Il
timore, una tra le più grandi forme di paura esistenti, si manifestava
spesso
sotto forma di avvenimenti, oggetti o persone.
Per me, il timore aveva preso il posto del colore nero. Nero, come
l’oscurità.
Nero, come il cancello d’entrata del casato Nightray.
Ma mi chiedo, posso riuscire a trovare la luce, l’uscita da
quell’oscurità che
cerca di risucchiarmi ogni giorno di più?
E poi la incontrai, quella luce, racchiusa sotto l’aspetto di un
irritabile
ragazzo.
Ormai sono passati circa due mesi da quando sono entrato a far parte
della
famiglia Nightray.
Far parte, poi, che razza di sciocchezza. Quei tipi non fanno altro che
guardarmi dall’alto in basso per tutto il tempo: mai un saluto, un
sorriso, un
gesto gentile nei miei confronti!
Solo perché quel ragazzino ha voluto me come servo e non uno di quei
bellimbusti scelti dalla sua famiglia. Chissà perché, poi.
Voglio dire, sono solo una persona qualunque, forse molto più strana
dell’
“umano tipico”, con dei capelli quasi più grandi di me…eppure no. Lui
voleva
me. Soltanto me.
Forse non avrei dovuto stuzzicarlo durante i suoi “tour” alla casa di
Fionna.
Oltre ad irritarlo, ho contribuito a fargli scattare solo quello strano
impulso
di scegliermi come servitore.
“Voglio solo qualcuno che mi tratti normalmente, come se non fossi un
nobile.” E’
davvero la verità? Non so ben capire il motivo, ma dopotutto credo di
potermi
fidare di lui.
Tutto
si era dimostrato più difficile di quello
che credevo: preparare la tavola, aiutarlo con i compiti, portare le
cose su un
vassoio…ero così impacciato da non riuscire mai a fare qualcosa di
buono.
Non avevo mai servito nessun altro prima d’ora, perciò non riuscivo a
fare
altro che rovinare i preziosi, causare problemi alla famiglia,
aumentare il
loro rancore nei miei confronti…tutto, tutto sembrava scivolarmi via
dalle mani
e rompersi con un sonoro “crack”, come la mia vita in quel momento,
tenuta in bilico
da un vassoio chiamato Nightray.
Per
fortuna, ho avuto dei bei momenti con il mio
giovane padrone, Elliot. Se non ci fosse stato lui, non so’ proprio
come avrei
fatto a sopravvivere in quelle quattro mura. Probabilmente non ci sarei
riuscito affatto.
Anche se non riuscirò mai a perdonargli il fatto di aver provato a
convincermi
a tagliare i capelli…
Esatto, i capelli.
Suona strano detto da un maschio, eh? A quel tempo, però, ero dell’idea
di
dover a tutti i costi nascondermi agli occhi delle altre persone.
Nessuno avrebbe mai dovuto vedermi davvero in faccia. La gente,
sentendo il mio
nome, doveva ricordarsi solo di una frangia coprente gli occhi e dei
capelli
fin troppo lunghi. Nulla più.
Lui, però, si era spinto ben oltre, facendo saltare all’aria tutti i
miei
piani.
“Ehi, Leo, perché cerchi di nasconderti così tanto?”
Non puoi avvicinarti…non puoi mettermi con le spalle al muro, adesso!
Tu…non
puoi…
“Perché non provi a tagliarli?”
Smettila. Non voglio sentire la tua mano calda toccare la mia fronte,
facendoti
specchiare nelle mie iridi azzurre contro la mia volontà. Non voglio
che tu
veda tutto questo.
“E’ davvero un peccato, sai? Con degli occhi così belli…”
Perché io…
“Ell…”
Io…
“La…”
Io sono un mostro.
“Lasciami!”
So benissimo di non essere un codardo e che scappare non è il miglior
modo per
sfuggirgli, ma in preda all’agitazione del momento è stata la cosa più
logica
che mi sia venuta in mente. Certo, ho dovuto togliermelo violentemente
di dosso
spingendolo via per il petto –cosa non molto degna di un servitore–, ma
non me
la sentivo proprio di lasciarmi convincere. Neanche per sogno.
Eppure, lui non si era ancora arreso: cominciò a rincorrermi, presso il
corridoio dell’orfanotrofio, senza nessuna tregua.
“Ehi, Leo!”
Basta. Tutto ciò è solo una finzione.
“Cosa diamine stai facendo?! Leo!”
Finiscila. Non voglio scappare da te per tutta la vita...
“Leo!”
Io non…
« LEO!! »
Al sentire quell’urlo alzo d’istinto la testa, come se fosse un
qualcosa che
non riuscivo a fermare neppure con il completo controllo del mio corpo.
Improvvisamente, non mi trovavo più nel corridoio della casa di Fionna,
ma sul
marciapiede vicino alla casa dei Nightray. E davanti a me vedevo con
chiarezza
il volto preoccupato del mio padrone, con tanto di respiro affannato.
Devo
averlo fatto preoccupare, in qualche modo.
« …Elliot…? Cosa ci fai qui? » Gli chiedo, perché neppure io ricordo
bene cosa
stessi facendo.
« Cosa ci fai tu qui, razza di
idiota! Ti ho cercato dappertutto, inutilmente! Mi hai fatto prendere
un colpo!
»
…….Giusto. Adesso ricordo cos’è successo: in breve, uno dei soliti
battibecchi
con la famiglia, questa volta con la sorella maggiore di Elliot. Una
dei tanti
familiari che mi odia così tanto da farmi lo sgambetto e far cadere a
terra me
e i miei due libri, uno dei quali riuscì a cadere esattamente sopra la
mia
testa. Cavoli, che male.
Ovviamente, neanche una scusa, ma tanto ci sono abituato. Non vorrei
dirgli
cose del genere, per non portarlo contro la sua famiglia, quindi sono
costretto
a sopportare in silenzio, portandomi dentro tutto questo odio e dolore.
« Mi dici cosa è successo? »
« …Ho litigato con la signorina Vanessa. Le sue urla mi infastidiscono,
quindi
sono andato qui fuori dove di sicuro non le avrei sentite. » Mi limito
a dire,
anche sapendo benissimo che è solo una bugia.
Speravo che ci avrebbe creduto, almeno in parte, ma dalla sua lieve
risata
intuisco il contrario.
« E’ la scusa più inverosimile che abbia mai sentito. »
Deve comunque aver capito che non gliel’avrei detto, perché subito dopo
si
allontana da me, avvicinandosi invece all’inquietante cancello del
casato.
« Forza, seguimi. Non pensare a Vanessa, mi occuperò io di mia sorella.
»
« Sarai anche il legittimo erede del casato, ma lei è comunque più
grande di
te. » So benissimo che quel momento era
qualcosa di epico, sacro, eppure sentivo il bisogno di rovinarlo in un
modo o
nell’altro. Forse perché non ero abituato alla visione di un Elliot
protettivo,
saggio e coraggioso, ma di un Elliot arrogante, burbero e facilmente
irritante.
Le mie parole ebbero immediatamente l’effetto che desideravo; si gira
infatti
verso di me con una delle sue espressioni arrabbiate che tanto adoravo.
« Stai dicendo forse che non so farmi rispettare?! »
« Figurati, cosa te lo fa pensare? »
« …Uhmph. Forza, torniamo dentro. Vedrai che risolverò la situazione. »
Tornare? Non una persona come me. Ormai, sono stufo di dover subire le
angherie
di quei tizi, di dover sopportare tutto ciò, senza neppure poterlo dire
al mio
unico amico...io…io ho paura.
« Loro mi odiano. »
Non so come sia potuta uscirmi quell’affermazione tanto schietta dalla
bocca,
credo forse perché dentro di me non potevo sopportare la situazione.
Lui si è fermato appena prima della soglia del cancello dei Nightray,
quel
cancello che sembra fissarmi minaccioso, pronto ad aggredirmi in
qualsiasi
momento. Poi si volta, guardandomi con un’espressione spaesata.
« …Come? »
« Mi detestano. Non dovrei più vivere
lì dentro. »
Mi allontano ancora un po’ da lui, soffocando un probabile pianto con
una
piccola risata.
« Eh, eh… Sarà difficile per me, ma almeno riuscirò a causarti meno
problemi.. »
Alzo gli occhi al cielo, come se volessi evitare in ogni modo di
incrociare il
suo sguardo, qualunque esso fosse stato. Come se avessi timore della
sua
reazione: ed affettivamente, era così.
Non sono affatto convinto di quello che ho detto, ma avrei fatto la
cosa
giusta. Sarà doloroso per me riuscire a cancellarlo dalla mia vita, ma
devo
farlo. Perché avrei fatto di tutto, pur di poterlo rendere felice…
Uno, due, tre passi. Il rumore delle scarpe che tocca terra comincia a
pervadermi le orecchie e diventa via via sempre più vicino, come le
nostre
distanze, tanto che potevo già intravedere le sue sopracciglia inarcate
come
più poteva.
« Smettila di dire cazzate! »
Come tempo fa, ho sentito di nuovo la sua mano sul mio viso. Ma questa
volta
non l’ho sentita sulla mia fronte, ma sulla guancia alla sua destra, e
con ben
poca gentilezza.
Non…me lo sarei mai aspettato, davvero. Resto immobile, con la mano
sinistra sulla
guancia dello stesso lato e gli occhi sgranati rivolti verso di lui.
« …Elliot…? »
« Spiegami perché ti stai preoccupando inutilmente! Spiegamelo ora!! »
Posso chiaramente vederla, tutta la sua ira, mentre mi scruta
attentamente con
quegli occhi blu e mi scuote per farmi riprendere, poggiando le mani
sulle mie
spalle.
« Sto’ dicendo la verità. Smettila di fare l’imbecille. »
« QUELLO CHE STA’ FACENDO L’IMBECILLE SEI TU!! »
Di solito, quando urla, io provo di tutto pur di farlo smettere. Ma
questa
volta, non posso assolutamente fare nulla se non avere dei brividi
incontrollabili. Chissà, forse perché è la prima volta che urla contro
di me.
Oppure so che ha ragione…?
« Dimmi, hai intenzione di fare la femminuccia ancora per molto?! EH?!
Non
pensare più alla mia famiglia! Perché tu…tu… »
Abbassa il capo per qualche secondo, magari per riordinare le idee. Ma
continua
a restare nella stessa posizione di prima, come per non farmi scappare,
per non
farmi reagire. Poi riprende a guardarmi, con una fiera nota di
convinzione nei
suoi occhi.
« Tu sei il mio migliore amico! E finché resterai con me, non
m’importa! »
Mi ha letteralmente spiazzato: non posso fare altro che fissarlo mentre
riprende fiato… mai e poi mai aspettato qualcosa di simile da parte
sua,
conoscendolo!
Eppure, adesso, provo un gran senso di ammirazione nei suoi confronti.
Non avrò mai l’occasione di dirtelo, ma…sono davvero tanto fiero di te.
Adesso
so cosa fare.
Tossisco, prendendogli entrambe le mani e cominciando a guardarlo con
un
sorriso gentile.
« Elliot, tu… »
La mia faccia inizia a specchiarsi nei suoi occhi, dato che mi sto
avvicinando
sempre di più al suo corpo, al suo viso, persino alle sue labbra. Lo
vedo
arrossire, cercare di allontanarsi, ma ormai era troppo tardi. Ero
sicuro di
ciò che stavo facendo, e nulla, nulla avrebbe mai potuto farmi cambiare
idea.
Sono consapevole del fatto che le mie prossime parole avrebbero
cambiato di
sicuro la situazione attuale, ma dovevo assolutamente dirgliele, come
se non ci
fosse un domani. Ne sono sicuro, ora o mai più. Adesso, volevo solo
dirgli una
cosa…
« Sei davvero un grandissimo pezzo di idiota. »
Mi allontano velocemente da lui, aspettando una sua reazione: ammetto
di non
essere stato molto gentile nei suoi confronti, ma dovevo assolutamente
dirglielo.
Dio, quando amo stuzzicarlo, sentire la sua voce irritata, con la
consapevolezza che correggere i suoi sbagli è il mio lavoro, e di non
poter
essere rimproverato per questo. Oggi non sono stato molto giusto, ma la
situazione stava diventando troppo intensa; dovevo assolutamente
cambiare
l’atmosfera.
Inizia ad arrabbiarsi: mani strette a pugno, sopracciglia incrociati,
denti
serrati. Comincio quindi a correre via, sicuro che lui mi avrebbe
rincorso.
« Brutto bastardo, torna subito qui! »
Rido, lasciandomi rincorrere; proprio come quella volta, ma ora mi
sento
decisamente più sereno. Anche se riuscisse a superarmi, me
la caverò al massimo con pugno. Non mi
sento per nulla impaurito, sicuro della perdita di qualcosa che fa
parte di me,
o altri pensieri simili. Adesso, la mia felicità è tale da poter farmi
dimenticare i problemi: Vanessa, gli altri, il mio pessimo modo di
servire,
tutto. Siamo solo io, e il mio padrone. Con lui, posso riuscire a
superare
anche l’ostilità del cancello dei Nightray, che, pur non smettendo di
emanare
quell’aura spaventosa, si sottomette ai nostri voleri.
D’ora in poi, smetterò di preoccuparmi degli altri membri del casato.
Continuerò ad andare sempre avanti, senza smettere di perdere il
sorriso. Sei
riuscito ad insegnarmi un’importante lezione, oggi. Per quello che
facesti, hai
fatto e che farai per me…
Grazie di tutto, Elliot. Farò del mio meglio per mantenere la nostra
promessa.
Il paesaggio è improvvisamente svanito. Le strade, gli alberi e la
gente della
città non mi sono più visibili. Al loro posto, c’è solo una stanza
grigia, e
una piccola finestra nella parte destra dalla quale provengono degli
spiragli
di luce.
Dove sono…? Possibile che abbia solo rievocato in sogno un ricordo
passato?
Mi tocco la fronte con la mano destra, ma i miei capelli sembrano più
corti di
prima, e i miei occhi risultano così scoperti…
No, non sembrano. Lo sono.
Come…come è potuto accadere?! Io…io non avrei mai potuto tagliarli! Non
riesco
proprio a capire perché…perché?!
« Ben svegliato, capo dei Baskerville. »
Mi giro di scatto, notando qualcuno posto davanti alla porta: un
ragazzo dalla
chioma bionda, raccolta a coda di cavallo con un nastro rosso, che mi
sorride
gentilmente. Ma la cosa che più mi
incuriosisce sono i suoi occhi: uno dorato, e l’altro di un rosso
scarlatto.
Poi mi ricordo di tutto. Gli orfani dispersi, l’ Humpty Dumpty, Isla
Yura, Oz e
gli altri, ma specialmente di una cosa.
Elliot è morto. E io non posso farci
nulla. Non sono stato in grado di salvare il mio migliore amico.
Deglutisco, cercando di non pensarci su. Non posso piangere sul
latte
versato, specialmente adesso che non sono più un miserabile servo, ma
il capo
di un’importante casato. Anche se, tutta questa importanza, mai mi ha
fatto
così male.
In quest’arco di tempo ho fatto tante di quelle cavolate…mi sono sempre detto “Ehi! Cosa farebbe Elliot se ti avesse visto?! Sicuramente ti avrebbe dato un bel pugno!” e così ho smesso.
Ricordo ancora le tue ultime parole, sai? Me le ha dette Vincent.
“Mi dispiace, Leo.” Non devi scusarti: secondo me, tu non hai infranto la promessa. Non staremo sempre insieme, anche se tu adesso sei più lontano!
Verrò a trovarti alla tua tomba ogni volta che potrò. Così saprai che ci sono sempre, per te! Anch’io cercherò di tener viva quella promessa, con tutto me stesso!
...Non dovrei piangere sulla tua lapide, adesso. Avevi ragione, sono proprio una femminuccia…
Ehi, Elliot. Hai promesso che saresti stato sempre con me, no?
Allora, spiegami…perché, io…mi sento così…così…solo?
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Nanananaaa! Eccomi, sono io, Carol! L'autrice, yup.
...Lo so, lo so. La ElliotxLeo è la mia OTP, perciò mi sentivo in vena di scrivere qualcosa su di loro. *u*
Potevo fare qualcosa di più allegro, vero? E invece no.
PERCHE' SONO UNA SADICONA MASOCHISTA CHE AMA VEDER SOFFRIRE GLI ALTRI. (?) B'D
...Ehm- poi, boh. Spero che vi piaccia e che lascereste una recensione (PLEEEEASE! ;A; ) e...alla prossima!
_Carol_