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Autore: Whity    05/05/2013    2 recensioni
"Tutti venerdì a casa Harwood Smythe si cucinava messicano. Thad lavorava solo mezza giornata, quindi passava il pomeriggio in cucina.
- Cole? Viene anche Dylan? -.
Il moro si concentrò sul figlio che, però, non gli diede la risposta che si sarebbe aspettato.
- Non lo so... noi.. -"
ATTENZIONE: la fanfiction si ricollega a "Noi siamo Infinito" di Obsessed, dalla quale ho ricevuto il permesso per creare una sorta di cammeo con i suoi personaggi. Ulteriori informazioni all'interno. [Thadastian-Colin/Dylan]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Unendlichkeit'
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NOTA dell’AUTRICE: come già detto, questa fan fiction è una sorta di Cammeo di “Noi Siamo Infinito” di Obsessed, che ha acconsentito alla mia voglia di scrivere qualcosa che prevedesse anche Colin e Dylan. Quando ho letto di loro due è scattato qualcosa, non so bene cosa, e ho deciso che dovevo parlarne. Dovevo dedicar loro qualche riga. E così ho fatto. All’autrice originale, ovviamente, va il mio GRAZIE – con tanto di cuoricini – perché era da molto non mi appassionassi a qualcosa di delizioso e semplice come i suoi lavori.

****
 
Ci sono giornate che si vorrebbe chiudere in un cassetto, a doppia mandata, e dimenticare. Abbandonarle per sempre alle proprie spalle e riniziare da capo.
Colin Harwood Smythe aveva appena aggiunto quel giorno alla propria personalissima lista.
Le risposte definitive dai vari college non erano ancora arrivate – ed erano a metà luglio, dannazione! – ed aveva passato il pomeriggio a sentire Dylan parlare di quanto entusiasta fosse del proprio lavoro e di quanto sarebbe stato bello poter condividere tutto quello con lui. Lui che in quel momento non aveva la minima idea di cosa potesse comportare la parola futuro e che si sentiva ingabbiato in una situazione che lo opprimeva.
Avevano finito per discutere. Non litigare, no! Loro non litigavano mai, si limitavano a discutere come se non ci fosse un domani per poi concludere la faccenda dopo giorni di silenzio. Concluderla a letto, anche solo a farsi le coccole, per riscoprire qualcosa che credevano perso e per sigillare nuove promesse.
– Forse è meglio tu vada – Dylan lo aveva congedato così, dopo averlo sentito mormorare insensatezze su un futuro di cui non sapeva ancora nulla, che gli faceva paura, che forse non li avrebbe nemmeno visti assieme.
– Di certo sentire me che blatero di New York non ti aiuta –.
L’aveva serrato in un abbraccio e gli aveva baciato una tempia, prima di sorridergli e congedarsi.
Prima di farlo sentire un rifiuto umano senza precedenti, sporco e dannatamente vuoto.
Era un verme. Avrebbe dovuto gioire dei successi del proprio fidanzato, invece di mettersi a borbottare riguardo al proprio futuro incerto e stupido.
Rientrò a casa e buttò la tracolla sul divano senza troppe cerimonie – lui che era talmente ordinato da far sorridere persino Sebastian, che era altrettanto certosino -, prima di andare in bagno a lavarsi le mani.
- Cole? – la voce di suo padre Thad lo riportò un secondo alla realtà – Viene anche Dylan? -.
Cazzo.
Era venerdì.
Venerdì a casa Harwood Smythe si cucinava messicano.
Thad lavorava solo mezza giornata e passava il pomeriggio in cucina a rispolverare le ricette della celeberrima nonna Agnès che, nemmeno a dirlo, si rivelavano spesso un successo.
Prese un respiro profondo, prima di rispondere al padre.
- No. Mi sono dimenticato di dirglielo – si morse un labbro – Noi… insomma, noi… lasciamo perdere, okay? – mormorò prima di dirigersi in veranda e sedersi su una sdraio.
Sospirò, cercando di mettere in ordine le idee.
Qualche minuto dopo sentì la porta della veranda riaprirsi nuovamente, e sorrise inaspettatamente. Anche se non aveva voglia di parlarne – con i suoi papà, con Dee, con chiunque – il sentirsi ascoltato la faceva sempre stare meglio.
Thad si sedette di fianco a lui, porgendogli una tazza di caffè.
- Grazie – mormorò il ragazzino, prima di prenderne un sorso.
L’altro aspettò che questi posasse la tazza per iniziare a parlare.
- Avete litigato, Cole? –.
La domanda gli giunse inaspettata, perché conferiva alla questione tutta un’altra angolatura.
No, non avevano litigato.
No, non si erano gridati addosso cattiverie.
No, non si erano lanciati addosso oggetti di varia natura.
No, non andava comunque tutto bene.
Scosse il capo, prima di prendere un altro sorso di caffè.
- È solo un periodo un po’ così – mormorò – Ma non abbiamo litigato. Puoi dire a papà che non è proprio il caso di affilare l’ascia e caricare il fucile – concluse in uno sbuffo, mentre suo padre si concesse una risatina all’immagine di Sebastian armato sino ai denti, pronto a difendere le ragioni del figlio.
- È per la scuola? – gli chiese suo padre, sorridendo all’espressione sorpresa del figlio  - Controlli la posta tutti i giorni più volte al giorno. A meno che non si tratti di una multa le opzioni si riducevano a quello… -.
Colin si morse un labbro, incerto se dirgli tutto – come avrebbe voluto fare – o tenersi qualche notizia per sé – come avrebbe tentato di fare di fronte a Sebastian, senza probabilmente riuscirci -.
Thad si alzò, prima di inginocchiarsi davanti al figlio.
- Tesoro, hai mandato tutti i moduli a tempo debito e ricevuto le prime risposte, ora devi solo aspettare – gli strinse una spalla con affetto – e non smettere di crederci. Mai. Non ne vale mai la pena -.
Il ragazzo annuì, prima di cercare la stretta paterna.
- Come lo sai? – mormorò, stringendo gli occhi per impedirsi di piangere.
L’altro sbuffò e sorrise.
- Ho sposato tuo padre… sai quante volte non ho smesso di crederci? -.
Ridacchiarono, prima di rientrare.
- Tieni – Colin prese il telefono che il padre gli stava porgendo tra le mani – chiama Dylan e digli che le mie tortillas di mais lo aspettano – concluse con un occhiolino.
Al nome del fidanzato, il ragazzo sentì una morsa di calore allo stomaco.
- Okay – mormorò, prima di chiudersi in salone e attendere che l’altro rispondesse.
 
 
Dylan si presentò a casa Harwood Smythe un’ora scarsa dopo con un dolce in mano.
- Oh, non dovevi! – lo rimproverò Thad con un sorriso, prima di portare la torta in cucina – Ma grazie -.
Rimasto solo col fidanzato, Colin ne approfittò per avvicinarglisi e sfiorargli le labbra con un bacio.
- Tuo padre ha portato consiglio? – chiese Dylan, prima di rispondere al bacio.
Annuì, prima di prenderlo per mano.
- Andiamo in veranda? Questo ci salva dall’arrivo di mio padre e dalle sue battutacce -.
L’altro ridacchiò, prima di seguirlo e accomodarsi al suo fianco.
Dopo un anno e mezzo di discussioni e battutacce, Sebastian si era quasi abituato al rapporto tra Colin e Dylan, riservando loro solo qualche borbottio di tanto in tanto.
Colin lo sorprese voltandosi e sfiorandogli il collo con le labbra.
- Ti amo – mormorò, prima di risalire alle labbra e approfondire il bacio – Ti amo – ripeté, come a volerlo imprimere nella mente dell’altro una volta di più.
- Piccioncini quando avete finito è pronta la cena –.
Sebastian, manco a dirlo.
Colin affondò il viso nel collo del fidanzato, prima di sbuffare.
- Giuro che odio quando fa così -.
L’altro ridacchiò, prima di alzarsi e prendere la mano del fidanzato. Entrarono in cucina, investiti dal profumo speziato dei fagioli e dall’odore inconfondibile del guacamole.
Si sedettero e iniziarono a cenare, mentre Thad chiedeva a Sebastian del lavoro e questo era troppo osservato per controllare figlio e fidanzato per produrre una risposta decente.
- Sì, tutto bene…certo – mormorava assente – Ehi! – proruppe sdegnato quando il marito gli tirò un calcio da sotto il tavolo nascondendosi poi dietro un’espressione innocente.
Colin alzò gli occhi al cielo e Dylan sorrise passandogli il pane.
Continuarono a mangiare chiacchierando del più e del meno, sino a quando l’attenzione non si spostò sul nuovo lavoro del figlio di Nick e Jeff.
- È una buona opportunità – mormorò il ragazzo, andando inconsciamente a stringere la mano del fidanzato – e New York è in ogni caso un ottimo trampolino di lancio… -.
Sebastian mandò giù un sorso di vino.
- Voi due cosa avete intenzione di fare? -.
Thad sbuffò.
- Sebastian… -.
- Papà! – lo riprese Colin, prima di stringere a sua volta la mano del fidanzato – Lo affronteremo insieme, suppongo – gli concesse poi, sorridendo.
I due adulti si alzarono – a onor del vero Thaddeus dovette praticamente trascinarsi il marito dietro a forza – per andare a prendere il dolce, lasciando i ragazzi da soli.
Dylan si alzò.
- Mi aiuti a sparecchiare? -.
Iniziarono a raccogliere i piatti e le posate, scambiandosi un bacio leggero ogni tanto.
- Ti amo – mormorò il più giovane – e mi sento un idiota perché di oggi te lo avrò già ripetuto mille volte – concluse abbassando il volto.
- Io adoro sentirtelo dire – gli rispose l’altro – A dire il vero adoro fare un sacco di cose con te, in barba a chi parla di abitudine -.
Il riferimento non troppo velato al sesso, ed il fatto che un paio di volte avessero approfittato dell’assenza dei genitori di Colin e lo avessero fatto proprio in quella cucina fece arrossire il moro in maniera decisamente adorabile.
- Ragazzi – li richiamò Thad – dopo avete intenzione di uscire? -.
Sebastian, dietro il marito, strabuzzò gli occhi.
- Pare sia arrivato una specie di circo itinerante qua a Columbus, se volete fare un salto – concluse, incurante del principio d’infarto che stava colpendo il marito.
Dylan si voltò verso il fidanzato che annuì, prima di stringergli la mano.
- Dammi il tempo di cambiarmi – mormorò, prima di trascinarselo in camera con un sorriso.
- Voi due! Porta aperta! – l’urlo di Sebastian parve provocare l’ilarità generale.
Pur con la porta aperta e il rischio di venire scoperti, i ragazzi resistettero pochi secondi, prima di avvicinarsi e trovarsi avviluppati.
- Dobbiamo proprio andarci, a Columbus? – mormorò il più giovane.
L’altro sorrise.
- Amo quando sei così intraprendente – gli pizzicò un fianco – ma ora vestiti, prima che arrivi il fuciliere di casa -.
Cinque minuti dopo erano nuovamente tutti seduti davanti ad una fetta di torta all’arancia, mentre Colin cercava di indirizzare qualche sorriso rassicurante al padre e Thad non riusciva a non ridacchiare intenerito.
Negli anni aveva scoperto che amare Sebastian era anche quello. Ridere delle sue facce buffe e delle sue mille paranoie.
Dopo mezz’ora scarsa i ragazzi uscirono, mano nella mano, alla volta del SUV di Dylan.
- Dove la porto, principe? – chiese il biondo, una volta saliti.
L’altro si strinse nelle spalle.
- Dove vuoi – gli prese una mano tra le sue e se la portò sulla pancia, in una chiara offerta – dove vogliamo -.
Si ritrovarono in cima ad una collina, a fare l’amore in un prato come due quindicenni eccessivamente romantici, e fu in quel preciso istante che Colin capì.
Qualsiasi peso da sopportare, qualsiasi ostacolo da affrontare, persino la lontananza…nulla avrebbe potuto distruggere quello che avevano costruito. Non se lo affrontavano insieme.
 
Pochi giorni dopo, tornato dal lavoro, Thad trovò un pacchetto ad attenderlo. Sorrise nel vedere un piccolo ciondolo a forma di quadrifoglio che allacciò subito al collo.
Rise, leggendo il biglietto.
“Papà, vado a New York. Per davvero. La lettera è arrivata oggi…
..vero che mi aiuti te a dirlo a papà Sebastian? XXX Cole”
   
 
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