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Autore: sweetangel95    09/05/2013    4 recensioni
Una storia ispirata a MAMA. Al video. Alla storia. Alla canzone.
"Dobbiamo trovarli, prima che sia troppo tardi!"
"No. Non possiamo. Non è ancora arrivato il momento..."
"E invece lo faremo! Non possiamo continuare ad andare avanti così! Accadrà una catastrofe se non fermiamo tutto questo!"
"Accadrà una catastrofe se non teniamo fede al nostro patto! Andrà tutto in frantumi..."
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"Il tempo sfugge. L'oscurità avanza..."
Riusciranno a sconfiggere l'oscurità?
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Darkness















19-04-1990 *Seoul*



La notte fredda calò sulla città, avvolgendo ogni cosa che trovava sul suo cammino e lasciando dietro di sè una scia di gelo, silenzio e buio.



Non c'è più tempo. Il buio sta inghiottendo tutto... Il tempo sfugge. L'oscurità avanza...



Sbrigati! Svegliati! Ritorna indietro! Presto!


"... Chi sei?" sorpreso dalla parole che rimbombarono all'improvviso nella sua testa, si bloccò in mezzo alla strada, cercando la sorgente di quella voce stranamente familiare... Era una domanda che non era più abituato a porre da tempo immemore ormai, ma gli parve spontanea in quell'occasione.



Svegliati!



"Cosa...?" si guardò intorno, non capendo da dove provenisse la voce...


Non c'è più tempo!


"Chi sei? Dove sei?" iniziava a spazientirsi... Di pazienza ne aveva davvero poca e di sicuro non era in vena di scherzi. "Esci fuori!"


Torna indietro!


"Cosa vuoi!?" Si girò minaccioso verso la voce, che questa volta sentì chiaramente alle sue spalle, ma non vide nessuno.


Era buio, ma nessuna di quelle ombre che lo circondavano accennava alla presenza di qualcuno. Si ricordò che era solo. Normalmente nessuno girava per le strade a quell'ora, non più in quella città. Le luci soffuse dei lampioni illuminavano la strada a tratti, il tanto che bastava per permettergli di essere sicuro che non ci fosse nessuno nei paraggi. Eppure... quella voce... Era sicuro di averla sentita. Non era un'allucinazione; era vera. Come poteva esserne così sicuro? Non lo sapeva. Era solo una lieve sensazione dopotutto; non era nemmeno sicuro di aver compreso cosa gli avesse detto, ma qualcosa gli diceva che era concreta.


Si guardò intorno più volte prima di decidersi a continuare il cammino verso casa. Non c'era nessuno, nemmeno l'ombra di un essere vivente, nemmeno un suono, una voce; persino il vento pareva non osare infrangere la quiete di quell'oscurità...


Vagò per le strade della città, immerso in quel mondo silenzioso e freddo, solitario, di cui ci aveva ormai fatto l'abitudine, camminando verso quella che per lui era la cosa più simile a un riparo; una casa.


Un silenzio, un freddo che piano piano avevano marchiato il suo carattere, sopprimendo l'allegria un tempo tanto raggiante e calorosa, rendendolo sempre più chiuso e taciturno. Una solitudine che gli aveva congelato cuore, trasformandolo in un involucro duro, freddo e insensibile... come se fosse ricoperto da una patina di ghiaccio, impenetrabile.


Si convinse che fosse stata solo un'allucinazione. Ormai in quel mondo non c'erano più suoni che lo raggiungessero, non c'era più calore che lo toccasse, non si aspettava più di trovare niente, nessuno che lo chiamasse...


Già, ormai erano settimane, mesi, o forse anni, che nessuno chiamava più il suo nome; nessuno lo cercava. Avevano tutti altro da fare, la loro vita da "vivere", così come lui aveva la sua "vita" -se si poteva definire tale- da portare avanti. Aveva perso l' identità di sè, non ricordava più nemmeno chi fosse, cosa ci facesse in quella città, quale fosse il suo scopo; non ricordava più nemmeno di essere triste, solo e alla ricerca di qualcosa.


Il freddo e la solitudine l'avevano divorato dall'interno, scavando dentro di lui, erodendolo, svuotandolo e rendendolo incurante di tutto, passivo, proprio come un guscio vuoto.


Che importanza avevano il suo nome o la sua provenienza quando non c'era nessuno a cui interessavano? Fin quando non ci fosse stato qualcuno a prestare attenzione a quelle informazioni, erano praticamente inutili.













"Dobbiamo trovarli, prima che sia troppo tardi!"


"No. Non possiamo. Non è ancora arrivato il momento."


"E invece lo faremo! Non possiamo continuare ad andare avanti così! Accadrà il finimondo se non fermiamo tutto questo!"



"Accadrà il finimondo se non teniamo fede al nostro patto! Andrà tutto in frantumi."



"Ma ....."



"Kai, lo so che è dura... Ma dobbiamo resistere. Ci manca poco, ne sono sicuro. Quindi, aspettiamo ancora un po', va bene?"


Interruppe la connessione senza lasciare nessuna risposta. Non aveva voglia di discutere in quel momento, era stanco.


"Già... tanto ho già aspettato per tutto questo tempo, posso resistere, no? Quanto esattamente?" rise istericamente. 'Quanto'... Che significato poteva avere 'quanto', quando il tempo non aveva più valore?


Si sentiva ogni giorno più stanco, le forze stavano diminuendo. Doveva fare in fretta, prima che l'oscurità le inghiottisse del tutto, ma non poteva... Non ancora.


Quel "non ancora" che lo aveva costretto ad aspettare per un tempo indefinito... un tempo che scorreva confuso, caotico; non sapeva più nemmeno cosa fosse ciò che una volta definiva con quel termine tanto familiare ed usuale, ormai insignificante. Quel "non ancora" che gli impediva di agire, che lo condannava tuttora all'attesa senza fine, pareva non fosse destinato ad avere una conclusione. Non sapeva quando sarebbe finita ed era proprio ciò che lo tormentava di più.


Era sospeso tra due mondi, i cui confini si toccavano, collidevano l'uno con l'altro, ma non si percepivano. Erano ignari l'uno dell'esistenza dell'altro. Due mondi che si assomigliavano come riflessi in uno specchio, ma allo stesso tempo diversi e incompatibili. Due mondi ormai vuoti, abbandonati. Non c'era più vita...


Quando le dodici forze crearono i due mondi simili ma allo stesso tempo totalmente differenti tra loro, avevano immaginato l'inizio di una nuova Era, una nuova storia che sarebbe sbocciata come il fiore più bello e splendido mai esistito, ma qualcosa andò storto, tradì i loro piani. Un ente oscuro, sconosciuto, iniziò a minacciare quello che avrebbe dovuto essere un nuovo inizio prosperoso. Cominciò ad insinuare diffidenza e paura tra le dodici forze, allentando il loro forte legame, rendendoli sempre più deboli e vulnerabili.


Piano piano iniziò ad assorbire le loro energie vitali, una ad una, tramutandole in nuova massa oscura che iniziò a crescere sempre di più, fino a espandersi e a inquinare entrambi i mondi. Le forze si videro costrette ad abbandonare le loro dimore, a sparire per sempre, o almeno fin quando non sarebbero più state un pericolo per i loro mondi.


Solo loro due erano rimasti. Lui che controllava lo spazio, poteva teletrasportarsi da un luogo all'altro con un semplice schioccare di dita, divenendo così immune alla morsa dell'oscurità. Aveva ricevuto il compito di guardiano, doveva sorvegliare i confini e tenere d'occhio la massa oscura finchè le altre forze non fossero tornate, perchè sarebbero tornate e si sarebbero riuniti, tornando ad essere Uno, proprio come al principio, e avrebbero liberato i loro mondi dalla forza malvagia che vi albergava.


Ma quando, quando sarebbero tornate? E dove erano in quel momento? Non lo sapeva. L'unica cosa che poteva fare era avere fiducia ed aspettare, ma in quell'interminabile attesa diventava, giorno dopo giorno, sempre più debole. Ogni volta che usava i suoi poteri per teletrasportarsi, sentiva l'oscurità afferrare una parte di sè, risucchiando quella piccola percentuale di forza vitale che riusciva a captare: stava diventando sempre più forte. Aveva inghiottito ogni centimetro di terra, risucchiato ogni forma di energia vitale, lasciando disperazione, morte e distruzione ovunque passasse.


Kai non sapeva fino a quando avrebbe resistito. La paura e l'impazienza crescevano giorno dopo giorno, proprio come la solitudine, anche se in realtà non era propriamente solo, ma spesso dimenticava quella presenza con cui poteva comunicare in qualunque momento, la sua forza corrispondente nell'altro mondo. Erano collegati da un legame speciale, un legame che estendeva le proprie radici nell'essenza delle loro fonti vitali, accomunate da una stessa natura.


"AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!"


Urla strazianti, di dolore gli perforarono i timpani, martellando laceranti nella testa. Era successo qualcosa di inaspettato, aveva commesso un errore, non avrebbe dovuto abbandonarlo nel mezzo della conversazione, non avrebbe dovuto lasciarlo solo.


"K-KAI! SCAPPA! AAAAAAAAAAAAAAAAH!"














09-03-2008 *BeiJing*


Beep Beep Beep Beep

La sveglia digitale che segnava le 06:30 suonò a vuoto nella stanza di LuHan. Aveva già lasciato l'appartamento e si stava dirigendo verso l'università. Era un genio che all'età di 18 anni aveva già completato tutto il percorso di studi, conseguendo diverse lauree,tra cui quelle di psicologia e chimica e ora stava per ricevere la sua terza laurea in fisica quantistica. Le proposte di lavoro arrivavano da tutte le parti del mondo e tra le numerossisime offerte che aveva ricevuto, c'era un invito dalla Hefei National Laboratory for Physical Sciences, uno dei laboratori più sviluppati nella fisica quantistica del mondo. Tra le varie ricerche e sperimentazioni della Hefei c'era un argomento che aveva particolarmente attirato l'attenzione di LuHan: il teletrasporto. Una istantanea trasmissione di informazioni da un punto ad un altro arbitrariamente lontano, attraverso la duplicazione delle caratteristiche, o, più specificamente, degli stati quantici, di fotoni, atomi, ioni... in altri fotoni, atomi, ioni... posti a qualsiasi distanza. Altri laboratori erano già riusciti a teletrasportare semplici fibbre ottiche a una distanza di 600m, ma lui voleva fare di più. Ricercava il modo per trasportare degli organismi più complessi, quali l'uomo, a distanze più grandi, da una parte all'altra del mondo.


"Ehi, LuHan! Allora... ho sentito che hai deciso di accettare la proposta della Hefei."


"Da chi l'avresti sentito? Diciamo che la sto tenendo in considerazione."


"Quindi avevo ragione... Lo sai che è pericoloso, vero?"


"No, per niente. So solo che devo scoprire i segreti che mi porteranno al teletrasporto."


"Ma-!"


"Ma, cosa? Hai paura? Tranquillo, non ti chiederò più di essere la mia cavia."


"Oh, grazie, molto gentile! Ma lo sai che non è questo il punto! La Hefei è famosa per i suoi esperimenti troppo estremi, lo sanno tutti che molti dei suoi ricercatori sono scomparsi nel nulla o hanno fatto una fine orribile, come se la loro anima fosse stata risucchiata da una forza oscura!"


"Hai visto troppi film di fantascienza, davvero, non ti credevo così ingenuo! Sono tutte leggende metropolitane." Entrarono nel bar dell'università, dove erano soliti fare colazione. "E anche se fossero vere, non hai mai pensato che la loro cosidetta scomparsa possa corrispondere al successo di un teletrasporto?"


"E sarei io quello che si fa di film di fantascienza! Non hanno più fatto ritorno!"


"Vorrà dire che hanno trovato ciò che cercavano." Si sedette al solito tavolo, in fondo al locale, di fianco alla vetrata che si affacciava sulla strada principale sempre gremita di gente. Persone indaffarate, che non avevano mai abbastanza tempo per fermarsi a salutare, a riflettere, ad osservare. A LuHan piaceva osservare. Riusciva a vedere ciò che le altre persone non vedevano, forse perchè prestava più attenzione al mondo che lo circondava, o forse per qualche capacità speciale a lui ancora sconosciuta... poteva captare i sussuri dell'anima; da un semplice gesto, una semplice parola o un semplice sguardo, riusciva a leggere una storia, una vita.


"Certo. La strada del non ritorno, proprio una bella fine."


"Cosa?" LuHan distolse lo sguardo dalla strada e tornò a concentrarsi sull'amico seduto davanti a sè, con le braccia incrocciate al petto. "Ehi, non mi pare di averti dato il permesso di sederti!"


"Come se ce ne fosse bisogno! Mi siedo dove mi pare e a questo tavolo non dispiace affatto la mia presenza! Piuttosto, dimmi. Che intenzioni hai?"


" Che intenzioni ho? Beh, prima di tutto vorrei fare una bella colazione, in pace preferibilmente, poi devo andare all'università per sistemare un paio di pratiche burrocratiche per la laurea che decreterà, finalmente, la mia libertà! Per sempre. E, sinceramente, non credo che il tavolo sia così entusiasta di ospitarti."


"Vuoi veramente andarci?" Non sopportava quando l'amico faceva il finto tonto per evitare il discorso, ma sapeva che gli bastava insistere un po' per portarlo sull'argomento, dopotutto era una persona seria.


"Lo sai, lo devo trovare."


"Ma se non sai nemmeno dove sia! È una follia!"


"È la ragione per cui mi sto laureando in fisica quantistica, ciò per cui ho resistito e lottato finora. Senza di lui, nulla ha più un senso."


"È solo un vago ricordo della tua infanzia! Ormai non dovrebbe manco più esistere!"


"Stai scherzando spero!"


"Eddai, LuHan! Non puoi continuare a vivere aggrappandoti a dei ricordi!"


"Guarda caso, sono proprio quei ricordi a darmi la forza per continuare ad andare avanti." Si alzò in piedi e lasciò il locale senza voltarsi, senza degnare l'amico di un secondo sguardo o di un saluto.


"Ehi, tu! Park ChanYeol! Si può sapere cosa gli hai detto? Se ne è andato furioso, senza nemmeno salutare... Non ha nemmeno fatto colazione!"


"Perchè non lo insegui e glielo chiedi di persona? Visto che ci tieni così tanto a lui..."


"Come se tu non ci tenessi! Lo sai che non me lo direbbe. Ormai non mi racconta più niente..."


"Se ti consola, credo che non rivolgerà più la parola nemmeno a me." Sospirò guardando oltre la vetrata, seguendo la schiena di LuHan che si allontanava, diventando man mano sempre più piccola e sottile.


"Non è giusto. Perchè non vuole lasciarlo in pace?"


"Ehi, tranquilla." Le accarezzò dolcemente la testa, come per rassicurarla "Ti prometto che lo proteggerò, costi quel che costi!"


"Ehi, non ti facevo così coraggioso. " Rispose quella accennando un sorriso di scherno.


"Taci."




Era una giornata nuvolosa, squarciata dai tiepidi raggi solari che di tanto in tanto facevano capolino nel cielo argenteo, trepidanti di portare la primavera in quel triste paesaggio invernale.


Ti troverò, anche se dovessi arrivare fino ai confini del mondo, e non ti lascerò più andare via, mai più.




  
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