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Autore: _Bec_    03/05/2013    14 recensioni
Inghilterra, 1845. Emma Marie Wimsey, giovane aristocratica in rovina, è costretta ad accettare la proposta di matrimonio di Charles Edwin Wilkinson, figlio del più caro amico del suo defunto padre.
Emma ha sempre desiderato sposarsi per amore, avere un matrimonio perfetto, ma è presto costretta ad abbandonare i suoi sogni per salvare la sua famiglia dalla povertà, scoprendo così che la vita segue spesso un corso totalmente inaspettato.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie come sempre a Bea per avermi sopportata e aver corretto il capitolo


Grazie come sempre a Bea per avermi sopportata e aver corretto il capitolo.

E grazie a tutte voi di esserci.

 


Chapter 3. Living again

 

 

 

L’elegante carrozza della famiglia Wimsey – uno dei tanti averi che servivano ad ostentare una ricchezza non più presente – tagliava in due parti perfettamente uguali la stretta e disagevole stradina di campagna.

A disturbare la quiete del luogo, solo il rumore degli zoccoli e delle ruote sul terreno. Di tanto in tanto, Emma udiva il cocchiere incitare i cavalli e dar loro colpi secchi con le briglie, anche se avvertiva il tutto solo in minima parte, troppo presa com’era ad osservare il paesaggio circostante.

Si era talmente isolata dal resto del mondo, che quasi non si accorse nemmeno dell’arrivo a Hinton Bridge.

Da piccola amava quel posto, suo padre la portava sempre, quando c’era bel tempo, ad osservare i pesci dall’alto e a dar loro da mangiare pane raffermo.

Era il loro posto segreto, neanche William era a conoscenza delle loro scampagnate mattutine; se lo avesse saputo, lo avrebbe involontariamente riferito alla madre che sarebbe andata su tutte le furie.

William era un fratello premuroso e amorevole, ma se c’era un difetto da imputargli era quello di non saper mantenere un segreto.

-A cosa è dovuta questa improvvisa voglia di uscire dalla tenuta?-

La ragazza sussultò appena: di fronte a lei una giovane donna dai lunghi capelli corvini raccolti in una stretta crocchia distese i lineamenti in un sorriso cortese.

Moira era bella e aggraziata, così bella che spesso Emma si era domandata perché il destino fosse stato così ingiusto da farla nascere in una famiglia di rango molto inferiore rispetto al loro.

Sollevò di poco le spalle, sapendo che solo da lei o da William un comportamento così poco elegante sarebbe stato tollerato, -Mi piace Kings Worthy ed è da molto che non vengo qui.- Decise di omettere la parte dell’ansia dovuta ai preparativi del matrimonio, chiudersi di nuovo nel suo mutismo le parve più comodo.

Tuttavia, nel momento in cui vi passò davanti, non riuscì ad impedirsi di accarezzare con lo sguardo la chiesetta in mattoni proprio al di fuori del paese.

St Mary’s Church. Il luogo dove sarebbe ufficialmente iniziata la sua vita da donna sposata.

-Com’è stato?- Si accorse di aver parlato solo quando notò gli occhi limpidi e chiari di Moira su di sé.

Si osservò le mani e giocò impacciata con l’ingombrante anello di fidanzamento che le era stato donato. E che era stata costretta ad indossare.

-Voglio dire… il matrimonio. Cosa hai provato quando sei arrivata all’altare?-

Era la prima volta che affrontava l’argomento così apertamente, era la prima volta che parlava seriamente del matrimonio con qualcuno. Non aveva delle amiche con cui confidarsi e a sua madre non aveva chiesto nulla perché sapeva già quale sarebbe stata la risposta.

Devi solo sorridere e star zitta fino a quando il prete non ti dirà di parlare, Emma.

Avrebbe aggiunto anche un “Stai dritta con la schiena”, tanto per non farsi mancare nessuna raccomandazione.

Moira esitò e ad Emma parve che le sue gote si colorassero di un leggero rossore, -È stato…spaventoso.- Confessò, portandosi una mano alla bocca con aria mortificata e colpevole.

Tutto si era aspettata meno che quello. Spaventoso? Come poteva essere stato spaventoso un matrimonio con l’uomo che amava?

La sua espressione sbalordita spinse Moira a spiegarsi meglio, -Il cuore mi batteva forte e le gambe mi tremavano così tanto che ho temuto fino all’ultimo di cadere. Se fossi caduta… tua madre probabilmente mi avrebbe ritenuta ancora più inadatta.- Come accortasi di aver osato troppo, Moira si strinse nelle spalle a disagio e le riservò una timida occhiata di scuse.

Non si erano mai scambiate particolari confidenze, le domande più intime che Emma le aveva rivolto riguardavano perlopiù il nascituro, mai nulla sul suo rapporto con il fratello o la suocera.

Stranamente non era offesa per quella considerazione, anzi, riusciva a capirla.

Non era mai stata dell’opinione della madre, a lei non era mai importato molto dell’assenza di un titolo nobiliare, le interessava solo la felicità di suo fratello. E William era felice come non lo aveva mai visto da quando si era fidanzato con lei.

Si umettò le labbra nervosa e pose la domanda che da diversi secondi aveva in testa, -Avevi paura?-

Nel notare che la frase di poco prima non aveva comportato alcuna reazione negativa da parte della ragazza, Moira si rilassò e riprese a conversare, -Molta. È normale, Emma.-

Quelle semplici parole, in qualche modo, riuscirono a farla sentire meglio, a quietare tutto il tormento che per settimane aveva sentito crescere di giorno in giorno dentro di sé.

Era normale. Lei era normale, non era né la prima né l’ultima ad essere spaventata. Non era sola.

Ed era qualcosa di così ovvio che si sentì sciocca per non averci pensato, per aver creduto di essere l’unica ad aver paura, l’unica povera vittima infelice.

Moira osò allungare una mano per poggiarla delicatamente sulla sua, un sorriso materno e comprensivo sulle labbra, -Andrà tutto bene. Tuo padre era un uomo saggio e ti voleva bene, sono sicura che non avrebbe mai scelto superficialmente il tuo futuro sposo.-

Lo sapeva. Una parte di lei lo aveva sempre saputo, ma sentirselo dire da qualcun altro fu d’aiuto, fu una conferma.

Era a conoscenza del fatto che Moira, così come suo fratello, non stimasse molto Charles Wilkinson come persona, eppure aveva pronunciato quell’ultima frase con una solennità tale che era impossibile non crederle.

La carrozza si fermò di colpo ed il cocchiere le informò del loro arrivo a Kings Worhty.

Prima che Moira potesse scendere, aiutata dal lacchè, Emma le sussurrò un flebile e veloce “Grazie” che le fece guadagnare un luminoso sorriso in risposta.

Aveva fatto bene a parlarne con lei, aveva fatto bene ad uscire e andare in paese. Aveva bisogno di una giornata come quella, una giornata fuori dalla tenuta e lontana da sua madre.

 

 

 

*****

 

 

A poche miglia da Kings Worhty, nel parco di una delle tenute più sfarzose della contea, il clangore di due spade incrociate tra loro spaventò e fece alzare in volo diversi uccelli.

I volti dei due contendenti erano entrambi coperti, così fu impossibile per uno vedere il lieve ghigno soddisfatto sulle labbra dell’altro.

Di egual corporatura e più o meno della medesima altezza, i due si fronteggiavano e brandivano la propria arma con esperienza, grazia e fluidità.

Ad un osservatore esterno potevano sembrare pari, in realtà l’affanno per uno dei due iniziava a farsi sentire e ad essere un problema.

Scontrò di nuovo la lama con quella del suo rivale, poi, intuendo la sua prossima mossa, indietreggiò e la punta della spada nemica fendette l’aria a pochi centimetri dal suo petto.

Masticò tra i denti un’imprecazione, mentre si faceva nuovamente in avanti per ripartire all’attacco, i capelli corvini al vento.

Bastò un colpo più deciso dell’altro a disarmarlo poco dopo e, con la lama avversaria puntata al cuore, fu costretto ad alzare le mani in segno di resa.

Sollevò la protezione dal viso e sospirò, -Accidenti Ed! Volevi ridurmi in mille pezzi forse?- Si lamentò, aggrottando la fronte accigliato.

Il suo amico aveva la tendenza a prendere un po’ troppo sul serio le cose… o forse era lui che le prendeva troppo alla leggera.

L’altro giovane si sfilò la maschera e i biondi capelli sudati gli ricaddero scompostamente sulla fronte. Gli occhi chiari si strinsero appena quando la luce del sole li investì, -Non è certo colpa mia se sei fuori allenamento George.- La voce, perfettamente ferma e controllata nonostante la fatica di poco prima, assunse un tono vagamente divertito.

George Raymond Blackley in risposta fece un altro profondo e teatrale respiro, -Se essere fuori allenamento significa trascorrere le giornate a corteggiare la più deliziosa dama della contea al posto di esercitarsi…. ebbene sì, confesso, sono colpevole.- Poggiò la mano sul petto, un’espressione solenne sul volto.

Charles Edwin Wilkinson si levò il guanto in pelle e alzò un sopracciglio scettico, -Ancora Lady Crampton?-

-Sempre Lady Crampton!- Replicò l’altro con fervore, liberandosi delle ingombranti protezioni.

Il giovane Wilkinson scosse la testa e curvò gli angoli delle labbra in un sorrisetto indisponente, -Ah George, come ti sei ridotto…-

Lord Blackley non si offese, tutt’altro, rise: era abituato al modo di fare del suo amico, lo conosceva da quanto ormai, dieci anni? Contando che loro ne avevano rispettivamente ventidue e ventiquattro era una bella quantità di tempo.

-Credimi Ed… ne vale davvero la pena per una donna del genere.-

George era una delle poche persone ad essere a conoscenza dell’avversione che Charles nutriva per il suo primo nome – datogli in onore del suo omonimo nonno –, così, fin da quando erano piccoli, aveva iniziato a chiamarlo “Ed” per via del suo secondo nome.

Wilkinson non risparmiò una cinica occhiata all’amico, -Nessuna donna vale un tale dispendio di energie e tempo, neanche la più graziosa e colta.-

Poteva aspettarsi una risposta diversa da lui? Naturalmente no.

Per Charles Wilkinson le donne non erano che un momentaneo passatempo, niente a che vedere con la caccia o la scherma, attività assai più piacevoli e appassionanti.

George non ricordava di averlo mai visto prestare attenzioni alla stessa dama per più di qualche giorno, il suo interesse era sempre stato passeggero e la noia e l’indifferenza sopraggiungevano prima ancora che la povera malcapitata potesse rendersene conto.

Wilkinson sapeva come farsi notare, come attrarre su di sé sguardi adoranti di dame sposate da tempo e di fanciulle ancora nubili, e il suo successo, se possibile, non faceva che gonfiare il suo già smisurato ego.

Quando si annoiava, quando non vi era altro svago alle feste, poteva forse esserci distrazione più divertente di assecondare civettuole fanciulle?

Non gli importava nulla del pensiero degli altri, tantomeno delle famiglie, dei mariti o fidanzati delle donne con cui si intratteneva a chiacchierare, e non si era mai comunque spinto oltre ad occhiate e sorrisini maliziosi. Non intendeva affatto essere coinvolto in sciocchi duelli per un diversivo, non ne valeva la pena.

Con un cenno deciso del mento, Charles diede a Bolton e Crane – suoi fedeli valletti rimasti fino ad allora ritti e in silenzio ad assistere – l’ordine di raccogliere e riporre gli oggetti utilizzati.

Lord Blackley sogghignò e gli diede un amichevole colpetto sulla spalla, -Eh vecchio mio, per te è facile parlare. Non tutti hanno la fortuna di avere come promessa sposa una fanciulla tanto graziosa.-

Gli parve di vedere i lineamenti dell’amico tendersi in una smorfia a stento accennata, ma non ne fu del tutto sicuro. Spesso Charles era un mistero anche per lui.

-Graziosa?- Domandò senza una particolare intonazione nella voce, -Una sgraziata ragazzina che legge romanzi d’amore e conversa con gli animali?- Sbatté le palpebre e alzò lentamente un sopracciglio, -Rispetto il volere dei miei genitori, naturalmente, ma non posso negare di aver confidato in una decisione più giudiziosa da parte loro.- Iniziò a camminare a passo lento verso la sua tenuta, lo sguardo puntato sull’edificio imponente e visibile tra i rami degli alberi.

Blackley lo seguì in silenzio, meditando attentamente sulle sue parole.

Aveva presenziato alla festa di fidanzamento dell’amico ed era stato ben felice di congratularsi con lui e con la sua futura sposa; tuttavia, vi erano dei particolari che gli sfuggivano, dei pezzi che non riusciva a collegare.

Perché mai Charles, se davvero non riteneva la fanciulla adatta come moglie, non aveva fatto alcuna obiezione e aveva acconsentito senza batter ciglio?

Non pensò neppure per un attimo che fosse interessato alla ragazza o quantomeno che la stimasse; a parte qualche sporadico incontro da bambini, i due non si erano più parlati in età adulta e il suo amico aveva sempre preferito avvicinare dame più mature e acute, di una bellezza più evidente e sfacciata.

Avrebbe sicuramente accettato qualsiasi altra scelta dei suoi genitori, dal momento che non vi era una nobildonna che lo lasciasse meno indifferente dell’altra, ma avrebbe sposato una dama che avrebbe ritenuto alla sua altezza, degna di lui.

Dunque perché aveva detto di sì, se non pensava che Lady Emma lo fosse?

Charles Wilkinson non era tipo da prendere decisioni con leggerezza, rifletteva sempre molto bene prima di agire.

In ogni caso George non avrebbe mai fatto domande in proposito, sapeva che non sarebbe servito a nulla. Se Charles voleva che gli altri venissero a conoscenza di qualcosa, lo diceva semplicemente. Non rispondeva mai alle domande personali che gli venivano rivolte, non sinceramente almeno.

Congiunse le mani dietro la schiena e piegò la bocca con disappunto, -Cielo Ed, parliamo di… quanti anni fa? Otto? Non credi che dovresti rivalutare la tua opinione su di lei?-

Lord Blackley conosceva molto poco Emma, eppure rammentava bene il giorno in cui, insieme al suo amico, l’aveva vista chiedere ad un passerotto come stesse. Ricordava di averla trovata buffa e di aver riso per un motivo completamente diverso da quello di Charles, che invece non aveva perso l’occasione per schernirla.

Il giovane Wilkinson corrugò impercettibilmente la fronte, -A quanto ho potuto constatare non è cambiata di molto.-

Non l’aveva più vista – grazie al cielo – conversare con esseri viventi incapaci di comprenderla e rispondere, ma i suoi assurdi ideali sul matrimonio non l’avevano resa meno sciocca ai suoi occhi.

-Sei troppo severo con la tua fidanzata.- Affermò George in tono leggero, -A proposito, a che punto sono i preparativi del matrimonio?-

Trattenne una risata quando Charles lo guardò di sbieco, a metà fra il divertito e l’irritato, -Sai bene che non mi curo di queste sciocchezze.- Un domestico si inchinò reverenziale e Wilkinson ricambiò il saluto con un piccolo e distratto cenno della testa, -Penseranno a tutto la mia fidanzata- a George non sfuggì il sarcasmo dell’amico, -Lady Wimsey e, naturalmente, mia madre. È una fortuna che questi preparativi tengano le sue giornate abbastanza impegnate da non farle prendere in considerazione l’idea di coinvolgermi.-

Lady Wilkinson era indubbiamente una donna piena di energie e spirito d’iniziativa: quando c’era un evento da organizzare non le piaceva avere gente intorno che la intralciasse o rallentasse, motivo per cui non aveva interpellato il figlio per nessuna decisione o progetto. Non che quest’ultimo smaniasse dalla voglia di sapere qualcosa o di contribuire, d’altronde.

George aveva modo di incontrare lei e Lord Winchester piuttosto frequentemente; trascorreva mattinate intere a tirare di scherma nella tenuta dell’amico e, dopo lo sforzo fisico, Charles faceva preparare dai domestici un piccolo banchetto per rifocillarsi e chiacchierare a quattr’occhi con lui.

-Ti limiterai a presentarti in chiesa in altre parole…- Commentò scuotendo il capo rassegnato.

-Non vedo cos’altro possa essere di mia competenza.-

Ribatté l’altro freddamente, lo sguardo rivolto altrove e le labbra contratte in una perfetta linea dritta.

Era evidente il suo intento di concludere lì quel tipo di conversazione.

Continuare ad insistere sarebbe servito solo a fargli ottenere risposte meno partecipi e più seccate, così Lord Blackley decise saggiamente di cambiare argomento. Azzardò qualche pronostico sulla battuta di caccia che ci sarebbe stata il mattino seguente, mentre dentro di sé si domandava nuovamente che cosa lo avesse spinto ad accettare di chiedere la giovane Wimsey in sposa.

 

 

 

 

******

 

-Sono meravigliosi.-

Emma osservò la mano di Moira muoversi con una punta di incertezza sui tessuti esposti e sorrise istintivamente.

-Dovresti comprarli.- Le disse d’impulso, facendo illuminare di riflesso il volto della negoziante che subito si premurò di ricordare loro la qualità del prodotto importato direttamente da Londra.

La cognata scosse piano la testa e allontanò le dita dalla soffice stoffa tentatrice, -Non posso.- Piegò gli angoli della graziosa bocca all’ingiù.

Emma non ebbe bisogno di chiedere il motivo, lo conosceva bene. Da mesi ormai dovevano stare attenti a qualsiasi spesa, suo fratello William restava alzato notti intere a studiare carte a lei incomprensibili per cercare di far quadrare i conti della tenuta.

Presto, però, grazie al suo matrimonio non avrebbero più dovuto pensare ai loro debiti, poiché Charles Wilkinson, in quanto suo marito, si sarebbe preoccupato di saldarli. Dopotutto era per quello che lei aveva acconsentito a sposarsi.

-Sì che puoi. Dovrai pensare anche agli abiti del bambino.- La giovane alzò le delicate sopracciglia e indicò con il mento il ventre leggermente rigonfio della sua accompagnatrice.

Lady Moira Wimsey fece istintivamente scivolare la mano sinistra, ornata dalla fede nuziale, sulla pancia, -Lo so, ma...-

-Niente ma.- La interruppe bonariamente Emma, prima di mostrare il primo spontaneo sorriso della giornata, -Le prendiamo tutte.- Annunciò con entusiasmo e in tono deciso.

-Emma, no, Santo Cielo, tua madre…- Moira stava via via perdendo colore mentre cercava, a voce bassa e tremolante, di convincerla a cambiare idea.

-Mia madre sarebbe d’accordo. Suo nipote sarà il bambino meglio vestito della contea.- Di quello ne era convinta: sua madre non avrebbe mai permesso che un componente della sua famiglia non si vestisse in modo più che degno del loro nome.

La negoziante, una bassa donnetta dai crespi capelli castani raccolti in una severa crocchia, fu ben felice di assecondarla e farle i complimenti per l’ottima scelta ed Emma ne fu più che mai appagata.

Se poteva fare qualcosa per Moira, suo fratello e il suo nipotino con i soldi di Charles Wilkinson lo avrebbe fatto. Non li avrebbe mai voluti per sé, non sapeva che farsene, ma alla sua famiglia non sarebbe più mancato nulla. Il suo sacrificio doveva pur valere qualcosa, no?

Si mise d’accordo con la donna per la consegna, poi prese Moira a braccetto ed uscirono insieme dal negozio.

-Non dovevi farlo.- Quello della cognata fu un sussurro a malapena udibile, tanto che Emma per un attimo dubitò perfino di averla sentita parlare.

-Sì che dovevo. Sei della famiglia Moira, così come lo sarà il mio nipotino.- Piegò la bocca in un sorriso affettuoso, mentre con la mano libera si sistemava il cappellino.

Gli occhi di Moira si velarono appena di lacrime, -Grazie.-

Un po’ a disagio per l’intensità del suo sguardo, Emma si umettò le labbra e tornò a guardare la strada davanti sé.

Una giovane donna dai lunghi capelli biondi fissati in un’acconciatura semplice ma elegante le restituì lo sguardo e sorrise.

Alcuni riccioli ribelli le ricadevano sulle guance arrossate che tanto ricordavano quelle di una bambola di porcellana, le pupille circondate da iridi di un verde intenso e le labbra piene e delicate.

Si avvicinò a loro, la sua giovane dama di compagnia al fianco.

-Lady Moira, che piacere incontrarvi qui.- Fece una riverenza perfetta e aggraziata, che Moira ricambiò timidamente e lievemente in soggezione, -Lady Crampton, vi trovo molto bene.-

Come volevano le norme comportamentali, la prima a salutare doveva essere colei che apparteneva al rango più alto.

La nuova arrivata spostò la sua attenzione su di lei e si inchinò nuovamente, -Lady Emma.-

-Lady Crampton.- Emma ripeté il gesto e si sforzò di sorridere.

Lady Eveline Deirdre Crampton di Greyton era la figlia del Duca di Greyton, la sua era una delle famiglie più antiche e ricche del Paese. Ciononostante non aveva mai attirato particolarmente la sua simpatia, benché a lei non avesse fatto alcun torto in particolare.

Era estremamente scaltra e adulatrice, il tipo di donna che sapeva cosa voleva e come ottenerla. Il genere di persona che scatenava in lei una certa insofferenza.

Si scambiarono i consueti convenevoli; Lady Eveline si affrettò a chiedere notizie sullo stato di salute della sua famiglia e sul bambino in arrivo, mentre Moira pregava gentilmente Eveline di portare i suoi saluti a Lord e Lady Greyton.

Dopo averle assicurato che lo avrebbe sicuramente fatto, Lady Crampton spostò lo sguardo su di lei e i suoi occhi scintillarono in un modo che ad Emma non piacque.

-Ma ditemi cara… a quando le nozze? Avete già stabilito una data?-

Era pronta ad una domanda del genere, aveva ripetuto la risposta nella sua testa diverse volte negli ultimi giorni.

Cercò di mantenere intatto il sorriso, -Non ancora. Ritengo che sia presto, dopotutto il fidanzamento è stato annunciato solo qualche settimana fa.-

Lady Eveline annuì, anche se non parve troppo soddisfatta della replica, -Capisco. Ma avrete scelto almeno il mese immagino…-

Emma in quel momento rimpianse la mancanza della madre; averla lì con sé l’avrebbe tolta da quell’impiccio, poiché avrebbe inevitabilmente preso lei le redini della conversazione.

-Naturalmente. Pensavamo di sposarci in autunno.- L’uso del plurale suonò strano persino alle proprie orecchie. Lei e Charles non si erano più parlati da quel giorno in giardino, tanto meno per decidere di sposarsi in autunno.

-In autunno!- Lady Crampton si mostrò piuttosto sorpresa, -Che periodo insolito, se mi è concesso dirlo, per sposarsi.-

Emma pregò con tutta se stessa che non le domandasse il motivo di tale scelta, dal momento che non avrebbe proprio saputo cosa rispondere.

Si sarebbero sposati presto per risolvere il prima possibile i problemi economici della sua famiglia, ma non era di certo una cosa che si poteva raccontare ad altri.

Quasi avesse intuito i suoi pensieri, Eveline sorrise nuovamente e inclinò di poco la testa, -Spererò per voi che il tempo sia clemente.-

Si chiese se avesse capito qualcosa, quell’espressione compiaciuta la rendeva inquieta.

-Grazie, siete molto gentile.-

Era già pronta al congedo, quando Lady Crampton sembrò ricordarsi improvvisamente di una cosa, -Ci sarete al ballo a Shaftesbury questa domenica, non è vero?-

Moira confermò con un cenno del capo.

-Ne sono felice, immagino che ci vedremo lì. Sono ansiosa di incontrarvi con il vostro futuro sposo Lady Emma. Purtroppo, come sapete, ero in città quando sono state annunciate le nozze.- Eveline si portò una mano alla bocca dispiaciuta, la fronte leggermente aggrottata.

Alla tenuta erano arrivati numerosi biglietti di congratulazioni da parte di chi non aveva potuto farlo di persona e fra quelli, scritto con grafia ordinata e tondeggiante, vi era quello di Lady Eveline Crampton.

-Sarà un piacere rincontrarvi.- S’inchinò, felice che la conversazione fosse finita e che non fosse più costretta a sorridere. Le dolevano i muscoli delle guance.

Mentre ripercorreva la strada con Moira per tornare alla carrozza, pensò che la sua festa di fidanzamento, in fondo, non era stata nulla in confronto a quello che l’aspettava domenica al ballo.

E il pensiero di rivedere il suo fidanzato, con quell’aria arrogante, quegli occhi glaciali e quel modo di fare irritante, la rendeva inevitabilmente nervosa.

 

 

 

*Note dell’autrice*

 

Beh dai, stavolta non ho tardato così tanto, no?

Sto cercando di autoconvincermi, nel caso non si fosse capito.

Ormai scusarsi per il ritardo mi sembra superfluo, lo sapete che mi dispiace davvero tanto.

Così come mi dispiace che questo capitolo alla fine sia solo un altro di passaggio. Siamo ancora all’inizio della storia, mi piace sviluppare bene e per gradi le cose.

Nel prossimo ci sarà il ballo, questo è sicuro, dal momento che inizierà con quello.

Che dire di questo? Vengono introdotti due nuovi personaggi: George e Eveline, che ne pensate? Avrete capito (credo) che il primo è cotto della seconda, che invece sembra non considerarlo nemmeno di striscio nonostante il suo corteggiamento.

Qui c’è un primo Charles (più George a dire il vero, non ho voluto svelare troppo) POV, che vi fa intuire a grandi linee cosa ne pensa di Emma e che ha accettato di sposarla per un motivo che non sappiamo.

Non ho nulla di pronto del prossimo capitolo, ma per farmi perdonare vi dico, come anticipazione, che Emma si farà una chiacchierata con George. E ovviamente ballerà con il fidanzato.

Grazie davvero di esserci, nonostante i tempi lunghi di attesa, nonostante i ritardi, nonostante i capitoli (forse, spero di no) deludenti.

Ho adorato i vostri commenti e mi hanno aiutata tantissimo ad andare avanti a scrivere, non sapete che ansia è stata per me pubblicare dopo così tanto tempo.

Risponderò poi man mano a tutte le recensioni (con la mia consueta lentezza, ma voglio ringraziarvi una ad una), per ora mi limito a ringraziarvi tutte – ancora e comunque – anche qui, anche solo per aver letto.

Un bacione grandissimo!

Bec

 

 

 

 

   
 
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