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Autore: lasognatricenerd    09/05/2013    0 recensioni
Sono semplicemente un ragazzo innamorato di qualcuno che mai potrà ricambiare il mio amore. Ma imparate che aspettare non fa mai male.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Yes, I love you.
 
 
Amore. Tristezza. Dolore. Ecco il mio sillogismo. Proprio così. L’amore: come può essere qualcosa di felice e spensierato? Amore corrisposto o no, il dolore è sempre e solo quello. La penso così da quando mi sono innamorato. Probabilmente un amore che mai sarebbe venuto a galla. Non l’avevo mai visto davvero, non sapevo il suo nome, eppure lo conoscevo da otto mesi. I primi erano stati cauti, tranquilli, quieti, niente di niente. Pensavo fossimo amici, i miei ‘ti voglio bene’ erano così sinceri. Non gli avevo mai mentito, non avevo mai fatto qualcosa che potesse farlo stare male. Ma più andavo avanti, più mi rendevo conto che tutto quello che provavo si moltiplicava. Lo pensavo. Lo pensavo in ogni istante della mia giornata. Restavo a casa per parlare con lui, mi facevo condizionare dal suo umore, se finiva a parlare di qualcuno che gli piaceva, il mio cuore andava pian piano in frantumi. Ma facevo finta di niente, come se quello che provassi non fosse importante. Sapevo bene che così facendo prima o poi sarei scoppiato ma al contempo non volevo affatto che uscissero quei sentimenti. Volevo tenerli per me, mi avrebbe preso per pazzo. Non sapevo niente di lui, solo che era un ragazzo. E, per quanto ne sapessi, poteva benissimo mentirmi ed essere una ragazza. Non che fosse un problema, visto il mio essere bisessuale, amavo il so carattere. Non importava come fosse: io lo conoscevo più di chiunque altro. Sapevo quando piangeva, quando era felice, quando leggeva, quando studiava. Perciò ero innamorato di lui. La prima volta che lo pensai, fui fottutamente spaventato. Lui era etero. Io ero un ragazzo. Bella merda, avevo pensato subito dopo. Non c’era compatibilità fra noi due, ma più i minuti, le ore, i giorni e i mesi passavano, ero sempre più innamorato di lui. Ero completamente perso. C’erano giorni in cui mi chiudevo nella mia stanza a piangere. Finchè, per la prima volta, non presi una lametta in mano e guardai il sangue scorrere lungo la pelle del mio polso, macchiando le piastrelle del pavimento. Era stata l’azione più stupida e orribile che avessi mai fatto, ma non avevo resistito. Mi ero poi alzato, mi ero avvicinato al pc e glielo avevo detto. ‘Credo di essere innamorato di te.’ In teoria avrei dovuto togliere quel credo inutile, ma era un bene alleggerire le cose. Da lì iniziarono i problemi. Le litigate, le lacrime, la nausea, il vomito, ma soprattutto i tagli che si lasciavano andare nella disperazione più totale. I miei polsi erano rovinati e sinceramente nemmeno mi importava. Continuavo a fargli del male, tutto ciò che facevo non andava mai bene. Ero un ostacolo. E io volevo solamente la sua felicità. Per questo avevo pensato molte volte di lasciarlo andare, per farlo stare meglio, ma continuava a ripetermi che aveva bisogno di me. E io avevo bisogno di lui più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma forse lui non si rendeva conto di quello che volevo davvero: la sua felicità, la sua gioia e tutto ciò che poteva farlo stare bene. Volevo che trovasse qualcuno che lo facesse sentire unico, ma ero certo che NESSUNO poteva amarlo quanto lo amavo io. Anche io stesso ero stupito da quanto amore avessi in corpo, da quanto potessi dare, dalla speranza e dalla volontà. Sembrava, a volte, davvero infinito. Ed era questo che mi piaceva. Non mi interessava avere qualcosa indietro, mi interessava lui e basta. Mi voleva bene, le nostre litigate finivano sempre così. A volte, però, duravano giorni interi, a volte anche solo 10 minuti. Ma tutto quello mi portava solamente ad una cosa del quale non potevo più fare a meno: essere innamorato di lui. Tante volte, durante i miei momenti di crisi in cui dovevo staccarmi dal computer per non scoppiare a piangere, gli avevo chiesto di innamorarsi di me. No, anzi, l’avevo pregato. Cercavo di fargli capire che gli avrei dato tutto l’amore del mondo, che avrebbe potuto cercare dovunque, ma che mai nessuna persona al mondo lo avrebbe preso in considerazione quanto lo stavo facendo io. Non che gli altri fossero inferiore, o che non gli volessero bene. Semplicemente perché l’amore che provavo era così grosso che sembrava anche impossibile da descrivere. Avrei fatto qualsiasi cosa mi avesse chiesto. Gli avevo comprato un libro, un libro che a me piaceva molto e che il ragazzo della storia mi ricordava tanto lui. Gli avevo detto che quando ci saremo incontrati, glielo avrei dato di persona. Si era arrabbiato, dicendomi che mai ci saremo incontrati, che dovevo smetterla di pensarla in quel modo, che dovevo smetterla di sperare in qualcosa che mai sarebbe successo, e riportare quel libro in libreria. Gli dissi che l’avrei fatto, ma non fu così. Lo misi nella mia scansia, e lo lasciai lì, sicuro che prima o poi sarebbe stato nelle sue mani. Da un canto non sapevo nemmeno perché ci sperassi così tanto. Mi avrebbero preso per idiota. Era come sperare che un gatto parlasse. Oppure che un cane inventasse la macchina del tempo. Tutte cose che sarebbero state per sempre impossibili. Ma io lo amavo, ed ero sicuro, e continuavo a ripetergli, che se un giorno avessi trovato qualcun altro, non avrei mai dimenticato quello che avevamo passato insieme, perché il sentimento era stato troppo intenso e durativo.

Sono passati esattamente due anni da tutto ciò. Non ho mai smesso di amarlo, nemmeno per un secondo. Lo amavo con tutto me stesso, era la mia vita, il mio respiro. Ricordo solamente la fine traumatica di quel giorno. Si era stancato di tutto ciò, e mi aveva detto addio con un ‘ti amo.’ Non l’avevo capito. Avevo pregato con tutto me stesso che tornasse da me, ma i giorni passavano, e la risposta non veniva. Se n’era davvero andato, e io ero rimasto senza qualcuno al quale appigliarmi. Senza qualcuno da amare seriamente. Senza di lui. Finchè un giorno non conobbi qualcuno. Era un collega nuovo al lavoro. Sì, avevo solamente 19 anni, ma avevo cominciato a lavorare come fotografo da qualche mese. Mi si avvicinò, mi porse la mano e mi guardò negli occhi. “Piacere, sono Evan.” Quella voce, quelle parole, quello sguardo, quel calore mi mandarono in subbuglio. I miei occhi divennero lucidi e sentivo il mio cuore battere all’impazzata. Lui sorrise. “Sì, sono io. Sono qui, e ti amo da quel giorno di due anni fa.” 



- Sfogo che ho dovuto assolutamente fare, ora ho , finalmente, la mente svuotata da ogni cosa, thank you so much. 

   
 
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