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Autore: OloreheriMiriel    26/11/2007    1 recensioni
Un racconto ispirato alle storie del Silmarillion.
Una storia sepolta dai Mari del Tempo: come fu che Sauron, Maia del popolo di Aule, divenne prima alleato, poi servo ed infine allievo del possente Melkor.
Un incompiuto che ha passato anni a prendere polvere nel mio PC- che questa sia la volta buona per dare pure a lui una degna conclusione?
E' vietato inserire il doppio tag br nelle introduzioni,
Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Generale, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sauron, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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LA SCELTA DI MELVALON

All'inizio del tutto, quando il tempo era giovane ed il Mondo appena creato, i più grandi tra gli Ainur decisero di scendere in esso, e seguendo loro, molte altre creature di eguale natura ma potere minore decisero di prendervi dimora. In seguito i Figli di Illùvatar chiamarono i primi Valar (i Potenti), ed i secondi Maiar (i Belli).
Quando Valar e Maiar si trovarono insieme riuniti su Arda allora deserta, ciascun Maia scelse un Vala e lo volle qual signore e guida, poiché a questi si sentiva affine, in mente, arte e temperamento. Cosi i Maiar furono il popolo dei Valar, e la costruzione di Arda ebbe inizio...

Quanti fossero allora e sono tuttora i Maiar nessuno lo sa con certezza- nemmeno il più saggio tra gli Eldar-, poiché non tutti si rendono visibili, ed anche tra questi solo ad alcuni è stato dato un nome.
Nei tempi antichissimi tra i Maiar dl Aule il Vala, vi erano alcuni che spiccavano in bravura. Di questi era Curumo detto tale per la sua abilità, che era brillante di mente quasi quanto svelto di mano; ma più di lui lo era Melvalon, che amava tutto ciò che era grande e maestoso, ed era considerato il migliore tra tutti i Maiar del Vala Artefice.
Questi era il più prolifico e originale, instancabile nelle sue fatiche e nel suo viaggiare. Sempre alla ricerca di forme nuove e più belle, lasciava spesso i Luoghi Abitati avventurandosi nelle terre intorno, al tempo buie e desolate. Da quel nulla deserto che vedeva, la sua mente concepiva per contrasto idee di cose stupende, allora si affrettava a far ritorno alla sua dimora, e tosto si apprestava a metterle il atto. Melvalon era conscio del suo genio, amava stupire e ricevere la lode altrui, cosi si sforzava di concepire opere sempre maggiori superandosi spesso ed accrescendo la propria abilità; andava orgoglioso del suo lavoro ma non era ambizioso, almeno non all'inizio, amava Aule di sincera devozione e considerava la propria opera quale parte di un tutto, volta ad elevare la gloria di Illùvatar proclamata dal Canto. Erano in molti a lodarlo, non solo tra i suoi pari, eppure cominciava a non sentirsi più appagato, il cuore gli pesava e col tempo l'arte della creazione non lo allietava più.
Melvalon costruiva e si impegnava per amore di Aule suo Signore, ma gli pareva che questi non gli badasse abbastanza e non gli rendesse l'attenzione meritata, e questo lo frustrava. Comincio ad evitare le compagnie, divenendo taciturno e riservato, pensava ad un opera grandiosa all'altezza dello stupore di un Vala, sapeva di esserne in grado cosi aspettava la sua occasione; la sola idea che qualcuno potesse carpire anche una parte dei sui progetti lo ossessionava: diveniva scontroso, geloso e possessivo del suo operato, le distese desolate intorno ai Luoghi Abitati le divenivano sempre più care, la compagnia dei suoi pari e a lieteza degli Ainur le erano ormai opprimenti, si sentiva circondato da gente che veramente non lo comprendeva, e l'unica creatura di qui cercasse la lode lo trattava come un altro qualunque, e non lo considerava.
Gli occhi di Aule non vedevano l'ombra di questo malessere, ma altri occhi erano attenti a quanto accadeva alle genti dei Potenti. Fu cosi che Melkor dalle sue regioni noto il Maia errabondo tra le ombre di Arda, e col tempo ascoltando in silenzio le parole che questi confessava a se stesso, capi cos'era a tormentarlo. Stette a lungo a sorvegliarlo, ed ogni volta ne era sempre più ammirato, leggeva a tratti i suoi pensieri senza che questi se ne accorgesse, e vi scovava ogni volta idee brillanti. Andava convincendosi sempre di più, che se veramente Aule teneva in poco conto una simile mente, allora era proprio uno stolto, Melvalon era sprecato al servizio di quel suo pari: il migliore tra i Maiar doveva essere al fianco del più grande tra i Valar; Doveva avvicinarlo e farlo suo, egli doveva passare dalla sua parte.

Il peso del malcontento accumulato nel tempo portava il passi di Melvalon il Maia sempre più lontano dalle pallide lanterne dei cortili di Aule: cosi egli per la prima volta volle attraversare l'Oceano; tocco le terre d'Oriente in qui prima di allora non era mai stato, e si perse. Lontano dai Luoghi Abitati, vagava tra le ombre indistinte e nel suo cuore si affacciava il timore. Aveva cercato a lungo ed invano la via del ritorno senza trovarla, e fu allora che da lontano intravide una fievole luce.
Quelli erano tempi remoti, Valinor non esisteva e gli Alberi ancora non erano nati, Utummo la buia e terribile non era ancora stata scavata, Melkor non aveva dimora su Arda ed il suo Male non era ancora cosi grande da incupirli il cuore ed offuscarli la persona, cosi egli ancora splendeva. Si era ritirato dopo la Discordia, ma ancora calcava la Terra di tanto in tanto, vagando furtivo nelle Terre Orientali, sorvegliando i Potenti e portando un mantello di tenebra pura per offuscare se stesso e non farsi notare.
Fino a quel momento Melkor il Vala aveva pensato al modo migliore di mostrarsi alla fonte delle sue attenzioni, ma temeva che questi vedendolo, più che avvicinarsi gli sarebbe fuggito. Era infatti fuor di dubbio che, per evitarsi problemi soprattutto dopo la Disputa, i suoi diligenti fratelli non si fossero risparmiati di raccomandare ai loro di stargli ampiamente alla larga,. Avrebbe dovuto impegnarsi a creare una tale situazione, da non lasciare a Melvalon altra scelta che starlo a sentire, ed indurlo con buone parole a capire le proprie pretese, ed acconsentire di sua volontà. Fu quindi con piacevole sorpresa che si accorse, appena ridisceso su Arda, che il Maia tanto cercato si trovava nei "suoi territori", e gli stava venendo incontro, senza accorgersi di dove andava. Non poteva perdere quell'occasione e per evitare che la preda deviasse, con astuzia ne incantò il cammino, tessendo illusioni e costruendo false ombre, tracciando una via che lo portasse a se. E quando alla fine Melvalon giunse, il Vala si mostrò, splendido e maestoso, vestito di grigio e radioso argento.
Stava su un'altura, eretto in tutta la sua statura, il mantello di tenebra gli pendeva da una spalla e ricadde ai suoi piedi non appena si volto...
«Guarda, guarda cosa abbiamo qui....»
Falsamente sorpreso nel vederlo arrivare, Melkor finse in principio di non conoscerlo affatto, e dal alto dello scoglio in cui si trovava lo fisso freddamente con due occhi di sospetto.
«Sei forze una spia d'Occidente tu? Manwe il Prudente non si sente tranquillo?» Parlava con tono pacato, scandendo lentamente le parole, non poteva fare altrimenti di cosi, qualunque ricevimento troppo cordiale da parte sua avrebbe insospettito chiunque, soprattutto se l'incontro in questione doveva sembrare puramente casuale.
Dal suo canto il Maia stava fermo e ammutoliva, nella stessa posizione in qui si trovava appena giunto. Diviso tra timore e ammirazione, aveva all'istante afferrato chi era colui che si trovava davanti: non era una fatica riconoscere Melkor, e questi non si era sbagliato pensando avvisi e restrizioni nei suoi confronti. Difatti Melvalon stava davanti all'unico essere che doveva evitare, ed il pensiero dell'infrazione già lo angosciava. Solo, perduto e lontano dai suoi pari non trovava vie d'uscita per fuggire a quel potente, non poteva restare impietrito per sempre.
E soprattutto non poteva non rispondere.
«Non sono una spia Potente Signore...» gli usci d'un tratto in un fil di voce «e non è Manwe Sùlimo il mio padrone. Sono un Maia delle genti di Aule, ed in queste Terre d'Oriente mi sono perduto...»
A quelle tremule parole Melkor arriccio il labbro il un lieve sorriso disteso, e l'atro poté distendersi poiché l'espressione del primo era meno temibile di prima, si era ripreso il mantello e lo guardava in tono più rassicurante.
«Dunque non sei una spia, almeno cosi mi dici» parlava di nuovo Melkor, con parole lente e voce greve «Ma ugualmente non comprendo cosa possa portare uno della tua stirpe cosi lontano dai suoi congiunti...»
Ed a questo punto Melvalon dovette decidere cosa rispondere: la verità poteva essere rischiosa, ma una bugia affrettata poteva esserlo ancora di più; non gli conveniva ingannare quel Potente, soprattutto nella sua situazione, era saggio affidarsi alla sua bontà, ammesso che ancora ne avesse...
«Le mie idee e le mie creazioni le concepisco nei Luoghi Lontani» si decise e rispose in fretta. Noto allora, con visibile sollievo, che il radiante ascoltatore sembrava aver gradito la sua risposta, qualunque segno ostile scompariva dal suo volto, che sembrava sempre più quello di qualcuno che ha appena scoperto qualcosa di gradevole in un luogo inaspettato.
«Cosi un pulcino di Aule che si affaccia nel ampio Mondo!» disse poco dopo il Vala scendendo lentamente la collina «Decisamente raro e prodigioso, Fino ad ora ero convinto che nessuno tra i Maiar potesse mai lontanamente pensare di perdere di vista il proprio capo, e tanto meno di viaggiare tanto lontano in cerca dell'ispirazione. Devi senz'altro essere un caso più unico che raro, una delle piccole lucine nell'immensa creazione di Eru. Di solito quelli che cercano il sapere al di la della cerchia degli altri, lo fanno perché la fiamma loro è più grandiosa, e la conoscenza concessagli è maggiore. Mi immagino che sarai stimato, con un'abilità fuori dal comune» e dicendo questo gli si pose davanti.
Si zitti un attimo, poi domando:
«Aule ti riempie di onori?» e questa domanda la fece con tono strano, quasi a mal celare una maligna ironia che conosceva la risposta a prescindere dall'altro. Ma Malvalon non se ne accorse, era di nuovo agitato e gli occhi di Melkor erano fermi su di lui e lo fissavano intensi;
«Il mio signore mi stima, ed e lieto del mio operato» riuscì a balbettare abbassando lo sguardo, che più non sosteneva quegli occhi di oro rovente.
Melkor allora comprese di aver spinto un po' troppo la mano, il Maia era si frustrato ma non ancora forte per ribellarsi, troppo intimorito da lui e troppo fedele ad Aule. Non voleva irretirlo col timore o l'inganno, e quindi avrebbe atteso. Aveva compreso i suoi pensieri ed i suoi desideri e sapeva che maturando lo avrebbero cercato.
«Ma come sei sincero mio giovane Ainu!» Melkor parlo di nuovo, e la sua voce aveva ancora un tono diverso, quasi amorevole: «parli poco, ma il resto di te dice più di quanto non dicano le tue parole. Ignoro che ti abbiano detto gli altri Potenti, ma non ti ho affatto aggredito e tanto meno ho intenzione di farlo. Ma non mi credi, giusto?»
Il Maia gli rispose con un soffio «No, no è vero Signore... voglio dire, vi credo», e udito questo Melkor fece qualche passo indietro e ridacchio: proprio in quel momento si era ricordato di una cosa, ed una idea alquanto astuta gli era nata nella mente.
«Meno male» prosegui, camminando avanti e indietro «Stando cosi le cose potremmo anche separarci in pace, ma vedi, proprio a causa di questo incontro potrebbero sorgere grossi problemi: come certo saprai mio saggio Maia, io in teoria non dovrei trovarmi qui, se lo sapessero, i miei dotti fratelli non ne sarebbero molto felici, come prevedibile mi muoverebbero contro, e scoppierebbero parecchie discussioni che per il momento preferirei evitare...»
Melvalon continuava ad ascoltare ed era sempre più disorientato, il discorso in se era coerente ma non comprendeva dove andasse a parare, Melkor sembro leggere la sua espressione perché proprio in quel momento si fermo e riprese: «E qui che entri tu, mio prodigio di Ainu: ti sei perso, cosi mi hai detto, e perso com'eri per caso mi hai scoperto. Ora il caso vuole che io conosca la strada che ti serve, e potrei volentieri indicartela se in cambio tu mi cedessi il tuo silenzio»
Al Maia in quel momento fu subito tutto chiaro. Melkor lo teneva in pugno ed anche se sottilmente intendeva usarlo per salvarsi, e lui non lasciava scelta: si era affidato alla sua benevolenza e questi gliela offriva a modo suo, guadagnandoci. Un patto con Melkor era ancora più grave che il solo incontrarlo, ma lui si trovava a scegliere tra la propria perdizione ed il basso tradimento, perché in fondo quel Potente era il nemico del suo signore. Se avesse rifiutalo, sarebbe rimasto li per chissà ancora quanto tempo prima di ritrovare la strada da solo, ma in entrambe le due possibilità a guadagnare comunque sarebbe stato Mekor: privi della sua persona o privi della sua parola i Valar in ogni caso non avrebbero saputo del loro infido fratello che gli spiava. Ma dopo tutto quel tempo passato in quei luoghi ostili, lontano dai suoi pari, cominciava a desiderare le loro voci come ormai non accadeva da tempo; aveva la via d'uscita davanti a se... ma questa gli costava il tradimento!
Melvalon tardava a rispondere, esitava, e Melkor continuava a camminare avanti e indietro ai piedi della collina.
«Non ti metterò fretta, hai tutto il tempo che vuoi. So già a cosa stai pensando: me stesso o il mio signore?» parole pronunciate quasi a caso, che cadevano come sassi in uno stagno già turbolento. Se stesso o il suo signore, Melvalon continuava a pensare, lealtà o tradimento; ma in fin dei conti disperso in terre ombrose sarebbe stato di sicuro meno utile che presente nei Luoghi Abitati, anche per lo stesso Vala Aule...
«Indicatemi la via Potente Signore, ed io scorderò di avervi mai incontrato» fu in fine la sua risposta. Pienamente soddisfatto, Melkor sorrise candidamente come non gli sarebbe più successo per lunghissimo tempo, era sinceramente felice ed il suo aspetto ne guadagnava in splendore. Con fare maestoso e altero smise di camminare, e da dove si trovava alzo lentamente il braccio destro indicando un punto all'orizzonte.
«L'Occidente che cerchi si trova da quella parte, e prima del Occidente i Luoghi Abitati. Puoi salire sulla collina per trovarli tu stesso se non mi credi, ma ti consiglierei di affrettarti a tornare, poiché da ciò che ho visto, laggiù si prepara qualcosa e credo che ci terresti a prenderne parte»
Gli occhi di Melvalon puntarono in quella direzione, dopo tornarono su Melkor ma questi era scomparso, ed un ombra veloce e furtiva si allontanava sopra la pianura. Sali sulla collina e puntò ad Occidente, dove poté trovare e riconoscere i Luoghi Abitati. Discese in fretta infiammato d'euforia e comincio a correre, percorrendo rapidamente la pianura, cosi raggiunse Oceano, lo attraverso e fu di nuovo a casa.
Melkor aveva mantenuto la sua promessa, ed egli avrebbe mantenuto la sua.

  
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