A mia madre
Dovunque tu sia ora
Sarai sempre, anche, accanto a me
Mary Julia
Non riesco a dormire. E come potrei?
L’orologio a pendolo al piano di sotto ha appena
terminato i rintocchi della mezzanotte.
Sono tre anni che lei non c’è più, oggi, proprio
oggi.
Tre anni in cui siamo rimasti solo io, Mike e papà.
Tre anni senza il calore delle sue braccia, la
dolcezza del suo sorriso…
Tre anni in cui non passa notte senza che io riviva
per un istante gli ultimi giorni della sua vita, la sua mano che tremava nella
mia, gli occhi sempre più lontani, il suo corpo piccolo, fragile, stremato
dalla malattia… e quel sorriso che, nonostante tutto, era sempre lì.
Per noi che non potevamo fare niente per aiutarla,
se non starle vicino.
Per me che la guardavo mentre si allontanava ogni
giorno di più, impotente e mi odiavo.
Fisso il soffitto e mi mordo la lingua. Fa ancora
male. Fa ancora troppo male. E non esiste una medicina tanto potente da
scacciare questo dolore.
Dicono che il tempo aiuti.
Non è vero. Dopo tutto questo tempo, sembra che lei
se ne sia andata solo ieri. Mi basta chiudere gli occhi per poter rivedere il suo sguardo spaventato e
agitato del giorno in cui ci lasciò, il suo sguardo che spaventa ancora anche
me, che fa paura, perché è la paura di essere soli nel momento del bisogno.
Sospiro e mi giro sul fianco nel letto, guardando
fuori dalla finestra. Il cielo notturno è limpido e pieno di stelle. Trasmette armonia,
ne trasmette un po’ anche a me. L’angoscia svanisce e lascia il posto alla
tristezza. La triste consapevolezza che lei non è più accanto a me, che non
potrò più condividere con lei tutte le cose belle e le cose brutte che
accadranno nella mia vita.
Come questa storia della band… non so se riusciremo a sfondare, a diventare,
come dice sempre il ragazzo che ora dorme tranquillo accanto a me, “più grandi
di Elvis”… ma di sicuro lei non lo vedrà e non sarà lì per-
“Paul?”
La voce di John, dolce e assonata, mi desta dai
miei pensieri. Temo di averlo svegliato con i miei delicati spostamenti.
“Mm?”
Il materasso si muove e capisco che si è voltato
verso la mia schiena.
“Che ti prende?”
“Niente.”
Non sono sicuro di voler condividere la mia
tristezza con John. Lui ha perso sua madre da così poco tempo. È una cosa che
ci ha avvicinati, è vero, ma la sua ferita è fresca, dolorosa allo stesso modo,
ma è dovuta a qualcosa di molto più tragico. Uno shock improvviso, la paura dopo
un fulmine a ciel sereno.
Eppure…
John non dice niente, ma lo sento sospirare e
subito dopo la sua mano sta giocherellando distrattamente con i capelli sulla
mia nuca, come se lui capisse, come se sapesse a cosa sto pensando.
Eppure…
Certo che lo sa. È qui con me, stanotte, John. È
rimasto con me, perché sa quanto sia difficile e doloroso questo giorno. È
rimasto per aiutarmi ad affrontarlo. È rimasto per non lasciarmi solo.
“Stavo solo pensando…”
“A qualcosa in particolare?” chiede interessato.
“A mia madre.”
Silenzio. Un silenzio che conferma quello che io
pensavo e lui immaginava.
“Capisco.”
“Pensavo che non potrà assistere a un sacco di
cose.”
“Ti sbagli. Lei potrà vedere tutto. Te l’ho detto. Guarda.–
dice John allungando un braccio oltre la mia spalla e indicando un puntino
brillante nel cielo notturno – Lì c’è la nostra stella. Lì ci sono le nostre
mamme e guardano sempre verso di noi. Loro guardano tutto quello che facciamo.
Devi ricordartelo.”
Seguo la sua indicazione e guardo la stella. Mary
Julia, si chiama così. È davvero la più brillante nel cielo, questa notte.
Sento il cuore che mi si riscalda un po’, ma c’è ancora quell’angoscia che non
andrà mai via, lo so. L’angoscia dell’abbandono, che fa sentire soli ora e per
sempre.
“Ma allora perché sono andate via?”
John sospira e poi fa scivolare il braccio intorno
alla mia vita e mi stringe a sé. E con il suo cuore che batte contro la mia
schiena, mi sembra già di conoscere la risposta.
“Perché non potevano prendersi cura di noi qui. Era
la loro forma umana che non glielo permetteva più. Allora, ci hanno voluto così
bene che hanno pensato di diventare degli angeli e volare lassù, su Mary Julia,
perché da lì avrebbero potuto vegliare su di noi come fanno tutte le mamme. E
tu non devi mai sentirti solo, perché loro sono sempre lì e io sarò sempre qui
per te. Lo prometto.”
Sorrido, chiedendomi questa volta, come faccia John
a sapere sempre ciò che mi spaventa. Non ne ho idea e non lo voglio sapere,
almeno per il momento, sta bene così.
E questo, insieme a un’altra piccola stretta del
suo braccio, quasi a voler sugellare la sua promessa, mi fa sentire meglio,
meno solo. Improvvisamente, per quanto sia consapevole che il mio dolore
rimarrà per sempre, sono anche certo di avere la forza necessaria per
affrontarlo. Almeno… con John al mio fianco, che mi ricorda di Mary Julia, che
sa sempre cosa dire e che mi abbraccia.
E a distanza di tanti anni, mi ritrovo ancora solo,
nel mio letto, alla mezzanotte di un altro triste anniversario. Mi ritrovo
ancora a guardare Mary Julia, a soffrire e a chiedermi questa volta, quante
cose John si perderà della mia vita. E soprattutto chiedermi perché se ne sia
andato. Lui che aveva promesso di non lasciarmi.
Neanche tu, John, potevi più vegliare su di me da
quaggiù?
Avevo
detto che la prossima sarebbe stata una flungst e
difatti, questo è. Fluff + angst. Accoppiata
affascinante.
Dovevo scrivere
questa storia, dovevo scriverla per la festa della mamma. Magari è una
schifezza, ma dovevo scriverla. Ecco tutto.
Ovviamente, si ispira a questo evento, descritto da Paul: “One night he was so drunk that I had to drag him away
from the pub and bring him in a park to vomit. When he finished, he was upset
and we sat on a bench. Still drunk and hesitant, he pointed his finger at a
star straight above our heads and he said: -That is the star my mother dedicated to me and it has
always been mine. But from now on it will be yours too, if you want. Its name
is Mary Julia and everytime you will look at it in
any situation, any moment you will know that I’m there near to you laughing
about how queer you are. I will always be there, I promise, I will look at you
from Mary Julia. And even the contrary because it’s our star, just ours, a star
that belongs to two idiots that strum and that every night lie on a bench full
of alcohol.”
Solitamente
non mi fido molto di queste cose trovate su tumblr,
ma per questa storia ho voluto crederci ed eccoci qua.
Spero sia
piaciuta. La prossima sarà probabilmente una rossa… boh… =)
Kia85