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Autore: plateau_    09/05/2013    5 recensioni
«Non ho bisogno di te, Grantaire.»
«Lo so. Non mi dici niente di nuovo.»
«Ho Combeferre che mi aiuta con le assemblee e i comizi in piazza. Ho i ragazzi che reclutano la gente nelle strade e mi informano sulle novità. Ho il popolo dalla mia parte.»
«Lo so.»
«Eppure sei qui, ogni sera.»
«So anche questo.»
«Ci deve essere un motivo.»
Broken Crown, Mumford and Sons. One shot scritta in tempi record con la musica a tutto volume, abbiate pietà.
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Broken Crown.
 

 
“Touch my mouth
And hold my tongue
I’ll never be your chosen one”



L’assemblea è finita e tutti sono andati via dal Musain, chi sulle proprie gambe e chi no. Tranne me e, ovviamente, lui: perché tornare a casa e riposarsi un po’? La Francia e la rivoluzione sono più importanti, lasciamoci pure morire di stenti.
Sorseggio pensieroso direttamente dalla bottiglia il dito di vino che è rimasto sul fondo – al diavolo i bicchieri, non so che farmene.
«Perché sei qui, Grantaire?» Sistema dei volantini cercando di metterli in ordine, li lascia sul tavolo, si volta a scrutarmi; sembra piuttosto concentrato e curioso. Non mi capita spesso di intrattenere una conversazione con lui, solitamente non mi chiama neanche per nome.
«Pensavo avessimo già discusso di questa cosa. Credo in te, e questo mi spinge a presentarmi qui ogni sera.»
«Credi in me, ma non in quello che dico o quello che faccio.»
«Esattamente.» Poggio la bottiglia ormai vuota con noncuranza sul tavolo, accanto all’altra che ho già svuotato nelle prime ore della riunione. Cerco con gli occhi la cameriera: Enjolras è in vena di discorsi seri, e non credo di essere abbastanza ubriaco per poter affrontare quello che sta per succedere.
«Non ho bisogno di te, Grantaire.»
«Lo so. Non mi dici niente di nuovo.»
«Ho Combeferre che mi aiuta con le assemblee e i comizi in piazza. Ho i ragazzi che reclutano la gente nelle strade e mi informano sulle novità. Ho il popolo dalla mia parte.»
«Lo so.»
«Eppure sei qui, ogni sera.»
«So anche questo.»
«Ci deve essere un motivo.»
C’è davvero bisogno di dirlo? Lui non ha bisogno di me, ma io ho un disperato bisogno di lui. Credo ci sia arrivato, ma testardo e cieco com’è, non vuole accettare il fatto che io abbia effettivamente un debole per lui – debole è restrittivo, ma fa niente.
Ergo, non glielo dirò.
«Non vi lascerò morire senza di me, dopotutto siete i miei amici.»
In realtà degli altri ragazzi ben poco m’interessa. Non morirai senza di me, brutto bastardo.
«Non moriremo, Grantaire.» Sospira, senza tradire emozioni.
«Ne sei ancora convinto? Siamo solo carne da macello, Enjolras: niente di più, niente di meno.»
«Non moriremo. Vinceremo questa battaglia, e libereremo la Francia dalla monarchia e dalla tirannia del re. Faremo divenire presente il futuro che tanto attendiamo e bramiamo.»
«I sognatori mi hanno sempre affascinato, forse perché non so sognare.»
«Il mio non è un sogno. Si chiama rivoluzione.»
«No, non è un sogno. È un incubo.»
La cameriera arriva con una bottiglia di vino senza che io le abbia chiesto niente: forse Jehan ha ragione quando mi dice che sono prevedibile e facilmente leggibile. Pazienza.
Alzo la bottiglia, brindando. «Alle nostre vite spezzate, e alla tua corona rotta.»
Bevo, mentre lui mi squadra con aria impressionata. Disgusto, pietà, rabbia: sono le uniche cose che leggo nei suoi occhi quando, per sbaglio, posa il suo sguardo su di me.
Meglio di niente, dopotutto.
«Corona rotta?» Chiede ironico. Ride di me, adesso?
“Non far finta di non capire, maledetto. Sai cosa intendo.”
«Il tuo potere finirà per sopraffarti e distruggerti. La gente con il potere e con grandi sogni non fa altro che morire o fare una brutta fine: prendi il re, prendi Napoleone, prendi Robespierre… prendi chi vuoi. Sei uno dei tanti potenti dalle idee rivoluzionare, Enjolras, che finisce con una pallottola nel petto. Effettivamente, il tuo futuro non è più roseo del mio. Cos’è oggi, primo giugno? Scommetto che nel giro di pochi giorni saremo tutti in una fossa comune in compagnia dei vermi, e sarà tutta colpa tua. E della tua corona rotta: non giocare con cose più grandi di te, perché il loro peso finisce per schiacciarti. Puoi sempre tirarti indietro, e vivere la tua vita.»
“Non voglio vederti cadere davanti ai miei occhi. Prego di morire prima di te ogni giorno.”
Ma ancora una volta sono costretto a stare zitto, trattenere le parole ed evitare di incasinare una situazione già abbastanza complicata di suo.
Mi guarda rabbioso, ma quando parla la sua voce è tremendamente calma e seria. Mai un’emozione, mai un segno che riveli l’uomo che vive sotto la bella facciata in marmo.
«Allora fammi il piacere di restare a casa tua a bere vino rosso in compagnia di qualche puttana, Grantaire. Non ti voglio qui, non ti voglio accanto a me, non ti voglio sulla barricata quando sarà il tempo di combattere e, nel caso in cui le cose andassero male, non ti voglio nella fossa comune con me. Non ho bisogno di scettici che non credono in niente, ho bisogno di gente con degli ideali e con dei forti valori. Ho bisogno di gente che ama la libertà, la giustizia, l’uguaglianza e la Patria. Se ci tieni tanto alla tua vita, resta a casa a poltrire fino a quando non sentirai la gente urlare in strada che la Francia è stata liberata da un gruppo di ragazzacci: rimpiangerai il giorno in cui hai deciso di non essere rimasto con noi, e di non aver preso parte all’evento più importante di sempre nella storia della Francia dell’Ottocento.»
«No.»
«No cosa?»
«Verrò con te. Permettimi di restare con te.»
«Mai.»
«Permettimi di combattere al tuo fianco.»
“Permettimi di amarti”.
Mi guarda per qualche secondo, poi mi porge nuovamente le spalle: torna a sistemare i volantini e a riordinare le cose sul tavolo.
Ha intenzione di ignorarmi anche adesso? Sono arrabbiato.
«Quando sarai lì, con un fucile puntato al petto, sarai spaventato – so che sei umano. E quando sentirai la paura invaderti e possederti, non potrai fare a meno di pensare a come quell’ubriacone inutile ti aveva avvertito del pericolo, e di come avresti potuto salvarti e salvarci tutti. Quando sentirai la paura crescere e prendere il sopravvento prima di morire penserai a me, e ti dirai che forse – forse – non ero poi così scemo come invece credevi.»
Mi osserva con aria grave, e sta per aprire bocca pronto a ribattere; mi limito ad afferrare la bottiglia, lasciare qualche moneta sul tavolo e andare via in silenzio.
 


*
 
 
“So hold my hand
Consign me not to darkness”
 


Tutto quello che riesco a vedere è un re che ha perso la sua corona, ma non la sua fierezza e il suo fascino bellicoso.
Ammettiamolo, tutti lo abbiamo sempre visto come questa figura regale e mitologica allo stesso tempo, lo abbiamo sempre visto come qualcosa molto più vicino al divino che all’umano. È il Castore che batte Teseo, l’Achille che distrugge Troia, l’Eurialo che fa strage di guerrieri nell’accampamento dei Rutuli, l’Alessandro Magno che conquista il mondo.
Gli tendo una mano.
«Permetti
Sto ancora attendendo una risposta alle domande di tante sere fa. E finalmente le ho quando mi sorride, prendendomi per mano: sì, me lo permette.
Perché ho deciso di morire accanto a lui? Perché porto rispetto alla sua corona rotta e al suo trono spezzato, e perché lo amo. Perché voglio e devo seguirlo ovunque.
E muoio felice.
  
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