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Autore: micRobs    13/05/2013    6 recensioni
Sebastian/Thad | Future Fic, Daddies!Thadastian | Fluff e dolcezze varie.
Dal testo: "Thad conosceva il suo primogenito abbastanza da sapere che, quella di metterlo al corrente della loro decisione, sarebbe stata un’impresa tutt’altro che semplice. Aveva dovuto ricredersi però, quando – complici una bella giornata di sole di fine novembre, una gita al parco loro tre da soli e la bicicletta nuova che il bambino stava chiedendo da mesi – lui e Sebastian erano riusciti a comunicargli che presto avrebbe avuto un fratellino.
Seth era rimasto in silenzio e aveva continuato a bere il suo succo ai frutti blu, dondolando i piedini fuori dalla panchina e concentrando la sua attenzione su qualsiasi cosa non fossero i suoi genitori. Sebastian, allora, gli aveva domandato cautamente se avesse capito ciò che gli avevano detto e lui si era limitato ad annuire e a chiedere, timidamente, se avrebbe potuto continuare a dormire nel proprio letto."
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Sebastian/Thad + pargoli vari,
Genere: Generale / Commedia / Angst lieve / Fluff / Slice of life / Fluff.
Avvertimenti: Future!Fic / Daddies!Thadastian.
Rating: Verde
Parole: 2275 (secondo Word)
Note d’Autore: A grande richiesta, sono lieta di presentarvi il secondogenito dei miei Thadastian! È stato un travaglio lungo e (neanche poi tanto) doloroso, ma la shot è qui ed io posso solo sperare che sia di vostro gradimento, perché il sostegno che mi date si merita il meglio di me. Un grazie speciale alle ragazze del gruppo Thadastian, perché mi allietano le serate e fanno venire tante idee malsane. Siete belle <3
Note di betaggio: Quella meraviglia della mia metà che regredisce con me all’età mentale di sei anni, quando ci sono questi bimbi di mezzo :3

 
 
 

Four of a kind

 
 


 
Quando Demian era nato, Seth aveva circa quattro anni e mezzo.

Sebastian e Thad ne avevano parlato a lungo e alla fine avevano stabilito che quella era l’età giusta per iniziare a prendere in considerazione l’idea di avere un altro figlio.

Thad conosceva il suo primogenito abbastanza da sapere che, quella di metterlo al corrente della loro decisione, sarebbe stata un’impresa tutt’altro che semplice. Aveva dovuto ricredersi però, quando – complici una bella giornata di sole di fine novembre, una gita al parco loro tre da soli e la bicicletta nuova che il bambino stava chiedendo da mesi – lui e Sebastian erano riusciti a comunicargli che presto avrebbe avuto un fratellino.

Seth era rimasto in silenzio e aveva continuato a bere il suo succo ai frutti blu, dondolando i piedini fuori dalla panchina e concentrando la sua attenzione su qualsiasi cosa non fossero i suoi genitori. Sebastian, allora, gli aveva domandato cautamente se avesse capito ciò che gli avevano detto e lui si era limitato ad annuire e a chiedere, timidamente, se avrebbe potuto continuare a dormire nel proprio letto.

L’abbraccio in cui i due uomini lo avevano stretto – insieme a una lunga serie di rassicurazioni, di “bravo il nostro ometto” e baci sulle guance – era stata una risposta più che sufficiente.

Demian era nato alle otto di mattina di un piovoso quattordici febbraio, dopo un travaglio di quasi undici ore da cui la povera Sarah era uscita distrutta, ma sorridente. Sebastian e Thad avevano trascorso la notte in ospedale, mentre Seth dormiva a casa dei signori Harwood, tra ansia, agitazione e preoccupazioni.

Sebastian, in particolar modo, non riusciva a stare fermo e aveva continuato a sospirare e sbuffare fino a che l’infermiera non gli aveva annunciato che lui e Thad potevano entrare a salutare Sarah. La ragazza sembrava esausta ma, non appena i due avevano varcato la soglia, si era sciolta in un sorriso radioso e la prima cosa che aveva detto era stata: “Si vede che è figlio tuo, Sebastian, con Seth è stato molto più semplice.”

La scelta di chiedere nuovamente a Sarah era stata immediata e unanime. Sebastian e Thad ci tenevano che i due bambini avessero almeno parte del patrimonio genetico in comune – dato che, non appena l’idea di avere un altro figlio aveva iniziato a prendere corpo nelle loro menti, non avevano neanche avuto bisogno di specificarsi che il padre biologico sarebbe stato Sebastian. Senza contare che poi, all’epoca in cui avevano cercato la perfetta madre surrogata per il loro primogenito, Sarah era stata selezionata dopo estenuanti ricerche, interrogatori infiniti, visioni di alberi genealogici di almeno quattro generazioni – fissazione di Sebastian – e anamnesi accurate del suo stato di salute, di cui Sebastian e Thad si erano occupati personalmente: cercare un’altra candidata con quelle particolari caratteristiche, sarebbe stato impossibile.

Le infermiere avevano portato Demian in camera, mentre loro scherzavano sull’eventualità di chiedere a lei anche per il successivo figlio, e lo avevano depositato tra le braccia di Sarah, lasciando poi la stanza in un tripudio di congratulazioni e sorrisi sereni.

Sebastian si era avvicinato al letto lentamente, trattenendo il respiro e con il cuore che batteva in maniera forsennata alla prospettiva di vederlo per la prima volta, di stringerlo per la prima volta. Non aveva mai pensato che fosse una sensazione a cui ci si abituava – dopotutto, vi era stata una prima volta assoluta anche con Seth – ma, nel momento in cui si era chinato e aveva preso Demian tra le braccia, aveva realizzato che avrebbe potuto tranquillamente vivere di prime volte, se ognuna di esse gli regalava quel genere di sensazione.

Sebbene i nonni avessero insistito parecchio, Sebastian e Thad erano stati concordi su una cosa: avrebbero aspettato di portare Demian a casa, prima di presentarlo ufficialmente a Seth. Non avevano esperienza a riguardo e non sapevano come il bimbo avrebbe potuto reagire, quindi avevano preferito rimandare a quando, almeno, sarebbero stati in un ambiente a lui familiare e sicuro.

Seth li aveva aspettati accucciato sul divano del salotto, mentre nonna Amanda provava ad attirare la sua attenzione imitando i versi degli animali e lui persisteva nella sua inscalfibile espressione imbronciata. I due uomini si erano piuttosto preoccupati, quando lo avevano visto così corrucciato, e si erano scambiati uno sguardo angosciato, preparandosi psicologicamente alla lunga serata che li aspettava.

Thad aveva chiesto cortesemente a sua madre di lasciarli da soli con loro figlio e lei – forte dell’esperienza avuta col suo primogenito – aveva compreso e rispettato il loro volere.

Una volta rimasti soli, avevano subito compreso che la situazione non era così critica come immaginavano: Seth si era immediatamente rifugiato tra le braccia di Thad, mentre Sebastian si sedeva al suo fianco reggendo Demian. Ed era andata bene, era andata sorprendentemente bene.

Certo, Seth non si era risparmiato dal fargli notare che Demian era un bimbo un po’ bruttino – senza capelli, né denti – ma i suoi genitori si erano ritenuti soddisfatti e, chiudendolo in un abbraccio caloroso, gli avevano accordato il permesso di mangiare due fette di torta e dormire nel lettone con loro.

I problemi erano iniziati circa due settimane dopo e, paradossalmente, non a causa di Seth, come era logico aspettarsi.

Thad lo sapeva: un figlio era un impiego a tempo pieno, due figli erano abbastanza per un ricovero in una clinica psichiatrica, se non li si gestiva nel modo giusto. Ed era chiaro, dopo un tempo così breve, che loro non li stavano affatto gestendo nel modo giusto.

Lui poteva comprendere come si sentisse Sebastian – sarebbe stato da ipocriti affermare il contrario – visto che ci era passato con Seth: il senso di protezione, il bisogno di accertarsi perennemente che stesse bene, la voglia continua di tenerlo tra le braccia, ma una cosa era permettersi un comportamento del genere quando era uno solo il figlio a cui dover fare da genitori, un’altra era adottarlo quando ne erano due. Trascurando immancabilmente l’altro.

Thad non se la sentiva di farne una vera e propria colpa al marito, ma Seth ne soffriva e lui se ne era accorto dal modo in cui aveva iniziato a cercare morbosamente suo padre e a essere, purtroppo, geloso del fratellino.

Ed era uno scenario che lui temeva e che sperava di pover evitare, specialmente perché Sebastian sembrava sordo e cieco alle sue argomentazioni.

La svolta a quella asfissiante situazione di stallo e tensione era avvenuta circa un mese dopo la nascita di Demian, un fresco pomeriggio di metà marzo in cui il loro secondogenito aveva deciso di non aver la minima voglia di dormire.

Sebastian aveva trascorso più di un’ora a passeggiare avanti e indietro lungo la loro camera da letto, il bambino tra le braccia e una ninnananna tra le labbra, ma Demian aveva continuato ad agitarsi ed emettere vagiti contrariati e alla fine si era dovuto arrendere all’evidenza che avrebbe trascorso l’intera serata a deambulare per la stanza.

Proprio quando stava per perdere le speranze, però, il bimbo si era acquietato e aveva misericordiosamente preso sonno. Sebastian aveva sospirato e continuato a cullarlo con dolcezza, nella speranza che rimanesse addormentato il più a lungo possibile.

Neanche a dirlo, il sonno di Demian era stato bruscamente interrotto dall’arrivo festante e rumoroso di Seth.

«Papà!» Aveva esclamato, agitando un quaderno tra le mani. «Ho imparato a scrivere i numeri fino a trenta, vuoi vedere?»

L’uomo si era immediatamente allarmato e aveva coperto con una mano le orecchie del bimbo che aveva tra le braccia, per evitare che si svegliasse.
«Shhh, non ora, Seth» lo aveva ammonito. «Magari dopo.»

Seth si era preso il labbro tra i denti, ma non aveva demorso. «Ma papi» gli si era avvicinato e mostrato il quaderno. «Questo è il sette e questo qui il tredici e poi so fare le due palline per fare l’otto.»

«Seth, abbassa la voce, me lo fai vedere dopo.»

«…e questi qui sono due due e questo è quello che viene dopo e papà dice che…»

Ma il danno ormai era fatto e, un momento dopo, Demian si era svegliato e aveva cominciato a piangere, facendo sospirare sonoramente suo padre.

«Seth, maledizione» aveva quasi imprecato, cullando il bambino per cercare di farlo riaddormentare. «Guarda che hai fatto.»

Non poté vedere il labbro del suo primogenito tremare, né i suoi occhi riempirsi di lacrime e né il quaderno che si abbassava arrendevole, perché la sua attenzione era tutta dedicata a Demian.

«Lui piange sempre» aveva obbiettato Seth, la voce incrinata e più alta del normale. «Io volevo solo farti vedere i numeri.»

Nel momento in cui anche lui aveva iniziato a singhiozzare, Sebastian aveva sentito il peso di quella situazione gravargli sulle spalle. Alternava lo sguardo tra i suoi due figli e non aveva la più pallida idea di cosa fare per risolvere quella situazione, perché l’emicrania gli scoppiava nelle tempie e la stanchezza accumulata iniziava a farsi sentire.

Fortunatamente e con un’invidiabile provvidenza, Thad era comparso sull’uscio della porta, attirato dai singhiozzi dei bambini e dalla voce di suo marito.

«Che sta succedendo qui?»

Prima di poter fare qualcosa di concreto per impedirlo, Seth aveva lasciato cadere il quaderno a terra ed era corso verso di lui, lo aveva superato ed era sparito dalla camera. E Thad aveva capito immediatamente qual era il problema, perché conosceva suo marito, conosceva suo figlio ed erano settimane che quella situazione si reggeva in bilico.

«Demian» aveva spiegato Sebastian, cullando il bambino e sospirando stancamente. «Si era addormentato, ma Seth…»

Thad aveva inarcato un sopracciglio. «Seth… cosa?» Lo aveva quasi sfidato, mentre raccoglieva il quaderno a terra e lo riponeva sul letto. «Sebastian, lo sai che lui non ha nessuna colpa.»

«Lo avevo appena fatto addormentare, Thad» si era difeso l’uomo, «poteva anche tornare tra qualche minuto, io non…»

«Adesso» lo aveva interrotto Thad, una furia cieca dietro gli occhi marroni. «Io faccio riaddormentare Demian e tu vai da nostro figlio a spiegargli per quale motivo non volevi che lui cercasse di attirare la tua attenzione. E poi facciamo i conti io e te.»

Senza esitazioni, si era avvicinato e gli aveva delicatamente preso Demian dalle braccia. «Adesso» aveva sibilato, facendo un cenno verso la porta.

Sebastian aveva inspirato profondamente e si era passato una mano tra i capelli, sembrava più vecchio di quanto non fosse e Thad lo sapeva che si stava sobbarcando di più responsabilità di quante dovesse. Erano in due, dovevano essere genitori insieme.

Era uscito dalla porta senza un fiato, ma Thad aveva letto nel suo sguardo la comprensione e il dispiacere. Si sarebbe risolto tutto, ne era certo.
 

 
Sebastian trovò Seth in camera sua, la testa affondata nel cuscino e le spalle scosse dai singhiozzi. La sola vista di suo figlio in quelle condizioni bastò a farlo sentire un verme e a mettere in discussione qualsiasi sua precedente idea sull’essere genitori.

«Ehi, campione» mormorò, una volta sedutosi al suo fianco.

Seth scosse la testa e Sebastian lo sapeva che quella era un’implicita richiesta di essere lasciato in pace, ma non per quello se ne andò. Al contrario, gli posò una mano tra i ricci scuri, pettinandoglieli con le dita.

«Mi guardi, per favore?» Provò allora, sempre mantenendo la voce dolce e bassa.

«Vai via» miagolò Seth, la voce soffocata dal cuscino. «Non ti voglio più bene.»

Sebastian sorrise, sebbene quella frase lo facesse sentire indegno del ruolo che ricopriva. Suo figlio aveva ragione, suo marito aveva ragione: la colpa era sua e aveva dovuto fare arrivare Seth alle lacrime, per rendersene conto.

«Lo so, cucciolo» assicurò, senza smettere di accarezzarlo. «Papà è stato cattivo, ma ti ricordi quello che ti diciamo sempre, quando fai il cattivo tu?»

Il bimbo tirò su col naso e poi voltò il viso verso di lui. Sebastian avvertì lo stomaco stringersi quando vide i suoi occhi gonfi e rossi e le guance rigate di lacrime.

«Che devo chiedere scusa» mormorò Seth, passandosi il dorso della mano sul viso. «E promettere di non farlo più.»

Sebastian gli sorrise con orgoglio, mentre gli spostava le dita sulla fronte. Come aveva fatto a essere così cieco di fronte ai suoi errori?

«E se papà ti promette di non farlo più, pensi di poterlo perdonare?»

Seth si prese un labbro tra i denti, gli occhi di nuovo colmi di lacrime. «Tu vuoi più bene a lui» singhiozzò, la voce ridotta a un sussurro.

A quel punto, per Sebastian fu troppo: gli fece agilmente passare un braccio sotto il busto e lo tirò su, facendolo sedere sulle sue gambe. Sospirò di sollievo, quando Seth gli avvolse le braccia intorno al collo e nascose il viso nella sua maglia.

«No, ometto, voglio bene a entrambi allo stesso modo» garantì e gli accarezzò ritmicamente la schiena, nel tentativo di calmarlo. «Demian è piccolo e… ha bisogno di più attenzioni, ma non significa che io preferisca lui» spostò una mano sotto il suo mento, con l’intenzione di farlo scostare quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. «Non lo devi mai pensare, intesi?» Gli asciugò una lacrima, mentre Seth annuiva un po’ incerto.

Sorrise più tranquillo e lo strinse contro il suo petto, quasi volesse farlo diventare parte di sé. «Bravo il mio cucciolo» gli lasciò un bacio tra i capelli, mentre il bambino lo stringeva a sua volta.

«Sai cosa facciamo adesso?» Gli sorrise con dolcezza, il cuore immediatamente più leggero agli occhioni curiosi e attenti di suo figlio. «Lasciamo qui papà e Demian e io e te andiamo a mangiarci un bel gelato enorme, ti va?»

«Con la cioccolata?» Domandò speranzoso, le lacrime che ormai erano un ricordo lontano.

Sebastian sorrise, scostandogli i capelli dalla fronte. «Come lo preferisci tu, campione» garantì.

«E ti posso far vedere i numeri?»

«Tutti, cucciolo, tutti i numeri che vuoi.»


 

 
The End
 
   
 
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