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Autore: Ino chan    29/11/2007    3 recensioni
Era il colmo e lo sapeva, era in grado di trovare qualsiasi persona presente sulla faccia della terra, ma a causa del suo scarsissimo senso dell’orientamento non era in grado di raggiungerla.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matt Parkman, Mohinder Suresh, Molly Walker
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ok, quella non era stata una buona idea

 

Ok, quella non era stata una buona idea.

Affatto!

Era stata una delle idee più malsane che le fossero mai venute in mente in tutta la sua vita, lasciare casa in cerca di qualcuno di cui conosceva solo nome e cognome era da fantascienza, soprattutto se si abita a New York da neanche 10 giorni.

 

Sospirò, dandosi mentalmente della cretina, sfilandosi lo zaino dalla schiena, poggiandolo fra i piedi. Estrasse a fatica una cartina, i passanti le donavano occhiate curiose mentre la srotolava per bene di fronte a se , prendendo dall’astuccio con i Loony Tunes una puntina da disegno.

 

Sempre il solito responso.

Queen Mary Hospital.

Peccato che lei non sapesse minimamente dove si trovasse quel dannato edificio…

Era il colmo e lo sapeva, era in grado di trovare qualsiasi persona presente sulla faccia della terra, ma a causa del suo scarsissimo senso dell’orientamento non era in grado di raggiungerla.

 

Sospirò profondamente, cercando di ricacciare indietro le lacrime che sentiva montare, non doveva arrendersi, non ancora,  doveva sapere come stava lui, Mohinder non le diceva nulla e la  paura che fosse successo qualcosa di irreparabile la faceva stare male.

 

-Ti sei persa cara?-

 

Una corpulenta donna di colore si era chinata su di lei, oscurando la luce al neon che illuminava la stazione con la sua mole. La bambina inginocchiata a terra annuì lentamente, mentre nella sua testa già si stava formando la bugia perfetta.

 

-Devo andare a trovare il mio papà…- mormorò con voce lamentosa, alzandosi, rivolgendo alla donna uno sguardo da cuccioletto che avrebbe impietosito chiunque – E’ ricoverato al Queen Mary Hospital, ma ho perso le indicazioni che mi ha scritto la mamma e non so da che parte andare.-

 

La donna le rivolse uno sguardo costernato, era ammirevole la dedizione che quello scricciolo dimostrava nei confronti del padre, le tese la mano promettendole di accompagnarla.

 

- Anch’io devo andare al Queen Mary per dei controlli .- disse sorridendole- Vieni con me cara .-

 

Anche se Mohinder le aveva detto più volte di non fidarsi degli sconosciuti, Molly si alzò afferrando la mano della dolce signora, che la fece salire sul treno giusto, la fece sedere sulle ginocchia e la guidò fino alle porte dell’ospedale.

 

-Grazie signora.- esclamò la piccola con un sorriso.

-Di nulla Molly.-

 

La bambina la vide scomparire fra i degenti che popolavano il pronto soccorso, fece per voltarsi verso la reception quando si rese conto di un particolare- Io non le ho mai detto come mi chiamo…- si disse mentre pochi passi lontano da lei, l’uomo nero dei suoi incubi svestiva i panni della dolce signora per riprendere quelli di Gabriel Grey alias Sylar.

 

-Salve.- esclamò Molly affacciandosi a fatica al bancone della reception, attirando l’attenzione dell’infermiera con un cenno della mano.

 

-Si, cara?-

-Sto cercando l’agente Matt Parkman. E’ stato ricoverato qui circa un mese fa.-

 

La donna scorse la lista dei suoi pazienti per poi donare un occhiata perplessa alla piccola che faticava a reggersi sulle punte- Si trova in reparto di terapia intensiva…- disse squadrandola – Può essere visitato solo dai parenti.-

 

La ragazzina sgranò gli occhi delusa, finchè per la seconda volta la bugia perfetta si delineò nella sua testa- Sono la figlia…- disse sorridendole adorabile- Mi chiamo Molly Parkman.-

 

-La figlia?-

-La figlia!-

 

Aveva fatto una fatica della miseria, non si sarebbe lasciata sopraffare da quell’ algida creatura che pareva avere più baffi della buon’anima di suo nonno.  Si gonfiò in tutta la sua altezza sostenendo lo sguardo della donna, che alla fine cedette facendole strada, per poi fregarla sul più bello.

 

-Aspettami qui.- le intimò.

 

Aprì la porta della camera 202 e dalla soglia disse- Sig Parkman. C’è sua figlia per lei.-

 

Il cuore di Molly schizzò nella gola della piccola, facendola ondeggiare per un attimo, maledizione, lui non ci sarebbe mai arrivato! Quella strega l’aveva giocata per bene.

 

Fece per parlare, ma una voce l’anticipò.

 

-Molly…-

 

Era roca, affaticata, ma era la sua! La bambina riprese colore, mentre la detestabile infermiera le faceva spazio entrò baldanzosa come una leonessa per poi smontarsi alla vista del suo eroe … Pareva essere stato rabberciato alla meno peggio, come i cocci di un vaso che benché rotto non si voleva buttare via.

 

-E così sei mia figlia, eh?- chiese scherzosa la voce dell’uomo mentre a Molly  veniva da piangere a vederlo in quello stato.

 

-Che c’è tesoro? Hai fatto tanto per vedermi e adesso non mi dici nulla?-

La ragazzina fece un passo avanti, portando la sua visuale a favore di luce, rabbrividendo alla vista delle garze e dei cerotti che sbucavano sotto la maglia del suo grande eroe.

 

-Vivo con Mohinder.-

-Davvero?-

-Lui, deve starmi vicino, perché se mi sento male mi serve il sue sangue.-

 

Matt annuì lentamente tirando le labbra secche in un sorriso – E ti trovi bene con lui?- le chiese sporgendosi un po’ di traverso sul letto, cercando di portare il viso al suo stesso piano.

 

-Lui non c’è mai il giorno.-

-Mi spiace.-

 

La bambina fece ancora un passo avanti, doveva dirgli la ragione perché era andata da lui, doveva, prese un bel respiro- … Così mi sono chiesta se tu non potessi…-  lo fissò in attesa sperando che lui avesse colto il senso delle sue parole, cosa che purtroppo non avvenne- … Se non potessi, ecco… Adottarmi…-

 

Matt sgranò gli occhi mentre le guance della bambina raggiungevano la stessa tonalità della maglietta.

 

-Adottarti?-

-Si.-

-Non posso…

 

La bambina sfoderò un espressione di chi si è visto crollare in mano il più bello dei castelli in aria, aveva pensato che lui, ancora una volta, avrebbe potuto salvarla da quell’esistenza di solitudine, ma aveva fatto i conti senza l’oste.


Inghiottì le lacrime sentendo però che era uno sforzo inutile.

 

-Molly non piangere per favore…- la implorò Matt- Guardami, al momento non posso prendermi cura nemmeno di me stesso, come potrei prendermi cura di te?- le sorrise cercando di rabbonirla, chiudendo gli occhi di fronte ai due lacrimoni delusi che si stavano facendo strada lungo le gote della piccola.

 

-Potrei aiutarti…-

-No… non puoi… Non camminerò per almeno un altro mese , non lavorerò per almeno altri quattro, non potrei mantenerti neppure volendo.-

-La mamma e il papà mi hanno lasciato dei soldi.-

-Tesoro, non si può fare….-

 

Ancora quell’espressione da “ Perché no?” la bambina sentì la forza nelle gambe venire meno,  si appoggiò al materasso, sentendo la stanza girare attorno a lei, nella testa di Matt, risuonò un disperato – Non voglio morire da sola.- si alzò facendo leva sui gomiti guardandola in viso.

 

-Perché dovresti morire da sola?-

-Lui non c’è mai, crede che darmi il suo sangue sia il modo migliore di salvarmi, ma io non voglio salvarmi se devo stare da sola per sempre…-  Matt sentì il cuore andare in pappa, una bambina di neanche 12 anni non doveva parlare in quel modo- Io voglio qualcuno che mi stia vicino, che mi tenga la mano quando sto male, non me ne faccio nulla di un dottore… Io voglio un papà!-

 

-Io?-

 

-Si…-

 

Mandando al diavolo la logica, Parkman si stese sul lettino, afferrò un gomito della ragazzina e se la tirò fra le braccia, stringendola forte forte, come solo un papà sa fare- Va bene proviamoci!- le disse all’orecchio- Non so che cosa potrò combinare, ma spero di potercela fare.-

 

 

 

Io l’ammazzo!

 

Con queste dolci paroline scritte a lettere di fuoco nel cuore Mohinder Suresh attraversò l’ampio corridoio che portava alla stanza 202 di terapia intensiva. Un acida infermiera con più baffi di Robespierre lo aveva informato che una certa Molly Parkman era andata a trovare Matt.

 

-Secondo me non è sua figlia, però…- aveva detto velenosa, alle spalle dell’indiano, che già per metà in ascensore.

 

Rientrare in casa e non trovare la bambina gli aveva fatto venire un principio d’infarto, quel minuscolo biglietto che annunciava la sua visita a Matt lo aveva messo nel pallone più totale, per fortuna pareva essere arrivata sana e salva senza incontrare Sylar sul suo cammino.

 

-MOLLY!- tuonò aprendo la porta di scatto per poi addolcirsi di colpo .

Molly dormiva tranquilla “ per la prima volta” fra le braccia del suo grande eroe “ anche lui addormentato” si guardò attorno chiudendo la porta, prendendo una seggiola e sedendosi accanto ai due.

 

Sorrise passandosi una mano fra i folti riccioli castani, la sua vita da genitore single era decisamente finita. E anche se non nella norma, ora aveva una vera famiglia a cui tornare.

   
 
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