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Autore: redalertbd    23/11/2007    6 recensioni
Una breve storia AU... i personaggi vivono sulla Terra, dove e in che anni fate voi. Pairing: XaldinDemyx, XigbarLarxene (più o meno). Demyx trova qualcosa in uno scatolone... avvertimenti: triste, linguaggio parecchio scurrile in certi punti (colpa di Xaldin e Xigbar, di chi sennò...)
Genere: Commedia, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Demyx, Larxene, Vexen, Xaldin, Xigbar
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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I cinque gattini zampettavano e si azzuffavano nello scatolone, rotolando uno sull’altro, alzando la testa ogni tanto e emettendo un miagolio acuto, cercando di attirare l’attenzione del mondo che passava davanti a loro sul marciapiede. Demyx gli si era immediatamente accoccolato davanti, sorridendo, allungando la mano per accarezzarli ed subito ritrovandosela coperta di morsi e graffi fatti con denti e unghie troppo giovani per fare male. Quando aveva alzato lo sguardo verso di lui, Xaldin aveva emesso un gemito interiore. Conosceva quell’espressione.

“Non possiamo tenerli”

“Non dico mica che dobbiamo tenerli noi… potremmo cercare qualcuno”

“Sono qua fuori apposta perché qualcuno che li vuole se li prenda… a chi vuoi che li diamo, a Xigbar?”

“Magari a Larxene uno piacerebbe… e uno potremmo tenerlo noi, nell’appartamento ci starebbe, uno solo… magari per un po?” Non aveva la voce implorante, non ancora almeno, ma ci stava arrivando. “Fa freddo per dei micetti…” aveva aggiunto, e come a dargli ragione una folata di vento aveva attraversato la strada, facendo alzare il bavero alle persone e affrettare verso qualunque posto stessero andando.

“Demyx, non ci stiamo nemmeno noi in quell’appartamento, ci manca solo il gatto. Cinque gatti, anzi… no, non se ne parla”. L’uomo aveva fatto per incamminarsi. Dopo pochi passi si era girato a dare un’occhiata indietro. Il ragazzo era ancora accucciato davanti allo scatolone. Aveva sospirato “Demyx…”

“Ce n’è uno che non si muove più…” Demyx si girò a guardarlo, fisso.




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Xaldin tirò su il contagoccie dal pentolino e provò a versarsi una goccia sul polso, sentendo la temperatura, poi lo avvicinò al musetto del micino bianco e nero, quello che aveva decretato il trasporto dell’intero scatolone per sei isolati fino al bilocale all’ultimo piano.

“E che cazzo, ti decidi a bere…” mugugnò, facendogli colare qualche goccia di latte tiepido in bocca. Il cosetto si lecco il muso e aprì gli occhi per un istante, richiudendoli subito dopo.

“Come sta? Meglio?” Demyx si sporse da dietro le spalle dell’uomo, posandogli una mano sul braccio.

“Ci stiamo lavorando”.

Il ragazzo passò un dito sul dorso del gattino, delicatamente, sentendone il respiro. “E’ così piccolo…”

“Sarà l’ultimo nato”.

“Vorrei sapere chi è stato il bastardo che li ha lasciati là fuori così… con questo freddo!” L’espressione arrabbiata del ragazzo si trasformò in un sorriso, mentre lanciava un’occhiata verso l’altro lato della cucina (salotto, studio, sala da pranzo, quel che capitava). “Per fortuna gli altri stanno tutti in gran forma… e anche lui si riprenderà, giusto?”

“Mh.” Gli altri quattro gattini avevano spazzolato il latte e i pezzetti di prosciutto che gli erano stati messi davanti, e ora erano di nuovo nello scatolone, attrezzato con una coperta di lana e una borsa dell’acqua calda. Uno dormiva a pancia all’aria, due si erano messi a succhiare tenacemente la lana, premendola con le zampette, e il quarto, un micetto grigio con la pettorina e le zampe bianche, stava dando l’assalto alle pareti di cartone da dieci minuti. Demyx lo guardò sorridendo.

“Non gli starai già dando dei nomi, vero? Ti ricordo che non li possiamo tenere tutti…”

“Eh?” Il ragazzo si girò, con aria colpevole. “No, no, figurati…”

Xaldin sospirò. Meglio che si sbrigava a pensare a chi poteva sbolognarli, o si sarebbe trovato a dormire con i gatti… sbuffò, sentendo Demyx che gli metteva le braccia intorno alle spalle, abbracciandolo da dietro. Ma perché si faceva sempre fregare…?

“Però mi piacerebbe tenere lui. O lei. Che ne dici?”

“Vediamo quando si rimette” Se si rimette, aggiunse mentalmente. Guardò l’affarino. Era davvero piccolo, gli stava perfettamente dentro la mano. Passò il pollice sopra il pelo morbido. Non lo vedeva per niente bene. Demyx si era fatto silenzioso, probabilmente stava pensando la stessa cosa, e Xaldin si sentì improvvisamente in colpa, senza motivo. Cercò qualcosa di incoraggiante da dire, e in quel momento si rese conto di un piccolo movimento nella sua mano. Il gattino si era messo a succhiare, a fatica, ma stava mangiando. Demyx lo guardò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

“Vedrai, starà bene!”




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Xigbar spalancò la porta, imprecando contro i campanelli e il mal di testa da sbornia, diede un’occhiata a Xaldin, un’occhiata ai due affari pelosi che facevano capolino da una scatola da scarpe, un’altra occhiata al suo amico e poi allargo le braccia. “Che cazzo c’è, a quest’ora?”

“Sono quasi le due del pomeriggio, coglione”. Xaldin passò oltre l’uomo più basso ed entrò in casa. Xigbar chiuse la porta, con un gesto esasperato e lo seguì in cucina. “E tu hai bisogno di una doccia” aggiunse Xaldin annusando l’aria mentre posava la scatola sul tavolo.

Xigbar indicò i due gattini. “Cazzo sono quelli?”

“Gatti. I tuoi nuovi gatti. Gatti, il vostro nuovo padrone.” Xaldin aprì il frigo e recuperò una birra “Ieri li abbiamo tenuti a bada col latte, ma credo vogliano qualcosa di più sostanzioso.” Aprì la birra e bevve un lungo sorso.

“No, frena, frena..” Xigbar iniziò a strofinarsi le tempie. “…perché diavolo vieni a mollarmi gatti in casa?”

“Erano in uno scatolone per strada, e Demyx li ha voluti portare a casa, ma ovviamente non possiamo tenerli”

“Ma cristo, il moccioso si porta a casa delle palle di pelo e ne devo fare le spese io?” Xigbar guardò le bestiole come se fossero degli scarafaggi spiaccicati. Uno dei mici, quello grigio, sembrò ricambiare con lo stesso sguardo. “Perché non va a mollarli a casa di qualche sua amichetta?”

“Adesso è dal veterinario, c’è n’è uno che non stava bene. E poi piantala, Larxene li adorerà…”

“Buon per lei, Portali a casa sua” grugnì Xigbar, guardando verso un punto indefinito del muro.

Un attimo di silenzio, poi Xaldin alzò le mani e la birra al cielo. “Ancora?! Che cazzo, avete rotto e vi siete rimessi insieme tre volte in otto giorni, è un fottuto record!”

“Stavolta dubito che si rifarà viva. E anche se fosse, non me ne fotterebbe.”

“Sì… poi lei ritorna, dispiaciuta ma che non chiederebbe scusa manco morta, e tu ti prostri ai suoi piedi come le altre venticinque volte dall’inizio dell’anno…”

“Ventitrè- e poi cazzo parli tu, che non caghi se Demyx non dice che va bene”

“Comunque, stavolta lei arriva, e tu le ti presenti con i micetti in offerta di pace… i casi sono due, o ne fa una stola, o vi saltate tutta la fase pallosa della riconciliazione e finite a letto. Sai che ho ragione”

“………” Xigbar provò ad avvicinare il dito a un gattino, che lo annusò, lo leccò, e lo azzannò. “Gli sto già sulle palle…”

“Ma no, ti chiameranno papà in pochissimo. Guarda, quello ha i tuoi occhi.”

“Succhiamelo”

“Ho gusti migliori”




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A metà delle scale Xaldin andò quasi a scontrarsi con Vexen. Il medico, imbacuccato fino alla punta dei capelli e col naso rosso per il raffreddore gli fece un cenno di saluto con la testa. Tra le braccia teneva la coperta con dentro altri due gattini.

“Demyx mi ha telefonato stamattina per dirmi che davate dei gatti” disse con la voce impastata che proveninva da qualche parte dietro ai multipli giri di sciarpa. “Lexaeus ora non c’è ma sono sicuro che ne vorrà uno… e penso che potrei dare l’altro a Zexion… o magari tenerlo io…”

“Fagli tutti i vaccini possibili, che di questi tempi non si sa mai…” commentò Xaldin, scostandosi appena un po.

“Eh già… hai visto che è successo all’altro…”

“L’altro?”

“Sì, l’altro gattino…” Vexen lo guardò, preoccupato. “Ah già che tu eri fuori… stamani Demyx mi aveva detto che ne avevate tre, e ne doveva portare uno dal veterinario… e insomma, non stava per niente bene, e… credo l’abbiano soppresso…”

“Ah” Xaldin lo fissò per un istante, poi si riscosse, e si passò una mano tra i capelli. “Sì… grazie per aver preso questi due. Ci si vede” ricominciò a salire le scale, di corsa.

“Figurati…” Vexen lo seguì con lo sguardo, poi si rse conto che uno dei gattini stava scivolando fuori, e si affrettò ad avviarsi, tentando di bloccarlo dal di sotto.




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“Demyx…?”

Il ragazzo stava accoccolato in un angolo del divano. Appena lo sentì aprire la porta e chiamarlo le sue mani scattarono su a sfregarsi furiosamente gli occhi. Si girò, cercando di sorridere.

“Ciao! Com’è andata con Xigbar e Larxene…?”

“Bene” Xaldin si sfilò la giacca e la mollò su una sedia. Si sedette accanto a Demyx e lo prese tra le braccia, stringendolo senza dire niente e facendogli poggiare il viso sulla sua spalla. Un istante dopo il ragazzo gli si aggrappò forte, schiacciandoglisi contro e sussultando.

“Era un virus… ha detto che aveva un virus allo stomaco, per questo era così debole e non mangiava… che non si poteva fare nulla, troppo piccolo, sarebbe morto di fame… non si poteva fare altro… non è giusto, Xal, non è giusto…” Gli premette il viso contro la spalla, disperatamente.

“Lo so… mi dispiace…”

Xaldin lo tenne stretto, mormorando parole inutili, solo per fargli sentire il suono della sua voce, e poi carezzandogli in silenzio la schiena e le braccia, finchè lentamente i singhiozzi non si calmarono.





FIN



Per quanto mi riguarda, il copyright di Vexen malaticcio appartiene a Giul e Fed. Commenti e critiche ben accetti!
  
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