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Autore: Dalhia_Gwen    09/05/2013    4 recensioni
Questa è la storia di una diciassettenne di nome Gwen che, nonostante tutte le ingiustizie e il passato che ha vissuto, riesce finalmente a trovare la felicità che aveva perso, grazie ad uno dei suoi più grandi hobby, la quale sarà in grado di scalfire il suo ormai cuore di diamante, immune fino a quel momento...
Tratto dal capitolo 28:
“....Cominciò a ticchettare il piede destro sul tappeto color del deserto, rendendosi conto di non riuscire a sopportare tutta quell’ansia che la stava letteralmente mangiando, ma fu proprio in quel momento che avvertì la carica giusta per poter affrontare la competizione nel migliore dei modi. Una mano calda e tremante quanto la sua intrecciò le dita con quelle della mano della gotica, esattamente qualche minuto prima del fischio. Scattò a quel tocco così intimo e che desiderò da fin troppo tempo, per poi girarsi velocemente verso la sua sinistra. Ad attenderla vi erano gli occhi decisamente più luminosi del solito del punk, che nel frattempo era arrossito quanto lei per quel gesto nato spontaneamente..."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Geoff, Gwen | Coppie: Bridgette/Geoff, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Sfortuna.
Solo stupida e maledetta sfortuna.
Ecco cosa pensava Duncan in quel momento, afflitto più che mai, mentre guidava la moto conducendo la piccola Gwen a casa. Ripensava alla grande e improponibile occasione sfuggita pochi minuti fa,in cui lui le avrebbe fatto finalmente capire le sue reali intenzioni verso di lei. Se lo sentiva: avrebbe avuto il coraggio necessario per confessarle il suo amore, ma non aveva messo in conto anche gli imprevedibili ed irritanti scherzi della natura.
“La fortuna non vuole proprio fare amicizia con me…” si ritrovò a pensare il punk, mentre cercava di scansare pozzanghere e buche sulle strade, sfrecciando ad una velocità tale da arrivare il più possibile sotto l’appartamento di Gwen.
Dopo dieci minuti erano arrivati, purtroppo fradici,sotto casa della gotica, che subito fece accostare il punk in un luogo più appartato, per evitare che sostasse sotto la pioggia. Si tolsero il casco, ed entrambi scesero dalla moto, arrivando proprio davanti il portone dell’alto palazzo. Duncan si guardò intorno, cercando di portare indietro il ciuffo verde, che nel frattempo si mostrava prepotente davanti i suoi occhi.
Dopo essersi fermata davanti l’ingresso del palazzo, Gwen si girò indietro, trovandosi Duncan molto vicino a sé e che la fissava spaesato. Si guardarono per un paio di secondi, avvertendo entrambi un brivido percorrergli l’intera schiena. Freddo? Si ritrovarono a pensare, ma sapevano benissimo che il motivo non era quello. L’aria divenne troppo pesante da sostenere, così il punk fece la prima mossa:
“Eccoci qui sani e salvi…ma fradici!” affermò per rompere il ghiaccio. Gwen, che fino a quell’istante si era persa in quello sguardo tanto limpido e dolce del ragazzo, scoppiò a ridere per poi tornare in sé.
“Hai ragione…Ma perché non sali sopra con me? Così ti asciughi! Non riesco a vederti così..” disse la gotica dispiaciuta per il disturbo recato a Duncan e per il pensiero che sarebbe dovuto tornare a casa in quelle condizioni.
A quelle parole il punk sorrise, scuotendo leggermente la testa in segno negativo.
“Non preoccuparti splendore, non è sicuramente la pioggia che mi mette a KO! Arriverò in un attimo a casa, stai tranquilla.” Le disse poco dopo di avvicinarsi sempre più per poi regalarle un bacio sulla fronte, lungo e dolce.
“E adesso corri, prima che sia tu quella che si acchiappa un bel raffreddore!” continuò lui scombinandole i capelli.
“Ahahah okay va bene!” rispose lei sistemando le ciocche scompigliate al loro posto.
“Mi raccomando, non correre.” Concluse poi in tono premuroso, arrossendo violentemente.
“Lo farò, a domani dolcezza.” La salutò infine lui, mentre cominciò ad avanzare verso la moto. Indossò il casco velocemente, e facendo un ultimo gesto di saluto verso la ragazza che timidamente ricambiò, partì veloce per la strada.
E Gwen rimase lì, impalata, fissando fino all’ultimo la figura del suo caro amico diventare sempre più piccola e con la pioggia che continuava imperterrita ad importunarlo, per poi scomparire completamente.
Si morse il labbro inferiore, avvertendo una sensazione di leggerezza mai provata.
Sorrise, per poi fare un lungo e profondo sospiro: era felice, entusiasta per aver trovato un ragazzo così eccezionale da farla sentire stranamente bene in qualsiasi momento. Le fece immediatamente dimenticare i motivi per cui era cupa quel mattino, con una naturalezza mai vista prima. Come faceva? Non le importava.
Ciò che più era importante era solo ed esclusivamente la presenza di lui accanto a lei,diventata oramai indispensabile.
Cominciò a dondolarsi lentamente, mentre il sorriso sul suo volto si faceva sempre più intenso.
Lo aveva capito, sì. Non poteva più negarlo a se stessa: si era innamorata di Duncan.
 
Passarono giorni da quell’episodio, giorni in cui Duncan aveva preso oramai l’abitudine di farsi trovare sotto il portone della gotica, sia per accompagnarla a scuola o in palestra e sia per farla tornare a casa. Era praticamente diventato il tuo personale tassista, puntualissimo ed impeccabile nel non perdere neanche un giorno di servizio.
All’inizio Gwen era totalmente contraria, non poteva accettare una gentilezza del genere. Pensava che era…beh sì, un comportamento da fidanzati, cosa che loro non erano. Ma si sa, con la testardaggine del punk non si può vincere, e nonostante avesse provato qualche volta a dargli buca avviandosi prima da casa o non facendosi trovare all’uscita, dovette rassegnarsi ed accettare le galanterie del punk.
Non che lei non le apprezzasse, affatto, ma il suo vero problema era la madre. Sì, perché temeva che prima o poi sarebbe venuta a conoscenza di questo strano rapporto che aveva con il ragazzo. Insomma: come si può dire ad una madre che il ragazzo che ti fa da tassista gratuitamente non è il tuo fidanzato? Impossibile, pensava la gotica, soprattutto quando provava a ricordarsi il caratterino troppo invadente della madre: l’impicciona per l’eccellenza, era questo il nomignolo che Gwen le attribuì.
Provò a convincere anche il fratello Mark a restarsene muto di fronte a questa situazione, dopo averla canzonata e burlata un pochino, ma non bastò neanche questo, perché prima o poi la verità sarebbe venuta a galla.
Era un pomeriggio soleggiato, quando Gwen congedò la madre frettolosamente per dirigersi in palestra, come era di suo solito. Margaret, invece, era da settimane che non riusciva a darsi una spiegazione allo strano comportamento che la figlia avesse nei confronti di lei: quando doveva scendere andava sempre di fretta, per non parlare degli inspiegabili messaggi in codice che Mark lanciava alla sorella per stuzzicarla, che si arrabbiava ed arrossiva ogni volta.
Provò più volte ad estrapolare qualcosa dal figlio, ma questo non era affatto disposto a parlarne con la madre.
“Non sono fatti miei, se proprio la vedi strana parlaci.”  Era questa la frase che ogni volta pronunciava fedele per poi congedare la donna, la quale rimaneva sempre perplessa dalla risposta del figlio.
Dopo che Gwen chiuse la porta alle sue spalle, la donna tornò tranquillamente a svolgere ciò che stava facendo poco prima: stendere i panni. Prese i panni che aveva momentaneamente appoggiato sulla sedia per salutare la figlia, quando poi uscì fuori coperta da quell’ammasso di indumenti.
Li appoggiò sul tavolino che si trovava fuori, come abbellimento del grande balcone, per poi prendere la tuta sporca che quello stesso giorno Gwen cambiò, e si prostrò verso i fili su cui stendere gli indumenti.
Non appena ebbe gli occhi puntati verso il basso, vide inaspettatamente la figlia che stava chiacchierando animatamente con un ragazzo, molto più alto di lei a con un’appariscente cresta verde. Alzò un sopracciglio, di fronte a quella vista. Ma rimase ancora più attonita nel momento in cui vide la sua Gwen essere rincorsa dal ragazzo in questione, che poi la prese per farle il solletico. Spalancò gli occhi incredula, reggendosi con una mano alla ringhiera del balcone e con l’altra i panni che stava perdendo. Continuò a fissare quei due ragazzi così vivaci, fino a quando il ragazzo le passò il casco, ed insieme partirono verso la strada che apparentemente doveva portare alla palestra. Rientrò dentro casa, con ancora i panni che aveva in mano e che doveva appendere, sedendosi un attimo, fissando il vuoto.
Era sconcertata, era chiaro, ma una strana felicità cominciò a nascere dentro di lei, facendole mutare completamente l’espressione. Sorrise, certo che sorrise. Finalmente vide sua figlia stare, parlare e ridere con qualcuno che non fossero lei  e il fratello. Aveva finalmente fatto amicizia, era finalmente riuscita a mostrarsi agli altri, per quella che era. E soprattutto l’ha fatto con un ragazzo, molto probabilmente più grande di lei, ma sicuramente molto giocherellone.Sorrise. Da quando lo conosceva? Che rapporto aveva con lui? Ma soprattutto, chi era? Ma qui Margaret diventò seria: esternamente poteva sembrare un ragazzo da cui stare alla larga, ed indubbiamente fu questo il primo pensiero che balenò nella mente della donna, nel momento in cui ripercorse la sua figura. Ma infondo era come la figlia: stravagante nel modo di vestirsi, o almeno fu questo che riuscì ad intravedere dalla scomoda vista dall’alto, e questo non significava di certo che fosse una cattiva persona, affatto. Pensò a Gwen, di quanto fosse speciale, nonostante l’apparenza a cui, di solito,molti si aggrappavano quando dovevano giudicare le persone: chissà se questo ragazzo non fosse altrettanto speciale. A quel punto si tranquillizzò un po’, mentre la gioia e la voglia di conoscerlo si faceva sempre più intensa. Cominciò a ridere improvvisamente, pensando a quanto la figlia fosse stata astuta a riuscire a tenere per così tanto tempo questo segreto, ed ammettendo che su questo aspetto la somigliasse parecchio. Ridusse gli occhi ad una fessura, pensando ad alta voce “Bene bene Gwen. Hai un ragazzo? Fantastico, mamma non vede l’ora di conoscerlo.”
 
Erano le 18:30 quando Duncan, Gwen e Geoff arrivarono in palestra. I tre ragazzi si erano allenati intensamente durante queste settimane. Seguivano ogni indicazione di Luigi, a partire dagli esercizi fino ad arrivare alla loro alimentazione. Era importantissimo infatti che degli atleti mantenessero i successi ottenuti con l’esercizio fisico facendo contribuire anche una giusta alimentazione. Si stavano impegnando davvero tanto, e il loro unico obiettivo era vincere.
Dopo essere usciti dai rispettivi spogliatoi, i tre ragazzi si diressero insieme verso Luigi, che non appena li vide aprì le braccia come se volesse abbracciarli tutti e tre insieme.
“I miei atleti!”  esclamò felice l’istruttore mentre si avvicinava a loro.
“Luigi!” dissero all’unisono i tre. Gwen gli corse incontro abbracciandolo, mentre i due scambiarono un’affettuosa stretta di mano.
“Allora ragazzi, sedetevi perché devo darvi una bella notizia!” disse tutto d’un fiato l’istruttore, eccitatissimo per quello che seppe la mattina stessa. I tre giovani obbedirono, mentre si scambiavano delle occhiate interrogative.
“Bene, preparatevi perché è una cosa importantissima: stamattina mi hanno chiamato dal Comitato delle Olimpiadi Regionale*, e mi hanno riferito la data esatta in cui dovrete gareggiare!” raccontò sorridente più che mai Luigi, mentre per tutto il tempo camminò avanti ed indietro di fronte ai ragazzi. Non appena udirono quelle parole, i giovani esultarono gli gioia.
“Woow Luigi! E’-E’ fantastico!” esclamò Gwen visibilmente nervosa per ciò che le attenderà.
“Oh su Luigi! Non facci stare sulle spine! Qual è la data?!” domandò Duncan anche lui molto preso dalla notizia, seguito da Geoff che muoveva il capo in segno positivo ad ogni cosa che dicevano i due coetanei.
“Ahahahah avete ragione! Allora, la data è il 22 Maggio, e secondo i miei calcoli, mancano esattamente 32 giorni!
Questa è la data d’inizio delle gare per scegliere chi dovrà poi gareggiare nelle regionali. Sono in tutto 8 gare da svolgere in ogni città, quindi a livello di palestre locali, dalle quali poi ne usciranno 4 che gareggeranno con i vincitori della altre città. Al termine saranno determinate le due squadre che si scontreranno per decidere chi sarà il finalista regionale che sfiderà infine le altre squadre, una per ogni regione. E lì ci sarà il vincitore nazionale!”
I tre ragazzi ascoltavano le parole del loro allenatore con molta attenzione, affascinati dall’arduo compito che avrebbero dovuto affrontare, e determinati più che mai a portarlo al termine. Gwen, che nel frattempo stringeva a sé il suo asciugamano per la tensione, sentì improvvisamente un braccio circondarle la vita, e subito dopo una forza che la spostò proprio verso il punk. Infatti era lui.
“Ehi, nervosa?” le chiese dolcemente lui, notando con quanto impegno stava maltrattando il suo asciugamano.
La gotica si girò di scatto verso di lui e, dopo aver atteso qualche frazione di secondi, gli rispose:
“ N-no..non credo…Oh sì, mannaggia!” rispose confusa, ammettendo che l’idea di gareggiare la scombussolava non poco. Duncan, vedendo lo spaesamento della ragazza, rise alle sue parole, scuotendo la testa.
“Ahahah ma guarda che pure io non ho mai partecipato a gare di questo tipo, è la prima volta anche per me, ma non c’è bisogno di stare così in ansia fin da subito.” La tranquillizzò lui accarezzandole i capelli, il tutto mentre gli altri due spettatori, Geoff e Luigi, assistevano alla scena divertiti.
“Gwen, Duncan ha ragione. Non preoccuparti, tu sei un’ottima rivale difficile da battere, credimi. Per cui non devi abbatterti, anzi, sai cosa facciamo? Preparo i vostri nuovi allenamenti che dovrete fare da oggi in poi, mentre voi adesso fate una prova di resistenza. Forza, galoppare!”  incitò Luigi dando una pacca sulla spalla al ragazzo più vicino, ovvero Geoff. I tre futuri gareggiatori scattarono immediatamente, iniziando così il loro pomeriggio di allenamento.
 
Una volta aver terminato per quella giornata, Gwen, Duncan e Geoff uscirono dalla palestra per dirigersi verso i loro rispettivi mezzi di trasporto, assumendo un andamento simile a quello degli zombie: erano stremati, e di sicuro in quel momento avevano capito che il caro Luigi non scherzava affatto quando parlava di voler cambiare totalmente tipo di esercizi per gli allenamenti, sia per quanto riguarda l’intensità sia per la dinamica dell’esercizio stesso.
Arrivati davanti alle moto, si salutarono amichevolmente, per poi partire ognuno per la sua strada. Ovviamente Gwen salì sulla moto di Duncan, ed insieme sfrecciarono verso casa di lei.
Arrivarono in dieci minuti, e Duncan parcheggiò al suo solito posto. Entrambi si avvicinarono al portone, sicuri che nessuno li avrebbe osservati, ma in realtà, dietro alle tende del suo balcone, osserva da un bel po’ la madre di Gwen, che stava facendo il conto alla rovescia intenta ad aspettare che la figlia arrivasse accompagnata dal suo nuovo “amico”.
“Beh, s’è fatto tardi, è meglio che io vada. Grazie ancora per il passaggio.” Disse lei visibilmente assonnata.
“Ma la smetti di ringraziarmi ogni volta? Lo faccio con piacere! No aspetta, devo dirti una cosa.” Le rispose il punk sorridente.
“Ho saputo la data della finale che dovrò giocare io e la mia squadra contro l’altra classe finalista: è questo sabato.”
Continuò lui contentissimo.
“S-sabato?” chiese di nuovo lei titubante. A quella domanda Duncan si incupì.
“Non mi dire che sei impegnata..” disse lui guardandola negli occhi, sperando con tutto se stesso di non vedere quella testolina affermare la sua frase.
“Oh n-no no..è solo che..beh..è presto.” Rispose lei frettolosamente, rendendosi conto di aver dato uno spavento al punk. In tutta risposta lui rise, per poi chiederle in modo malizioso e strafottente:
“Perché? Devi farti carina?” chiese accarezzandole il viso con l’indice di una mano. A quel contatto Gwen arrossì, per poi cercare di giustificarsi.
“Ehm no no! E’ solo che non me l’aspettavo..ma insomma tu pensi sempre male!” lo prese in giro lei mentre avvicinava una mano alla maniglia del portone.
“Ahahaha beh non ho chiesto nulla di male. E poi mi farebbe solo piacere vedere una bella ragazza. Ci rivediamo, a domani.” Concluse lui per poi farle l’occhiolino, salire sulla moto e tornare a casa.
La ragazza rimase immobile con la mano ancora sulla maniglia, pensando alle parole del punk. Come aveva fatto a capire che lei volesse apparire diversa, o meglio, più carina?  Non si spiegava neanche il motivo di tale esigenza, sentiva che doveva ricambiare il ragazzo in qualche modo. Di sicuro non poteva indossare i suoi soliti top con un copri spalle, solita gonna e anfibi, e neanche le sue amabili felpe, con un paio di jeans e delle converse. Come sapeva pure che per Duncan quello sarebbe stato un giorno importante, che avrebbe portato lui e la sua squadra in alto, per questo decise di voler indossare qualcosa degno per quell’occasione.
Ma le era chiaro da giorni che quello era solo un pretesto per rendersi bella agli occhi del punk: al cuore non si comanda.


*nome inventato dall'autrice


-Angolo della solita autrice..-
Ciao a tutti i miei cari lettori!! ;D
Eccomi qui, insieme al nuovo capitolo, che si fa ogni volta sempre più lungo! >.<
Eh sì, perchè ho cercato di farmi perdonare per l'attesa con questo luuuuungo capitolo xD
Siete arrivati fin qui? Meraviglioso! Non arrendetevi, ne accadranno delle belle da ora in poi! ;)
Un grazie immenso a tutti coloro che leggono solo e a coloro che leggono e recensiscono <3
Non mi rendo conto che sono arrivata a quel numero di recensioni...Grazie ancora!!! ;'3
Alla prossima,
la vostra
Dalhia_Gwen
  
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