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Autore: Little Redbird    06/05/2013    7 recensioni
Damon lascia Elena ma la bionda non è d'accordo.
Non è una Delena, sapete che non ne scriverei mai una ò.ò
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore, Damon Salvatore/Elena Gilbert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente libero



Le foglie delle querce intorno a loro frusciavano nel vento leggero che gli scompigliava i capelli.
Elena odiava il vento proprio per quel motivo e Damon lo sapeva, ma non voleva accontentarla anche quella volta, influenzando il clima con i suoi Poteri. Si era stufato di doverla accontentare sempre, ogni suo singolo capriccio; non voleva più essere il suo cagnolino. Non gli erano mai piaciuti i cagnolini: lui amava gli uccellini, così liberi e dalle sinfonie melodiose.
Si volse in direzione della bionda. Era bella da mozzare il fiato con i suoi capelli lucenti più della luna sopra di loro. Lui stesso le aveva dato il nome di angelo, ma dubitava che gli esseri a cui tutti si affidavano fossero così belli.
Che poi, si chiese, chi aveva deciso che il Paradiso fosse pieno di ossigenati con le ali? Lui lo immaginava come un’infinita foresta popolata da animali di ogni specie e colore e forma, e ci vedeva bene qualche elfo dalle orecchie appuntite e le lentiggini sul naso, coi capelli rossi e alti pochi centimetri. O, al massimo, delle fate.
Ma fortunatamente era un vampiro, e nemmeno ci sarebbe andato in Paradiso per controllare. Del resto non gli importava affatto di dove sarebbe andato una volta morto. Quello che davvero contava era il presente, e lui lo stava sprecando facendo parte di uno stramaledetto triangolo isoscele, ed era inutile dire che lui era il vertice più distante dagli altri due.
L’aveva capito, finalmente, che quella storia a tre non faceva per lui.
Non stava rinunciando, si ripeté. Lui non rinunciava mai, si era solo stufato di stare a sentire la bellissima e fredda voce di Elena che lo implorava di darle tempo, di lasciarla decidere con calma. Fino a qualche giorno prima le avrebbe concesso tutto il tempo che voleva pur di essere il suo prescelto, ma aveva finalmente realizzato che a scegliere non doveva essere la bionda, bensì lui e Stefan. Non biasimava suo fratello se continuava a stare con Elena, capiva quanto l’amasse, ma lui aveva scelto. Aveva scelto di lasciarla andare ed essere libero, di non credere più alle sue belle parole. Non avrebbe aspettato per chissà quanto tempo per poi essere rifiutato ancora.
Le stava rendendo le cose più facili, scegliendo per lei. L’avrebbe lasciata senza rimpianti né sofferenze, senza rimorsi, mettendo fine a quello stupido gioco che lui stesso aveva iniziato.
La sua nuova vita sarebbe iniziata insieme al nuovo giorno. L’equinozio d’estate era la sua rinascita: era finalmente libero.
«Non posso più far parte della tua combriccola, Elena.»
«Io davvero non ti capisco, Damon. Dicevi di amarmi!»
Damon sospirò spazientito. «Non ti ho mai detto una cosa del genere. E se te l’ho detto non me lo ricordo – il che la dice lunga sulla profondità di significato delle mie parole in quell’istante.»
Elena si avvicinò in sole due falcate e lo schiaffeggiò sulla guancia destra. Il vampiro non fece una piega, sentendo poco più del solletico.
«Che cosa credi di fare?» le chiese però infuriato, trattenendola per il braccio con cui l’aveva colpito.
«Cerco di farti tornare in te!» Esclamò l’altra. «Probabilmente un altro demone ti sta possedendo.»
La vista di Damon si annebbiò, rendendo di una strana tonalità di rosso tutto quello che lo circondava. La ragazza di suo fratello gli stava allegramente dicendo che era facilmente influenzabile e stava insinuando che si sarebbe fatto fregare di nuovo dallo stesso trucco.
L’unica cosa che lo possedeva, in quel momento, era la furia cieca che sentiva montargli dentro ad ogni battito del cuore di Elena.
La ragazza aveva capito di aver sbagliato mossa e stava cercando di liberare il polso dalla stretta d’acciaio della mano di Damon.
«Mi stai facendo male. Lasciami!» ordinò, cercando di impietosirlo con i suoi occhi lucidi. Quel trucchetto, però, non funzionava con i suoi gelidi occhi color lapislazzuli, erano freddi e per niente espressivi, come invece sarebbero stati un paio di occhi color cioccolato.
«Vai a casa, angelo, prima che mi arrabbi.»
«Tu dovresti arrabbiarti?» urlò, sull’orlo dell’isteria. «Sono io quella che viene mollata senza una spiegazione!»
Damon la lasciò, ma le si avvicinò fino a far mescolare i loro respiri. «Ti ho spiegato le mie motivazioni.» sussurrò. La sua voce vellutata, in contrasto a quella stridula di Elena, risultava più minacciosa di un urlo. «Mi hai stufato» aggiunse sprezzante.
«No» ribatté l’altra. «Che cosa succede? Lo fai per proteggermi?» gli chiese, prendendogli una mano e addolcendo il tono di voce.
Damon osservò accigliato le loro mani. Davvero non capiva?
«Torna da Stefan. Ho da fare.»
« È così, allora?» domandò sorridendo. «C’è qualcuno che mi minaccia?»
Damon ghignò. «L’unica minaccia per te, in questo momento, sono io» le disse sotto voce. «Giuro che se non te ne vai immediatamente ti azzanno.»
La bionda lo guardò con disprezzo. «Stai facendo lo stronzo.»
Il vampiro rise senza divertimento. «Stai giocando con il fuoco, Elena» le disse con l’ultima briciola di pazienza che aveva.
«Sono io quella che deve scegliere tra te e Stefan. Non puoi essere tu a lasciare me!»
«Posso eccome, invece» le disse, dandole le spalle.
Elena lo ignorò. «Io vi ho fatti riappacificare, me lo devi! Senza di me non sareste così uniti!»
«Sono state le circostanze a riavvicinarci!» le urlò, voltandosi parzialmente. «Non è certo la tua indecisione il motivo per cui voglio bene a mio fratello! È mio fratello, e sceglierò sempre lui tra voi due.»
L’incredulità di Elena si trasformò in furia e si scagliò contro la schiena del bel vampiro, prendendola a pugni e schiaffi. Fu allora che Damon perse il controllo. Si trasformò nel secondo animale che lo rappresentava: un lupo nero. Le sue spalle si curvarono in avanti, prendendo la forma di forti zampe con lunghe unghie, e lo stesso accadde alle sue gambe magre. I vestiti scomparvero e al loro posto, a coprirlo, comparve un folto manto scuro; il suo bellissimo viso era stato sostituito da un lungo muso peloso, i denti esposti gli conferivano un’espressione spaventosa.
Elena era pietrificata dalla paura. Mentre la consapevolezza di aver esagerato si faceva spazio nella sua mente cercò di calmare il lupo sussurrando il suo nome.
«Damon sono io, sono Elena. La tua Elena.»
Gli occhi scuri del lupo di fronte a lei la guardarono senza vederla davvero ed il ringhio che uscì da quelle fauci la spinse a fare un passo indietro.
“Corri” fu tutto quello che Damon le disse con l’aiuto della telepatia.
Elena non se lo fece ripetere: iniziò a correre a perdifiato in direzione del pensionato, dove avrebbe trovato l’abbraccio familiare e sicuro di Stefan ad attenderla.
Anche Damon iniziò a correre, ma nella direzione opposta. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, di mettere ordine tra i suoi pensieri.
Aveva lasciato Elena perché non poteva più continuare a vivere quella storia. Aveva preso quella decisione per se stesso, era vero, ma con quale coraggio la bionda gli diceva di essere un egoista? Proprio lei che aveva alimentato l’odio tra lui e Stefan, recitando la parte dell’eterna indecisa.
Si rese conto solo in quel momento di quanto fosse stato cieco in tutto quel tempo; probabilmente aveva avuto degli interi suini sugli occhi, al posto del prosciutto, per non accorgersi dell’egoismo della ragazza che credeva di amare.
La luce proveniente da una porta-finestra lo ridestò dai suoi pensieri e lo avvisò di essere arrivato nel giardino di una casa. Al di là del vetro, una ragazza stava seduta scomposta sullo sgabello della cucina, una tazza con qualcosa di fumante all’interno – latte, a giudicare dall’odore – era posata sul bancone. La osservò passarsi le mani tra i capelli rossi, spettinandoli ancor di più, poi sistemò la maglietta del pigiama azzurro, coprendo la pelle della schiena.
Su di lei non si era sbagliato, pensò. Bonnie era esattamente come appariva: bella, fragile, delicata, rasentava la perfezione, ma non quella fisica, sebbene fosse indiscutibilmente bella. Lei era come un puzzle, la sua timidezza poteva essere un ostacolo, i suoi eccessi di buon umore sapevano essere imbarazzanti, ma tutti i suoi pezzi, messi insieme, formavano Bonnie. La coraggiosa, impacciata, sensibile Bonnie.
Il suo sguardo fisso - o forse il rumore dei suoi pensieri - indusse la ragazza a girarsi nella sua direzione. Sobbalzò non riconoscendo il lupo oltre il vetro, nel giardino di casa sua, ma quando incontrò i suoi occhi si alzò ed uscì fuori nell’aria fresca dell’alba.
«Che cosa succede?» chiese preoccupata.
Il lupo non rispose, facendo per andarsene.
«Damon?» lo richiamò lei. Lo guardò con quei suoi enormi occhi color cioccolato fuso, scaldandolo fin nelle ossa, ma non aggiunse altro, continuò a fissarlo accigliata. Poi si fece avanti, cogliendolo di sorpresa, e gli accarezzò piano il pelo tra le orecchie ritte.
Damon strofinò la testa contro la manina di Bonnie poi, ingordo, le si appoggiò contro, affidandosi completamente a lei ed alle sue amorevoli cure.
«Vieni dentro» gli sussurrò.
Damon la seguì; ad attraversare la porta-finestra, però, non fu il lupo ma il ragazzo, con un’espressione di sincera gratitudine dipinta sul viso.
Si guardarono per un po’, senza saper bene cosa dire. Ad interrompere la loro conversazione silenziosa fu la vibrazione del cellulare di Bonnie. La rossa osservò il display, sul quale compariva il nome di Elena. Poi guardò Damon. Si rese conto che quella non era una delle visite inaspettate di Damon che le faceva compagnia durante le notti insonni dei solstizi e degli equinozi, durante i quali sentiva troppo potere scorrerle dentro per poter dormire. Era successo qualcosa tra lui ed Elena.
Si accigliò, posando il telefono senza richiamare l’amica. Prese una tazza da colazione e la riempì con il latte che era rimasto nel pentolino, posandola poi vicino alla sua.
«Ho finito i cereali» sussurrò in tono di scuse a Damon.
Il vampiro la guardò confuso.
«Siediti, prima che il latte si freddi.»
L’altro si accomodò sullo sgabello di fianco a quello di Bonnie e sorseggiò incerto la bevanda calda.
Fu tutto quel che fecero. Bevvero tranquilli il loro latte e poi si salutarono con uno sguardo, un muto arrivederci.
 Non si sarebbero rivisti tanto presto ma erano liberi ed era quello che contava.
 
 
 
 
 
   
 
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