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Autore: ScleratissimaGiu    08/05/2013    3 recensioni
Madeline, una bambina, il giorno del suo undicesimo compleanno decide di abbandonare il suo amico immaginario, Pierre.
Ma, a quanto pare, Pierre non la prenderà troppo bene.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Madeline è una bambina perfettamente normale: mangia, dorme, va a scuola.
Niente nella sua vita fa presagire che abbia qualcosa di speciale: non ha spessore né nella vita della sua classe, né in quella domestica.
Qualcuno dice che sia pure strana, ma lei non si cura delle chiacchiere: primo perché non parla con nessuno, secondo perché non avrebbe senso protestare contro la maggior parte dei suoi conoscenti (e parenti).
Non le importa di nulla, di nessuno, non dà fastidio in classe, non si siede scomposta e mangia come si conviene.
La sua vita è tanto piatta quanto i muri delle pareti di casa sua: bianchi, monotoni, tristi.
Questa bambina innocua è il centro di una storia che, personalmente, non riesco ancora a spiegarmi, benché ne sia stato testimone con i miei occhi.
Chi sono io?   Oh, io conto quanto basta per far crollare posizioni politiche e amministrative, e conto così poco che qualcuno ci prova gusto a mettermi i piedi in testa continuamente.    
Sono l’ispettore John La Cartier, e sono stato incaricato di seguire il caso Madeline Fox.
Era il 18 dicembre 1998 quando Madeline, ancora undicenne, usciva dalla scuola per tornare a casa.   
Era ancora molto giovane, ma in una cittadina piccola come la sua non c’erano pericoli: tornava a casa da sola tutti i giorni, ed era abituata a macinare molti metri a piedi senza nessuno con cui parlare.
Quand’era piccola, diceva sua madre, aveva un amico immaginario che si chiamava Pierre, ed era il suo “migliore amico”: se lo portava dappertutto, ci parlava sempre insieme e a tavola si apparecchiava anche per lui.
I genitori non ne erano sorpresi, perché molti bambini inventano degli amici che siano per loro un rifugio, che non li lascino mai.
Pierre era scomparso il giorno dell’undicesimo compleanno di Madeline, che gli aveva detto “stai tranquillo, amico mio. Prometto che staremo di nuovo insieme”.  
Madeline era molto dolce e ingenua, ma credo che Pierre fosse l’unica cosa su cui non si fosse inventata nulla.
Dicevo, tornava a casa sola, ma il freddo era molto pungente e le arrossiva violentemente le guance.
Era tornata a casa con un po’ di tagli nelle mani, e disse a sua madre che era stato il freddo a procurarglieli.
Nessuno si era preoccupato, anche perché era una cosa più che normale; anzi, sarebbe stato strano se fosse tornata a casa con la pelle calda e perfetta.
Ma non è questo il punto.
Quella notte iniziarono i rumori: colpi molto forti, urla, schiamazzi, pianti, risate, parole sussurrate, graffi sulle pareti.
I signori Fox, all’inizio, pensarono che fosse la loro figlia maggiore, Alicia, a produrre i colpi e li schiamazzi in generale.  
Era giovane, aveva voglia di divertirsi e quindi di fare rumore.
All’inizio la povera Alicia fu costretta a prendersi le colpe, perché i genitori non trovavano altre spiegazioni razionali.
Dopo qualche tempo i rumori cessarono così come il grande freddo di quella stagione.   
Alicia fu libera dalle sue presunte colpe e poté tornare a uscire con i suoi amici senza doversi preoccupare.
Passarono un paio di mesi, e venne la primavera; la sua temperatura mite era una gioia per gli abitanti, che adesso cominciavano a fare passeggiate a piedi sempre più spesso.
Le vacanze invernali finirono, e Madeline dovette ritornare a scuola.
Adesso era più piacevole tornare a casa per lei, perché il clima era notevolmente migliore e non le impediva di fermarsi ogni tanto a contemplare i giardini delle belle case nei grandi viali.
Quel giorno del 20 maggio si era fermata a guardare la casa diroccata in London Boulevard.  
Era bella grande, certo, ma messa parecchio male: i muri esterni, oltre ad essere scrostati, erano mezzi crollati e lasciavano vedere la devastazione che permaneva all’interno.
Quel giorno, tra le macerie e la polvere, quel giorno Madeline vide qualcosa.  
Non era riuscita a riconoscerlo subito, a causa del buio, ma poi era venuto avanti e lei aveva capito.
-        Pierre, sei tu?- aveva gridato la bambina.
Era solo una massa d’ombra, con una sagoma poco pronunciata, ma lei era più che sicura che fosse il suo amico immaginario che aveva abbandonato qualche mese prima.
-        Pierre, rispondimi!
E poi successe per la prima volta.
La sagoma guizzò in avanti verso di lei alla velocità della luce, così veloce che nemmeno Madeline riuscì a scostarsi, e le tagliò un po’ la mano, come le era successo quell’inverno.
Era corsa via, dritta verso casa, senza mai voltarsi.
La mamma le aveva chiesto come si fosse fatta quei tagli, e lei aveva risposto che era stato Pierre, che stava nella casa diroccata in London Boulevard.
E fu allora che mi chiamarono.
Arrivai subito, perché era un fatto davvero curioso per me; poi, avendo dei figli, presi quella situazione subito a cuore.
Fui introdotto nella casa dalla signora Fox, che mi spiegò subito con tutti i dettagli la situazione.
Dopo un resoconto (fin troppo) dettagliato, dichiarai che sarei andato a parlare con la bambina.
La trovai nella sua cameretta, che faceva un disegno.   
Era del tutto assorta, non si era nemmeno accorta che ero entrato… o si?
-        Ciao, - dissi gentilmente- sono John.
-        Ciao, John. Come va?
Rimasi un po’ sorpreso, soprattutto perché non aveva staccato gli occhi dal foglio nemmeno per un secondo, e aveva parlato in tono neutro, senza sorpresa o spavento.
-        Bene, sto bene. E tu come stai, Madeline?
-        Bene. Sei qui per parlare di Pierre, vero?
Ancora una volta mi aveva spiazzato: era una bambina parecchio strana, quella.
-        Già. Da quanto tempo conosci Pierre?
-        Da tutta la vita. Lui era qui prima che mamma e papà arrivassero e nascesse Alicia. Stava con altre persone, ma non gli piacevano.
-        Ti ha detto chi sono e come mai?
-        Diceva che si chiamavano Berkley, mi pare. Erano molto maleducati, perché gli lanciavano i piatti e i bicchieri, e lo picchiavano. Lui aveva paura.
-        E ti ha detto com’è finita con loro?
-        Male, mi ha detto. Loro se ne sono andati, ma Pierre è andato da un’altra parte, molto lontano da loro.
Tutta quella conversazione mi suonava assurda, ma aveva qualcosa che mi convinceva: la bambina aveva smesso di disegnare e mi aveva guardato per tutto il racconto, e non aveva mai esitato. 
Ora, dovevo porre la domanda cruciale.
-        Madeline, sai dirmi che aspetto ha Pierre?
-        Lui non assomiglia a niente, e tutto nero. È una grande figura nera, una grande ombra. All’inizio avevo paura, ma poi siamo diventati amici.
-        Si è mai arrabbiato con te?
-        Sì, una volta sola. Ma lui non è cattivo, non lo è.
-        Madeline, perché si è arrabbiato?
-        Perché gli ho detto che ero troppo grande per giocare ancora con lui. E lui si è arrabbiato, la notte faceva sempre tanto rumore e Alicia prendeva la colpa. Però era lui.
-        Ti ha mai fatto male?
Madeline aveva smesso per un attimo di guardarmi, e guardava il suo disegno. 
Capii che c’era qualcosa di strano in tutto quello che mi stava raccontando, ma non nel senso che stava mentendo.  Probabilmente aveva asserito tutta la verità.
Posai a mia volta lo sguardo sul disegno, e non so dire che sensazione provai quando capii di cosa si trattasse.
C’era una bambina, che presumo fosse Madeline, che teneva per mano una grossa cosa nera, con gli occhi tutti rossi e le dita lunghe.
Madeline guardava quella “cosa” con occhi insicuri, imperscrutabili, misteriosi quasi.
-        Pierre?- chiesi indicando la parte nera del foglio.
Annuì.
-        Perché ha gli occhi rossi? Non ti fanno paura?
-        Tanta. Ma dice che è una specie di punizione.
-        Per che cosa?
-        Per la sua mamma e il suo papà. Rimarrà così per sempre.
-        Madeline, te li ha fatti lui i tagli?
Annuì ancora, più debolmente.
-        Perché era arrabbiato?
-        Sì, perché anch’io l’ho abbandonato.
Restai in silenzio, continuando a fissare il foglio.
Non so cosa mi desse di più i brividi, gli occhi di Pierre o il fatto che la bambina lo teneva per mano.
-        Grazie, Madeline. Ricorda, se mai avessi bisogno d’aiuto, per qualunque cosa, chiamami. In ogni momento, davvero. E voglio che mi tenga aggiornato su quello che fa Pierre, intesi?
Altro cenno del capo.  Le feci una carezza e uscii dalla sua stanza.
Andai alla vecchia casa diroccata e la feci ispezionare da cima a fondo, ma la cosa più interessante che trovarono furono macchie incrostate, e una scritta sul muro: Sangue.
“I soliti teppisti” aveva mormorato qualcuno. 
Non avendo niente di concreto per le mani, tornai a casa e mi misi a dormire.
Alle tre fui svegliato dalla suoneria del mio cellulare, che diceva che mi stava chiamando un numero privato.
Risposi, e credo di essere l’unico, a parte Madeline, che possa sostenere di aver parlato a Pierre.
-        Pronto, - dissi, con la voce tutta impastata.
-        Pronto, - dissero dall’altra parte, una voce roca e quasi maligna, che m’incuteva una grande soggezione.
-        Chi parla?
-        Oh, io ho avuto tanti di quei nomi… ma tu, tu puoi chiamarmi Amico.
-        Che cosa vuoi?- quasi urlai, ormai sveglio del tutto.
-        Parlare, informarti.
-        Di cosa? Di che vuoi parlare?
-        Del fatto che tra venti punto quattro minuti troverai il cadavere di una bambina straziato e mutilato, per esempio.
-        Cosa?
-        Oh, ma non è che l’inizio, caro John. Ho tante di quelle cose da raccontarti… la vuoi sentire la mia storia, John? È una storia molto interessante, sai.
-        Sai chi sono io.
La mia non era una domanda.
-        Esatto, John. Ma ti voglio raccontare la mia storia. La vuoi sentire?
-        Sì.
-        Certo, che la vuoi sentire. Beh, sono nato tanti anni fa, si può tranquillamente dire che sono uno dei padroni dell’universo. Non ho avuto genitori o parenti con me. Ero sempre solo, solo e triste. Non sono stato mai tanto giù a casa mia, perché non avevo amici, così ho vagato per migliaia di anni… finché ho conosciuto una famiglia parecchio solitaria, in una casa. Sono stato un po’ con loro, ma non erano gentili con me, e purtroppo finì male, tu sai come, lo so. Ho gli occhi di sangue per le loro morti. Sono stato io che li ho uccisi, perché non potevo più sopportare che mi facessero del male.  Ma poi, ho conosciuto un’altra persona, con cui ho passato davvero molto tempo. Poi un bel, giorno, mi dice che non può più stare con me perché è troppo grande…
Avevo capito, non c’era bisogno che andasse avanti.  
E avevo paura di aver capito anche di chi fosse il cadavere della bambina.
-        Mi stai ascoltando John?
-        Tu sei Pierre, vero?
-        Te l’ho detto, io ho avuto tanti di quei nomi… lasciamo stare, però.
-        L’amico immaginario…
-        Sì beh, immaginario lo ero solo per lei: io sono reale, come lo è il fuoco, come lo è l’acqua e tutto il resto.
-        Perché allora? Se le volevi bene…
-        Certo che gliene volevo. A modo mio. Io faccio sempre tutto a modo mio, e lei era l’unica che stava con me, poi ha deciso di andarsene.
-        Dov’è?
Smise di parlare per un attimo, poi sentii la sua risata leggera e mi rispose.
-        Alla casa diroccata. Vacci con qualche agente, avrai bisogno di parecchio aiuto.       
Era al secondo piano, completamente straziata: dita, orecchie, naso, gambe, quasi tutto.            
L’ultimo gesto fatto prima di morire è stato tracciare col suo sangue una stella satanica sotto la scritta Sangue.
  
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