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Autore: SnowBlizard    17/05/2013    2 recensioni
Arthur si svegliò nel bel mezzo della notte, col fiato grosso e i sudori freddi.
Era da settimane che non dormiva bene; dopo tutto il lavoro ininterrotto che aveva fatto fino a qualche mese prima, avere il tempo per dormire era qualcosa di inusuale, quasi alieno.
Il suo capo gli aveva dato un permesso per potersi prendere cura della sua colonia, visto che non la vedeva da tanto tempo.
Già, Alfred. Inghilterra guardò alla sua destra, e trovò l’ormai diciottenne Alfred F Jones che dormiva placidamente, non curante delle notti in bianco del suo fratellone.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arthur si svegliò nel bel mezzo della notte, col fiato grosso e i sudori freddi.
Era da settimane che non dormiva bene; dopo tutto il lavoro ininterrotto che aveva fatto fino a qualche mese prima, avere il tempo per dormire era qualcosa di inusuale, quasi alieno.
Il suo capo gli aveva dato un permesso per potersi prendere cura della sua colonia, visto che non la vedeva da tanto tempo.
Già, Alfred. Inghilterra guardò alla sua destra, e trovò l’ormai diciottenne Alfred F Jones che dormiva placidamente, non curante delle notti in bianco del suo fratellone.
Arthur sorrise. L’altro aveva preso l’abitudine di dormire accanto a lui fin da piccolo, e non ne voleva sapere di fare altrimenti; gli aveva detto che voleva stargli vicino, poiché non c’era mai.
L’inglese si mise a sedere, tanto non si sarebbe più addormentato, lo sapeva.
Osservò attentamente la figura al suo fianco, e quanto fosse cambiato da quando lo aveva preso con sé; cresceva in fretta il ragazzo, adesso era anche più alto di lui, constatò con una punta di fastidio.
Non era stato molto presente durante la sua infanzia, ma quando c’era era felicissimo; vedere quel bambino sempre sorridente corrergli incontro per abbracciarlo, con quella buffa parlata di chi sta perdendo i denti da latte, lo inteneriva sempre come nient’altro. Se non fosse stato per lui, probabilmente sarebbe ancora il rude pirata terrore degli spagnoli che era quando lo incontrò.
Ma in qualche modo, Alfred aveva riparato tutti quei difetti, anche se inconsapevolmente.
Quel flusso di ricordi fu interrotto da dei sussurri dell’americano, ancora dormiente
-No, Inghilterra… Io…-
Lo fissò incuriosito, da quanto ricordava Alfred non parlava spesso nel sonno
-No, devo andare… via…-
Cominciò a singhiozzare incosciamente, finchè non si svegliò di soprassalto, ansimando.
-Alfred, tutto a posto?- l’inglese era preoccupato, non lo aveva mai visto così terrorizzato
L’altro si girò verso la voce, sorpreso
-Eh? Ah, Arthur… Scusa se ti ho svegliato, era solo uno stupido sogno, sarà stato l’horror di prima- disse, con un sorriso tirato.
-Sicuro? Vuoi parlarne?-
L’americano  si era già sdraiato di nuovo, dandogli la schiena
-Tranquillo, non è niente… goodnight England-
-… good night America…-
E per il resto della notte  Arthur rimase sveglio, a controllarlo, ma non successe niente.
L’indomani mattina,  erano tutti e due in cucina a fare colazione, e Alfred sembrava fresco come una rosa come se niente fosse accaduto.
-Come hai dormito Iggy?- chiese, premuroso
-Non c’è male, grazie.- mentì, versandosi una tazza di the –te invece?-
-Oh, bene grazie.-
-Ma non hai avuto un incubo?-
Alfred stava lavando le stoviglie –Quello? Tranquillo, niente di che, non me lo ricordo neanche!-
Arthur era titubante –Sicuro di non volerne parlare?-
-Sì, ti ho detto di non preoccuparti, fidati! Piuttosto, che programmi hai per la giornata?-
***
A dispetto delle parole dell’americano, Arthur era sempre più preoccupato; gli incubi si ripetevano praticamente ogni notte, ed era sicuro di centrare qualcosa; continuava a implorarlo di lasciarlo andare, di lasciarlo vivere la sua vita, nel peggiore dei casi addirittura di andarsene… E la mattina dopo negava tutto, dicendo di non ricordare ciò, o che magari era lui che si immaginava tutto dalla stanchezza.
Ma Arthur era sicuro, non se lo stava immaginando, era tutto vero; ed era stanco di essere preso in giro, di sentirsi mentire così facilmente, proprio da Alfred poi.
Così, all’ennesimo, straziante, incubo, Arthur scoppiò
-Si può sapere che hai?! È da settimane che vai avanti così, che ti prende?!-
L’americano era sorpreso da quella reazione inaspettata
-Sono solo incubi, non-
-Non preoccuparti?! Non sono affari miei?! Non posso capire?! Cosa stavolta, cosa?! Non capisci, io voglio aiutarti, ma come faccio se non vuoi dirmi niente!-
Il tono dell’altro era funereo
-Fidati, non vuoi sapere cosa sogno…-
-Perché fai così?! Perché mi fai questo?! Sono in pensiero per te, ogni notte è orrendo sentirti in questo stato, emi ferisce il fatto che non ti fidi abbastanza di me  per confidarti!-
Alfred lo guardò triste; l’inglese aveva gli occhi lucidi, e respirava veloce dopo aver urlato così tanto.
-Va bene, allora domani ti dirò tutto.-
E tornò il silenzio.
 ***
Il giorno dopo l’atmosfera era elettrica; fecero colazione in silenzio, uno di fronte all’altro.
Arthur appoggiò la sua tazza sul tavolo
-Mi devi delle spiegazioni.-
L’altro era a disagio, teneva gli occhi bassi
-Cosa vuoi sapere?-
-Tutto.-
Sospirò
-E da un po’ che ho cominciato ad avere incubi sul mio futuro, e penso siano un segnale del mio popolo. Non so cosa fare, non mi è mai successo, e ho paura…-
-Cosa centro io con ciò?-
Alfred lo guardò sorpreso
-Non guardarmi così, ti sento di notte mentre parli. Mi chiami. Mi dici di lasciarti libero.-
L’americano cominciò a tremare
-England, sono terrorizzato… il mio popolo non ce la fa più, vive di stenti e muore di fame, devo farlo…-
-Cosa?-
-Inghilterra, voglio diventare indipendente.-
Arthur metabolizzò la risposta. Gli giunse sfocata, come un eco lontano. Certo, sapeva che prima o poi doveva succedere, sapeva che i suoi incubi riguardavano questo… ma sentirlo uscire dalla sua bocca era un trauma, non era pronto. Non sarebbe mai stato pronto.
-Arthur…? Ti prego, di qualcosa, non startene lì in silenzio…-
-Va bene.-
-What?-
L’inglese alzò la testa, con un  debole sorriso
-Ho detto che va bene, se vuoi diventare indipendente non sarò io a fermarti. Ormai sei un adulto, hai il diritto di fare le tue scelte. Non capisco perché non me lo hai detto prima!-
-England…-
Arthur sorrise ancora di più
-Non preoccuparti, questo vecchio se la sa cavare benissimo anche da solo! Sono orgoglioso di te, sei diventato un uomo! Adesso devo fare delle commissioni, ma dopo ne parliamo ancora!-
Detto ciò, si avvio verso l’uscita
-Puoi piangere se vuoi.-
L’inglese si fermò, per un istante il suo sorriso si incrinò
-Ci vediamo dopo America-
***
Nei giorni successivi, si ritrovarono spesso a parlare, e Arthur sembrava sempre contento, come se niente fosse; ma bastava che Alfred gli sorridesse, e la sua maschera crollava, anche se solo per poco.
E Alfred lo sapeva bene.
Stava girando per casa in cerca di qualcosa da fare, quando senti delle note provenire dall’esterno.
Incuriosito, andò a vedere.
Fuori, seduto sull’erba sotto un albero, c’era Arthur, con un piccolo pianoforte, che l’americano ricordava bene; glielo portava sempre quando veniva a trovarlo, per insegnargli a suonarlo, ma con scarso successo.
Sentirlo suonare era diventata cosa rara, non ne aveva più tempo, ma era davvero bravo.
Gli piaceva suonare melodie complesse, maestose, che trasmettessero potenza.
Adesso invece, non c’era niente di tutto questo. Suonava poche note per volta, lentamente.
Alfred riconobbe anche quella. Gliela chiedeva sempre prima di addormentarsi, tanto tempo fa.
Sorrise amaramente. Dopotutto, lo conosceva fin troppo bene per credere che fosse davvero felice che se ne andava.
L’americano se ne restò lì in silenzio, per non interrompere quel fiume di emozioni tradotto in note.
Dopo pochi minuti, la melodia finì. Un’ultima nota risonò, e poi silenzio.
Arthur rimase lì seduto, guardando apatico i tasti del pianoforte.
Alfred si avvicinò, e andò a sedersi accanto all’inglese.
-Non sei mai stato bravo a fingere, lo sai vero?-
-…-
-Dimmi perché America. Perché vuoi andare via?-
Il ragazzo abbracciò l’altro, stringendolo forte
-England, il mio popolo ne ha bisogno, non può andare avanti così. E poi, voglio che tu non mi consideri più tuo fratello, adesso siamo alla pari, e mi devi trattare come tale…-
Alfred sentì le lacrime scorrergli sulla camicia
-Non voglio che te ne vada, ti voglio troppo bene… ma so anche che sarebbe ingiusto tenerti qua a forza… non voglio che mi odi…-
L’americano gli carezzò la schiena
-E come potrei odiarti? Sei la persona più importante per me, sappilo… ma ho un dovere come nazione, ed è quello di garantire al mio popolo le migliori condizioni possibili… perdonami-
Gli diede un lieve bacio sulla fronte
-Quando tutto sarà finito, ricominceremo ad amarci, te lo prometto.-
 










 
*Angolo autrice*
Salve :3
All’inizio doveva essere una UsUk allegra, ve lo giuro.
 Poi, ho sentito Just Give Me A Reason di P!nk per radio, e ho dovuto scriverla così, ed è andata così!
Anyway, spero vi sia piaciuta, fatemelo sapere, magari con una recensioncina se vi va :)
Volevo dedicare questa storia a Road_Sama, per i seguenti motivi:
1.é una UsUk, e noi le adoriamo;
2.La canzone da cui ho tratto la storia è di P!nk e i Fun., che a lei piacciono assai;
3. alcuni dialoghi sono venuti fuori mentre parlavo con lei, ed è grazie a lei che ora ho mille UsUk che mi frullano per la testa;
4.è la mia sorellona adottiva, e se lo merita!
Detto ciò, grazie a tutti quelli che leggeranno,  vi voglio tanto bene! <3
Ciao, a presto!
Snow :D
 

 
  
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