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Autore: LaMicheCoria    15/05/2013    3 recensioni
-Secondo me mi somiglia, senpai-
La palla roteò lungo il ferretto, ciondolò in avanti con noncuranza e alla fine decise che sì, forse avrebbe anche potuto fare lo sforzo di andare a canestro.
Kasamatsu recuperò il pallone e si voltò, corrugando la fronte: sugli spalti un ragazzo della sua età, se non addirittura più giovane, lo stava fissando con un che di divertito negli occhi chiari.
-Perdonami..?-
-Il personaggio dell’Agente Erre,
senpai- spiegò, sorridendo -Mi somiglia molto-
-Non vedo perché dovrebbe- tagliò corto Kasamatsu e spostò il peso da una gamba all’altra, a disagio.

[KasaKise] [A Rota]
[Seconda Classificata al "Kuroko no Basket Contest - Kuroko on AU" indetto da Rota]
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise, Yukio Kasamatsu
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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poy

Disclaimer: I personaggi di Kuroko no Basuke
non mi appartengono, ma sono di proprietà
di Tadatoshi Fujimaki ©.
Non mi appartiene nemmeno l’Universo di riferimento,
i cui diritti sono detenuti dalla Columbia Pictures ©.

 

 

 

 

A Rota ~

 

 

 

..: Pictures of You :.

 

Pictures of you, pictures of me
Remind us all of what we used to be.

{ Pictures of You – The Last Goodnight }

 

 

 

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Kiseki no Shīrudo

 

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Agente senior, classe uno. Erre.

 

Livello permesso.
Accesso consentito.
Kiseki no Shīrudo, scudo difensivo che avvolge la Terra. Tecnologia MIB, atto a mantenere la flotta
Tōō' al di fuori dell’atmosfera terrestre.

 

Restringi campo: Kasamatsu Yukio.

 

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Estratto dall’inserto culturale del Tokyo Journal, data 6 Marzo c.a.

 

 

L’Haruki Murakami della prefettura di Kanagawa: intervista a Kasamatsu Yukio, giovane autore del Bestseller internazionale

 Una Stella sul Petalo”

 

Di primo impatto Yukio Kasamatsu, diciotto anni e Capitano della squadra di basket del proprio Istituto, non sembra poi così diverso da un qualsiasi studente della Kaijō High: ci viene incontro con già indosso la divisa da allenamento e il sorriso tradisce un certo nervosismo. Indica gli spalti addossati al muro.
Si siede e posa la palla da basket sulle ginocchia; mi guarda per alcuni secondi, incerto come comportarsi. Cerco subito di tirarlo fuori dall’impaccio.

 

Intervistatrice: “Immagino che tu sia alquanto emozionato, non è vero?”

 

Kasamatsu annuisce. Poi, ricordandosi che si tratta di un’intervista, risponde.

 

Kasamatsu: “Fa sempre lo stesso effetto: continuo a sentirmi a disagio, ogni volta”
Intervistatrice: “Non ti preoccupare, non sarà una cosa lunga” (Un sorriso, questa volta meno tirato del precedente) “Allora, dicci. Ti immaginavi un simile successo per il tuo romanzo di esordio?”
Kasamatsu: “A dire il vero…Nemmeno immaginavo avrei scritto un romanzo d’esordio”

 

 

 

 

***

Aveva spalancato gli occhi e deciso di aprire il foglio di Word.
Ancora adesso non sapeva bene come quell’idea gli fosse venuta in mente, né perché, tutto d’un tratto, avesse sentito il bisogno fisico di mettere per iscritto qualcosa: fino a quel momento le sue produzioni pseudo letterarie si limitavano alle verifiche scolastiche e ai test di ammissione.
Era stato come svegliarsi da un lungo sonno. Prima il buio e poi, click, qualcuno accende la luce e tu capisci all’improvviso che devi fare qualcosa, anche se a quel qualcosa non ti sei mai dedicato, né pensavi ti sarebbe potuto interessare.
All’inizio il foglio bianco gli aveva fatto una certa impressione. Se ne stava lì a fissarlo, muto e immobile, in attesa di venir riempito di…cosa, Yukio non ne aveva la minima idea. Aveva pigiato alcune lettere sulla tastiera e aveva ottenuto un soggetto. Non male, aveva pensato, aggiungerò un verbo.
E l’accoppiata, stranamente, aveva funzionato.
Stavano bene insieme e gli sembravano stare ancora meglio se accanto svolazzava e sfarfallava un bell’aggettivo o un nastrino di subordinate oppure un rosario di incisi. Scrivere, cancellare, copia, incolla, modifica, Kasamatsu lo aveva sentito tanto naturale da poter andare avanti una notte intera senza sentire la minima fatica. Quando la testa, poi, era inevitabilmente crollata sul mouse pad, aveva già  scritto una cinquantina di pagine.
Il mattino l’aveva accolto con promesse di nuove idee e nuove immagini, parole sussurrate all’orecchio dai raggi del sole e dall’arricciolarsi delle tende contro il vetro.
Non aveva pensato neanche un solo istante alla possibilità di guadagno che poteva nascere da quelle cartelle fitte di caratteri, sempre più piene. Nemmeno si era prefissato un obiettivo, né si era fermato a chiedersi per quale motivo gli fosse sembrato tanto importante, proprio quel giorno, sedersi alla scrivania e accendere lo schermo del computer: l’istinto gli aveva detto che era giusto, che non doveva stare a riflettere su questo o su quello, che le parole sarebbero uscite da sole e non ci sarebbe stato nulla a fermare la loro folle corsa dalla mente alle dita.
E così era stato.
Quando poi era arrivato il successo, Kasamatsu si era guardato intorno frastornato, chiedendosi cosa fosse la strana sensazione che gli lambiva il petto. Brividi freddi di attesa, l’atteggiamento guardingo e persino una sottile soddisfazione.
Soddisfazione che nulla aveva a che fare con la pubblicazione del romanzo e il primo posto nella classifica dei libri più venduti in Giappone.

***

 

 

Intervistatrice: “Le recensioni parlano positivamente del tuo stile: sono concordi nel ritenerlo pulito, leggero, ma nonostante questo di forte impatto. Si soffermano in particolare sul modo in cui riesci a rendere veri i tuoi personaggi, ed emblematico di questo è sicuramente l’Agente Erre.” (a queste parole Kasamatsu alza appena gli occhi) “Molti lettori hanno ipotizzato che la sua figura potesse ricalcare una tua conoscenza, è forse vero? L’Agente Erre esiste nella realtà sotto falso nome?” (Tento una risata, ma lo sguardo di Kasamatsu da stranito si è fatto quasi apatico. Ci vuole qualche minuto prima che torni a concentrarsi sull’intervista e sulla risposta)
Kasamatsu: “No. L’Agente Erre è solamente frutto della mia fantasia. Ma sono contento di essere riuscito a renderlo reale agli occhi dei lettori”

 

***

-Secondo me mi somiglia, senpai-
La palla roteò lungo il ferretto, ciondolò in avanti con noncuranza e alla fine decise che sì, forse avrebbe anche potuto fare lo sforzo di andare a canestro.
Kasamatsu recuperò il pallone e si voltò, corrugando la fronte: sugli spalti un ragazzo della sua età, se non addirittura più giovane, lo stava fissando con un che di divertito negli occhi chiari.
-Perdonami..?-
Yukio portò un pugno al fianco e inarcò un sopracciglio. In risposta, l’altro saltò giù dagli spalti, si rassettò il completo di giacca e pantaloni neri, sistemò le maniche della camicia bianca e tirò appena la terminazione della cravatta scura. Solo quando ebbe passato anche una mano fra i capelli lo raggiunse, il libro Una Stella sul Petalo ben stretto in una mano.
-Il personaggio dell’Agente Erre, senpai- spiegò, sorridendo -Mi somiglia molto-
-Non vedo perché dovrebbe- tagliò corto Kasamatsu e spostò il peso da una gamba all’altra, a disagio.
Il ragazzo gli rivolse un sorrisetto saputo; Yukio considerò l’argomento chiuso, trovando decisamente più utile continuare l’allenamento piuttosto che prenderlo a calci per la sua faccia irriverente. E al diavolo la cortesia.
L’irritazione gli ribollì nello stomaco, rendendo impreciso e goffo il tiro a canestro. Kasamatsu ringhiò nel raccogliere il pallone e si impose alcuni istanti di raccoglimento per riprendere il controllo. Poteva sentire gli occhi dell’altro appuntati sulla schiena, fissi sul lembo di nuca che dall’attaccatura dei capelli si incuneava nella divisa.
Avrebbe urlato volentieri.
Il problema era non tanto che l’altro non somigliasse affatto all’Agente Erre, quanto che fosse l’Agente Erre a non assomigliare affatto a quel biondino da copertina: sembrava una patina, un ritaglio sbocconcellato alla bell’e meglio dalle forbici, un ricalco su scadente carta da lucido. I contorni tra i due non combaciavano e Yukio non riusciva a capire perché la cosa lo stesse facendo impazzire
.

 

***

Intervistatrice: “Capisco. Torniamo alla storia: la vicenda ruota intorno a questo Kiseki no Shīrudo, uno Scudo che dovrebbe proteggere la Terra da una flotta aliena..”
Kasamatsu: “Esatto. Lo Scudo è una sorta di gabbia per tenere a bada un potere esterno alla Terra, ma soprattutto interno: il depositario di questa forza, un alieno di Tōō', si nasconde tra gli esseri umani, si cela agli occhi di tutti ed il suo unico scopo è quello di recuperare lo Scudo e distruggerlo, in modo da permettere agli altri membri della sua specie di poter attraversare la barriera che difende tutti noi”
Intervistatrice: “Decisamente un personaggio controverso e dalle mire piuttosto antipatiche” (Kasamatsu ride con me e annuisce) “Però non compare mai all’interno della narrazione, è indicato unicamente come l’uomo che parla col dialetto del Kansai. Perché questa scelta?”
Kasamatsu: (rimane un po’ in silenzio, assottigliando le labbra) “Bhè, come ho già detto..lui si nasconde alla vista. Più che nascondersi, è meglio dire che si mimetizza, si confonde con l’ambiente  e la società circostante. Quindi, mi sembrava un…ottimo espediente narrativo, si dice così, sì? Ecco, un ottimo espediente narrativo per rendere più plausibile la sua figura, pur non facendolo fisicamente apparire nella storia.
“Nemmeno i membri della Kiseki no Sedai sono a conoscenza della sua identità”

Intervistatrice: “Ah, già, la Kiseki no Sedai! La cerchia di elementi scelti all’interno della società segreta che tiene nascosta l’esistenza degli Alieni all’umanità intera. Le eccellenze dell’eccellenza, anche se fra di loro c’è una talpa. Un traditore.”
Kasamatsu: “L’ex Agente Di, esatto. Colui che ha lasciato la Kiseki no Sedai per passare dalla parte dell’uomo che parla col dialetto del Kansai”

 

***

-Tu hai qualcosa che mi serve-
Kasamatsu si girò e subito roteò gli occhi al cielo.
Perché le visite più assurde gli dovevano capitare mentre si stava allenando? Ormai poteva anche abbandonare l’idea di vincere la Winter Cup e darsi al club di Ikebana.
Fece per rivolgere al fastidioso nuovo arrivato l’espressione più scocciata del proprio repertorio, ma lo sguardo dell’altro lo gelò sul posto. Yukio deglutì. La palla gli cadde di mano e rimbalzò via, borbottando contro le assi del pavimento.
Il tizio dalla carnagione scura sogghignò, chinandosi a prendere il pallone. Lo soppesò su una mano e poi sull’altra, senza distogliere un solo istante gli occhi da Kasamatsu –Che, dal canto suo, avvertiva continui brividi risalirgli la colonna vertebrale.
-Non so di cosa tu stia parlando- rispose e mosse un passo all’indietro.
-Davvero?- il ragazzo inarcò deliziato le sopracciglia e si lanciò il pallone alle spalle. La camicia bianca ebbe uno sbuffo, i lembi della giacca nera guizzarono. Non indossava la cravatta, tuttavia Yukio non poté non notare la somiglianza con l’abbigliamento dello scocciatore di pochi giorni prima.
-Almeno in questo hanno fatto un lavoro eccellente-
-In questo lavoro? Che intendi?-
-Andiamo..Non vorrai farmi credere che non ricordi nulla? Eppure quel tuo libro sembra molto specifico e dettagliato. Addirittura aggiornato su certi eventi-
Kasamatsu ingoiò un singulto, gettando uno sguardo veloce alla palestra: a parte loro non c’era nessuno, l’uscita che dava sull’esterno era bloccata e l’unica porta ancora disponibile era quella degli spogliatoi. Forse, con uno scatto..
-Non ci pensare neanche- sibilò l’altro e Yukio si voltò, sgranando gli occhi.

 

***

Intervistatrice: “Un altro personaggio su cui si è focalizzata l’attenzione dei lettori è quella dell’Agente senza nome che ha creato lo Shīrudo e che lo ha nascosto dall’Agente Di. Cosa puoi dirci di lui?”
Kasamatsu: (Kasamatsu ha di nuovo l’espressione persa di pochi minuti fa, gli occhi un po’ vacui. Mi guarda come se sulle prime non avesse capito la domanda, poi fa un gesto veloce con la mano, come a rassicurami) “Volevo che il lettore si sentisse l’Agente, tutto qui. Che non si estraniasse a causa del nome, ma fosse parte dell’azione”
Intervistatrice: “E il suo rapporto con l’Agente Erre? Se da una parte molti hanno apprezzato l’idea dell’Agente di nascondere lo Shīrudo nell’anello che Erre gli ha regalato al termine di una missione, c’è chi ha trovato la cosa un po’..fraintendibile, non so se mi spiego.”
Kasamatsu: (Abbassa appena gli occhi, prima di rivolgerli di nuovo nella mia direzione) “Sono compagni, i membri dell’organizzazione si muovono costantemente in due e il legame che si crea è ovviamente forte. L’Agente Erre darebbe la vita per lui e..(Si interrompe, aggrottando la fronte)

 

***

-Aominecchi, è sempre un piacere rivederti!-
Kasamatsu sobbalzò e sollevò la testa a fissare un punto oltre la spalla di “Aominecchi”: il ragazzo biondo, lo scocciatore da copertina, se ne stava mollemente appoggiato contro il maniglione antipanico, la testa reclinata e le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. Sembrava tranquillo, a proprio agio, ma a Yukio non sfuggì la mascella serrata, né la linea dura della mandibola.
“Aominecchi” palesò la propria non-sorpresa con un ghigno divertito, quindi si girò a fronteggiare il nuovo arrivato – Kasamatsu si chiese per quale motivo il Grande Demone Celeste si stesse divertendo tanto a farlo ammattire.
-Non hai ancora smesso di fargli da guardia del corpo, Erre?-
A quell’appellativo, Yukio aggrottò le fronte.
-Il grande capo Esse potrebbe trovare la cosa alquanto…fastidiosa. Non gli piace quando qualcuno non esegue i suoi ordini-
Erre, o chiunque fosse, raddrizzò le spalle e socchiuse gli occhi; avanzò di un passo, gettando uno sguardo affilato a..
-Tu dovresti saperlo meglio di me, Aomine-
-Oh, ti prego. Chiamami Agente Di, come facevi una volta-
Grande Demone Celeste, salvami.
Quelli erano completamente ammattiti, fuori di testa, degli emeriti imbecilli. O peggio, degli squilibrati mitomani.
-Sentite, adesso basta- l’irritazione ebbe la meglio sul buon senso e Kasamatsu si ritrovò a fronteggiare entrambi con la faccia più incazzata che gli riuscisse di fare.
Voleva solo allenarsi per la Winter Cup, per la miseria, che aveva fatto di male per meritarsi un duo di imbecilli esagitati che niente avevano da fare, se non gironzolare per Tokyo fingendosi i protagonisti del suo romanzo?
Oh, certo, da una parte poteva trovare la situazione piuttosto lusinghiera, se non fosse stata così fottutamente inquietante e, dannazione, Yukio odiava imprecare, ma in quel momento sentiva troppe cose ribollire dentro le vene e nel cuore per non lasciarsi andare a perifrasi non moralmente accettabili.
Puntò un dito contro di loro e il cerchio d’argento che teneva all’anulare scaglionò all’intorno barbagli azzurrini. Gli occhi dell’Agente Di ebbero un guizzo famelico, l’Agente Erre si gettò in avanti.

 

***

Intervistatrice: “E…?”
Kasamatsu: (Mi guarda solamente, gli occhi sgranati e l’aria terrorizzata)

 

***

Kasamatsu si protesse la testa con le braccia e quando avvertì il peso di Erre contro il fianco, assecondò la spinta rotolando sul pavimento polveroso della palestra, per attutire l’impatto col terreno. Esaurita la forza si concesse alcuni istanti per respirare pesantemente contro le assi incrostate di pittura, il cuore che batteva con violenza dentro la gola; si rimise in piedi giusto in tempo per sorprendere Erre mentre puntava una pistola di calibro e forma mai viste verso Di.
Per un riflesso incondizionato Yukio si lanciò verso gli spalti. Un istante e la deflagrazione vomitò contro di lui una vampata incontrastabile di calore; si rifugiò dietro i sostegni metallici, la schiena attaccata al muro e sulle labbra lo spassionato desiderio che l’intonaco si decidesse ad inglobarlo nei cinque secondi seguenti.
-Stai bene, senpai?-
Forse per la tensione, forse per il panico, Kasamatsu neppure si voltò verso la voce, ma indirizzò un pugno ben assestato verso quella che doveva essere la nuca dell’idiota alla propria destra; un accenno di piagnucolio e solo allora si decise a guardare Erre negli occhi.
-Senpai!- gnaulò questi, massaggiandosi la parte lesa –Io ti salvo la vita e..-
-Chi sei tu?- inveì Yukio e lo afferrò per il bavero della camicia –Chi sei tu, chi è lui? Yakuza? Volete fare pressione a me e alla mia squadra per indurci ad abbandonare la Winter Cup? Che giro di soldi c’è dietro? Quanto avete scommesso? E perché accidenti vi fate chiamare come i protagonisti del mio romanzo?-
Erre appoggiò le mani sulle sue nocche: una presa tranquilla, ma salda allo stesso tempo. Gli occhi, privi di qualunque malizia o infantilismo, si colmarono d’ombra e compassione. Kasamatsu lasciò la presa, corrugò la fronte. Non seppe dire né come, né perché, ma quello sguardo gli fu tanto profonda, tanto usuale da stringergli il cuore.
-Non siamo Yakuza, ma..-
-Noi siamo i protagonisti del tuo romanzo-
Entrambi si girarono e lo sguardo di Di li tenne inchiodati al muro.
-Sorpresa..?- tentò di scherzare Erre, per poi spingere Kasamatsu di lato: il loro comune avversario non aveva apprezzato la battuta. Anzi, aveva appena deciso i beni dell’Istituto stavano meglio in frantumi che integri.
Yukio venne sbalzato di lato e le orecchie rombarono; si trascinò fuori dagli spalti, sentendo un rigagnolo appiccicoso correre lungo la fronte. Alzò gli occhi, gemendo per il dolore e la fitta alle tempie.
Erre era aggrappato al ferretto del canestro con una mano, mentre con l’altra sparava raffiche di proiettili bluastri in direzione dell’ex Agente; questi schivava i colpi tra il gracchiare crepitante del pavimento divelto e rispondeva svogliatamente al fuoco. Sembrava quasi..annoiato mentre scivolava tra una pallottola e l’altra.
L’Agente Erre si lasciò cadere a terra, le ginocchia piegate e il palmo di una mano appoggiato a quel poco che rimaneva delle assi. Quando vide l’altro dirigersi verso di Yukio gli fu davanti con uno scatto felino, allargò le braccia e, nel momento in cui Di tentò uno slancio laterale, ne copiò il movimento, per bloccargli la strada.
Kasamatsu gemette più forte, le dita affondate tra i capelli.

 

E’ lui?
Esatto. Kise Ryouta, frequenta lo stesso liceo in cui andavi tu.
Mh. Zeta, sei sicuro di volermelo affidare? Sembra un modello, non un Agente.
Esse lo vuole nel suo piccolo harem di fenomeni.
..Che?
Dice che ha le doti giuste: lo chiama l’
Imitatore.

 

-Senpai!-
Yukio sgranò gli occhi e rotolò di lato, se per il richiamo o per istinto non seppe dirlo. Si rimise in piedi, scartò a sinistra quando lo sfrigolio della carica gli pizzicò guancia, scivolò verso destra e alzò il braccio per difendersi dal pugno dell’Agente Di. Mirò un calcio alla caviglia, ma l’altro abbandonò l’attacco per saltare all’indietro.
-Allora ti ricordi ancora come si fa- ghignò…Aomine. Aomine Daiki.
Il nome gli rimbalzò fulmineo nella testa, così come era successo per la conversazione con Zeta. Chiunque fosse. Anche se lo ricordava. La chiamata dagli Stati Uniti, il volto ovale e rigonfio, il sorriso saputo dietro la barba e lo sguardo divertito. L’incarico. Zeta. Ryouta. Zeta. Zeta ed Esse, la Kiseki no Sedai, l’Imitatore..
-Kise!- il nome gli uscì dalle labbra senza motivo, lo strappò a forza dalla gola.
Ma questi si già gettato in avanti e Di aveva alzato la pistola.
Aomine si girò di scatto, afferrò Erre per le spalle e lo lanciò lontano, mandandolo a cozzare contro gli spalti semidistrutti: di Kise si afflosciò tra i rimasugli di plastica e metallo, la testa abbandonata contro la spalla.
Kasamatsu gridò, corse contro l’avversario.
Approfittò dell’effimera sorpresa di Daiki per colpirgli il polso: riuscì nel doppio intento di fargli cadere la pistola e spezzare la guardia, quindi batté il palmo aperto poco sotto il torace, di modo che il bacino e l’equilibrio passassero un brutto quarto d’ora e ne uscissero malamente incrinati.

Come hanno fatto vedere in quel documentario sull’autodifesa
, si disse Yukio, L’ho fatto solo perché l’ho visto lì.
Aomine, comunque, non sembrava molto preoccupato dall’improvviso cambio di eventi. Ciondolò appena sulle ginocchia per il contraccolpo alla vita, ma ebbe la prontezza di riflessi per piantare immediatamente le mani a terra, usarle come perno e dirigere un calcio alle caviglie di Kasamatsu. Questi si ritrovò per terra in neanche un secondo, ruzzolò a destra per scampare alla suola dei mocassini neri di Aomine una, due volte, alla terza gli afferrò punta e tacco tra le dita e con uno slancio di spalle e bacino cercò di rispedirlo indietro, riuscendo nel contempo a rimettersi in piedi.
Se solo avesse avuto una pistola, pensò, sarebbe stato tutto più semplice. Piccola, maneggevole, alta potenza di fuoco. Il suo modello preferito.
Kasamatsu traballò incerto, il fiato corto e la vista annebbiata; non fece in tempo a sincerarsi né delle condizioni di Kise, né dell’avversario che un pugno di Aomine gli arrivò dritto dritto nello stomaco, piegandogli le ginocchia. Cadde a terra, un rivolo di saliva che colava dalle labbra fino al mento; circondò il ventre con le braccia e quando Di gli fu addosso non riuscì ad impedirgli di alzargli violentemente il braccio e strappargli l’anello dal dito.
-Grazie per il regalo- lo derise -Ho un consiglio spassionato per Zeta: cambiate marca di neuralizzatori.

 

***

Intervistatrice: (Scrollo Kasamatsu per la spalla e questi si riprende subito. Si scusa più volte e quando gli chiediamo se è disposto a continuare l’intervista risponde di sì, che ha solo avuto un momento di debolezza.)
Kasamatsu: Ci stiamo allenando per la Winter Cup, probabilmente ho esagerato con la sessione di esercizi quotidiani. Comunque, cosa stavo dicendo? Ah, sì. Erre darebbe la vita per il suo compagno (un sorriso) e lui gli tirerebbe un pugno per essere stato così idiota da pensare ad una simile eventualità.

 

***

-Sei un mentecatto!-
-Ahia, senpai! Così mi fai male..!-
Kasamatsu sbuffò, lasciando cadere le braccia in grembo. Le labbra ancora corrucciate, tornò a guardare il lavoro di riparazione della palestra: da ogni direzione sciamavano Agenti in giacca e cravatta, affaccendati e accaldati. Yukio, nel guardarli, si accorse di come l’idea di essere stato uno di loro fosse diventata meno bizzarra.
Lui e Kise –Lui ed Erre, erano seduti su una panchina di fronte alla palestra. Il perimetro era stato sgombrato, gli altri studenti allontanati con una scusa o con una sparaflashata in mezzo agli occhi; sotto l’ombra a cuspide delle foglie, Yukio guardava alternativamente da quello che era stato il suo compagno ai portelloni aperti della palestra,
Gli sembrava di trovarsi in una sorta di limbo, un luogo a metà tra la vita passata e quella futura, tra la memoria e l’oblio. La cosa che faceva più male, che più lo rendeva inquieto era sapere che la stasi era destinata a concludersi –E che, soprattutto, non ne avrebbe serbato alcun ricordo.
Si aggrappò ad ogni singolo dettaglio dell’ambiente circostante, da come la luce cadeva sui capelli biondi di Erre al modo in cui teneva le dita intrecciate sulle ginocchia; s’impresse nella memoria il profilo degli occhi, le ciglia che ombreggiavano gli zigomi alti ed il baluginio chiaro dell’iride. Con lo sguardo disegnò mentalmente la linea del collo e la forma del torace e delle spalle coperte dalla divisa nera d’ordinanza.
Non poteva fare a meno di notare come Erre fosse in uno stacco continuo con lo sfondo, un tassello dai contorni volutamente smussati destinato a non trovare mai un posto cui appartenere.
Un Agente che stava scrivendo qualcosa su di una cartellina tenuta di traverso sul braccio alzò gli occhi, li vide, li riconobbe e chinò il capo in segno saluto.
Sulle prime Kasamatsu aveva trovato tutta quella deferenza nei propri confronti piuttosto inquietante: si sentiva a disagio nel vedersi appellare e chiamare e salutare con affetto, ardore, ammirazione, complicità da persone che s’imprimevano nella testa come ombrosi dejà-vu. Persone che, soprattutto, aveva deluso permettendo ad Aomine di prendere lo Shīrudo.
-L’Agente Esseacca- Kise alzò una mano ed indicò con gesto vago una capigliatura che spiccava tra le altre per l’intenso colore verde –Dice che andrà bene. Lui le sa queste cose e all’Agenzia ci fidiamo, anche se va in giro con un orsetto di peluche vestito da ninja-
Yukio fece una smorfia.
-Avresti dovuto dirmi tutto quando sei venuto la prima volta-
-Mh. Non era proprio la prima volta, anche se non lo puoi ricordare- Erre reclinò il capo all’indietro e dondolò i piedi –A mia discolpa, avevo degli ordini da eseguire-
-Aomine..l’ex Agente Di ha detto stavi disubbidendo a quelli di Esse-
-Ma non ai tuoi-
Kasamatsu corrugò la fronte e si girò a guardare l’altro negli occhi, trovandolo tanto vicino da sentirne il fiato sulle labbra. Trattenne il fiato, gli occhi che, impazziti, schizzavano dalla bocca appena incurvata del compagno al baluginio divertito dello sguardo, alla complicità, all’effetto, al non-detto, a quel tutto racchiuso ed espresso pienamente dalla distanza ravvicinata.
-…Lo Shīrudo- tentennò Yukio, deglutendo –Ora è in mano a..-
Kise gettò la testa all’indietro e rise, rise tanto forte e così di cuore che Kasamatsu ebbe l’impulso di tirargli un altro pugno solo per sentirlo rantolare come giustizia voleva. Resistette alla tentazione e si limitò a fissarlo contrito, le braccia incrociate al petto.
-Ah, non c’è da preoccuparsi per questo! Il mio senpai è sempre previdente!- chiocciò Erre, infilandosi gli occhiali da sole.
Nel compiere quel gesto, le dita sollevarono una ciocca di capelli biondi all’altezza della tempia: da lobo pendeva un orecchino d’argento.
Yukio sgranò gli occhi.
Un bagliore azzurro dal gioiello e poi solo il lampo del neuralizzatore.

 

***

Intervistatrice: Siamo arrivati all’ultima domanda. Se dovesse dire qualcosa a chi ti ha ispirato per questo libro, cosa sarebbe?
Kasamatsu:..Grazie.

 

***

 

 

Nuova ricerca nel database.

 

Ricerca: Agente Ypsilon.

 

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Ricerca completata.
Agente Ypsilon, livello senior, classe uno. Riconoscimento di Agente Emerito per servizi resi sul campo.
L’Agente Ypsilon ha permesso la cattura dell’ex Agente Di, della sezione Kiseki no Sedai, nell’ambito dell’operazione Kiseki no Shīrudo. L’Agente Ypsilon, creatore dello Shīrudo, dopo il tradimento dell’ Agente Di  si è volontariamente sottoposto alla neuralizzazione per tenere nascosta l’ubicazione dello Scudo: ha però richiesto che frammenti di memoria fossero lasciati nel suo inconscio di modo che, una volta riemersi nella parte cosciente del cervello, potessero essere usati per catturare l’ex Agente Di e l’entità aliena per cui quest’ultimo lavora.
Ha inoltre provveduto a modificare di persona i propri ricordi per celare a chiunque quale fosse il nascondiglio dello Shīrudo.
L’ubicazione dello stesso è tutt’ora sconosciuta.

 

L’Agente Erre si stiracchia, emettendo un mugolio soddisfatto.
Chiude il database e torna a seppellire la memoria del proprio compagno dentro i circuiti del computer centrale dell’Agenzia; inclina la testa di lato, portandosi una mano a sfiorare l’orecchino.
Sorride.
L’operazione è riuscita come tutti, e in particolare l’Agente Ypsilon, si aspettavano andasse: Di ha portato all’uomo che parla col dialetto del Kansai l’anello, convinto che dentro fosse impiantato il chip di attivazione dello Shīrudo. Oh, che il gingillo contenesse tecnologia autorizzata MIB è vero, peccato che fosse un dispositivo di tracciamento: l’Agente Ypsilon non è mai stato uno sprovveduto.
Una Stella sul Petalo riposa ancora aperto accanto al computer del database; Erre lo acchiappa e poi si allontana con la sedia dalla scrivania, cominciando a dondolarsi all’indietro. Sfoglia alcune pagine, sbuffa, torna all’indice, controlla i capitoli, finalmente ritrova la parte del libro che preferisce. Si sistema meglio contro lo schienale, ben sapendo che è solo questione di tempo prima che Esse venga a ricordargli qualche improrogabile impegno, tipo andare a prendere Ti al Maji Burger perché fuori diluvia e lui, come al solito, si è scordato l’ombrello.
Ma fino a quel momento può rimanere in panciolle e perdersi tra le righe del romanzo, soffermandosi a contemplare a distanza ricordi stampati su un foglio di carta giallognolo.

 

“Erre lo guarda e gli occhi sembrano voler dire qualcosa, ma la voce..”

 
Le luci d’emergenza si accendono all’improvviso e chiazzano l’ambiente di  lampi azzurri e rossi.
Attenzione. Allarme. Invasione di Bogloditi in corso. Attenzione. Allarme. Tutti gli Agenti MIB a rapporto. Attenzione. Allarme. Invasione di Bogloditi in corso. Attenzione..
Ecco. Come non detto.
L’Agente Erre assottiglia le labbra. Si alza. Fa spallucce.
Dura la vita del Men In Black, già. Mai un attimo di respiro, ferie fuori discussione e vieni pure a scoprire che tra le grandi verità della vita, l’Universo e tutto quanto c’è l’origine aliena di Hyde e Gackt. Ah, e le canzoni degli Arc-En-Ciel sono trasmissioni meteo radio per la Nebulosa della Ventresca, i loro abitanti amano venire in vacanza ad Osaka.
Comunque..Bogloditi, eh? Ci penseranno gli Agenti di Manhattan: dopo aver affrontato degli scarafaggi giganti un’invasione di Bogloditi è roba da dilettanti.
I suoi servizi, inoltre, sono richiesti altrove: la squadra di basket della Kaijō High sta per disputare la finale della Winter Cup.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Erre lo guarda e gli occhi sembrano voler dire qualcosa, ma la voce, quella non sembra intenzionata ad uscire. Agente lo fissa di rimando, inarcando un sopracciglio: ora come ora vorrebbe solo dargli un pugno dietro la nuca o un coppino ben assestato, non disdegna nemmeno l’idea di un calcio alla base della schiena.
Hanno appena tentato di ridurli a meno di polvere e l’unica cosa che Erre riesce a fare è fissarlo come un ebete! Se non avessero condiviso missioni suicide, attacchi suicidi, appostamenti suicidi, insomma, se non avessero condiviso un numero incalcolabile di operazioni che come unica sicurezza avevano il loro suicidio più o meno volontario, l’Agente faticherebbe a leggere negli occhi del compagno qualcosa che non sia semplice stupidità.
Ma, appunto, hanno troppi trascorsi per non sapere che dietro lo sguardo ingannevole di Erre c’è molto di più di quanto egli stesso voglia svelare. E’ il motivo per cui si fida incondizionatamente di lui, nonostante una volta abbia quasi rischiato di farsi affogare per una contesa con un Kappa. E ci sono stati i tiri mancini perpetrati ai danni del Tanuki di Ikebukuro, ora che ci pensa. E solo perché la creatura gli aveva dato delle foglie secche abilmente camuffate per giocare a Pachinko, ma guarda un po’ te.
E la lista non finisce qui, ma l’Agente decide che, per la salute di Erre, è meglio non andare avanti. Così si limita a guardare l’altro di rimando, in attesa che dica qualcosa. Ma il tempo passa ed Erre continua a fissarlo con occhi divertiti, forse anche imbarazzati, appena più bassi rispetto alla complice sfrontatezza con cui è solito rivolgersi a lui.
“Dobbiamo nascondere lo Shīrudo” taglia corto l’Agente, esasperato dal silenzio, e incrocia le braccia al petto; il compagno sogghigna, affonda la mano nella tasca e ne estrae veloce qualcosa.
“Dici che questo potrebbe andare bene? In fondo, l’avevo pensato proprio per te”
Erre apre le dita e lì, sul palmo, balugina un anello d’argento.

 

Da “Una Stella sul Petalo”
Capitolo XV – Lo Scudo e l’Anello, pag 140.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-E dell’anello che ne farai una volta che ti sarai neuralizzato, senpai?-
-Lo terrò io, che domande idiote-
-Ma lo Shīrudo..-
-Lo Shīrudo sarà al sicuro. So già a chi affidarlo-
-A chi?-
Le dita scivolano a disegnare l’arco dell’orecchio.
Scendono fino al lobo, tirandolo in un muto,
a tratti persino amorevole, rimprovero.
-Abbine cura, Erre. Mi fido di te.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Ammetto che scrivere questa storia è stato un parto. All’inizio doveva essere una Long Fiction. Poi ho cambiato il soggetto, passando dall’Universo MIB ad un altro. Poi sono tornata al MIB, ma l’idea della trama era cambiata. Poi sono tornata a quella originaria e gira che ti rigira da tre-quattro pagine di storia che erano siamo arrivate ad una decina.
Vediamo. Note, note, note..Questa fan fiction si ricollega per una citazione nella parte finale ad una precedente one-shot KagaKuro già pubblicata in sezione, per quanto poi se ne discosti tantissimo, sia per i personaggi, sia per l’approfondimento dell’organizzazione stessa.
Ah, già. Ed è citato anche Imayoshi, perché, insomma, ce lo vedo troppo come l’antagonista di turno, lui e quei suoi occhiacci meravigliosi *A* Haruki Murakami è uno scrittore giapponese spettacolare di cui sono profondamente e irrimediabilmente innamorata, se vi capita qualcosa di suo fra le mani non esitate a leggere, non ve ne pentirete!
L’Agente Zeta è il gran capo capoccione dell’Agenzia MIB: mi sono immaginata, come dire..delle sorte di sottosezioni a livello Nazionale, dei distaccamenti che lavorano per la sezione principale di Manhattan. Infatti, oltre a citare Zeta, Kise nell’ultima parte parla anche degli Scarafaggioni del primo film dei Men In Black, e il terzo con l’invasione di Bogloditi. Hyde, Gackt (*A*) e l’Arc-En-Ciel sono cantanti/Gruppi giapponesi. La Nebulosa della Ventresca è..La causa dell’infarto del miocardio di molti astrofisici. Scusate, signori ùù
Poi, vabbè. Mica potevano mancare le divise, gli occhiali da sole e i neuralizzatori, no? XD
..L’idea di Kasamatsu scrittore non mi si toglierà dalla testa tanto facilmente, ora come ora!

 

 

 

Giudizio di Rota-Senpai:

 

SECONDA CLASSIFICATA
*Autore Nemeryal
*Titolo Pictures of you
*Ortografia/Lessico e Stile Ho notato durante la lettura diversi errori, legati per lo più alla punteggiatura: più volte, non hai rispettato gli spazi in seguito ai segni di interpunzione, che fossero puntini di sospensione o trattini per gli incisi, ed è stato un errore ripetuto. Inoltre, in alcuni casi, ha messo non tre ma due puntini di sospensione, e anche questo è un errore.
Era stato come svegliarsi da un lungo sonno. Prima il buio e poi, click, qualcuno accende la luce e tu capisci all’improvviso che devi fare qualcosa, anche se a quel qualcosa non ti sei mai dedicato, né pensavi ti sarebbe potuto interessare. Non è un errore grammaticale ma vorrei segnalarti comunque la “particolarità” di questa frase: nel resto del testo, l'oggetto di riferimento è una generica terza persona impersonale, mentre in questa unica frase diventa una seconda persona. Come ho detto, non è propriamente errore, ma è una discordanza con il resto.
Per quanto riguarda lo stile, l'ho trovato appropriato alle situazioni da te descritte, anche durante i cambi di scena effettuati. Per questo credo tu abbia fatto davvero un buon lavoro.
*Caratterizzazione dei personaggi/IC Non ho niente da dire a riguardo, perché ho trovato davvero tutti i tuoi personaggi ben caratterizzati. Spicca Kasamatsu, com'è ovvio che sia, e di lui riesci a descriverne il carattere in ogni situazione diversa pur mantenendolo coerente a se stesso e al personaggio originario che è nell'opera di Fujimaki. Kise anche, mi è piaciuto molto, nel suo rapportarsi un poco scherzoso e un poco serio al suo “senpai” - e il mantenersi integro del loro rapporto è una delle cose che ho apprezzato davvero di più.
Ovviamente, Aomine spicca molto di meno, rispetto agli altri due, ma solo in virtù del suo ruolo di antagonista, e il fatto che tu abbia risaltato un lato del suo carattere piuttosto che un'integrità più complessa è da ritenersi una scelta valida proprio in virtù dell'economia di tutta quanta la storia.
*Trama/Coerenza Questo è uno spaccato anche breve, se così si può dire, di quello che sarebbe un Universo davvero complesso e intricato. Eppure, in una One Shot, hai saputo descrivere non dico nel dettaglio ma in maniera esaustiva un Mondo Alternativo, con i particolari che servono e il grande Macro Sistema che lo governa tutto. La coerenza viene portata avanti dall'inizio alla fine, in un quadro che, completo, riesce a dare piena soddisfazione.
*Originalità Originale, davvero molto originale, perché non ti sei limitata a descrivere un solo Mondo Alternativo, ma l'intrecciarsi di più realtà, descritte brevemente ma con cura, senza contare che anche io mi sono davvero innamorata dell'immagine di Kasamatsu scrittore. Brava!
*Impressione Generale Ho trovato a dir poco geniale l'intricarsi di così tanti mondi e realtà, nella tua storia. Prima di tutto, non si apre proprio come una AU, ma semplicemente come un What if un poco elaborato ma nulla più, con Kasamatsu scrittore e Kise sperso chissà dove. Poi, pian piano, apri la coscienza del lettore a quello che è davvero il “nuovo mondo”, anche se solo per uno squarcio – lo squarcio che compete a Kasamatsu, il tuo protagonista, che ovviamente vive a sua volta, proprio come il lettore, la realtà su piani diversi. E qui sta il colpo di genio: la tua capacità di far immedesimare il lettore in Kasamatsu Yukio e quindi farlo protagonista a propria volta di questa storia fantascientifica.
Davvero i miei complimenti, mi ha fatto molto piacere leggere questa tua opera.

   
 
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