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Autore: Gemini_no_Aki    10/05/2013    0 recensioni
Pensate che le storie di zombie siano solo storie?
Pessimi film di serie C?
Lo credevo anch’io fino a qualche tempo fa.
Poi sono arrivato a Raccoon city.
Tutto ciò che credevo fantascienza di pessimo gusto si rivelò una terribile e inarrestabile verità.
Io sono Shaun Hastings, 18 anni, inglese e fiero di esserlo.
E sono un Assassino.

Versione riveduta e corretta della mia vecchia "Research".
[Resident Evil - Assassin's Creed]
Genere: Avventura, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albert Wesker, Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Point of No Return'
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Umbrella Corporation Office and Research Facility



Il suono ritmico della sveglia riportò alla realtà il giovane inglese svegliandolo da un sonno senza sogni, cercò con la mano l’oggetto sul comodino facendo prima cadere la pistola e poi accendendo l’Abat-jour prima di riuscire ad afferrare l’oggettino che stava facendo un rumore infernale per poi spegnerlo con un sospiro.
Si mise a sedere con uno sbadiglio afferrando gli occhiali e posandoseli sul naso, si guardò intorno quasi spaesato, ancora troppo addormentato per collegare tutto, in fondo erano solo le 6 del mattino.
Si stiracchiò alzandosi dal letto prima di tornare indietro e rimettersi a dormire, gli avevano detto di presentarsi alle 8 per vedere come se la cavava con la pistola e, a quel pensiero, già immaginò la spaventosa figuraccia che ci avrebbe fatto.
Sapeva usarla, questo sì, un paio di volte Richter gli aveva insegnato, questo non voleva dire che avesse mira.
Entrò in bagno cercando di scacciare quel pensiero fino al momento del giudizio, aprì l’acqua e spostò la tenda tornando in camera a cercare gli asciugamani.
Aveva appena aperto l’armadio che un rumore metallico improvviso lo fece sobbalzare di colpo, si voltò correndo verso il bagno per vedere semplicemente che l’asta che avrebbe dovuto tenere la tenda si era staccata cadendo nella vasca.
Per un attimo rimase fermo sulla porta chiedendosi se la casa fosse stata effettivamente ristrutturata o se si fossero limitati a verniciare l’esterno e gli interni giusto per renderla un po’ più accogliente.
Spostò l’asta abbandonandola nel corridoio, viveva da solo in fin dei conti, una tendina attorno alla doccia non faceva quella gran differenza, non c’era nessuno che potesse entrare.
“A meno che non arrivino dei ladri proprio mentre sono qui dentro...”
Commentò chiudendo comunque la porta, più per abitudine che altro, e iniziando la doccia.
Certo, poteva metterci tutto il tempo che voleva in quel momento, senza che nessuno si lamentasse che doveva entrare, o che ci stava mettendo troppo, o qualunque altra cosa.
Senza che Dorian inizi con gli agguati per poi concludere con un innocente “avevo dimenticato la saponetta”... davanti a mio padre!
Pensò, anche se in fondo quello gli mancava, ma non sapeva dire se era per Dorian o per le diverse espressioni del padre.
Uscì coprendosi con l’asciugamano e tornando in camera a cercare la divisa che il giorno prima gli avevano dato.
La maglia gli andava anche bene, i pantaloni erano quasi lunghi, ma in quel momento non poteva certo mettersi li ad accorciarli, li arrotolò una o due volte prima di infilarsi gli stivali, prese la giacchetta verde e la pistola prima di andare in cucina per la colazione.
Da buon inglese che si rispetti non poteva fare a meno del tea, specialmente se caldo, di prima mattina, aveva imparato presto che la tradizione del tea alle 5 non era compatibile con il loro tipo di vita, ma non poteva rinunciarvi.
Come non rinunciava allo yoghurt, era più forte di lui.
Mise il pentolino sul fuoco e si avvicinò alla finestra spostando leggermente le tende.
Nel micro vialetto, mezzo metro scarso, che separava il cancello dalla porta di casa, era arrotolato il giornale, per un attimo la cosa lo stupì, erano tutte scene da film che in quel momento lo divertivano.
Andò a recuperare il giornale guardano la via silenziosa nel primo mattino.
Raccoon City Times.
Rientrò in casa aprendo il giornale sul tavolo magari c’era qualcosa riguardo a quanto successo il giorno prima.

Ragazza aggredita nel parco.

Si parte bene.
Pensò riempiendo la tazza e tornando a leggere la prima pagina del giornale.

Aggredita durante la notte nel parco a est della città mentre rincasava da sola.
La giovane afferma che si trattava di un cane di grossa taglia che le è balzato addosso da un cespuglio.
“Sembrava coperto da una patina viscosa quando ho cercato di spingerlo lontano.”
Riferisce.
Fortunatamente la giovane ha riportato solo morsi e graffi superficiali e verrà presto dimessa.
Il capo della polizia Irons ricorda a tutti i padroni di cani di tenerli in casa o legati durante la notte e di munirsi di museruole.
La S.T.A.R.S. intanto continua a lavorare per mantenere sicura la città da queste aggressioni che continuano ormai da 2 mesi.
Continua a pagina 3 →

Shaun rimase fermo con la tazza, con una rovinata stampa della sua amata bandiera, in mano sollevata e vicina alle labbra senza però bere nemmeno un sorso, completamente rapito dall’articolo.
Posò la tazza su un lato e girò alla pagina leggendo l’articolo completo, certo non gli dava risposte ma era un passo avanti, magari il cane che aveva cercato di sbranarlo era lo...
“No... Il Capitano gli ha sparato...”
In ogni caso non poteva essere solo una coincidenza, anche per quella patina viscosa, anche se non poteva esserne sicuro.
Le altre notizie erano pressoché normali, le solite cose che si leggevano sui giornali, riprese la tazza bevendo lentamente mentre leggeva qua e là, saltando da un paragrafo all’altro senza darvi troppo peso.
Chiuse il giornale lasciando la tazza nel lavandino e afferrando la giacca notando uno scarabocchio sull’etichetta interna.
Chris.
Ridacchio piano prendendo le chiavi e uscendo facendo un leggero saluto ad un vicino che si era voltato verso di lui in quel momento.
Salì sulla jeep controllando di avere tutto con sé prima di partire, una figuraccia sarebbe stata abbastanza.
Guidando verso la centrale lanciò un’occhiata alla sede della Umbrella, la tentazione di fermarsi subito era forte ma non avrebbe avuto giustificazioni se fosse arrivato in ritardo.
“A più tardi, miei bei presunti templari, godetevi la vostra libertà, finchè l’avete.”
Sussurrò premendo sull’acceleratore.
Era presto, il cielo sereno come forse non gli era mai capitato di vedere, o non ricordava.
Prima di uscire aveva dato uno sguardo allo specchio, anche la maglia forse gli stava grande, non che Redfield, perché ormai sapeva che quei vestiti erano suoi, fosse molto più grande di lui, però sicuramente aveva più muscoli, cosa che a lui mancava in effetti.
Parcheggiò nel posto del giorno prima guardandosi attorno, non c’era anima viva, a parte un paio di persone che facevano jogging e alcuni studenti che rincorrevano l’autobus sbracciandosi.
“Non sarò in ritardo mi auguro.”
Sussurrò scendendo e facendo per attraversare la strada quando una macchina gli sfrecciò davanti voltando e infilandosi nel posto vuoto accanto alla jeep dell’inglese.
In tutto quel frangente durato poco più di 2 secondi, Shaun aveva avuto il tempo di vedersi investito, recuperare la lucidità e saltare nel baule della jeep facendo spuntare solo il volto e le mani, artigliate al bordo del mezzo.
La portiera si spalancò e il giovane potè tirare un sospiro di sollievo quando vide chi era sceso, almeno non era in ritardo.
Uscì lentamente dal bagagliaio facendo un cenno di saluto a Chris che però non pareva così incline in quel momento e attraversava la strada borbottando qualcosa di non ben identificato senza guardare la strada.
Girò la testa solo quando il rumore del clacson lo risvegliò dai suoi pensieri poco prima di ritrovarsi disteso a terra davanti alla porta della base mentre il furgoncino sbandava e il conducente lanciava una serie non calcolabile di insulti verso i due giovani agenti.
“Volevi farti ammazzare?!”
Sbottò il più giovane alzandosi e fulminando Chris, non che fosse veramente arrabbiato con lui, gli sembrava solo un incosciente, e idiota, all’ennesima potenza.
“Prima quasi tiri sotto me e poi non guardi mentre attraversi! Ma si può sapere dove hai la testa?!”
Redfield lo guardò senza rispondere, si alzò scrollandosi la polvere di dosso e aprendo la porta per poi richiuderla senza aspettare il ragazzo che, ancora fuori, fumava di rabbia.
Si alzò dando un’ultima occhiata alla strada, il camioncino aveva lasciato una striscia scura sulla strada sbandando, ma alla fine era sparito, si tolse la povere di dosso ed entrò a sua volta.
“Cos’è successo?”
Shaun spostò lo sguardo verso l’uomo davanti a lui, avrebbe potuto dire chiaramente che riteneva Redfield un idiota con la testa ancora attaccata per miracolo, ma se già aveva raccolto l’antipatia generale questo non lo avrebbe aiutato.
“Una macchina correva troppo, nessuno si è fatto male, non si preoccupi.”
Si avvicinò di più a Wesker in modo che la sua voce non fosse sentita da tutti gli agenti nella stanza.
Aveva appena aperto bocca che una voce alle sue spalle lo interruppe senza dargli tempo di dire nulla.
“Vieni con me. Voglio vedere quanto male te la cavi con la pistola.”
L’aveva dimenticato, era il momento della figuraccia.
“Saremo solo noi rilassati.”
Disse con tono più gentile dopo averlo portato in una stanza sul retro chiudendo la porta e accendendo le luci.
C’erano due solo bersagli raffiguranti una figura umana, era una stanza discretamente piccola, con una finestra sul lato opposto alla porta.
“Hai mai sparato ragazzo?”
“Shaun.”
Precisò, iniziavano a dargli sui nervi le persone che lo chiamavano ragazzo, come se non sapessero il suo nome.
“Comunque... Non proprio. Il Capitano Richter aveva cercato di insegnarmi qualcosa ma... Mio padre non era molto d’accordo.”
E mai cercare di andare contro Lucas.
“Tieni, usa questa.”
Barry gli passò una pistola presa dal tavolo.
“Vediamo un po’... sai caricarla?”
Di questo era abbastanza sicuro, annuì afferrando al volo il caricatore che gli lanciava l’uomo e inserendolo.
“Ora mira e spara alla testa.”
Puntò la pistola davanti a sé, tenendola con entrambe le mani e mirò alla testa della sagoma.
Pochi istanti prima di far fuoco il caricatore si sfilò malamente cadendogli davanti e lasciandolo congelato sul posto con espressione poco convinta, nonché imbarazzata, senza abbassare lo sguardo.
Si chinò a prenderlo inserendolo nuovamente, e sperava nel modo giusto sparando un primo colpo.
“Ho detto testa ragaz-... Shaun.”
Lui annuì cercando di capire perché nonostante mirasse alla testa avesse sbagliato di così tanto andando a colpire il muro circa un metro sopra la figura.
Solo al sesto colpo riuscì a colpire, più o meno, la testa della figura.
“Con un po’ di pratica andrà meglio.”
Lo consolò Barry battendogli una mano sulla spalla mentre posava la pistola sul tavolo.
“La verità è che sono pessimo, Barry, ammettilo. Dovrei stare dietro ad una scrivania, non con una pistola in mano.”
Ritornò nella stanza adiacente sperando di poter finalmente parlare con Wesker, magari era anche per quei pensieri che era stato così distratto.
Su un tavolo era aperto il giornale sulla stessa pagina che aveva catturato la sua attenzione quel mattino.
“È come quello di ieri pomeriggio?”
Azzardò lanciando un’occhiata al diretto interessato indicando poi il giornale.
“Che cos’è?”
Chiese senza aspettare la risposta, attento a come lo chiedeva, ora non avrebbe avuto modo di ingannarlo rispondendogli “un cane”.
“Problemi che di sicuro non riguardano un ragazzino come te.”
Si voltò lentamente verso Chris, quel giovane riusciva a mettere a dura prova la sua pazienza già da quando era arrivato.
“Se devo restare qui ho tutto il diritto di sapere cosa succede.”
“Faresti meglio a fare le valige e a tornartene a casa. Non sei arrivato qui sicuramente per aiutarci e qualunque cosa tu debba fare è sicuramente inutile. Cosa sei? Una specie di giornalista venuto male?!”
Per un attimo fu tentato dal raccontare tutto, o quasi almeno, quello che faceva, quello che era la sua vita, le sue lotte, la Confraternita in cui era nato e cresciuto e che gli aveva inculcato nella mente un credo.
E delle regole.
Regole che gli impedivano rivelare a degli sconosciuti ciò che faceva, doveva fidarsi davvero per non rischiare di incappare in un qualche agente Templare non ancora riconosciuto.
Avrebbe voluto dire tutto a quella squadra, dimostrare che si fidava di loro, cosa che effettivamente faceva, così che loro potessero fidarsi di lui.
“Ho già detto che a questo proposito non avremmo fatto domande Redfield.”
Intervenne Wesker interrompendo il flusso di pensieri.
“E se facesse parte di quelli, Capitano?!”
Sbottò fissandolo con astio.
“Magari sa tutto ed è un bravo attore! Lavora per loro e tutto questo è opera sua!”
Fece un gesto ampio con la mano per poi sbatterla sulla scrivania.
Wesker si avvicinò facendo zittire immediatamente il più giovane sovrastandolo e osservandolo da dietro gli occhiali scuri.
Non disse una parola ma quell’occhiata bastò a zittire Chris sull’argomento, si era spinto troppo oltre con le accuse che Shaun non aveva nemmeno capito.
Il capitano diede un paio di ordini lasciando tutto sotto la supervisione di Barry prima di prenderlo per un braccio e trascinarlo indelicatamente fuori dalla base.
Una volta che la porta fu chiusa e i due solo sul marciapiede si concesse un sospiro osservandolo.
Il volto di Shaun era la personificazione di un enorme punto interrogativo.
Aveva così tante domande da non saper nemmeno da dove iniziare, avrebbe dovuto infilare la mano nella sua testa ed estrarne una da cui partire, ma, scientificamente parlando, era alquanto impossibile.
“Non so cosa siano davvero quegli animali.”
Ammise appoggiando le  spalle al muro della struttura.
“So che non sono più animali e fanno anche troppi danni. Sospettiamo che dietro a tutto ci sia la Umbrella, ma non abbiamo nessuna prova certa. Quello che facciamo al momento? Diamo la caccia a quelle bestie prima che attacchino e speriamo di trovare una traccia, qualcosa che ci porti ai responsabili.”
Shaun si era seduto sul bordo del marciapiede con la testa rivolta verso l’uomo, ascoltandolo attentamente.
“Prima erano cani mi ha detto.”
Wesker annuì.
“E ora sono... Bestie rabbiose. A che scopo tutto questo?”
Domandò alzandosi e scuotendo la testa con un mezzo sorriso.
“No, meglio non chiederselo, sa? Voglio potervi aiutare, davvero. Devo studiare la Umbrella per questioni diverse ma... Ma ora che sono qui non posso far finta di niente, non riesco. E se riguarda la Umbrella allora riguarda anche me.”
“Io non ho mai detto di volerti tenere fuori.”
Precisò il biondo.
“Certo, sei sotto la mia responsabilità per ovvie ragioni, ma ormai l’hai detto anche tu, ci sei dentro, e non si scappa.”
Shaun sorrise a quell’affermazione, per quanto non si ritenesse molto utile avrebbe fatto il possibile.
Infilò una mano in tasca estraendo un ragnetto meccanico mostrandolo all’uomo, premette leggermente un pulsante sull superficie e le zampette robotiche si mossero rizzandolo sul suo palmo.
“Cimici mobili create appositamente per questa missione dal Capitano Richter. Veri e propri gioiellini, si infilano ovunque e riprendono ogni cosa nel raggio di 10 km, le voci... Beh, si limitano a due metri... Non mi guardi così Capitano! Non posso farci niente io. Comunque si ricaricano nelle prese di corrente, automaticamente. Che ne pensa di questo piccolo aiuto Made in England?”
“Te lo sei studiato a memoria?”
Shaun arrossì leggermente chiudendo la mano e infilandosi il robottino in tasca.
“Questo non è importante. C’è qualche posto che vuole controllare di preciso?”
Wesker scosse la testa, per un attimo il modo di parlare del giovane gli aveva ricordato quello del suo vecchio amico Richter, ogni volta che descriveva qualcosa iniziava a parlare a macchinetta e non c’era verso di fermarlo se non alla fine, quando si fermava a riprendere fiato.
“Non preoccuparti di quello. Se devi andare ora sei libero di farlo. Appena avrai preso dimestichezza con la pistola verrai con noi.”
Appena potrai renderti utile verrai.
Tradusse mentalmente il giovane annuendo e tornando distrattamente  in macchina.
Il pensiero di quella mattina lo accompagnò anche mentre accendeva il forno e vi infilava quello che, secondo la scatola, erano crepes al prosciutto e formaggio.
Non poteva dire di non capire Chris, aveva tutte le ragioni per essere sospettoso, ma sicuro accusarlo a tutto spiano senza dargli il tempo di aprir bocca per ribattere non era il modo di intavolare una conversazione civile.
L’altra cosa che aveva in mente erano i modi di fare di Wesker.
Capitano Wesker.
Si auto corresse.
Stando a quello che Richter diceva doveva essere una persona sempre seria, che pensava sempre e solo al lavoro e ai suoi interessi.
E che non sarebbe stato troppo strano se avesse avuto doppi, tripli, addirittura quadrupli fini, l’unica cosa di cui era sicuro, parole sue, era che non lo avrebbe tradito.
A meno che non gli fosse stato fatto il lavaggio del cervello, e dai Templari si dovevano aspettare di tutto.
Invece fino a quel momento era stato gentile, quel mattino soprattutto, si era preso il tempo di spiegargli a grandi linee la cosa, molto grandi, ma almeno non brancolava nel buio chiedendosi cosa fossero.
Mangiò lentamente, non troppo convinto dal sapore del pranzo, accendendo il televisore un attimo, giusto per curiosità, la mente rimaneva comunque altrove.
In parte rivolta a casa, in parte, gran parte, rivolta alla visita di quel pomeriggio, alla Umbrella.
Doveva fare attenzione, anche se l’aspetto del novellino agente della S.T.A.R.S. era credibile, soprattutto la parte del novellino.
La sede pubblica non era lontano da casa, infilò la pistola nella fondina e riempì le tasche di ragnetti robotici facendo attenzione a non attivarli accidentalmente, l’ultima cosa che voleva in quel momento erano le loro zampette appuntite che affondavano nella sua carne.
Sapeva con esattezza dove andare e cosa cercare, aveva visto dove si trovava l’entrata e non sarebbe stata troppo strana la sua presenza, dopotutto.
C’era solo una cosa negativa, in tutto quello, non aveva trovato una piantina che gli mostrasse com’era strutturata la sede.
“Andrò a caso... Col senso dell’orientamento che ho....”
“Sei già perso perché quello è l’accesso dei dipendenti. Felice di rivederti, Shaun.”
Il giovane si voltò con la mano già sulla maniglia e osservò la ragazza dietro di lui.
“Accesso dei dipendenti... Come poliziotto faccio proprio schifo in fatto di orientamento.”
“Sei nuovo, ti abituerai. Vieni, ti faccio vedere l’entrata.”
Si avviò facendogli segno di seguirla, Shaun camminò dietro di lei guardandosi attorno per memorizzare ogni cosa.
Una sfera grigia scivolò a terra rotolando senza far rumore, nel momento in cui toccò il suolo sei astine metalliche uscirono sollevandola e facendola zampettare via nel cortile della Umbrella Inc.
“Accesso dei dipendenti, un buon punto di partenza.”
Pensò nascondendo un sorriso, avrebbe potuto dire di averlo fatto volontariamente ma la verità era che davvero aveva sbagliato, non tutto il male finiva col nuocere, almeno.
“Ecco, si entra qui. Cerca di non perderti anche dentro.”
“Nel caso la bella principessa arriverà in soccorso del povero poliziotto disperso.”
“Non credo di aver tempo, mi dispiace.”
La salutò entrando e guardandosi attorno, l’atrio era grande, per non dire enorme, gente che andava, che veniva, e per terra, proprio al centro della stanza, il logo dell’azienda.
Rimase alcuni minuti fermo, vicino all’entrata, osservando principalmente quello, gli sembrava di aver già visto una cosa simile, un logo che occupava l’intera superficie di un ascensore, parecchi anni prima, ma sicuro quello non era il momento per lasciarsi andare ai ricordi.
Lasciò scivolare in un angolo un’altra piccola sfera che subito zampettò lontano nella folla poi iniziò a girare per l’atrio e i vari corridoi leggendo i cartellini sulle porte cercando di memorizzare il più possibile, non c’era nessun nome che potesse rivelarsi anche solo lontanamente familiare ma non poteva trascurare nulla, e non poteva nemmeno ricordare a memoria ogni singolo nome.
“C’è qualche problema, agente? Uno dei miei dipendenti è finito in qualche guaio?”
La voce arrivò alle sue spalle mentre guardava il cartello che indicava la segreteria, si voltò sperando di non essersi spaventato sentendosi preso alla sprovvista.
“No... Ehm.. No nessuno... Credo...”
Osservò l’uomo in piedi dietro di lui cercando di trovare una valida spiegazione al suo ficcanasare in giro per la struttura.
“Sto cercando di... Orientarmi.”
“Capisco. Devi essere il nuovo agente, ho sentito il Capo della polizia parlarne.”
Shaun annuì leggermente, sembrava una persona gentile, uno di quelli sempre eleganti e a modo ma con una scintilla negli occhi, qualcosa di sveglio, quasi geniale, qualcosa che non riusciva a decifrare veramente.
“James Marcus, sono il direttore della Umbrella Inc.”
Si presentò stringendogli leggermente la mano con un sorriso cordiale cercando di ignorare gentilmente l’imbarazzo e il disagio del giovane.
“Sono più che certo che farai un ottimo lavoro agente Hastings.”
Shaun rimase fermo seguendolo con lo sguardo finchè non sparì dalla sua visuale, James Marcus non era un nome così sconosciuto, comune, certo, ma non sconosciuto.
Devo sapere di più.
Non fece caso al fatto di non essersi presentato, aveva detto che il Capo della polizia Irons aveva parlato di lui quindi era logico che sapesse il suo nome.
Aveva percorso un corridoio intero seguendo il cartello che indicava il bagno prima di fermarsi con espressione sconvolta pur cercando di non darlo troppo a vedere.
“Il Capo Irons non sa niente del mio arrivo!”
Esclamò tappandosi subito la bocca pregando che nessuno lo avesse sentito, si affrettò lungo il corridoio e si infilò nella porta con disegnato l’omino, ci mancava solo sbagliare anche bagno a quel punto.
Non c’era nessuno e questo gli dava un minimo di vantaggio, controllò che non ci fossero telecamere di sorveglianza anche lì, per quanto assurdo potesse essere non doveva dare nulla per scontato a quel punto.
Una volta sinceratosi della neutralità della zona lasciò scivolare a terra le piccole sfere che, a contatto, si aprirono allungando le zampette metalliche e schizzando in ogni direzione infilandosi ovunque potessero, ognuna in una direzione differente dall’altra.
Anche questa era una delle caratteristiche, i sensori rilevavano la presenza delle altre cimici e cambiavano direzione verso una zona non controllata.
“Quell’uomo pensa sempre a tutto.”
Disse con un sorriso giusto un attimo prima che un dipendente entrasse, velocemente finse di essere intento a sistemare la divisa e, con un cenno veloce e rispettoso, uscì nuovamente sul corridoio.
Si fermò solo un momento voltandosi verso la telecamera di sorveglianza in un angolo, Rimase alcuni secondi a fissare il pallino rosso che la dichiarava in funzione e, per un attimo, gli parve di sentirsi osservato da vicino, molto vicino, più di quanto un normale addetto alla sorveglianza potesse fare, come se qualcuno o qualcosa sapesse che era lì e lo guardava.
Distolse lo sguardo scuotendo la testa quasi a chiedersi il perché di quel gesto e si diresse verso l’uscita.
Si fermò in un negozietto aperto 24/24 per comprare alcune delle cose frantumate il giorno prima per poi di rientrare a casa.
Impostò il computer su una schermata che mostrasse in tempo reale le riprese delle cimici che vagavano indisturbate per la struttura, poi aprì la posta.
Come era prevedibile il suo superiore non aveva risposto, non che fosse qualcosa di eclatante, era solo per confermare l’arrivo.
“Come se non lo sapesse...”
Sussurrò aprendo la nuova pagina.


From:                           Hastings Shaun
To:                                Richter Angus
Subject:                         Report 2

10 delle nostre cimici mobili sono attive all’interno della sede della Umbrella Corporation.
Non posso monitorare ogni singolo video 24/24 ma se ci sono incongruenze o sospetti riuscirò a trovarli.
Uno di essi ha già un nome.
James Marcus.
È il direttore della casa farmaceutica, l’ho incontrato per caso durante la visita di oggi.
Non so il perché di questi sospetti ma il nome non mi è nuovo, se è presente in archivio richiedo la sua scheda per regolarmi di conseguenza.
Qualcosa questa città, e la Umbrella in particolare, nasconde, ma non so dire cosa per il momento.
In attesa di differenti ordini proseguo con la missione attuale.

Vittoria agli Assassini.

Hastings Shaun


Inviò e chiuse la pagina, si tolse gli stivali e uscì dalla stanza in silenzio, non sapeva più a che ora cenare, non che avesse troppa fame a dire il vero, optò per un panino fatto al volo buttandosi sul divano e saltellando da un programma demenziale, ad un film, ad una serie tv solo per passare la serata.


“Il nome non è presente in nessuna delle cartelle, signore.”
L’uomo seduto dietro la scrivania, con le mani incrociate davanti al mento non si scompose, anzi, sorrise.
“Lascia qui tutto ciò che riguarda il Progetto P. e ritirati.”
“Sì, signore.”
Quando la porta si chiuse gli occhi dell’uomo scintillarono di una luce sinistra mentre posava la mano su un fascicolo TOP SECRET.
“Tutto procede secondo i piani.”







Note dell'autrice: Finalmente dopo quasi un mese sono riuscita a concludere il secondo capitolo!
Alcune parti sono più difficili di altre, quello che conta è essere riuscita finalmente a concluderlo.
Ora, so che Marcus dovrebbe essere morto a questo punto della storia, ma facciamo conto che... boh.. un clone? xD *non ha voglia di andarsi ad inventare un personaggio che avrebbe una qualche rilevanza così, su due piedi...*
Aggiungo anche stavolta un link alla pagina facebook, non è troppo importante ma... è giusto per farsi un'idea di come sono quelle adorabili cimici *corrompe Richter per averne una almeno*
Cimici Mobili
Detto questo anche per stavolta mi eclisso... a presto (speriamo davvero!)

Bye Bye~
Aki





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