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Autore: mael_    07/05/2013    4 recensioni
“E tu come ti chiami?” chiese alzando deciso il capo, senza esitare, posando gli occhi in quelli di lui, riuscendo anche a rimanere serio, senza avvampare allo sguardo che ricevette dal ragazzo.
“Dimmi tu come ti chiami” ribatté quello alzando il mento, dando a quelle parole un tono di sfida mentre sorrideva arrogante.
“Kurt.” Rispose, perdendo tutto quel coraggio con quella semplice domanda, davanti a quel sorriso che uccideva, sia per la sua stronzaggine sia per la sua bellezza. Avvampò.
Kurtbastian ispirata al film The Breakfast Club.
Genere: | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Detention.

 

La punizione.

Dio se Kurt odiava quel posto. Non se lo meritava! Era un ragazzo così per bene, andare in quell’inferno solo per essere uscito dalla classe senza permesso gli sembrava esagerato. Non gli piaceva la gente che vedeva uscire da quell’aula ogni giorno, avrebbe preferito pulire le lavagne o addirittura togliere le gomme da sotto i banchi. Probabilmente avrebbe fatto tutto pur di non incontrare quei delinquenti, arroganti e sfacciati spacconi che ci passavano la maggior parte dei loro giorni. Non serviva a nulla quella classe, nessuno la temeva come invece avrebbero dovuto fare tutti gli studenti. Anzi, i così detti spacconi ci prendevano gusto a far cazzate per andarci, probabilmente era il loro appuntamento ogni giorno. Invece di andare al campetto di calcio del quartiere, al parco o al cinema, si incontravano lì, tra quei banchi disastrati e sporchi e le sedie rovinate. Addirittura il professore di letteratura, incaricato a vegliare, aveva iniziato a considerare quei pomeriggi come appuntamenti, insieme a quegli stupidi, imbecilli, cretini senza ambizione, così li appellava.

Sospirò avanzando a grandi falcate per i corridoi del McKinley, scese velocemente le rampe di scale e si ritrovò davanti la fatidica aula. Detention scritto a grandi lettere sulla superficie lignea e piena di graffi e scritte creati con punte di chiavi o coltellini, qualche svastica qua e là e parolacce pesanti. Prese respiro, abbassò la maniglia ed entrò. Inarcò le sopracciglia osservando che nella stanza c’erano due persone, il professore e un ragazzo.

“Kurt Hummel” fece il professore richiamando la sua attenzione “non mi sarei mai aspettato di vederti qui.”

Kurt abbassò lo sguardo imbarazzato, consegnò il foglietto che gli aveva dato la professoressa di matematica quella mattina, fece un sorriso di circostanza e poi si sedette al primo banco a destra. Posò la borsa a terra e si appoggiò con la schiena alla sedia, guardandosi attorno. Per meglio dire, fissando lo sguardo sul ragazzo. Quest’ultimo era seduto all’ultimo banco a sinistra, guardava fuori la finestra e muoveva le dita sul banco, probabilmente seguiva il tempo della musica che usciva troppo alta dalle cuffiette, sembrava non essersi accorto di Kurt.

Notando che quel ragazzo sconosciuto faceva praticamente quel che voleva, Kurt si chiese perché non fare lo stesso, prese dunque un quaderno, l’astuccio e prese a disegnare qua e là, citando frasi di canzoni scritte con la sua grafia accurata. Mentre abbozzava un paesaggio, si chiese perché nella stanza non ci fosse nessuno se non lui e il ragazzo. Era sempre piena, proprio quel giorno era vuota. Che le sue speranze fossero state accertate, nessun bullo in vista? Anche perché quel ragazzo sembrava del tutto innocuo. Sorrise al pensiero, prendendo a canticchiare sottovoce.

“Ragazzi” li chiamò il professore “ehi!” alzò la voce accorgendosi che il ragazzo con le cuffiette non l’aveva sentito. “Torno tra venti minuti, rimanete dove siete” disse allora indicandoli come per intimorirli.

Quando uscì dalla classe, Kurt fece una smorfia e tornò a scarabocchiare sul quaderno. Dopo un paio di minuti deglutì e si tirò il colletto della camicia, sentiva uno sguardo perforarlo e si sentì a disagio. Provò a dimenticarselo, semplicemente continuando a fare quel che stava facendo.

And I not expecting you to care” prese a cantare il ragazzo con un ghigno sul volto “and I have finally seen the light” intonò ancora, poi si alzò.

Sentendo il rumore della sedia, Kurt si voltò e notò che il ragazzo avanzava verso di lui, mentre intonava le parole della canzone che sentiva dall’iPod. Strabuzzò gli occhi e li puntò sul tipo, trattenendo il respiro. Lo osservò finalmente per intero. Le labbra sottili, le lentiggini sulle sue guance, le iridi verdi e scure, coperte dalle spesse lenti di quegli occhiali, puntate nelle sue cerulee, quei capelli sbarazzini e scombinati, tirati su agilmente e con qualche ciocca che ricadeva sulla fronte alta. Abbassò lo sguardo imbarazzato, non negava che era bello. Troppo bello.

And I have finally realized” Kurt conosceva la canzone, aveva anche una bella voce e se non si sbagliava, avrebbe fatto un acuto spettacolare che- “I need your Love” gli avrebbe fatto venire i brividi, sì. Sentì il formicolio lungo la schiena e le braccia, lo stomaco intanto gli si attorcigliava. Il ragazzo era troppo vicino, Kurt provò ad allontanarsi, quasi cascando dalla sedia “I need your Love”.

Si morse il labbro nervoso, il suo cuore batteva all’impazzata, quella voce, diavolo quella voce era meravigliosa ed era ormai evidente che quel ragazzo lo faceva apposta, probabilmente divertito dalle guance imporporate di Kurt. Forse era imbarazzato per il testo della canzone o forse perché lui, ragazzo figo, lo stava calcolando e lo beava con la sua voce, o anche solo perché era un ragazzo.

Come to me, just in a dream, come on and rescue me. Yes I know, I can’t be wrong, and maybe all too have strong” il ragazzo prese un respiro e sussurrò  Our love is…

 “Madness” riuscì a farfugliare Kurt cercando di riprendere fiato, l’aveva trattenuto troppo a lungo.

Il ragazzo inarcò un sopracciglio e si tolse le cuffie, non staccando lo sguardo da Kurt. “Come, scusa?” chiese non allontanandosi, anzi era più vicino di poco prima.

Kurt si schiarì la gola “La-la canzone …” in soggezione abbassò lo sguardo “Madness, giusto?” annuì impercettibilmente a se stesso, come a sapere che la risposta fosse giusta senza dover attendere risposta “di quel gruppo britannico …”

“Hanno un nome, sono i Muse.”

Kurt lo sapeva, solo che era troppo impegnato a contemplare il pavimento, pensare a cosa dire, sperare di avere i capelli a posto, cercare di non fare figuracce dicendo qualcosa di sbagliato o inopportuno. Era impegnato a fare tutto ciò per riuscire a ricordarsi il nome del gruppo.

“E tu come ti chiami?” chiese alzando deciso il capo, senza esitare, posando gli occhi in quelli di lui, riuscendo anche a rimanere serio, senza avvampare allo sguardo che ricevette dal ragazzo.

Improvvisamente si sentì più coraggioso, aveva chiesto come si chiamava, era un passo avanti. Magari poi gli avrebbe chiesto il cellulare, poi di uscire, poi di baciarlo e …

“Dimmi tu come ti chiami” ribatté quello alzando il mento, dando a quelle parole un tono di sfida mentre sorrideva arrogante.

“Kurt.” Rispose, perdendo tutto quel coraggio con quella semplice domanda, davanti a quel sorriso che uccideva, sia per la sua stronzaggine sia per la sua bellezza. Avvampò.

“Kurt?”

Kurt annuì, inarcando un sopracciglio.

“Sa di checca” fece incrociando le braccia, facendo qualche passo indietro fino a sedersi su di un banco, tutto questo senza mai spostare lo sguardo. Il che preoccupò Kurt.

“Uhm, beh suppongo grazie” scrollò le spalle, girandosi poi per tornare a scarabocchiare, provando a sembrare indifferente, però era teso. Lo si notava dalle spalle, dalla posizione che teneva sulla sedia mentre provava a tracciare una linea sul quaderno, senza che sembrasse avesse avuto dei tic nel momento in cui l’aveva fatta.

“Ci hanno azzeccato a dartelo.”

Non seppe perché lo fece, solo alzò il dito medio e lo indirizzò allo spilungone senza neanche guardarlo. Già che aveva un che di stronzo solo al guardarlo, in più si metteva a dargli della checca in quel modo e non gliel’avrebbe permesso così facilmente. Almeno credeva.

“Non mi sarei mai aspettato un gesto osceno da un ragazzo così puro” ridacchiò quello.

“Non sono poi così puro” mentiva.

Il ragazzo inarcò un sopracciglio e si staccò dal banco, fece un paio di passi e si chinò davanti Kurt, guardandolo serio. “Dimmi, tu sei vergine?” sussurrò facendolo sussultare, s’irrigidì subito a quelle parole. “Ci butto sopra un milione di dollari, saccarina, che tu lo sei” Kurt continuò a guardarlo negli occhi, non gliel’avrebbe data vinta. “Ti vestirai di bianco per le nozze, principessa” sussurrò ancora.

“Ma sta zitto!” sbottò Kurt sbuffando, poggiandosi alla sedia e incrociando le braccia. Quel ragazzo cominciava a irritarlo e se voleva complimentarsi con lui per la voce, dovette ricredersi. Dalla sua bocca non sarebbe mai uscito nulla che avrebbe potuto essere positivo verso quello sfacciato.

 “Ma tu l’hai mai baciato un ragazzo sulla bocca, Kurt?” la voce che uscì da quelle labbra sottili lo fece rabbrividire “qualcuno ti ha mai accarezzato in camera tua, sotto la maglietta, sfiorandoti i fianchi con le dita, senza scarpe?” Le mani di Kurt torturavano le sue stesse braccia nervosamente, il labbro a forza di essere morsicato diventò più rosso e Hummel poteva sentire il sapore ferruginoso del sangue sulla propria lingua. Quei sussurri lo facevano rabbrividire, per quanto desiderasse far qualcosa come sferrargli un pugno o anche solo andarsene da lì -violando le regole-, rimase fermo impalato. “Con la paura di essere scoperto dai tuoi genitori?”

“Vuoi che vomiti qui?” riuscì a mormorare Kurt, non cambiando l’espressione sconvolta sul suo viso.

“Poi buttiamo via i pantaloni” continuava a sussurrare il ragazzo imperterrito “la maglia, i boxer …” ghignò mentre si avvicinava a Kurt per mormorargli direttamente nell’orecchio “e poi di corsa dentro il letto, tutti eccitati dopo aver aspettato una settimana questo momento.”

In quel preciso istante che Kurt deglutiva, il professore entrò nella stanza “Sebastian, torna al tuo posto.”

Il ragazzo, Sebastian, seguì gli ordini dell’uomo e tornò al suo posto, si risistemò le cuffie e, dopo aver fatto un occhiolino a Kurt, che seguitava ad osservarlo, ritornò con lo sguardo fuori dalla finestra.

 

“Scusi, professore, la professoressa Summer le chiede di raggiungerla in biblioteca” fece un inserviente affacciandosi alla classe.

Kurt già sbuffava alla prospettiva di quei minuti con lui e Sebastian da soli nella classe, in cui doveva sorbirsi le sue prese in giro. E lui che pensava che fosse un ragazzo del tutto innocuo. Fece finta di non accorgersi del professore che li avvertiva che sarebbe tornato entro poco, finse di non sentire i passi di Sebastian verso di lui, finse di non sentire la sua presenza dietro di lui, mentre prendeva posto a sedere.

“Come racconterai a mammina e paparino di questa punizione?” chiese Sebastian sghignazzando “li deluderai tanto, principessa.”

“Perché non pensi ai fatti tuoi?” fece Kurt lanciandogli un occhiataccia, prima di tornare a scrivere le frasi di italiano che gli avevano assegnato per casa, che si stava anticipando. Però, senza pensarci, disse “Mia madre è morta, mio padre si è risposato e ho un fratellastro.”

Sebastian si alzò e si fermò in piedi davanti al suo banco. “Oh, ho capito!” esclamò allargando le braccia “Ecco la famiglia di Kurt” incalzò preparandosi, mettendosi in posizione di monologo, si schiarì la voce un paio di volte e poi cominciò: “Dolce, amorevole, delizioso figlio, come stai oggi?” borbottò. “Bene papi, e tu? Bene figliolo! Vieni, andiamo a passeggiare insieme per goderci la vita, vieni anche tu cara con il tuo amorevole figlio. Solo noi e la nostra perfetta famiglia.” Sebastian finse un conato di vomito.

Kurt fece una smorfia abbassando lo sguardo sul foglio. “E la tua famiglia com’è, sentiamo.”

“Oh, questa è facile” ridacchiò Sebastian salendo su una sedia lì vicino. “Stupido, sfacciato, buono a nulla, scroccone, maledetta bestia figlio di puttana, ritardato, presuntuoso, volgare … finocchio!” incominciò con una voce roca e bassa, come a imitare suo padre probabilmente. “Hai dimenticato ignorante e pezzente, brutto e irrispettoso” disse poi con una voce più acuta e femminile. “Seh, seh, vammi a preparare la cena zoccola!” gridò saltando giù dalla sedia, zompando avanti a Kurt, che lo guardava sbigottito, un po’ spaventato ora. “E tu dove vai papà?” chiese Sebastian ad un immaginario padre avanti a sé, indicandolo “Fanculo!  No papà, tu dove vai!?” urlò “Fanculo!” imitò un pugno in faccia e poi, sorridendo, si sedette.

“Non ti credo neanche un po’” fece Kurt, senza mai cedere a quel ragazzo che lo sottometteva con un solo sguardo.

“Ah no?” chiese quello, e quando Kurt scosse la testa, ghignò avvicinandosi per mostrargli una cicatrice, alzandosi la manica sinistra della camicia “non che tu ne possa sapere molto, ma ecco questa cicatrice è della grandezza di un sigaro” fece.

Kurt rimase in silenzio a contemplare la ferita, mordendosi l’interno delle guance. Scostò poi lo sguardo quando Sebastian diede un calcio ad una sedia sussurrando un “vaffanculo”, per poi sedersi e buttare i libri che aveva sul banco, a terra, sbuffando.

 

“Ragazzi, vi prego di rimanere qui buoni, Sebastian non alzarti, rispondo al telefono e torno” disse il professore uscendo.

Kurt lo guardò andarsene, supplichevole: che non lo lasciasse lì con Sebastian, da solo. Sospirò girandosi verso il ragazzo, che come immaginava lo guardava dal suo banco, senza alzarsi stavolta.

“Non hai risposto alla mia domanda prima, saccarina” fece alzando il mento, allungando i piedi fino ad un altro banco per poggiarceli contro.

“Quale domanda?” chiese Kurt confuso.

“Sei vergine?”

“Smettila” lo intimò girandosi, arrossendo un poco ai pensieri poco casti che gli giunsero in mente a proposito di verginità.

“Che c’è, nella tua vita perfetta non hai tempo per pensarci? C’è paparino con i suoi soldi, che ti riempie di regali, la matrigna che ti coccola, il fratellastro che fa il protettivo, hai così tanti amici che probabilmente hai troppo tempo da dedicare a loro e poco da dedicare al ragazzo che vorresti conquistare. Non ne hai mai baciato uno, non sei mai stato toccato come vorresti, perché lo sogni vero? Tutti ti trattano bene, perché lui è Kurt, amorevole gay dichiarato della scuola e …”

“Che ne sai tu della mia vita? Che ne sai tu di mio padre, che si fa il culo per la sua famiglia? Del mio fratellastro che prima di riuscire ad essere protettivo mi allontanava con grida, intimandomi di non toccarlo?” la voce tremolò un poco, prese un bel respiro prima di continuare, senza guardare mai il ragazzo che ora l’ascoltava. “Nessuno sa apprezzare le persone per quel che sono, in questa scuola, lo so io che ogni santo giorno vengo sbattuto ad un armadietto, spinto, preso di getto con delle granite in faccia, ho il bullo personale sai? Mi minaccia, mi ruba il primo bacio e chiama me finocchio, poi continua a spingermi contro pareti come se niente fosse, perché è innamorato di me ma è troppo codardo per ammetterlo a questo schifo di gente” ora la voce rotta da un singhiozzo, lacrime che scendono per le sue guance “non ti ci mettere anche tu, a rendere peggio questo schifo. Rimani in silenzio, manca un quarto d’ora e usciti di qua non ci rivolgeremo più la parola” fece “continua a insultarmi, come vuoi, ti ignorerò finché non arriverai alle mani” continuò poi. Guardandolo si asciugò le guance con la manica.

Il professore fece per rientrare, così i due tornarono alle proprie cose, però si chiuse la porta alle spalle e se ne andò di nuovo. Al che Sebastian incrociò le braccia e ghignò.

“Sei un po’ egoista non credi? C’è gente che sta peggio di te” fece portandosi entrambe le braccia dietro la testa, accomodandosi meglio sulla sedia.

“Sì?” fece ironico Kurt.

“Soffro come soffri tu saccarina, solo che non lo do a vedere. Scommetto che quella catenina te l’ha comprata paparino, eh Hummel? Magari per natale, mh? Sai cos’ho ricevuto io per natale? Una stecca di sigarette. Mio padre me l’ha data e ha detto ‘Tieni Sebastian, fuma!’, mia madre è rimasta a guardare, altrimenti mio padre la picchia, e scusa se ti dico che tu puoi trovare una soluzione. Ad esempio andartene da qua, io ci ho provato: mio padre m’ha preso tutt’e tre le volte” scrollò le spalle con diffidenza e sbuffò, rimanendo in silenzio per i cinque minuti dopo.

Quando Kurt si alzò e si avvicinò a lui, rimase fermo e lo osservò con le sopracciglia inarcate, guardandolo avvicinarsi e sedersi di fronte a lui. Si sistemò sulla sedia, togliendo i piedi dal banco, rimanendo ad osservarlo negli occhi.

“Mi dispiace” sussurrò solo Kurt.

Alzò le mani e gli tolse gli occhiali, posando i suoi occhi cerulei in quelli verdi di lui, piegando un po’ il capo a destra, come per osservarlo meglio. Cercò la sua mano con la propria, l’altro volle scansarla, ma poi se la lasciò afferrare.

Quando Kurt posò un piccolo bacio sul suo collo, sulla mascella, poi sul pomo d’Adamo, Sebastian deglutì e gli strinse la mano.

“Perché l’hai fatto?”

“Perché me lo lasci fare.”

 

“Potete andare, ragazzi, la punizione è terminata.”

Uscirono insieme, con le mani giunte, scesero i gradini dell’entrata e si ritrovarono nel parcheggio, dove si sarebbero dovuti separare per andare a casa. Sebastian lo afferrò per i fianchi, baciandolo sulle labbra, prima un bacio semplice, poi più passionale.

Quando Kurt si staccò, si tolse la catenina d’oro che indossava e la pose in mano a Sebastian, lo baciò un’altra volta, prima di sorridere e andarsene via, pensando che dopotutto non era stato così orribile stare in punizione.

Sebastian indossò la collana, poi si girò e andò per la sua via, alzando il braccio in segno di vittoria.

 

mael

so che nel film ci sono cinque personaggi, sono in una biblioteca e il professore non rimane in classe con loro, però poi non mi piaceva. Ho pensato di mettere San, Britt e non so, Noah o magari Blaine, ma ho preferito lasciare i due come avevo fatto all'inizio. Ovviamente il film in questione, come detto nell'introduzione, è The Breakfast Club, film che adoro. Ci ho messo come al solito tutto l'amore possibile, aww quanto li amo. Hope you enjoyed! <3

Ciàààz!

  
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