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Autore: RedB    06/05/2013    0 recensioni
Winter, Alice, Daniel e Hazel sono quattro ragazzi diciassettenni: tutti hanno qualcosa in comune, tutti hanno qualcosa che l'altro non ha.
Winter è la più spensierata, colei che aspira a diventare qualcuno di importante in un futuro.
Alice è la più spaventata, la più sfortunata, ma si dimostra sempre forte e piena di idee folli.
Daniel è l'unico ragazzo del gruppo, il più fiducioso, il più sicuro e orgoglioso, e soprattutto si sente quasi un 'fratello maggiore', per tutte e tre, tanto da difenderle sempre.
E poi c'è Hazel, un po' riservata, timida, che non pensa prima di parlare.
La loro vita, i loro sogni, i loro segreti. E' questo che bisogna scoprire.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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See, feel, listen.

Ho preso una decisione in questi giorni in cui sono stata malata e non ho potuto parlare con molte persone: voglio dire tutte le cose belle che mi vengono in mente, quelle carine, non voglio più tenerle per me, non voglio più immaginare le conversazioni solo nella mia testa.

- Susanna Casciani.

« Voglio dire, che senso ha mettere come traccia: ‘Di che colore è la tua vita?’ La vita non ha colori.. Anzi forse ne ha uno: il bianco. E’ vuota, senza..senza quella punta di rosso che ognuno di noi ha bisogno. La vita fa schifo e delude continuamente. Non sei d’accordo?».
Freneticamente traccio con la punta della penna la mia firma sulla parte posteriore del foglio, aggiungendo nome, cognome, data e classe, e con aria trionfante, porto il compito completato sulla cattedra, dove incrocio lo sguardo della professoressa, intenta ad ascoltare le parole del mio migliore amico, Daniel.
« Io non sono tanto d’accordo » alla mia destra, spunta Hazel.
« Spiegami il motivo » esordisce Daniel.
« Perché ognuno di noi vede la vita con un colore diverso. Tu sei proprio sicuro che sia la vita a deludere? Non credo. Siamo noi gli artefici delle nostre azioni e di conseguenza della nostra vita. Io ho scelto quella traccia, e anche se ho capito ben poco di me, ho descritto il colore che vedo attraverso i miei occhiali.. ».
« Winter, tu non porti gli occhiali».
« Idiota, è un modo di dire» la sua voce mi precede di pochi secondi, d’altronde tra me e Hazel c’è sempre stata una forte telepatia, dunque non mi stupisco.
« Capisco. E che colore hai scelto? ».
« Il blusso ».
Attimi di silenzio susseguono alla mia risposta: i miei migliori amici mi guardano perplessi, con il capo leggermente inclinato verso sinistra, e con uno sguardo desideroso di capire le mie parole. Piego le labbra in un sorriso, molto simile ad una mezzaluna, scrollando le spalle.
« Un termine che ho appena coniato. E’ l’insieme delle parole: blu e rosso ».
In quel preciso istante, la professoressa, carica di tutti i compiti, ci sorpassa e la campanella suona: finalmente, anche l’ultima ora è terminata, ma sento che ho ancora qualche spiegazione da dare, perché i due ragazzi dietro di me, mi seguono sino all’armadietto e non si scollano.
« Un giorno ve lo spiegherò, ma non oggi, okay? Devo tornare subito a casa, andare al corso di pianoforte e studiare ».
Non li guardo, perché so che non riuscirei a resistere e, dare una spiegazione al momento, mi risulta terribilmente difficile. Ciò che ho scritto nel compito, è tremendamente personale – e devo ammetterlo, un po’ filosofico – e ho paura che la professoressa possa fraintendere: non è stato un semplice tema, ma un vero e proprio sfogo.

                                                                                                            –

Osservavo attentamente il soffitto della mia cameretta, come se fosse la prima volta.
Era dello stesso colore della vita di Daniel: bianco.
Ancora non riuscivo a capire perché non mi decidevo a dipingerlo, sino ad ieri, oggi invece, ho ricevuto la risposta: perché ho bisogno di tanto rosso e tanto blu.
Il rosso è il sangue che circola nelle mie vene; la mia intelligenza, la mia audacia, la mia timidezza, la mia forza e tutto ciò che di positivo possa esserci in me – sempre se c’è –.
Il blu invece, rappresenta tutti gli ostacoli che ho saltato, che ho scavalcato a metà e che ho ignorato, sentieri sperduti del mio cammino, del mio animo; tutto ciò che tutt’oggi ignoro, tutte le mie paure e le mie perdite. La parte più negativa di me – questa c’è sempre, purtroppo –. Soltanto ora, con la schiena schiacciata contro le lenzuola e la pancia all’insù, ho capito che forse, potevo spiegarlo a Daniel e Hazel, che non hanno fatto altro che introdurre il discorso ogni qualvolta io parlavo.
La verità è che per me, è molto più semplice scrivere ciò che provo, che dirlo ad alta voce, perché pronunciarlo mi da un senso di verità, scriverlo invece, soltanto di consapevolezza. Mi sveglio rannicchiata sulle lenzuola, come capita spesso, mi sono addormentata pensando.

Oggi è venerdì, il weekend è appena iniziato ed io non ho la forza per alzarmi ed andare a scuola: per un momento penso di restare a letto, tanto ho ancora tante assenza da spendere – che non spenderò, perché sono pignola –, ma poi penso che ho promesso a Alice di pranzare con lei a mensa, e costringo i miei muscoli ad alzarsi.
Il mio primo pensiero non è cosa indosserò quest’oggi, ma: cosa mangerò tra due minuti? Scendo le scale velocemente, mia madre e mio padre sono ancora in pigiama, mi danno un bacio e io ricambio: tra di noi c’è sempre stato un buon rapporto, a differenza con Julian, che non vedono da un anno.
Julian è il mio fratello maggiore, e appena la scuola finirà, andrò qualche mese da lui, a Londra. Nonostante i suoi bruttissimi rapporti con mio padre, lavora nella sede inglese dell’impresa, e ciò mi conforta tantissimo.
« Non so se stasera torno a cena, la signora Dursley mi ha invitata a casa sua e mi sembrava brutto rifiutare per la terza volta.. A voi dispiace? ».
« No tesoro, tranquilla. Anche perché stasera, io e tuo padre, siamo ad una cena di beneficenza».
Mi accarezza la guancia, ed è un gesto che odio sin da bambina.
Accenno un sorriso e bevo lentamente il latte freddo, per poi mangiare due biscotti. Le lancette del grosso orologio in legno antico, segnano le sette e trenta: sono leggermente in ritardo. Risalgo le scale con la stessa velocità di prima e, arrivata in cameretta, apro l’armadio: tra i tanti indumenti, scelgo quelli più comodi, jeans, maglietta e scarpe da ginnastica. Dovrei curarmi un po’ di più, ma la voglia, alle sette di mattina, non ci sarà mai. Accendo la radio, e alzando lo sguardo verso lo specchio del bagno inizio a cantare una delle mie canzoni preferite.

Don’t stop me now.

  –

« Questa roba uccide il nostro fegato, sai? Secondo i miei genitori mi verrà un tumore all’intestino se continuo a mangiare tutta questa roba fritta e.. Winter, mi stai ascoltando?».
Inarco un sopracciglio, portando alla bocca una forchettata di insalata.
« Mi sono fermata a ‘nostro fegato’. Da quando ascolti i tuoi genitori? Sono dei maniaci della salute, Alice».
« Lo so. Infatti per dispetto, ho mangiato altro pollo fritto.. Stavano per impazzire, credimi».
Una risata incontrollata esce dalle mie labbra: Alice è la persona più dispettosa che conosca. Ma è anche tanto sfortunata. Due mesi fa, suo fratello l’ha lasciata da sola: incidente stradale.
« Stasera vado a cena da Hazel, ti va di venirci con me?».
Annuisce mentre beve dell’acqua frizzante.
« Ci sarà anche Joseph».
Alziamo entrambe lo sguardo: lei incredula, io perché avevo pronunciato quelle parole con il volto abbassato.

Certe ferite, devono guarire: o da sole, o con un piccolo aiuto.

  
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