fatto che la donna se ne fosse andata canticchiando quella stupida canzone l’aveva resa ancora più nervosa.

I don't like you
But I love you
Seems that I'm always
Thinking of you
Oh, oh, oh
You treat me badly
I love you madly
You've really got a hold on me
You've really got a hold on me, baby


Tutto ad un tratto sembrava che gli altri pretendessero di capire meglio di lei che cosa provasse, anche Yamcha improvvisamente era diventato un esperto riguardo ai suoi sentimenti, roba da pazzi! Non era capace nemmeno di allacciarsi le scarpe da solo e ora recitava la parte dell’uomo maturo. Come se non l’avesse mollato proprio per quel motivo. E poi era proprio stufa di questa situazione, pareva che intavolando un qualsiasi argomento di conversazione si finisse sempre per parlare di quel maledetto saiyan. Stava proprio per godersi finalmente un momento di pace quando, nemmeno a farlo apposta, il saiyan in questione era comparso dal nulla, con quei suoi modi arroganti e insopportabili, a darle ordini e a trattarla come una schiava. Figuriamoci se le piaceva anche solo vagamente quello zotico presuntuoso! Era veramente a tanto così da mandarlo al diavolo, lui, sua madre e tutto il resto dell’universo.
“... Prima di tutto io ho un nome ed è Bulma. B.U.L.M.A.! Mettitelo bene in testa razza di scimmione! E secondo, esigo che tu chieda per favore. Sei a casa mia e non hai alcun diritto di darmi ordini, chiaro?! Dove hai imparato l’educazione, in un bordello?!”
Il rossore sulle sue guance, che era divenuto più intenso nel pronunciare quell’ultima accusa, tradì per un momento, oltre che la collera, anche un certo sentimento di vergogna per quel pensiero che aveva osato attraversarle la mente.
Vegeta, dal canto suo, si era sorbito la ramanzina apparentemente senza battere ciglio; le uniche manifestazioni del suo disappunto erano state il lieve tremolio del sopracciglio destro, il serrarsi delle labbra e il loro impercettibile curvarsi verso il basso. La fissava, in piedi accanto al sofà, con le braccia conserte e una vaga espressione irritata. Il tono con cui replicò tuttavia, era molto più che irritato.
“Me ne infischio di come ti chiami e di chi è questa casa! Se non ti ho ancora fatto fuori è solo perché ho qualcosa di più importante a cui pensare, vedi di tenerlo a mente!”
Bulma lo aveva fissato di rimando con aria di sfida, ostentando una sicurezza che probabilmente sorprendeva anche se stessa. Avrebbe dovuto di certo stupire Vegeta, nonostante questi pareva non darlo minimamente a vedere. “E per tua informazione...” Continuò lui beffardo. “Ho conosciuto prostitute che sapevano stare al loro posto molto meglio di te”
“Ma come ti permetti?! Brutto cavernicolo maleducato e arrogante!” Sbottò lei balzando in piedi inviperita e bruciante di collera. “Chi ti credi di essere?! Non illuderti che il fatto che ti abbia ospitato a casa mia ti dia il diritto di insultarmi! Io non ho affatto paura di te, caro il mio principe dei saiyan...” Si soffermò di proposito su quelle ultime parole, pronunciando la parola ‘principe’ in tono ironico e appoggiando i pugni sui fianchi in una posa impettita. “Tu non mi piaci affatto!” Proseguì poi con tono deciso, quasi a voler ribadire il concetto più a se stessa che a lui. “Sei solo un rozzo e un maleducato, tutto muscoli e niente cervello! Devi solo ringraziarmi per la mia ospitalità e la mia gentilezza, invece di comportarti come un ingrato e di rivolgerti a me solo per mangiare e per i tuoi stupidi...”
“Ahahahah” Una risata forzatamente sguaiata si sovrappose perentoriamente alla sfuriata di lei, zittendola per un momento. Il saiyan la squadrò con aria maligna e provocatoria. “Tsk. Sei solo una creatura patetica e inutile. Sei troppo stupida per renderti conto...”
“Che cosa?!” Lo interruppe a sua volta lei con estremo disappunto, agitando un pugno a pochi centimetri dalla sua faccia in preda alla collera.
Perplesso di fronte ad un tale gesto di coraggio, Vegeta la squadrò incuriosito per un momento, inarcando un sopracciglio pensieroso.
“Prova a ripetermi che sono inutile e stupida e non avrai mai più nessun altro dei tuoi inutili e stupidi aggeggi! Te lo puoi scordare che mi metta a...” Si frenò bruscamente da sola, un attimo dopo, accortasi dell’espressione del saiyan, che la fissava serio, immobile; la guardava dritta negli occhi e la scrutava come a voler sincerarsi che non fosse realmente pazza a sfidarlo in quel modo. Bulma non riuscì a non arrossire violentemente di fronte a quello sguardo indagatore così penetrante. Aveva incrociato più di una volta quegli occhi scurissimi e ogni volta si era sentita inerme e indifesa, come se avessero la capacità di incatenarla e di metterla completamente a nudo. Si trovò costretta a distogliere lo sguardo, che suo malgrado cadde sul torace muscoloso e imperlato di sudore del saiyan e sulle sue braccia possenti. Il tentativo di sfuggire nervosamente all’imbarazzo fallì miseramente al pensiero, che le balenò alla mente a tradimento, di immaginarsi la sensazione di essere stretta tra quelle braccia, all’apparenza salde come roccia. Le ci volle solo una frazione di secondo per darsi razionalmente della stupida e ritrovare un tono caustico, rinvigorito dalla rabbia che provò verso se stessa per aver solo pensato a certe cose.
“Te lo puoi scordare che mi metta a riparare quel simulatore proprio ora...” Riprese con meno foga, ma altrettanto puntiglio. “Io non ho tempo da perd...”
Le parole le si strozzarono letteralmente in gola, nuovamente, nel momento in cui il saiyan la afferrò con non troppa delicatezza e se la issò su una spalla come fosse un inerme fagotto senza vita. Dopo un momento di totale sbigottimento, Bulma parve realizzare ciò che stava succedendo.
“Che diamine stai facendo?! Mettimi giù brutto scimmione!”
Cominciò a dimenarsi, colpendo la schiena del saiyan a forza di pugni, scalciando come un’ossessa e gridando ad un volume intollerabile per qualsiasi essere umano. “Non ti permettere! Non sono un pacco! Mettimi immediatamente giù!”
Vegeta non sembrò scomporsi minimamente. Imboccò la porta del salotto e si incamminò lungo il corridoio come se stesse portando sulle spalle un asciugamano, piuttosto che una donna che sbraitava in preda ad una crisi di nervi. La lasciò andare, per nulla delicatamente, solo una volta entrato in laboratorio, sul pavimento. Un attimo dopo la fissò con un’espressione vagamente disgustata, mentre la ragazza cercava di sistemarsi la gonna in modo eccessivamente nervoso.
“Tuo padre non c’è. Perciò dovrai ripararlo tu. Vedi di fare in fretta! Lo voglio per questa sera. O quando tornerà non troverà più una figlia... Chissà, magari mi ringrazia pure.” Concluse poi con un’aria beffarda. Bulma fece per protestare per l’ennesima volta, ma non ne ebbe il tempo.
“E tanto per mettere le cose in chiaro...” Continuò perentorio il saiyan, sulla soglia della porta. “Nemmeno tu mi piaci.”
Dopo neanche un secondo era già uscito dalla stanza, lasciando Bulma per un attimo sconcertata.
“Bene!” Gli aveva gridato dietro lei riscuotendosi, mentre si rialzava in fretta da terra come se si fosse accorta in quel preciso momento di essere sul pavimento e cercava di darsi un tono. “Perfetto! Allora è una cosa reciproca!”
Un attimo dopo aveva incominciato ad armeggiare con quel simulatore sul banco di lavoro con un’espressione scura in volto.
“Maledetto saiyan!” Imprecò tra sé e sé, mentre cercava di calmarsi, tentando disperatamente di mentire a se stessa riguardo a quanto l’avevano ferita quelle ultime parole. Erano state pronunciate in tono freddo e distaccato, con aria di superiorità, come se l’autore di quella precisazione ne avesse sentito il bisogno intuendo una qualche inclinazione di lei; nemmeno fosse una ragazzina alle prese con una cotta! Sai che guadagno era stato il fatto che finalmente si fosse deciso a spiccicare qualche parola in più dei grugniti che emetteva all’inizio?! Tanto erano tutti insulti, minacce e ordini! E ora la trattava anche come una stupida ragazzina imbranata.
Aveva continuato a borbottare insulti e frasi sarcastiche all’indirizzo di Vegeta per diversi minuti, prima di decidersi ad ammettere che forse era davvero irrimediabilmente attratta da lui. Quell’uomo aveva davvero un modo tutto suo, orribile peraltro, di esercitare un fascino a cui non riusciva ad essere indifferente, nonostante tutto.
La cosa sembrò irritarla ancora di più. Scosse la testa come a negare fermamente quell’ultimo pensiero, decisa a scacciarlo una volta per tutte dalla mente. Con un gesto automatico accese la radio a tutto volume, cercando di far tacere i suoi pensieri, ma dopo appena due note riconobbe la canzone che aveva sentito, solo qualche minuto prima, dalla voce cinguettante della madre.
“Ah, perfetto! Ma che cos’è una persecuzione, una congiura?!” Sbuffò sarcastica ed esasperata, alzando gli occhi al cielo. Sembrò riflettere su qualche cosa per un istante, poi tornò a lavorare, senza abbassare il volume...

I don't want you
But I need you
Don't want to kiss you
But I need to
Oh, oh, oh
You do me wrong now
My love is strong now
You've really got a hold on me
You've really got a hold on me, baby

Il display elettronico segnava in rosso quattrocentotrenta. Nell’aria, densa e pesante, risuonavano rumori sordi e sibili attutiti ad un ritmo quasi regolare. Ogni fendente che il saiyan abbatteva su un nemico immaginario era scandito dal suo ansimare in preda allo sforzo e dal fruscio dell’aria smossa, tormentata dai suoi colpi. Tuttavia, l’espressione rabbiosa di Vegeta rivelava un’insoddisfazione e un’irritazione che pareva andare ben oltre quel pensiero fisso che lo ossessionava dall’ultimo incontro con Kakaroth e dall’apparizione di quel super saiyan venuto dal futuro. I suoi colpi parevano acquistare sempre più vigore col passare dei minuti, come se stesse sfogando una qualche frustrazione, piuttosto che compiendo un allenamento programmato. L’ennesimo calcio sembrò scagliato col preciso intento di uccidere. Si fermò un attimo dopo pensieroso, i tratti del viso tesi in una maschera di stanchezza mista a determinazione.
“Maledizione!” Imprecò a voce alta, ricominciando ad affondare calci e pugni con più foga di prima.
Quel dannato simulatore di ki gli serviva assolutamente. Senza non avrebbe avuto più alcun margine di miglioramento di questo passo. Anzi, avrebbe dovuto farsene costruire altri piuttosto.
La soluzione che aveva ipotizzato non sembrò però placare minimamente il suo malcontento; l’espressione che si materializzò sul suo volto, seguendo il filo logico dei suoi pensieri, sembrò al contrario incupirsi e incattivirsi ancora di più.
Quella dannata donna l’avrebbe portato alla rovina, ne era certo, lo avrebbe fatto impazzire! Avrebbe dovuto ucciderla, una volta finita tutta quella storia, sempre che fosse riuscito a starle alla larga nel frattempo. Magari avrebbe potuto ucciderla subito, al diavolo! L’immagine di lei si sovrapponeva ormai troppo spesso a quella di Kakaroth nei suoi pensieri e lo detestava, si sentiva male quasi fisicamente per questo.
Una smorfia di dolore incurvò gli angoli delle labbra quasi a sugellare quell’ultimo pensiero.
A lui non importava un accidente di lei e dei suoi simili, tutto questo non era normale! Non poteva permettersi di distrarsi solo perché trovava quella donna vagamente appetibile. Nessuna maledetta femmina aveva mai avuto questo potere su di lui, il potere di distoglierlo da un obiettivo così importante; tutto ciò lo rendeva terribilmente nervoso, unito al fatto che l’allenamento massacrante a cui si stava sottoponendo non dava i frutti sperati... Prenderla con la forza avrebbe potuto essere un’altra soluzione, ma da qualche tempo una strana sensazione l’aveva quasi convinto che quella non sarebbe stata affatto una soluzione. Non era lei che voleva!
Un pugno più forte dei precedenti, scagliato con eccessiva veemenza, lo costrinse a barcollare lievemente per ritrovare l’equilibrio. Si asciugò il sudore con un gesto lento, cercando di riaversi.
Cominciava ad essere davvero stanco. Non avrebbe permesso che quella dannata donna lo rendesse debole e vulnerabile. Forse era proprio colpa sua se non riusciva a sopportare come voleva l’allenamento.
Un pugno si contrasse in uno spasmo di collera.
Aveva bisogno di lei e di suo padre per l’attrezzatura, nient’altro; forse anche per il cibo, a volerla dire tutta. Tutto sommato i terrestri si cibavano di pietanze piuttosto appetitose, oltre che nutrienti.
Quell’ultima riflessione comunicò direttamente col suo stomaco, che rispose inviandogli di rimando un segnale inequivocabile. Raccattò bruscamente un asciugamano da terra, azzerò il dispositivo di incremento della gravità visibilmente infastidito e uscì dalla navicella, evitando di ammettere quell’ennesima debolezza, con un passo deciso che contrastava vivamente con le sue intenzioni sul da farsi, ancora piuttosto confuse.
Si ritrovò in cucina senza rendersene conto. Quando la vide indaffarata al microonde che canticchiava una stupida canzone, improvvisamente la trovò più insopportabile e fastidiosa che mai; allo stesso tempo provò un irresistibile bisogno di toccarla, di farla sua. In quel momento cominciò seriamente a convincersi che fosse una strega e che avesse operato una qualche maledizione su di lui.
“Dovresti essere nel tuo laboratorio a lavorare.” Dichiarò in tono seccato, appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate sul petto. “Mi sembrava di averti detto che il simulatore mi serviva entro sta sera”.
Bulma si era zittita e girata di scatto verso il saiyan, spaventata dalla sua improvvisa e silenziosa apparizione, decisa a rispondergli per le rime. L’aspetto di Vegeta, distrutto dalla fatica ed estremamente provato da qualcosa che le aveva dato l’impressione non fosse di origine fisica, aveva però bloccato la sua risposta tagliente sul nascere.
“A me sembrava di averti detto che ne ho abbastanza dei tuoi ordini, invece.” Rispose non troppo convinta. “E’ quasi pronto, comunque.” Aggiunse subito dopo, ostentando una certa indifferenza.
“Se è quasi pronto perché diavolo perdi tempo qui?”.
Fu sufficiente quell’ennesima manifestazione di ostilità, tuttavia, perché Bulma accantonasse ogni perplessità e ritrovasse in un lampo tutta la sua proverbiale presenza di spirito. “Pensavo che oltre a combattere l’unica altra cosa di cui t’importasse fosse ingozzarti.” Replicò beffarda. “Se hai deciso di morire di fame accomodati pure, comunque. Magari è la volta buona che non sento più la tua stupida voce borbottare frasi antipatiche!”.
Un secondo dopo azzerò il timer del microonde e ne estrasse un piatto dal profumo invitante. Vegeta non poté fare a meno di sentire un richiamo disperato da parte del suo stomaco che si affrettò ad ignorare, mentre la apostrofava con una smorfia sprezzante. “Se cucini allo stesso modo in cui ripari le attrezzature, forse morire di fame non può essere una prospettiva peggiore che mangiare quella roba.” Ribatté apparentemente impassibile.
Le guance della ragazza si imporporarono ancora una volta di collera, mentre un lampo di pura cattiveria le attraversò lo sguardo. “Bene, visto che la pensi così…” Affermò con un tono forzatamente tranquillo. Si avvicinò con noncuranza al saiyan, qualche passo, come per fargli assaporare meglio l’odore e l’aspetto invitante di quella pietanza, poi risoluta tornò sui suoi passi e gettò il piatto nel secchio della spazzatura. “Se ti viene fame sai dove trovare il tuo pranzo, tanto sarai abituato a procurarti il cibo in posti ben peggiori del mio secchio dell’immondizia, giusto?” Concluse con un’inflessione petulante e vittoriosa nella voce, incrociando le braccia impettita.
Vegeta si ritrovò involontariamente a sgranare per una frazione di secondo gli occhi incredulo, prima di perdere quasi completamente la calma. “Insulsa terrestre, come osi rivolgerti a me in questo modo!?!” La ingiuriò, staccandosi finalmente dallo stipite e avvicinandosi minacciosamente a lei a grandi falcate, serrando i pugni dalla rabbia. “Potrei mangiare te, se solo lo voles...”
Le parole però gli scemarono inspiegabilmente in gola; fu costretto a fermarsi in mezzo alla stanza, colto da un capogiro e da una fitta lancinante al fianco. Si portò istintivamente una mano alla parte dolorante in preda ad un forte senso di vertigine e cercò come poté di restare in piedi, appoggiandosi al tavolo, mentre sentiva le gambe venirgli inesorabilmente meno.
Bulma, che l’aveva osservato con un certo timore esplodere in quel moto rabbioso ed era indietreggiata istintivamente di qualche passo, altrettanto istintivamente si affrettò a raggiungerlo e lo afferrò come poté prima che crollasse sul pavimento.
“Vegeta! Che ti prende?!” Esclamò in preda all’apprensione, mentre cercava con tutte le sue forze di non lasciarlo cadere. “Vegeta, rispondi, ti prego! Che cos’hai?”
Il saiyan sembrò riprendersi quasi subito, Bulma sentì che il suo peso si era fatto più leggero, anche se sembrava ancora visibilmente confuso.
“Sto benissimo!” Rispose seccato, mentre cercava di recuperare una postura e un tono più appropriati a quelle parole.
“Lo sapevo che non ti eri ancora ripreso del tutto da quell’incidente.” Protestò ancora appoggiata a lui, nonostante si reggesse in piedi ormai con le sue gambe. “Sei un maledetto testone! Finirai per ammazzarti da solo, altro che cyborg!”.
Vegeta soffermò senza volerlo il suo sguardo sulle mani di lei che lo tenevano ancora saldamente stretto. Quando sollevò lo sguardo sui suoi occhi, troppo vicini, con quell’espressione ansiosa e preoccupata che ancora una volta contrastava col tono irritante dei suoi rimproveri, dovette fare uno sforzo enorme per non avvicinare le sue labbra a quelle di lei. Baciarla... Era così che l’avrebbero definito i terrestri. La prima volta che aveva appreso per caso questa specie di nozione l’aveva trovato disgustoso, oltre che perfettamente inutile. E ora aveva voglia di farlo!
Quello stesso pensiero ebbe il potere di scuoterlo e di fargli ritrovare il suo umore abituale in un secondo. “Puoi anche staccarti adesso!” Sbottò seccato, fissando le mani di lei vagamente allusivo.
Bulma, a quelle parole, trasalì e si allontanò in un lampo come se il saiyan fosse stato incandescente, arrossendo violentemente ancora una volta e maledicendosi mentalmente per quella figuraccia.
Vegeta intanto si era diretto con noncuranza verso la porta. “E puoi anche iniziare a farti gli affari tuoi, una buona volta!” Puntualizzò uscendo, senza darle ancora una volta il tempo di replicare.
Il bisogno quasi fisico che aveva provato nel desiderare che non si separasse affatto da lui lo aveva tuttavia scosso profondamente e irritato ancor più di prima. Il bisogno quasi fisico che aveva provato nel fare qualcosa di assolutamente terrestre lo aveva invece letteralmente fatto infuriare. Mentre si dirigeva ancora più determinato verso la capsula gravitazionale aveva avuto la sensazione che quella stretta l’avesse incatenato con una forza da cui prima o poi non sarebbe stato capace di liberarsi. Aveva evitato per un soffio di far saltare in aria la donna bionda in giardino, che continuava a cinguettare una canzone idiota e lo salutava sorridente. Ma dove aveva già sentito quella canzone? Per sua fortuna, non si accorse nemmeno di averla pensata una cosa del genere. Un secondo dopo il display elettronico segnava in rosso quattrocentoottanta...

I love you and all I want you to do
Is just hold me, hold me, hold me, hold me

Bulma stava ormai armeggiando sul piano di lavoro da qualche ora, borbottando parolacce e insulti incomprensibili all’indirizzo di un non meglio identificato scimmione, scaraventando letteralmente gli attrezzi a destra e a sinistra e sbraitando insulti molto più comprensibili alla macchina su cui stava lavorando, ogni qualvolta questa non si decideva a funzionare come lei aveva stabilito. Fermamente decisa ad ignorare ogni sentimento che riguardasse Vegeta che non fosse la rabbia e il disgusto e fermamente decisa ad ignorare del tutto la stessa persona che rispondeva a quel nome, da ore aveva ottenuto come unico risultato quello di desiderare ancora più ardentemente almeno un altro contatto fisico con lui, come quello che aveva avuto quel pomeriggio e settimane addietro, dopo l’incidente con la navicella gravitazionale. Altro risultato che aveva ottenuto, ancora più assurdo ed irritante, era stato quello di aver cercato un nastro con quella maledetta canzone, che ora risuonava sfacciatamente nel laboratorio, imperterrita...

Tied up
Tied up

Ore e ore di estenuante allenamento e il cosciotto crudo e sanguinolento, che aveva trovato nel frigo e divorato avidamente in un paio di bocconi, non avevano placato minimamente la sua irritazione. Vegeta percorreva il corridoio ormai buio della Capsule Corporation a grandi falcate, diretto ai laboratori, imprecando tra sé e sé per quell’ennesima manifestazione di debolezza e soprattutto per la sua apparente e inspiegabile incapacità di liberarsi da quell’inutile tormento e di porre fine alle sue sofferenze una volta per tutte. La decisione che aveva preso di distruggere l’intero pianeta, una volta avuta la sua vendetta, non sembrava aver minimamente scalfito la sua collera. Fermamente deciso ad evitare di avere a che fare con quella stupida donna da lì in avanti, l’unico risultato che aveva ottenuto era stato quello di risolversi ad andarla a cercare di nuovo, per chiederle conto di quello che le aveva ordinato di fare. La melodia fastidiosa che proveniva dal laboratorio aveva avuto solo il potere di irritarlo maggiormente...

I want to leave you
Don't want to stay here
Don't want to spend
Another day here
Oh, oh, oh, I want to split now
I just can quit now
You've really got a hold on me
You've really got a hold on me, baby

I love you and all I want you to do
Is just hold me, hold me (please), hold me (squeeze), hold me

You've really got a hold on me
You've really got a hold on me

“Fai tacere quella dannata musica!” Esordì, spalancando la porta del laboratorio non proprio delicatamente e piazzandosi di fonte alla scienziata. Bulma, fin troppo concentrata nelle sue occupazioni, sobbalzò per lo spavento trattenendo a stento un grido. Quel gesto inconsulto e improvviso le fece sfuggire dalle mani un cacciavite, che venne scaraventato letteralmente all’indirizzo del saiyan con la velocità di un proiettile. Qualsiasi altro individuo si sarebbe trovato con l’attrezzo piantato in mezzo agli occhi. Vegeta, dal canto suo, lo schivò con noncuranza, come avesse appena scacciato una mosca, seguendo distrattamente la traiettoria dell’arnese e osservandolo con la coda dell’occhio conficcarsi in un mucchio di rottami. Un paio di occhi socchiusi e leggermente beffardi si erano posati, una frazione di secondo dopo, su una Bulma ancora attonita.
“Che cos’è, hai deciso di provare ad ammazzarmi?”
“Non dire idiozie, Vegeta” Ritrovò un contegno lei, insieme ad un tono sprezzante. “Piuttosto sei tu che stai cercando di ammazzarmi. Mi hai fatto spaventare a morte!”
“Spegni quella dannata musica!” Fu la replica minacciosa a quella constatazione.
Bulma sentì di nuovo la rabbia montarle dentro, un’altra giornata come quella e avrebbe fatto le valigie e se ne sarebbe andata a farsi una vacanza, fino all’arrivo di quei maledetti cyborg se ce ne fosse stato bisogno. Al diavolo il fatto che quella era casa sua! E al diavolo Vegeta! Non lo sopportava più! Non avrebbe resistito un giorno di più, questo era certo.
“Senti...” Replicò, alzando gli occhi al cielo e cercando di controllarsi. “Se sei venuto qui per questo risparmia...” Non riuscì a terminare la frase. Uno scoppio assordante qualche metro dietro di lei la costrinse a voltarsi di scatto ancora una volta; dall’ammasso di metallo informe che fino ad un secondo prima era il suo stereo si levavano un fumo nero e denso ed un forte odore di bruciato. L’idea che quel ki blast fosse passato a qualche millimetro dalla sua graziosa persona le procurò un brivido lungo la schiena.
Lo fissò con gli occhi spalancati dalla sorpresa. “Ma dico, ti sei ammattito, per caso?!”
“Il mio simulatore!” Replicò lui in tono perentorio, come se fosse appena entrato nella stanza.
“Hai idea di quanto ci ho messo per trovare quella canzone?!” Continuò invece imperterrita lei, decisa a non lasciar cadere la questione nel nulla.
Vegeta sembrò, per un momento, ancora una volta sorpreso per quella reazione. Ancora una volta quella donna non mostrava la minima preoccupazione per la sua incolumità, possibile non si rendesse conto che avrebbe potuto ucciderla in qualsiasi momento?! Non ne aveva avuto ancora abbastanza?! Una strana sensazione cominciò ad insinuarsi fra i suoi pensieri, la sensazione che col passare del tempo gli sarebbe stato sempre più difficile sbarazzarsi di quelle inutili persone. Avrebbe dovuto andarsene in fretta, prima di rammollirsi del tutto; doveva sfruttare al meglio le tecnologie che quei terrestri erano in grado di offrirgli, diventare un super saiyan e continuare i suoi allenamenti altrove. Voleva andarsene di lì al più presto, doveva farlo. Quando sarebbe arrivato quel giorno avrebbe eliminato Kakaroth e con lui quell’inutile pianeta, tutto questo sarebbe stato cancellato per sempre, nel vero senso della parola. Non poteva restare nemmeno un giorno di troppo in quel dannato posto.
“Non me ne importa un accidente delle tue stramaledette canzoni!” Sbottò nervoso. “Dov’è il mio simulatore?! Doveva essere pronto almeno due ore fa!”.
Bulma alzò gli occhi al cielo in un gesto di plateale esasperazione.
“Se è per questo era pronto ben più di due ore fa...” Sbuffò vistosamente, continuando a lavorare come se niente fosse. “Ne avevo pronti altri due, se proprio ci tieni a saperlo!”
Il saiyan la fissò di nuovo incredulo e spiazzato per un istante, prima che la sorpresa si tramutasse in pura collera. Il suo sguardo si fece estremamente ostile e i suoi muscoli si irrigidirono in uno spasmo nervoso. “Si può sapere perché non me li hai consegnati?” Chiese con un tono innaturalmente pacato e un’inflessione estremamente minacciosa nella voce. “Credi di potermi prendere in giro, stupida donna?!”
Bulma, per un attimo, si inquietò di fronte a quella reazione, ma il tono con cui rispose non tradì il minimo segno di nervosismo. “Senti, Vegeta...” Incominciò a parlare con calma, con una leggera punta di sarcasmo, incrociando le braccia e sostenendo lo sguardo dell’altro. “Se vuoi ammazzarti fai pure, non pretendere che sia io a darti il colpo di grazia, però.”
“Che accidenti vai blaterando?!” Fu la risposta ancora più nervosa di lui, che dovette faticare non poco per restare completamente immobile. “Ti ho dato un ordine e tu dovevi eseguirlo. Nessuno ti ha chiesto di impicciarti degli affari miei! Sono stato chiaro?!”.
La reazione della donna di fronte quell’ennesima manifestazione di dispotismo fu assolutamente istintiva e incontrollata. Visibilmente furiosa, Bulma si mosse in direzione del saiyan, uscendo di scatto da dietro il banco di lavoro, con un’aria di sfida e una chiave inglese in mano a conferirle un aspetto il più minaccioso possibile. “Tu... Tu sei mio ospite, non il mio padrone!” Replicò con voce tremante di collera, agitando nervosamente l’attrezzo. “Sono stata chiara?!
Il saiyan era evidentemente sul punto di esplodere. “Tu non sai che cosa stai rischiando, stupida terrestre”. Ringhiò a voce bassa, le mascelle contratte dalla rabbia.
“Bulma! Il mio nome è Bulma! B.U.L.M.A., brutto scimmione! Ficcatelo bene in quella testaccia!” Fu la risposta di lei, qualche ottava più acuta del normale, mentre avanzava minacciosa, brandendo la sua arma come fosse invincibile. “Esci subito dal mio laboratorio! Capito?!” Ordinò poi in modo non troppo convinto, fermandosi a qualche passo da Vegeta, dopo aver notato il tremolio nervoso del suo sopracciglio e il pugno contratto con una forza tale da vibrare. Quando questi fece per avvicinarsi a lei, la sua espressione tradì un certo disagio, ma l’ostinazione la bloccò nel punto in cui era, decisa a non indietreggiare per nulla al mondo.
“Vattene!” Gridò, ancora più risoluta, nonostante fosse ben consapevole dell’assurdità di quell’ordine.
“Perché non te ne vai tu?” Rispose sarcastico l’altro, avendo notato l’incertezza di lei, sottolineando di proposito l’infantilismo di quella ripicca. Avanzò verso la donna con passo deciso, oltremodo minaccioso, determinato più che mai a porre fine a quella assurda situazione a farle capire chi comandava una volta per tutte.
“Questo è il mio laboratorio, vattene tu!” Insistette lei senza cedere di un passo.
Vegeta la raggiunse improvvisamente e le afferrò il polso, un gesto talmente rapido e fulmineo che la fece sussultare. Si sorprese per l’ennesima volta nel constatare che la donna non aveva lasciato quella chiave inglese; lo sguardo del saiyan si posò un momento sulla mano di lei stretta a pugno, prima di sollevarsi di nuovo sul suo volto. La teneva ancor più salda di prima, nonostante fosse incapacitata a muovere il braccio anche solo di un millimetro. Per qualche strano motivo, su cui aveva preferito non interrogarsi, aveva controllato la sua forza in modo da non spezzarle il polso, ma doveva farle comunque un male terribile.
Sentendo quel dolore lancinante, Bulma si convinse con tutte le forze che piuttosto che piangere si sarebbe fatta spezzare un osso, se fosse stato necessario, ma un lampo di crudeltà nello sguardo di lui la persuase definitivamente a non tirare troppo la corda. Lo guardò determinata, dritto negli occhi. “Ok, hai vinto. Contento?! Prenditi il tuo maledetto simulatore. Prenditeli tutti! E lasciami andare via di qui!”. Parlò con voce ferma e sicura, che non tradì alcuna emozione se non il risentimento, soprattutto per quella sconfitta. Il solito tono sarcastico e collerico mascherava un lievissimo moto di delusione.
Vegeta la osservò per un lungo momento, ancora una volta con lo sguardo indagatore di chi non aveva compreso appieno il suo comportamento. “No!” Rispose secco dopo qualche istante.
Lei lo fissò stupita e leggermente allarmata. “No, che cosa?”
“Non preoccuparti.” Ribadì ghignando sprezzante, soddisfatto per l’esito di quello scontro, senza peraltro accennare a lasciare la presa. “Sono io che toglierò presto il disturbo, ho ben altro a cui pensare, cosa credi? Non lo sopporto più questo dannato posto. E soprattutto non sopporto più la tua inutile e fastidiosa presenza”. Lo stesso tono vagamente allusivo e crudele di quando le aveva sbattuto in faccia quel ‘Nemmeno tu mi piaci’.
Bulma ricacciò con tutte le forze al mittente la dolorosa sensazione che provò, ancora una volta, di fronte alla freddezza di quello che suonava un rifiuto, così arrogante e crudele. “Bene!” Commentò platealmente contenta, con un tono che contraddiceva lo sguardo acceso di collera per quell’ennesimo insulto. “Finalmente! Questa sì che è una buona notizia!”.
Per qualche istante il saiyan non si mosse tuttavia da quella posizione, continuando a fissarla con un’espressione beffarda e brutale. Improvvisamente Bulma sentì il disagio di quel silenzio, inframmezzato soltanto dal lieve fruscio elettrostatico del suo apparecchio stereo in agonia e si trovò a rimpiangere con tutta se stessa quella stupida canzone; per qualche illogico e assurdo motivo le venne voglia di canticchiarla, ma finì per mascherare la sua apprensione con l’ennesimo commento sarcastico. “Allora?! Non dovevi andartene?”.
Sentì un secondo dopo la stretta sul suo polso allentarsi e, un secondo dopo ancora, sentì avvolgerla un’altra stretta. Non ebbe il tempo di accorgersi del mutare di quell’espressione beffarda in una diversa. Non ebbe nemmeno il tempo di sorprendersi, quando sentì il sapore delle labbra di lui sulle sue; ebbe appena il tempo di pensare che da quella stretta non avrebbe mai più potuto liberasi.
Il rumore metallico della chiave inglese che sbatteva sul pavimento, spezzando improvvisamente l’assoluto silenzio, la fece sussultare appena...



FINE
  
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