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Autore: cinna    12/05/2013    0 recensioni
Guardo la boccia contenente i nostri nomi. Zaila Intratua ci infila una mano arcuata, la fa volteggiare sui foglietti ripiegati su se stessi; ne tira fuori uno e poi pronuncia la fatidica frase: -Ginevra Trauta!-
Mi sento svenire. Non riesco a capire più nulla. L'unica cosa che sono riuscita a capire...è stata il mio nome.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

Apro gli occhi. All'inizio non vedo nulla, l'oscurità offusca i miei occhi. Poi metto a fuoco ogni cosa. Il grande pino, che si erge proprio di fianco alla piccola casa mia e di mio padre. Mia madre non c'è più. Spesso, mi ritrovo a fantasticare sul fatto che magari è solamente a fare una delle sue lunghe passeggiate per il distretto, ma poi mi costringo a ricordare che è morta proprio così: in una frana che ha distrutto la parte più esterna del villaggio. Mi accorgo di essere appoggiata al tronco dell'albero. Mi alzo e vado dentro la nostra squallida casa. L'unica cosa che abbiamo. Vado fino in camera di mio padre: è presto, ma lo costringo a svegliarsi, dicendogli: -Forza. Oggi è il giorno della mietitura-. Parole poco belle, dato che significano una cosa sola: oggi, un ragazzo e una ragazza del nostro distretto e degli altri undici, verranno spediti in un'Arena e costretti a combattere per la vita. Li scelgono tra i dodici e i diciotto anni. E io ne ho quindici.  Non ho paura degli Hunger Games. Ho paura del dolore che proverebbe mio padre se mi vedesse partire con un biglietto di sola andata per la morte certa.                                                                                                                                           Vado in quello che potrei definire bagno, e mi immergo nell'enorme tazza ricca di acqua gelida e mi lavo. All'inizio, il freddo è insopportabile, ma poi mi ci abituo e comincio a strofinarmi il corpo, ripulendomi dagli aghi di pino che ho tra i capelli e la terra sotto le unghie. Mi asciugo, mi vesto, mettendomi un vestito marroncino, che mi arriva alle ginocchia e che si intona particolarmente bene con i miei capelli, appena poco più scuri. Vado in cucina, dove trovo mio padre che accende il fuoco. -Non preoccuparti, sarò di ritorno prima che tu te ne accorga-. Mi sento rispondere -Lo so, Ginevra- Io, invece, lo spero.                                                                                    
Esco, prendo la stradina che porta al vecchio e quasi diroccato Palazzo della Giustizia e mi infilo nella grande colonna di ragazze vestite con i miei stessi colori e incrocio Jen, che mi fa l'occhiolino. E' simpatica, Jen. Non siamo proprio amiche, ma a volte parliamo, anche se alla fine non sappiamo mai di che cosa. Le grandi colonne di persone si riempiono poi, dal Palazzo, escono il sindaco con sua moglie e la oltre modo euforica Vera Malica, colei che annualmente estrae uno dei nostri nomi dalle bocce di vetro sul palcoscenico.                                                       
 -Buon Giorno! Oggi, vedremo insieme i tributi dei Settantaseiesimi Hunger Games! Andando contro l'abitudine, prima i signori!-. Mi blocco perplessa, realizzando ciò che ha appena detto. Prima i signori? Sapevo che era abbastanza fusa, ma non credevo così tanto. Poi, la vedo che passeggia verso la boccia maschile e che infila la sua mano arcuata dai colori stravaganti, come i suoi capelli lunghi e boccolati color verde acido, e tira fuori un minuscolo foglietto piegato su se stesso. Non ho idea di chi possa essere. Io non ho amici. Nessuno, dato che sono quasi sempre scontrosa e aggressiva. Per cui, vedo Vera aprire il biglietto, creare la suspense che ama tanto per poi urlare con quanta più voce ha nei polmoni "Fil Terata!". I polmoni smettono di funzionare. Il mio cuore si ferma, così come tutto il resto del mio corpo. Certo, non ho amici, ma ho un amore segreto, di quelli mai confessati. Amore che sta andando al macello.   
Realizzo la situazione. So cosa devo fare, ovvero cercare di dirgli tutto, prima di non vederlo mai più. Ma non so come fare. Allora decido di aspettare dopo la mietitura. Così, vedo Vera dirigersi alla boccia femminile, dopo aver fatto salire sul palco un Fil piuttosto scombussolato e incosciente della situazione. Allunga la mano nella boccia, la fa volteggiare sopra quelli che devono essere almeno duecento foglietti, infila la mano tra essi e ne tira fuori uno. Il cuore mi batte all'impazzata, mentre penso che non deve essere il nome di Jen, quello scritto su quel pezzo di carta. Poi urla:   -Ginevra Mason!-             
Tutti gli occhi sono puntati verso di me. E, mentre mi dirigo verso il palco, penso: "Sto per entrare nell'arena".

  
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