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Autore: Antony_    15/05/2013    1 recensioni
La mia storia inizia da una sfida.
Sfida che, stupidamente, ho accettato una noiosa mattinata di scuola.
Con la mia compagna di banco.
Ora che ci penso, quasi tornerei indietro. Quasi.
Avevo promesso qualcosa di pericoloso, estremamente pericoloso e avevo giurato che avrei combattuto per ciò in cui credevo, quello che propriamente, la maggior parte delle persone chiama il proprio ideale, comunque, avrei combattuto e, se fosse stato necessario, sarei morta.
Promessa da coglioni, vero? Me ne accorgo ora, ma ora è troppo tardi.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 19

La realtà supera sempre la fantasia. Chi se lo immaginava cosa sarebbe successo in questo futuro?

Sedevo ancora a terra, incapace di rialzarmi. Pareva l'inizio di un incubo, quel momento in cui cerchi di scappare, ma alla fine ti ammazzano e poi ti svegli. Sì, ma dove? In paradiso? All'inferno? In ogni dove, in nessun dove.

Avvertii una musica forte e armoniosa insieme, riconobbi subito la canzone.

Non mi voltai per cercare di scoprire da dove provenisse il suono, mi sollevai e presi un li­bercolo così sottile che sembrava potersi spezzare. Ecco come apparivo io. Io ero la “Gab­bianella e il Gatto”. Piccola, bassina, sottile come un giunco, ma resistente come una canna di bambù. Riaffogliai quella storia, quel libricino minuscolo che ancora tutti leggono ai propri figli. Ecco l'emblema del fatto che per sopravvivere non devi essere grosso, devi avere sostanza. E l'acqua, per quanta possa essere, non saprà mai di niente, mentre un unico chicco di caffè ha il suo autentico sapore originale.

Chi piace a tutti, sostanzialmente non piace a nessuno. Meglio essere amata da pochi che odiata da tutti.

Chiusi “la Gabbianella e il Gatto” e lo riposi con cura, mi era rimasto solo lui. Non si era fatto vedere ed ora era solo, solo in mezzo a decine di Bibbie. Finché quella fiaba non arde­rà su di un candelabro della Chiesa, io non brucerò su di un Suo rogo.

Scesi in strada.

Debby! Debby!– mi affacciai alla sua finestra come Romeo al balcone di Giulietta –So che ci sei. Debby io sono umana, sbaglio come tutti, ma so amare. Non mi era mai capitato di affezionarmi così tanto a delle persone e tu sei tra loro. Esistono tanti tipi d'amore, sai? Uno è quello che provo per te, si chiama amicizia, poi c'è quello per Diego. Nessuno è quello vero. Io, in qualche matto modo, ti amo e, qualunque persona di quelle che mi stan­no fissando adesso sbalordite, pensi che sia una lesbica, non ha capito niente. Non ha pro­vato la vera amicizia, quel tesoro prezioso, che io non voglio perdere per colpa di un vec­chio e del suo patrimonio...– sussurrai il suo nome sperando che si affacciasse.

Vidi il suo viso contornato di caldi boccoli biondi.

Ti perdono– disse –e smettetela tutti di guardarla così!–

Per inciso,– iniziai –anche se fossi stata una lesbica, non sarebbero stati fatti vostri e sarei stata fiera di dirvelo, ma siccome non è così, ci tengo a precisarlo– feci l'occhiolino a Deb­by. Lei scoppiò a ridere. Mi stavo prendendo gioco di tutti e mi divertivo. Non sarei cam­biata mai radicalmente e questo che importava? A lei piacevo così com'ero, come a Diego, come a Guido, come ad Aliviero e Mr. Cloud. Come a Fiammetta.

Guardai le donne, gli uomini, i bambini, i cavalli, le sentinelle incaricate di tenerci a bada e ricordai il piano di essere delle partigiane...

Se non avessi infranto la legge non avrebbero potuto punirmi e ricordo bene che nei “Pro­messi Sposi” quel porta guai di Manzoni aveva scritto che molto si riusciva a fare pur se­guendo le regole del galateo, fino a sbudellarsi, dicevano lui e il suo alter ego.

Il popolo si era fermato, come ad aspettare la mia decisione, io mi avvicinai ad una donna che aveva in mano una sedia di legno, gliela chiesi e me la porse.

Piantai bene la sedia a terra e ci salii.

Le persone mi guardavano, le sentinelle non osavano fiatare. Mi chiesi dove le avessero trovate e chi fossero davvero, forse dei religiosi. Se fosse stato così sarebbe stato semplice, i religiosi che fanno parte del clero, ma non sono né il Papa né dei vescovi importanti, sono dei completi abietti.

Sono regredita anch'io. Prima scalavo delle statue, organizzavo concerti e scrivevo sul blog per aggiornarvi dei cambiamenti. Ora sono in piedi su una sedia mezza tarlata– risoli­ni –sapete cos'ha detto il sindaco a noi giovani? Sono sicura che non lo sapete e ve lo dirò io, visto che, probabilmente, gli unici giornali distribuiti e quell'unico canale in televisione, vi diranno ben poco di vero– levai la testa verso il cielo domandandomi cosa stesse facendo Dio in quell'istante, giocava a poker?

Sono lieta di annunciarvi che, cari i miei uomini liberi, ora non lo siete più. Soprattutto le donne, torneremo ad essere dei cani da borsetta. Torneremo a soffrire dentro scarpette troppo piccole, a non essere padrone di niente, neppure di noi stesse. Lavoreremo in delle fabbriche, scordatevi i vostri lavori, scordate ciò che amate. Scordate gli scioperi. Scordate il rispetto– gli occhi cominciavano a bruciarmi e le labbra mi tremavano, costrinsi me stes­sa a contenermi –sapete, è triste pensare che colui che ci sta per governare pensi che noi siamo utili, molto utili, unicamente utili... a proliferare. Siamo donne, il nostro compito è quello di adempiere ai nostri doveri: stirare, far da mangiare, servire, amare, aiutare–

I nostri mariti sanno chi siamo, non sono arretrati, ci amano ancora– disse una ragazza di circa vent'anni.

Hai ragione, gli uomini, però, tranne rari casi, sono facilmente condizionabili. Quanto cre­di che ci metteranno a trovare mitico il non picchiarci, l'occuparsi anche loro delle fac­cende? Quanto credi che ci metteranno ad abituarsi ad andare ogni sera dai loro amici a diver­tirsi? Sarebbe normale. Non sta a loro proteggerci, per quanto possano essere buoni, non possono risolverci i problemi. Siamo noi le padrone del nostro destino–

E anche se dovessimo lavorare in una fabbrica? Avremmo da mangiare, non moriremmo– guardai la donna che aveva appena parlato, giovane e bella.

Ma non saremo mai medici, né avvocati, né niente, saremmo solo delle operaie–

Però vivremmo, che m'importa del resto?– continuò imperterrita.

Non le sembra ingiusto?!– gridai.

Sì–

Allora facciamo tutte insieme qualcosa–

Cosa?–

Ribelliamoci!–

Se ci ribelliamo, moriamo. Non voglio morire– annunciò guardandosi attorno in cerca di alleate –voi lo volete?– nessuno si mosse.

Se ci ribelliamo e vinciamo, avremo molto di più!– mi spazientii.

E se ci ribelliamo e perdiamo? Ho una famiglia, voglio vivere ragazza! In che mondo vivi? Quello delle fiabe? Questa è la vita vera! Non puoi avere tutto quello che desideri, sveglia­ti una buona volta– un brusio si levò.

Se si vuole davvero una cosa, la si può ottenere impegnandosi!– urlai.

Sono potenti, ricchi, sono di più, hanno orde di fanatici, credi che abbiamo qualche possi­bilità?–.

Annuii triste, certo che sì, certo che le avevamo. Il popolo ha qualsiasi possibilità, ma deve crederci.

L'hai fatto il tuo teatrino. Dici molto di vero, tutto, ma purtroppo è irrealizzabile, ora sei diventata famosa. Finiscila perché il tempo degli scherzi è terminato, bambina, studia e poi raggiungici in fabbrica, ti accoglieremo con calore–.

Fu come se mi avessero uccisa, una pugnalata tanto forte da farmi svenire. Mi avevano schiaffeggiata con la realtà, con il cinismo della gente, con il suo sottovalutarsi.

Cosa dirà ai suoi figli?– ebbi la forza di chiedere.

I miei figli sono maschi– replicò. Questa volta un pugno mi colpì allo stomaco, eccolo an­cora: il menefreghismo, la cattiveria, l'egoismo.

E delle bambine? Le mamme delle bambine che diranno alle loro figlie?–

Che questa è la legge ed è sempre stato così– rispose una donna dolce di mezz'età.

Ma.. ma... ma...– balbettai –siete tutte d'accordo con questa donna? Volete solo sopravvive­re?–.

Risposta affermativa. Incerta, era come se non ci fossero alternative, loro dovevano essere sottomesse.

Bene, allora combatterò da sola–

Ti farai uccidere– disse la donna di prima.

Preferisco morire da viva, che vivere da morta. buona esistenza, io voglio vivere, grazie comunque– finii e me ne andai.

Il popolo era a bocca asciutta, combatterò, combatterò, combatterò... sola, o insieme a chi vuole vivere.

   
 
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