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Autore: Riza_chan    27/11/2007    2 recensioni
...quando il buio ebbe coperto anche quella stanza, un’immagine lo colpì, calamitandolo verso il vetro della finestra sul quale, innumerevoli gocce di pioggia scivolavano lente e silenziose. Quell’immagine riusciva sempre a fargli provare un intenso senso di nostalgia, senza che lui sapesse perché. Lo trovava stupido, eppure non poteva ignorarla... Non sappiamo perchè, a volte, qualcosa che ci sembra non avere senso, susciti in noi domande di cui vorremmo disperatamente avere risposta
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bene, bene bene!!! Riekkime con una freschissima ficci tutta per voi!!! ^^
In realtà è una cosina piccola e triste, molto triste (secondo me) ç_ç che parla di…beh, leggete e lo scoprirete, anche se il protagonista ve l’ho già svelato U.U.
E’ stata tutta colpa di una poesia di Pascoli (Vagito, riportata sotto, della raccolta Myricae- Finestra illuminata)…In realtà la poesia è molto bella e non è triste, senza contare che è il mio poeta preferito, però chissà perché…mi ha fatto venire in mente questa cosa…è che mancava ancora un particolare. Sono sicura che l’Arakawa mi smentirà in un prossimo futuro…almeno, lo spero!!!!!! E’ troppo cattiva quest’idea!!!!! Scusate! ^^’
Buona lettura!

Disclaimer: Tutti i personaggi presenti e/o futuri (non l’ho scritto apposta, giuro!), della ficci non mi appartengono, come tutti ben sappiamo. Di mio c’è solo l’impronta sadica data alla storia e il fazzoletto per asciugare le lacrime, appena riesco a recuperarlo…


Mammina . . . bianca sopra il letto bianco
tu dormi. Chi sul volto ti compose
quel dolor pago e quel sorriso stanco ?

Tu dormi: intorno al languido origliere
tutto biancheggia. Intorno a te le cose       5
fanno piccoli cenni di tacere.

E tutto albeggia e tutto tace. Il fine
è questo, è questo il cominciar d'un rito?
Di tra un silenzio candido di trine
parla il mistero in suono di vagito.       10

 

Vagito, Myracae Finestra illuminata – Giovanni Pascoli

 

Madre



Pioveva, come sempre da qualche tempo a Central.
Svogliatamente si infilò il cappotto, anche per quel giorno il lavoro era concluso, senza grandi novità.
Come al solito le sue incombenze lo avevano trattenuto fino a tardi.
Tutti gli uffici erano deserti, solo nel suo era rimasta la fioca luce della lampada da scrivania, a testimoniare la sua presenza.
Si avvicinò alla scrivania per spegnerla e, quando il buio ebbe coperto anche quella stanza, un’immagine lo colpì, calamitandolo verso il vetro della finestra sul quale, innumerevoli gocce di pioggia scivolavano lente e silenziose.
Quell’immagine riusciva sempre a fargli provare un intenso senso di nostalgia, senza che lui sapesse perché.
Lo trovava stupido, eppure non poteva ignorarla.

Madre…poco più che una ragazzina, giovane e bella, troppo bella per la sua età. Pallida, il volto segnato dalla fatica  dal dolore che andava attenuandosi lentamente, sola.
Sul letto, ancora i segni della sua fatica, le lenzuola macchiate e stropicciate, il cuscino a terra e il respiro che, piano piano, ritrova il suo ritmo naturale.
Sono lacrime quelle che rigano il suo volto, dapprima per la forte emozione che l’ha colta, poi per la tristezza di sapere che quel momento è arrivato.
Stringe tra le braccia quella nuova vita, lo pulisce lentamente e con amore, lo nutre e gli parla dolcemente, mentre sa, nel profondo del cuore, che la sua gioia avrà vita breve.
“Piccolo mio…avrei tanto voluto che questo momento non arrivasse mai, avrei tanto desiderato poterti tenere sempre con me, proteggerti da qualunque cosa, dal freddo, dal mondo, dalla tristezza…”.
Mentre parla, le lacrime scendono copiose, cadendo leggere sul viso del bambino che non si agita, non piange, semplicemente la guarda, forse senza davvero vederla, con quei suoi piccoli occhi appena aperti sul mondo.
“Come vorrei darti la vita che ho sempre sognato per te, come vorrei poterti vedere crescere e diventare forte, figlio mio…tuo padre ci ha lasciati, prima di poter vedere con i suoi occhi il suo futuro, un uomo se l’è portato via, senza curarsi del dolore che avrebbe causato…piccolo mio, io da sola non posso regalarti ciò che ti spetta, non potrò mai renderti felice come meriti e tutto questo mi spezza il cuore. Spero che vorrai perdonarmi, un giorno, quando capirai, se mai saprai che tua madre ti amava davvero, piccolo tesoro mio…”
Altre lacrime scendono, mentre lentamente, dopo aver coperto il neonato, indossa il pesante e logoro mantello di lana che li avrebbe riparati dal freddo della notte.
Lentamente, si incammina per le strade deserte, martoriate dall’incessante pioggia che non lascia scampo a chiunque osi metter piede fuori di casa, stringendo a se quel pezzetto di cuore che sa di non poter tenere con se, anche se il desiderio è forte, anche se le gambe non la reggono, anche se l’anima le duole e la vista è annebbiata dal pianto.
Quando intravede, nel buio, il portone, il cuore le si ferma. Vorrebbe scappare via, vorrebbe non doverlo fare, fare finta che vada tutto bene e pensare che in qualche modo se la caveranno, ma guardando il viso del bimbo, rannicchiato contro il suo petto, capisce che la sua felicità dipende da lei, dal coraggio che avrà di lasciarlo andare.
Si avvicina ai gradini dell’edificio, scuro e silenzioso nella notte.
Cerca un angolo in cui la pioggia non possa raggiungerlo, in cui non possa ferirlo, si leva il mantello e glielo avvolge attorno, affinché non senta freddo.
“Tesoro mio…” gli sussurra tra le lacrime, “La mamma non può renderti felice, ti auguro di trovare persone buone che si prendano cura di te, diventa forte e proteggi le persone che ami, come non ho saputo fare io…” Altre piccole stille inumidiscono le gote del piccolo che, sommessamente inizia a piangere, fino a che la sua piccola voce, supera il rumore della pioggia.
“Tesoro…mi dispiace…la tua mamma ti vuole bene…è per questo che lo fa…un ultimo regalo, mio piccolo…” Un ultimo bacio sulla fronte, e un biglietto, scritto elegantemente, lasciato tra le pieghe del mantello “Ti darò il mio cognome, nessuno ti potrà fare del male. Addio, tesoro…”
Da dietro il portone si accende una luce, si sentono dei passi e delle voci di persone, svegliate dal pianto del bambino.
La ragazza velocemente si nasconde dietro l’angolo del muro, al buio , sotto la pioggia, in modo che nessuno la veda, per assicurasi che il bimbo venga accettato.
“Ma è un bambino! Lasciarlo qui con questo tempo!”
“Portalo in casa, svelto, domani lo affideremo all’orfanotrofio…”
Si morde il labbro, per trattenere un singhiozzo, mentre guarda il suo bambino, occhi negli occhi, perle nere che si osservano a vicenda, mentre lo saluta per l’ultima volta, con un gesto della mano.
“Addio piccolo mio, sii felice…”
Fugge via, mentre il bimbo ricomincia a piangere.
“Aspetta, c’è un biglietto! Ah! E’ il suo nome…”
Il portone si chiude, lacerando con un rumore sordo il cuore della ragazza, una figura silenziosa e dolente che si allontana nell’oscurità, sotto il cielo che piange, come il suo animo, sui suoi lunghi capelli corvini.

“Colonnello, credevo non ci fosse nessuno…come mai è ancora qui?”
La voce familiare e dolce lo richiama dai suoi pensieri, osserva di nuovo la sua immagine riflessa nel vetro, che sembra piangere assieme alle gocce di pioggia.
Stavo solo…cercando di capire…perché la pioggia sia così fastidiosa…”

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Note finali: Ecco qua, aspettate che recupero il fazzoletto…
Cosa ne pensate? Sono o non sono mentalmente disturbata? Povero Roy, sono stata troppo cattiva con uno dei miei characters preferiti!
Qualcuno ha capito qual’era l’immagine da cui era attirato?
Se lo avete capito, complimenti! Siete fuori di testa quanto me! (senza offesa >_^)
E in quanti hanno capito perché? Questa è un po’ più sottile…
Ok, la colpa è mia che non so scrivere…ve lo svelerò tra due o tre righe, se volete tirare a indovinare
(e tirarmi qualche uovo marcio…) liberi di farlo!!!!


Ok, facciamo altre due righe…


Ebbene….l’immagine che attirava Roy era la sua, riflessa nel vetro, più visibile dopo che ha spento la luce.
Ovviamente…non era attirato per via del suo narcisismo…no, no…è solo che vedere i suoi occhi riflessi, rigati dalle gocce di pioggia, gli ricordava, inconsciamente, quelli di sua madre umidi di lacrime.
Ovviamente era troppo piccolo, al momento del fatto, per capire che quella era sua madre e che stava piangendo (forse anche per vederla), comunque…gli è rimasta questa immagine subconscia, che gli fa detestare ancora di più la pioggia, lui stesso non sa perché…
Uaaaahhhhh! Poveretto!!!! Ç_ç
Forse leggo troppi libri su argomenti psicologici…sto diventando pazza!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto le mie precedenti elucubrazioni e tutti quelli che le hanno commentate, ovviamente siete troppo buoni!!! Grazie!!!!!!!!!!!!!!!

Ciao!!!

 

Continuiamo con le buone abitudini…^^

 

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