Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Jacksonnie    12/05/2013    1 recensioni
Quando tutto sembra andare storto, ci sarà sempre qualcuno che farà tornare dritta la via.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
He searched the love...and he found it.
Noah era un ragazzo che frequentava la seconda liceo. Si era trasferito lì solo da due mesi prima che iniziasse la scuola e non si era ancora ambientato nella nuova città e nella nuova scuola, e forse non ci sarebbe mai riuscito.
Ogni volta che passava per i corridoi tutte le ragazze si mettevano sulla porta per guardarlo, ed era proprio questo il suo problema. Si dovette trasferire perchè questa sua straordinaria bellezza attirava molto l'attenzione e le ragazze avevano occhi solo per lui, questo comportava gelosia nei confronti degli altri ragazzi. Dovevano assolutamente fare qualcosa. Decisero quindi di pagare il gruppetto dei bulli della scuola per picchiarlo: se avesse perso tutto quel carisma le altre ragazze avrebbero ripreso a guardare anche gli altri ragazzi. Così, tutti i giorni, al termine delle lezioni, lui veniva picchiato. Ogni volta i suoi genitori gli chiedevano perchè il suo viso era sempre più rovinato, ma lui non poteva dire la verità, aveva paura che le cose peggiorassero. Questa cosa andò avanti per molte settimane e alla fine, stanco di tutto questo, disse la verità ed implorò i suoi genitori di cambiare scuola. Nella nuova scuola non aveva ancora subito nulla, ma tutti quegli sguardi su di lui da entrambi i sessi facevano presumere che i guai erano alle porte. 
Lui non aveva amici, per questo decisero di chiamarlo 'Nessuno'. Pure gli insegnati, a forza di sentirlo chiamare con quel nome avevano iniziato a fare la stessa cosa. Non c'era cosa più terribile di quella.
 
Una mattina, non sentì la sveglia e si alzò tardi. Dovette prepararsi così velocemente che dimenticò di pettinarsi, ma quello era l'ultimo dei suoi problemi.
Prese la bici e cominciò a pedalare più forte che poteva, e quando arrivò a scuola, mancò poco che svenisse. Nonostante questo, continuò a correre per cercare di arrivare in tempo, ma mancavano a malapena due minuti. Doveva salire ancora pochi scalini. Sua madre gli inviò un messaggio, e quando lui lo aprì...andò a sbattere contro qualcosa e cadde a terra. Mise una mano sulla fronte, la testa gli girava come una trottola, poi, quando aprì gli occhi si trovò davanti un ragazzo con una mano tesa.
«Prendi la mia mano.»
Lui lo fece e subito si ritrovò in piedi.
«Va tutto bene?»
Noah non riusciva a parlare, ma non capiva il perchè, forse era rimasto affascinato dal gesto che aveva fatto quel ragazzo, o forse per un altro motivo...
«Ehi, ragazzino?»
Gli stava scoppiando il cuore, avrebbe voluto piangere di gioia, poi quando il ragazzo si avvicinò ancora di più a lui, Noah uscì da quella sua specie di ipnosi.
«Oh, sì, tutto bene, grazie.»
«Meno male, mi era preso un colpo.», disse tirando un sospiro di sollievo.
Sorrise, come non mai. Era così felice che lo avrebbe urlato al mondo intero.
In quell'istante suonò la seconda campanella.
«Oh santo cielo! Jared, dobbiamo andare in classe, su, corri!», gli urlarono i suoi amici.
«Sì, arrivo! Tu che fai? Entri più tardi?»
Scosse la testa, allora Jared lo afferò per un braccio e lo trascinò fino all'entrata.
«Ci vediamo, ciao!», e poi lui e i suoi amici entrarono nella loro aula.
Era come paralizzato e già sentiva nostalgia di quella voce così calda. Era il primo ragazzo che lo aveva trattato come una persona, e la prima cosa che disse fra se' e se' fu quella di sposarlo, poi si rese conto di ciò che aveva pensato e diventò rosso.
«Noah, smettila di pensare a queste cose, tu sei un ragazzo ed an...»
«Ragazzino, ti decidi ad andare in classe?», lo rimproverò una bidella.
Era così preso da quel ragazzo che si era dimenticato di tutto il resto. Corse a cercare la sua classe, e quando entrò il suo professore di chimica non lo accettò e lo lasciò fuori. A lui non dispiacque, anzi, avrebbe speso quel tempo per ripensare a cio che era successo poco prima. Decise che anche l'indomani, e l'indomani ancora e fino alla fine dell'anno lui sarebbe entrato tardi, solo per vederlo. Forse si stava veramente innamorando, ma non voleva ancora ammetterlo a se' stesso.
***
Ormai era da una settimana che lo stava facendo, così Jared decise di iniziare a parlargli e magari di stringere un rapporto d'amicizia. Così, un giorno, immaginando che Noah sarebbe arrivato agli ultimi minuti, lui si sedette sugli scalini ad aspettarlo. 
Mancava veramente poco e il ragazzino arrivò. Appena i loro sguardi si incrociarono entrambi sorrisero e si andarono incontro.
«Lo sapevo.», disse per poi abbracciarlo a se'.
Il piccolo arrossì e nonostante gli avesse chiesto di lasciarlo lui voleva stargli vicino per sempre. Aveva un buon profumo e avrebbe voluto respirarlo fino alla sua morte.
Si staccarono e Jared lo portò sotto ad un albero, e si sedettero.
«Ma noi...dovremmo essere in classe.»
«Se per una volta ce la saliamo non muore nessuno, non credi?», e sorrise di nuovo.
Noah sentì qualcosa di strano nel suo stomaco, qualcosa che non aveva mai provato, gli piaceva ma allo stesso tempo gli dava un po' fastidio. Aveva capito, ma era spaventato di ciò che provava l'altro nei suoi confronti. Improvvisamente sentì gli occhi gonfi e si alzò.
«Cosa stai facendo?»
Si morse un labbro, poi rispose: «Devo andare.», ma quando provò ad allontanarsi Jared lo fermò.
«Non so neanche come ti chiami...non andartene, e poi, vorrei che tu oggi venissi da me.»
Entrambi si amavano, ma forse c'era una piccola differenza tra i due: Jared aveva  bisogno di Noah più di quanto il piccolo avesse bisogno di lui. Aveva chiesto in giro qualcosa sulla sua storia, ma tutte le cose che trovava non gli bastavano, voleva sapere di più.
Gli occhi del ragazzino tornarono ad essere leggeri, ma la confusione nella sua testa e il dolore alla pancia non passò. Si sedette di nuovo vicino all'amico e si presentò. «Mi chiamo Noah.»
«Bel nome. Allora oggi vieni da me?»
Si grattò un po' il collo. Aveva una grande voglia, ma aveva il dubbio che fosse solo una trappola per poi prendere altre botte. Era la prima volta che gli succedeva una cosa simile ed era spaventato.
«Per favore, ho già preso tutte le cose! Ho comprato i pop corn nel caso avessi voluto vedere un film.»
Subito alzò lo sguardo su il più grande. Sembrava un ragazzo così dolce, non poteva pensare che lo stesse ingannando. Accettò e gli occhi di Jared si fecero più brillanti e Noah si innamorò ancora di più. 
«Mah...io non so dove abiti.»
«Non c'è problema: mangi da me.»
«Non vorrei dare fastidio...», disse cercando di guardare qualcos'altro che non fosse lui.
Mise l'indice sulla sua bocca per fargli capire di stare zitto, indossò gli occhiali da sole e si sdraiò sulla morbida erba.
Noah lo guardava con occhi pieni d'amore. Avrebbe voluto baciarlo, ma quando provò a toccare una sua guancia sentì lo stomaco contorcersi e la tirò immediatamente indietro.
Jared si tolse gli occhiali e gli chese che cosa stesse per fare. Gli rispose con un niente, ma entrambi sapevano che quella era una bugia. Alzò la schiena, appoggiò una mano sul suo petto e lo tirò giù, poi si risdraiò. Gli mise addosso i suoi occhiali da sole e si mise a ridere. Il ragazzino glieli rimise in testa, poi si girò, mettendo la pancia a terra e nasconse la faccia tra le braccia. Si girò anche l'altro ragazzo e appoggiò la testa sulla sua schiena. «Sei uno stupido, sono solo un po' grandi, non ho detto che stavi male.»
Ma lui non aveva nascosto la testa perchè si era offeso, ma perchè la risata del grande lo faceva stare bene e gli faceva apparire sul viso un sorriso da ebete.
Il più grande spostò un po' i capelli del piccolo che cadevano sulla nuca, poi ci passò la punta del suo naso. Tutto questo faceva impazzire e rilassare il piccolo.
«Su, andiamo a casa mia.», disse alzandosi.
L'altro ragazzo fece la stessa cosa, presero le rispettive biciclette e pedalarono fino ad arrivare alla sua casa.
***
Gli piaceva molto la famiglia di Jared, erano molto gentili con lui e lo trattavano quasi come uno di loro.
 
Erano quasi le cinque del pomeriggio e lo stomaco di Noah aveva iniziato a brontolare già da un po', ma per vergogna preferiva tenersi la fame. Jared non era stupido e si era accorto che spesso l'amico massaggiava la pancia, e i rumori che provenivano da lì erano abbastanza forti, così mise nel microonde i pop corn, gli fece scegliere un film, poi gli disse di accomodarsi sul divano, mentre lui aspettava che i pop corn finissero di cuocere.
 
Era da circa una mezz'oretta e spesso il più grande puntava lo sguardo su Noah, a lui non interessava il film. Poi si abbassò verso la sua bocca. Era un po' unta e più rossa del solito. «Ho bisogno di assaggiarla.», pensò.
Si avvicinò molto lentamente a lui, ma poi si rese conto che forse Noah non aveva ancora chiarito i suoi sentimenti e non voleva che, affrettando le cose, la loro amicizia finisse, così si allontanò.
Poco più tardi entrambi misero una mano dentro al contenitore dei pop corn e si toccarono. Sentirono un brivido freddo percorrere le loro schiene. Nonostante quello, però era piaciuto loro toccare la mano dell'altro.
***
Il giorno dopo, Noah, appena arrivò a scuola, vide Jared con una ragazza. Erano molto vicini e si tenevano per mano. Si sentì crollare il mondo addosso e decise anche quel giorno di salare, non sarebbe riuscito a fare nulla, se non piangere. 
Andò a casa sua e appena toccò il letto scoppiò in lacrime. I suoi pianti ribombavano per la casa, ma era da solo, avrebbe potuto piangere e urlare quanto voleva.
Si diede dello stupido, in fondo, Jared non gli aveva confessato i suoi sentimenti, e un invito a casa significava solo amicizia. Chissà quanti ne aveva invitati prima di lui. Urlò più forte. Tutto il suo mondo si era frantumato e il suo cuore era a pezzi.
Ma lui non sapeva che era stata quella ragazza ad avvicinarsi a Jared, perchè anche lei era innamorata di lui. 
 
Il giorno dopo disse ai suoi genitori di non sentirsi bene e restò a casa, appena uscirono entrambi lui riprese a piangere. Era stanco di tutto, nella sua vita non aveva nulla più senso, e avrebbe voluto farla finita di tutto quel dolore, ma era così debole che pure un coltello sembrava che pesasse come una tonnellata di piombo.
 
Restò a casa anche il giorno seguente, vederlo con un'altra lo aveva distrutto.
Intanto Jared si stava preoccupando sempre più. Si chiedeva perchè non fosse a scuola e purtroppo non aveva il suo numero di cellulare o di casa per telefonargli e nemmeno il suo indirizzo. Aveva provato a chiederlo in segreteria, ma niente, erano informazioni riservate ed era vietato dirle agli alunni. Provò a chiederlo in giro, forse qualcuno tra gli studenti lo sapeva, ma...non era così.
 
Dopo essere restato a casa per tre giorni, ed essere stato sempre a piangere, il quarto decise di tornare a scuola, aveva finito le lacrime e il dolore era passato, o così diceva lui. Da quel giorno riprese a svegliarsi prima e ad entrare a scuola in orario, non c'era più nessun motivo per cui doversi alzare tardi.
Appena suonò la campanella entrò con gli altri suoi compagni. Nessuno lo considerava...tutto tornò proprio come all'inzio. 
Jared invece era fuori, sugli scalini, ad aspettarlo ancora, e lo avrebbe fatto finchè non lo avesse visto e stretto a se' di nuovo. Noah lo aveva visto dalla finestra, ma non gli importava. Se avesse voluto smettere di amarlo non doveva più avere nulla a che fare con lui, ma questa cosa gli fece capire anche che il resto della vita lui l'avrebbe trascorsa da solo, non voleva più avere amicizie.
 
All'ora di pranzo, tutti stavano mangiando o prenderndo da mangiare, ma non il ragazzino, non aveva fame. Prese il suo cellulare, le cuffiette ed iniziò ad ascoltare la musica in un tavolino tutto solo. Spesso si avvicinavano delle belle ragazze ma a lui non interessavano e le mandava via.
Poi, verso la fine della pausa, un ragazzo si sedette al suo tavolo e gli tolse le cuffiette sgarbatamente. Noah aprì gli occhi e vide che quel ragazzo era Jared.
«Perchè non sei venuto a scuola in questi giorni? Perchè non sei entrato tardi oggi? Mi vuoi dire che cosa ti sta succedendo?», disse pieno di rabbia.
Il più piccolo prese la cuffiette e suo cellulare, ma prima che si allontanasse l'altro lo prese per la maglietta e lo trascinò fino ai bagni. Non importava quanto si dimenasse e quanto urlasse, lui voleva chiarire le cose con il suo amico.
Aprì la porta di un gabinetto ed entrarono, poi la chiuse e mise Noah contro al muro.
«Dimmi, ora. Ho bisogno di sapere.»
«No c'è nulla da dire, ora lasciami stare.»
Tutte questo stava solo facendo innervosire il più grande.
«Ho fatto qualcosa che non dovevo fare? Ti prego, dimmelo, non ce la faccio più.», e si lasciò cadere a terra con gli occhi gonfi di lacrime.
«Tu non hai fatto nulla, io ho sbagliato.»
Afferrò una sua gamba e la strinse, poi gli implorò di non mentirgli.
«Perchè perdi tempo con me del secondo anno, quando hai ragazze del tuo stesso anno che ti girano attorno e ti tengono per mano? In fondo io sono solo un moccioso.»
Si alzò e lo guardò negli occhi confuso, poi, capito a cosa si riferisse, si allontanò da lui, appoggiò la sua schiena nel muro opposto e infilò una mano nei suoi capelli. Prese un grosso respiro e gli diede uno schiaffo. «Sei uno stupido! Io non amo quella là, ne' mi interessa! E' stata lei a cercarmi e a prendere la mia mano!»
Noah appoggiò una mano sulla guancia dolorante e anche i suoi occhi cominciarono a rimpirsi di lacrime, ma non a causa del dolore.
«Smettila di mentirmi, sono stanco.»
Si fissarono dritti negli occhi. Doveva farlo, lui voleva sapere la verità e poi...peggio di così poteva andare.
Il cuore gli batteva all'impazzata e lo stomaco aveva iniziato a fargli male, ma nonostante queste cose si avvicinò a lui velocemente. Appoggiò le sue mani sulle guance dell'altro e le loro labbra si toccarono. Una scossa di adrenalina percorse tutto il loro corpo. 
Quando si staccarono il ragazzino gli chiese cosa fosse quello e l'altro lo ribaciò. «Ha le labbra morbide, vorrei poterlo baciare per sempre.», pensava.
«Jared, mah...-si mise a piangere, poi riprese a parlare- Ho detto ai miei genitori che stavo male perchè non sopportavo vedere te con un'altra. Mi sono innamorato di te appena ho aperto gli occhi dopo la caduta, ma pensavo che tu non ricambi...», non riuscì a completare la frase perchè l'altro lo aveva baciato ancora.
«Ti amo, stupido, non dimenticarlo mai.»
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Jacksonnie