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Autore: margulka93    17/05/2013    2 recensioni
Non è facile affrontare la realtà, specialmente quando te la sbattono in faccia con estrema violenza, cercando di affogarti in un lago di autocommiserazione. A questo punto cerchi di appigliarti a qualunque qualcosa, è l'istinto di sopravvivenza. Peccato che il suddetto istinto non riesca a farti entrare nella testolina bacata che ti ritrovi, quale sia la scelta giusta.
Se tra uno scoglio secolare saldamente abbarbicato alle rupi, ma coperto di muschio scivoloso e un tronco appena caduto dall'aria robusta, scegli quest'ultimo, ti rendi conto che l'istinto di sopravvivenza non serve a un emerito cazzo e che devi decisamente rivedere le tue priorità.
[...]
Alzo la testa al cielo. I miei occhi non riescono a stare aperti per colpa delle gocce di pioggia, così li socchiudo. Le dita affondano nel terriccio e stritolano il mucchietto bagnato, il freddo mi penetra fin dentro le ossa.
Le uniche cose che sento sono delle fitte laceranti all'altezza della gola, come se qualcuno stesse cercando di strapparmi via le corde vocali. Ci metto un po' a capire che sto urlando, folle di disperazione, dilaniata dal dolore. Piango e non so quando ho iniziato, so solo che non riesco a smettere.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Chichi, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fury

 

Non è facile affrontare la realtà, specialmente quando te la sbattono in faccia con estrema violenza, cercando di affogarti in un lago di autocommiserazione. A questo punto cerchi di appigliarti a qualunque qualcosa, è l'istinto di sopravvivenza. Peccato che il suddetto istinto non riesca a farti entrare nella testolina bacata che ti ritrovi, quale sia la scelta giusta. Se tra uno scoglio secolare saldamente abbarbicato alle rupi, ma coperto di muschio scivoloso e un tronco appena caduto dall'aria robusta, scegli quest'ultimo, ti rendi conto che l'istinto di sopravvivenza non serve a un emerito cazzo e che devi decisamente rivedere le tue priorità.
Hai voluto la bicicletta? E ora pedala dicono. Io ho cercato di rimanere a galla il più possibile, di non cedere, di non lasciare che il dolore prendesse il sopravvento, fulminando i miei neuroni. Così ho passato questi ultimi quattro giorni, parlando il minimo necessario, nutrendomi altrettanto poco - se non di budino, che per me equivale a un'arma di distruzione contro la tristezza - e lo sguardo perso nel vuoto, tanto per non incrociare quelli preoccupati dei miei amici. Trovo incredibilmente buffo che sia Vegeta a procurarmi i budini e non Goku o Chichi. Forse vuole farsi perdonare per avermi buttato in un baratro dal quale non uscirò mai, a meno che non decida di staccare il cervello e distruggere me stessa, l'unica vera colpevole.
Trovo fastidioso il tintinnio di stoviglie che risuona da ogni angolo di questa maledetta stanza. Bonney ha il capo piegato verso Goku, entrambi stanno parlottando fitto fitto e dallo sguardo preoccupato che lei mi rivolge non faccio fatica a capire che stanno parlando di me. Infondo è mia madre e mi conosce bene. Chichi cerca di tenere a bada zia Bunny, che bombarda Vegeta di domande. Lo scopo di questa serata era proprio questo, sottoporre il Saiyan a un interrogatorio per cavargli le informazioni che a me, dopo quasi due mesi sotto lo stesso tetto, negava. E ironia del destino, a me non frega assolutamente nulla di quello che dice questo bastardo. Nulla.
Sollevo gli occhi su Goku, che mi studia con aria critica. Gliel'avevo detto che non volevo partecipare a questa dannata cena e che preferivo rimanere nella nostra casetta, a fingere di guardare un film, mentre Vegeta tentava per l'ennesima volta di coinvolgermi in un discorso campato per aria.
«Bulma, vieni con me a prendere il dolce?» mi chiede Goku, alzandosi in piedi. Trascino stancamente la sedia all'indietro e gli barcollo dietro, annoiata.
«So che vuoi andare a casa ma cerca di tirarti su, Bonney è preoccupata» dice Goku, afferrandomi le spalle. Non ho il coraggio di sollevare il viso. Odio, odio profondamente quando è serio, rivoglio il mio amico ingenuo e giocherellone, non quello che mi ricorda di contrastare le sensazioni che mi stanno divorando. Non ho la forza di battermi, devo prima assimilare e accettare quello che sono, quello che ho fatto.
«Sei un dottore, non uno psicologo, mettitelo bene in testa» gli rispondo, con voce atona.
«A parte il fatto che mi mancano sei mesi per laurearmi, comunque sono tuo amico! Puoi aprirti con me, puoi piangere, puoi picchiarmi, ma per Dio, fa' qualcosa!» s'inalbera, scrollandomi. Il suo viso non mostra altro che rassegnazione, lo sa meglio di me che non è abbastanza per farmi scattare. Le hanno provate tutte per risvegliarmi dal torpore nel quale sono cascata, ho il forte sospetto e lo spaventoso terrore che l'unico capace di tirarmi fuori sia Vegeta.
La porta si spalanca e Bonney, con la stessa espressione stravolta che ostentava a tavola, appare. La cucina si fa improvvisamente troppo stretta per tre persone, mi sento messa all'angolo, vedo i muri crollarmi quasi addosso. L'aria svanisce, o almeno così mi pare.
«Goku, mamma, come devo dirvelo? Sto bene, piantatela di starmi addosso, è solo un periodaccio, sarà colpa del temporale» taglio corto, prendendo la torta al volo ed evaporando all'istante.
Mi siedo, pronta ad attaccare il mio budino - sospetto fortemente che sia merito di Vegeta - e mentre benedico il suo inventore, zia Bunny decide di aprire la sua boccaccia, ancora una volta.
«Vegeta, tesoro, allora ce l'hai la ragazza? Dai, dillo a zia Bunny» cinguetta, solare. Io le voglio un bene dell'anima, ho sempre invidiato il suo perenne sorriso stampato in faccia, e so che è capace di ostentarlo perfino nelle situazioni meno appropriate e il mio umore rientra decisamente nelle sopraccitate situazioni.
Lo sguardo di Vegeta indugia a lungo sulla mia mano sospesa, stretta attorno al cucchiaino colmo di budino al cioccolato, prima di rispondere.
«No.» dice semplicemente, scuotendo il capo.
Le mie nocche sbiancano in due secondi, ed io altrettanto, lo capisco dal modo in cui Goku solleva le sopracciglia. Perché ha risposto così? Contro la mia volontà, l'immagine di Vegeta e quella maledetta donna esplode davanti a me, le loro labbra - e non solo - unite, il sorriso spontaneo di lui mentre la baciava…
«Ah!»
Alziamo gli occhi contemporaneamente. Zia Bunny è balzata in piedi, l'indice puntato su Vegeta e un'espressione trionfalmente maniaca sul volto. Mi fa paura, sinceramente. Le sue labbra sottili, così simili a quelli di mia madre, assumono nuovamente la forma del consueto sorriso e si risiede, cercando di darsi un contegno. Mi guarda felice, come se mi avesse fornito un'informazione preziosa. Prego mentalmente che tenga quelle labbra sigillate.
Chichi, seduta accanto a me, mi stringe la coscia, in una muta richiesta di stare calma. Forse sa quello che sta per succedere.
«Allora sarà meglio che ti sbrighi, o qualcun'altra te lo soffierà da sotto il naso» ridacchia zia Bunny, strizzando l'occhiolino a Vegeta.
Il tintinnio fastidioso di posate che atterrano sul piatto rimbomba, facendo sussultare tutti, Vegeta compreso. Mi rendo conto che le posate sono le mie quando mi ritrovo in piedi, senza sapere come. Studio i loro visi, uno per uno, alla ricerca di qualcosa di sensato da dire.
Chichi mi afferra il gomito, ma mi divincolo con forza, fino a quando la mia amica non esala un gemito di dolore e si afferra il polso. Un sospetto atroce mi attraversa. Le alzo la manica, nonostante lei tenti di opporre resistenza, sono molto più forte di lei e le scopro un polso fasciato. Allontano di scatto le mie dita.
«Avevi detto che non ti aveva fatto nulla!» ringhio, mentre un potente tuono in sottofondo copre la sua risposta. Guardo Vegeta, invelenita. È colpa della sua pseudo fidanzata. La ferita di Chichi, la morte di quel povero ragazzo, la mia sofferenza, il destino di mio padre e mia sorella, tutta colpa sua. E mia, perché ho portato io Vegeta nelle nostre vite, per scelte puramente egoistiche, ho portato un tornado che ha provocato solo danni, soprattutto alla mia salute mentale. Sempre che di salute mentale si possa ancora parlare.
«Bulma, non volevo mentirti, ma eri e sei a pezzi, non potevo addossarti ulteriori responsabilità. E poi è una piccola slogatura. Dove stai andando?» dice Chichi, avanzando verso di me.
Indietreggio, sbattendo la schiena contro il pilastro di cemento. Non posso rimanere con loro, sono un pericolo ambulante, un'aliena capace di seminare dolore e disperazione che ha avuto la sfortuna di incontrare un altro alieno altrettanto distruttivo. L'alieno in questione si è alzato e mi segue.
«Vegeta, torna qui, peggioreresti solo le cose» dice Goku.
«Sta buono al posto tuo, Doc» lo rimbecca il Saiyan.
Richiudo la porta della terrazzina con violenza, trovandomi uno scenario stupefacente. La città è bagnata fradicia, la pioggia si abbatte senza pietà. L'umidità è schiacciante, l'aria che fuori esce dalla mia bocca si condensa in una nuvolina, neanche fossimo in pieno inverno. Brividi, che non hanno nulla a che fare con la temperatura circostante, mi costringono a stringermi nei gomiti e a pregare il mio cervello di smetterla. Voglio piangere, sbattere la testa contro un muro, dilaniare, uccidere, vendicarmi.
Mi sono fidata ciecamente di Vegeta, ansiosa di scoprire di più sul mio vero passato, sapere il motivo del colore assurdo dei miei capelli, sui miei poteri e nonostante il suo caratteraccio, ho iniziato ad apprezzare quei piccoli gesti solo per me, fino a innamorarmi di lui. Non che la cosa non sia stata palese, perfino un ingenuo come Goku è riuscito a capirlo. E scoprire dopo due mesi di convivenza che era tutta una messa in scena, una parte recitata per offrire alla sua donna ciò che custodivo...
Gli occhi mi bruciano terribilmente, non riesco a regolare il mio respiro, un groppo in gola m'impedisce di parlare. Sto per piangere, lo sento, uno sfogo che aspetto da giorni.
«Prenderai freddo se continui a stare sotto la pioggia» dice una voce familiarissima, alle mie spalle.
Merda. Non avrebbe potuto scegliere momento peggiore. Le lacrime spariscono così come sono arrivate, e il blocco alla bocca del mio stomaco si allarga, minacciando di inghiottirmi. Come fanno a non capire? Ho perso il conto di quante volte li ho esortati a lasciarmi in pace, ho bisogno di stare da sola.
Mi volto appena, il suo viso è semi nascosto, i suoi tre anellini d'argento all'orecchio sinistro scintillano nel buio. Il suo sguardo di commiserazione è rivolto a me, lui che prova tanto disprezzo per questo sentimento, che prenderebbe a botte chiunque provasse compassione.
«Nessuno ti ha chiesto di tornare, vai dalla tua donna e mollami» ringhio, quando riesco a mettere in moto i miei neuroni. Sento Vegeta inspirare, pronto ad aprire bocca, ma lo interrompo. «Non me ne frega un cazzo se ti senti in colpa. Fossi stata un'altra, non l'avrei presa così male, ma solo perché non mi sono accorta del tuo inganno».
«Non è solo per questo, piantala di incolparmi, io non ti ho mai mentito. Ogni singola cosa che ho detto. 
È stata la scoperta su tuo padre e tua sorella a darti alla testa» mi rimbecca, chinandosi accanto a me.

Già. Per quanto lo odi, per quanto la voglia di conficcarlo con le mie ali sia alle stelle, io non posso fare a meno di dargli ragione. Ha maledettamente ragione, ma anche torto.
Ho cuore e nervi a pezzi.
Mi volto, specchiandomi nei suoi occhi blu notte, completamente privi di pupille, dai quali sono rimasta affascinata al primo, disastroso incontro. Mi trafiggono violentemente, con la potenza di mille pugnali conficcati nella schiena.
Ho il cuore a pezzi. Sminuzzato, spappolato. Eppure so di essermi illusa. Vegeta non ha mai detto che gli piacevo, o che mi amava. Mai un bacio, mai una proposta. Solo quegli abbracci possessivi di notte, quelle confessioni sul suo terribile passato, quelle attenzioni che riservava solo a me. Ed io mi ero troppo abituata ad averlo tutto per me. A considerarlo mio, come lui considerava me una sua proprietà. Questa non è una mia impressione, ricordo parola per parola ciò che origliai qualche settimana fa:

«Ora fai il prezioso con Bulma solo per infastidire me?» dice Goku, molto irritato dal suo comportamento.
«Ti rode Doc? Lei è mia» risponde Vegeta, semplicemente. Lo immagino sdraiato sul materasso a gambe divaricate e con un ghigno stampato sul volto. Dal suo tono di voce sembra molto divertito dalla situazione.
«Ti tengo d'occhio, ammasso di muscoli. Se le farai del male, ti ammazzerò»
«Se vuoi farlo, fatti sotto, non aspettare una motivazione valida, tanto lei non ti perdonerà ugualmente».
«Ho l'impressione che quella motivazione non tarderà a spuntare fuori» mormora Goku con voce dura, prima di lasciare la stanza.


Accidenti, Goku aveva ragione. Vegeta è riuscito a ferirmi perché gli ho permesso di accedere dove nessun altro ha mai potuto, mi sono esposta troppo ed ecco ciò che avevo ottenuto.
Il groppo alla gola ha assunto dimensioni piuttosto preoccupanti, non posso permettermi il lusso di stare accanto a lui. Non lo sopporto. Mi sento soffocare.
Mi sfilo la maglietta dalla testa e la lancio via, afferro convulsamente il parapetto di metallo, lo sento piegarsi sotto le dita. Non va affatto bene, non voglio perdere il controllo, non davanti a Vegeta.
«Siediti e respira» mi ordina il Saiyan. La sua mano - ghiacciata - si appoggia sul mio diaframma, forse per ricordarmi cosa devo muovere per inalare ossigeno. Non m'importa di essere in reggiseno davanti a lui, infondo non è la prima volta, ma per qualche motivo a me ignoto, lo calcio via e mi getto nel vuoto, oltre la ringhiera.
Il vento mi schiaffeggia con forza, non so descrivere quanto mi sia mancata questa sensazione. Purtroppo non dura a lungo, le leggi proibiscono di farci vedere dai terrestri, così spalanco le ali piumate e volo verso il cielo scuro, ignorando tutto e tutti. L'aria a queste altezze è incredibilmente rarefatta, la pioggia trafigge la pelle nuda come proiettili a salve, causandomi un pizzicore lievemente doloroso, abbastanza, comunque, da distogliere i miei pensieri dalla lama che mi sta dilaniando.
Sono sopra al vasto bosco attorno alla nostra attuale e provvisoria catapecchia. L'aria gelida che respiro inizia a ghiacciarmi i polmoni, provocandomi dolori al petto, così atterro nel rettangolo più buio del bosco, in mezzo a numerosi pini fradici. Non posso stare ferma. Devo correre, devo stancarmi, devo sfogare l'adrenalina che all'improvviso il mio cervello decide di pompare. Fuggo da tutto, incurante dei rami che mi lacerano la pelle nuda, dei graffi e lividi che avrò domani mattina e delle sgridate che riceverò dall'inflessibile quanto soffocante dottore da strapazzo di Goku.
Il cielo rossastro rende abbastanza visibile i profili degli alberi, i lampi illuminano ogni cosa.
Volare non era stato sufficiente. Correre non è abbastanza, urlare neanche. Inciampare ogni tre metri in una radice, rialzarsi, sbucciarmi le ginocchia, scivolare sul terreno umido non mi ferma.
Bonney, papà, mia sorella, il ragazzo che ha dovuto far uccidere per salvare Chichi…
Quando ricado per l'ennesima volta a faccia in giù non mi rialzo. Se sia per le gambe che si rifiutano di muoversi o perché ci sono una marea di cose delle quali non sopporto più il peso, non so. Sono forte, io. L'ha detto anche Vegeta durante i nostri allenamenti, diceva che non si aspettava così tanti progressi in pochi giorni.
Con uno sforzo immane riesco a mettermi seduta sulle gambe piegate sotto di me. Alzo la testa al cielo. I miei occhi non riescono a stare aperti per colpa delle gocce di pioggia, così li socchiudo. Le dita affondano nel terriccio e stritolano il mucchietto bagnato, il freddo mi penetra fin dentro le ossa.
Le uniche cose che sento sono delle fitte laceranti all'altezza della gola, come se qualcuno stesse cercando di strapparmi via le corde vocali. Ci metto un po' a capire che sto urlando, folle di rabbia, di disperazione, dilaniata dal dolore. Piango e non so quando ho iniziato, so solo che non riesco a smettere.
 
 
***  
«Ecco, sei contento? Sta bene» dico, indicando Bulma. L'irritante Doc e la sua gallinaccia mi hanno costretto a portarla da lei. D'accordo sono amici, Bulma mi ha fatto una testa enorme con i prolissi discorsi sull'amicizia, ma loro sono decisamente soffocanti. Per i miei gusti, almeno.
«Puoi ripetere Vegeta? Hai detto che sta bene? Ti sembra che stia bene?» mi rimprovera Chichi.
Getto un'occhiata a Bulma. 
È inginocchiata al suolo, la schiena dritta e la bocca spalancata rivolta al cielo. Annuisco. Ha trovato la sua valvola di sfogo e non avrei permesso al dottore del cavolo di intromettersi o di consolarla o di fare qualunque altra cosa. So che ha bisogno di stare sola in questi momenti, lo so e basta.

Goku fa per alzarsi. Sono pronto a gettarmi su di lui, quando la sua fidanzata lo trattiene.
«Lei non vorrebbe essere vista in queste condizioni» dice Chichi. Apro la bocca, incapace di emettere un suono. Allora un cervello ce l'ha, non l'avrei mai detto.
«Sai dire cose sensate a volte» le concedo, con un mezzo ghigno. Lei mi restituisce uno sguardo complice e annuisce. Devo ammettere che mi è sempre stata antipatica, l'ho sempre considerata inutile e capricciosa - e vorrei vedere con tutti i litigi che ci sono stati tra noi - ma per quanto riguarda i sentimenti e cavolate varie è sempre l'unica a comprendere tutto. L'ottusità è una delle poche caratteristiche che non ha acquisito dal suo fidanzato, tanto meglio per lei. Comunque dopo averla vista affrontare la regina del male - che avrebbe potuto ucciderla con le mani legate - per difendere Bulma, l'ho decisamente rivalutata. Una terrestre senza alcun potere, che crede nelle proprie idee e con coraggio da vendere, starebbe simpatica a chiunque.

«Te l'ho detto, potresti offendere il suo orgoglio se intervenissi» dico a Goku, che si sta agitando sempre più.
«Non stiamo parlando di te! Tu e Bulma non avete un cazzo in comune, lei non è forte quanto te!» sbotta il dottore. Quanto è irritante questo ragazzo, ha la testaccia dura.
«Ah no? Guardala, si è tenuto tutto dentro per quattro giorni interi. Se non è forte una così!» gli indico Bulma con un braccio. Goku non si volta a guardarla, non ne ha bisogno, le sue urla di disperazione, coperte dal rumore della pioggia battente e dei tuoni in lontananza, giungono perfettamente ai nostri timpani.
«Dobbiamo aspettare che finisca di sfogarsi?» mi chiede Goku. Scuoto la testa, non capisce mai nulla, devo proprio rassegnarmi.
«Vegeta deve, noi no» interviene Chichi, spiazzandomi ogni secondo di più.
«Hai scambiato il cervello con la madre di Bulma?» le chiedo, incuriosito. Capisco di essere stato offensivo quando mi rivolge uno sguardo arrabbiato, ma sospira e si accinge a spiegare: «Bulma ha bisogno di lui, è l'unico che riesce a capirla e può starle emotivamente vicino. Noi non possiamo che darle l'affetto che manca a questo scimmione, però dobbiamo smetterla di soffocarla e lasciarle i suoi spazi».
Goku si sfila la giacca lentamente, il viso contorto, come se stesse riflettendo. Ha assunto la stessa espressione di quando si immerge nei tomi di medicina. Se non sparisce entro i prossimi tre secondi lo prendo a calci nel culo, giuro.
«Portala a casa appena puoi» dice il doc, consegnandomi la sua giacca.
«Ricevuto» sussurro, mentre li guardo sparire tra gli alberi.
 
 
***  
Ha smesso di piovere. Il mio petto è scosso da singulti violenti, il mio sguardo è ancora puntato in alto, verso il cielo che si è rischiarato, assumendo un blu terribilmente simile alle iridi di Vegeta. Sono esausta.
Gli occhi mi bruciano, non so se per colpa della pioggia o per aver pianto un sacco. La mia gola è in fiamme, i graffi iniziano a bruciare, le orecchie sono ovattate, sento solo un debole fischio e nonostante tutto questo mi sento… bene. Il peso che mi artigliava lo stomaco sembra essere quasi scomparso, la mia testa si è fatta più leggera, così leggera che ciondola di lato, trasportandomi con lei, non mi ricordo neanche di dover mettere le braccia a terra per attutire la caduta. Eppure sbatto contro qualcosa di caldo e morbido, del terreno per lo meno. E poi l'impatto è avvenuto decisamente troppo presto.
«Ce l'hai fatta, alla fine». Una voce. La sua.
«Sempre questo tono sorpreso» sussurro senza un fil di voce.
Una risposta data troppe volte a causa della mancanza di fiducia di Vegeta nelle mie capacità.
Tum Tum.
Un altro suono oltre alla sua voce.
Tum Tum.

È il suo cuore. Mi rendo conto di aver l'orecchio schiacciato contro il suo petto nudo. È da troppi giorni che non lo sfioro, che non sento la sua presenza a meno di due centimetri, che sia per un allenamento, per una rissa o un abbraccio, poco importa. Ho l'impellente bisogno di averlo vicino, di inalare il suo profumo e sentire il suo respiro, anche se per lui incamerare ossigeno non è affatto necessario.

La mia mano sinistra si abbatte sulla sua spalla e corre verso il colletto di seta, che stringo tra le dita e prendo a tormentare. È un gesto che mi rilassa. Con l'altro braccio gli cingo la base della schiena e mi appiglio ad un lembo della camicia sbottonata.

«Ho voglia di vomitare».
«Se vuoi farlo addosso a me, accomodati, ricordati solo che i pantaloni me li ha prestati il Doc» dice, avvolgendomi con una giacca, probabilmente di Goku. Ridacchio, strappandogli un ghigno, uno di quelli che io adoro e che riserva unicamente a me.
«E la tua voce? Dove l'hai dimenticata?» mi chiede.
«Devo averla lasciata a casa di Bonney» rispondo, sbadigliando, mentre chiudo le palpebre, che si sono fatte immensamente pesanti. «Sono stanca» mormoro.
«Lo so». 


 
***  
La sollevo di peso e mi alzo in volo, stando bene attento a evitare i rami più taglienti. Di graffi ne ha già parecchi e se dovessi presentarla con nuove, sanguinanti ferite, il Doc mi farebbe la pelle e mi userebbe per un'autopsia.
«Vegeta?» mi chiama. Non so come faccia a sentirla, nonostante le sue corde vocali siano in vacanza.
«Mh?»
In un altro momento le avrei risposto con un che vuoi? o magari un sta' zitta, ma oggi non credo ci riuscirei. Mi riprometto che recupererò quando si sarà ripresa, non sono mica tipo da concedere buone maniere gratuitamente.
«Portami a casa, per favore» soffia Bulma.
Tipico. Mi ha odiato a morte per diversi giorni, non ho dubbi che mi odi tuttora, eppure è riuscita a pregarmi. Non riesco davvero a capire perché mi affascini così quest'aliena dai capelli assurdamente azzurri.
Le sue dita smettono di giocherellare con il colletto della mia camicia e penzolano sulla mia schiena. Si è addormentata.

 
 
 
 
 


***ANGOLO AUTRICE

EDIT: ho deciso di iniziare la suddetta fic, ecco il prologo, spero vi piaccia: 'Glimmers of hope'

Dunque, ho molte cose da dirvi e pochissimi minuti di tempo. Ho accennato qualcosa per quanto riguarda una long AU. Purtroppo non sono
sicura su COME, QUANDO e PERCHE' la pubblicherò. Dato che ho bene in mente l'inizio, le parti centrali e la fine, mi mancano molte scene "di mezzo", vorrei cercare di coinvolgere tutti i personaggi, dato che i protagonisti assoluti di questa sono Vegeta, Bulma, Goku e Chichi e non vorrei sembrare noiosa vertendo la storia solo su loro 4.

Oggi mi sento particolarmente giù e ho scritto una delle scene mancanti cioè questa. Come si capirà dal primissimo capitolo (quando lo pubblicherò) Vegeta è sulla terra per una missione, vuole qualcosa da Bulma, quindi non ho spoilerato nulla, tranquilli ;)

È una delle scene più tristi della storia, come avrete capito Bulma ha scoperto che Vegeta è "impegnato", Chichi è rimasta ferita nella colluttazione con la donna di Vegeta. Una delle cose da dire è: Bulma non è una terrestre, è un'aliena come Vegeta, ma di un'altra razza, cioè un mezzo angelo, ecco perché ha le ali.

Qui Bulma è decisamente giù perché oltre alla scoperta della relazione del principe, ha ferito Chichi, ha causato la morte di un uomo, sente di essere pericolosa e ha paura di ferire gli altri. Chiaro, no? XD

Altro appunto: ho creato un nuovo personaggio per la madre di Bulma (Bonney) perché mi serviva una donna forte ed energica al posto della Bunny classica che tutti noi conosciamo e per non buttarla via l'ho fatta diventare sua zia (sorella gemella di Bonney)
BebebebebebeH, so di avervi scombussolati, ma sentivo l'impellente bisogno di pubblicarla, spero sia comunque di vostro gradimento.
Grazie e alla prossima.

   
 
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