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Autore: stoneheart23    16/05/2013    1 recensioni
Quella era l’ultima notte e dovevano fare le valigie, perciò attraversò il corridoio ancora una volta e prese la chiave. A pensarci bene anche la chiave era tutto un programma: era una specie di carta di credito che sembrava fatta apposta per essere persa. Perciò con la cautela di un chirurgo durante un’operazione prese la chiave e la infilò nella speciale toppa, aprendo la porta con una botta di fianco. La luce era accesa e Gigi, il suo compagno di stanza sembrava non esserci; ma la porta del bagno era socchiusa e la doccia scrosciava. “Gigi muoviti a uscire che dobbiamo farci la valigia e c’è un casino così assurdo che manco Papa Francesco pregherebbe per noi. Piuttosto sai dove è la RedBu…” Le parole gli erano morte in gola...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Tic, tac, tic, tac…un orecchio era attaccato all’orologio. “Petrarca si può considerare il primo uomo moderno in quanto è il primo che oltre la carne sente il richiamo del corpo, il corpo di Laura e…”l’altro invece era tormentato dalla spiegazione su Petrarca e sulle sue seghe mentali. Sergio era disteso con la testa sul banco e aspettava con speranza la fine di quell’ultima ora di Italiano che non voleva finire più, e aveva la parte sinistra della testa poggiata sull’orologio da polso ma ormai si sentiva come fossilizzato e subiva inerme quella doppia tortura sonora. Per sua fortuna gli anni di allenamento tra i banchi di scuola lo avevano dotato della capacità di staccare quasi totalmente il cervello dal corpo e lasciare la mente libera di vagare altrove, in particolar modo il più lontano possibile da quell’aula infernale. Ma a cosa pensare? Ora che la sua mente era libera nella steppa infinita dell’immaginazione si sentiva persa e senza meta; così non avendo niente altro da fare Sergio spinse i suoi pensieri nella foresta della memoria. Ecco così va meglio, pensò. E lasciò che i ricordi di quella anche se breve prima parte di giornata fluissero davanti agli occhi della mente.
Era in un corridoio in penombra, lo stesso che aveva attraversato più di cento volte durante quella gita a Londra. C’era stato ben quattro volte nella capitale inglese, ma mai con la scuola. Lo Stage, così amava chiamarlo la professoressa di Inglese che accompagnava la sua classe, era più di una gita: invitava gli alunni partecipanti non solo a mettersi in relazione con la cultura di uno stato diverso, ma anche a migliorare il proprio inglese studiando in una scuola di madrelingua e andando a contatto con studenti di ogni parte del mondo (“improve your English” gongolava la professoressa di Inglese, la Petrilla). In parole povere andavi in un posto freddo e grigio, pagavi un botto di soldi e ti costringevano ad alzarti presto e a portare le chiappe in una scuola dove dovevi fare quattro piani di scale alte mezzo metro e starci la bellezza di cinque ore sane. A parte questi piccoli particolari la vacanza era fantastica e si stava divertendo davvero tanto. Ma quella era l’ultima notte e dovevano fare le valigie, perciò attraversò il corridoio ancora una volta e prese la chiave. A pensarci bene anche la chiave era tutto un programma: era una specie di carta di credito che sembrava fatta apposta per essere persa e l’ultima volta che era successo i commessi della reception lo avevano preso in giro per la sua maglietta di Rooney per un quarto d’ora prima di dargliela. Perciò con la cautela di un chirurgo durante un’operazione prese la chiave e la infilò nella speciale toppa, aprendo la porta con una botta di fianco. La luce era accesa e Gigi, il suo compagno di stanza sembrava non esserci; ma la porta del bagno era socchiusa e la doccia scrosciava. “Gigi muoviti a uscire che dobbiamo farci la valigia e c’è un casino così assurdo che manco Papa Francesco pregherebbe per noi. Piuttosto sai dove è la RedBu…” Le parole gli erano morte in gola: sulla porta del bagno l’aspettata figura di Gigi era stata sostituita dalle gambe liscissime, le dolci curve e il raggiante sorriso di lei, il tutto coperto alla meglio con un lunga asciugamano. “Vale che ci fai qui? Usare il tuo di bagno è passato di moda?” Nonostante le parole fossero noncuranti il tremore della voce tradiva una forte emozione, una forte e corporea emozione. “Niente passavo e ti ho fatto la valigia e ho approfittato per farmi una doccia”. Il suo sguardo penetrante indicò la valigia perfettamente in ordine. “Grazie non dovevi sul serio io…” e ancora una volta le parole si sciolsero quando la vide avvicinarsi e la sensazione diventò un brivido intenso. “Ora abbiamo un po’ di tempo per noi non trovi?”, il suo sguardo ebbe un lampo di bonaria malizia, “Fossi in te mi rilasserei”. Detto ciò lo spinse con un dito e Sergio cadde sul letto come se al posto del dito lo avesse investito un tram, tagliandogli di netto il fiato. Non ebbe il tempo di controbattere che lei lasciò cadere l’asciugamano lungo il suo piccolo ma proporzionato corpo, togliendogli del tutto quel poco fiato rimasto. Poi strisciò anche lei sul letto, gli prese con dolcezza la mano e lasciò che gli accarezzasse i fianchi e le cosce, leggermente accentuati rispetto al resto del corpo, ma che a Sergio piacevano da matti. E così facendo schiuse leggermente le labbra avvicinandole al suo viso e gli sussurrò…
DREEEEEN, DREEEEEN, DREEEEEN, DREEEEEN… Con una possente e rabbiosa manata sulla sveglia, Sergio cominciò la sua giornata. Valeria: la sua migliore amica era stata la padrona indiscussa del sogno di quella notte non c’era dubbio e poi in fondo si vergognava un po’. Non amava pensare a un’amica in quel modo, ma se il suo subconscio era un porco non poteva farci niente. Si vestì e ancora intontito dal sogno andò in cucina, grugnì un saluto generale alla famiglia presente e fece colazione, dopo si lavò i denti, si mise lo zaino in spalla e mentre Macklemore e Ryan Lewis gli cantavano ‘Thrift Shop’ nelle orecchie ripensò per la due millesima volta alla tesi dei “Tre Cervelli”.
  
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