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Autore: The Prophet    17/05/2013    5 recensioni
Dunque, premessa.
E' una bozza, scritta di getto e non rivista, quindi obrobbriosa.
Scrivere ff non è il mio forte. Se vi va leggetela, o ignoratela, è uguale, lo hiatus ha preso questa nuova forma (?)
Nota: Alcuni eventi descritti nella ff sono in parte Spoiler per chiunque non abbia ancora visto la 8 season.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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PROLOGO

..e dopo queste cose vidi una porta aprirsi nel cielo, e la voce che parlava con squilli di tromba mi disse:
<< Sali quassù, e ti mostrerò le cose che devono avvenire in seguito.. >> ” [Rivelazione, 4:1]

 
Freddo e silenzioso.
Il covo dei Letterati non era mai stato così lontano dall’essere la ‘’casa dolce casa’’ che Dean Winchester aveva, quasi con imbarazzo, sognato negli ultimi otto anni. Le sale vuote, silenti, riempite solo dal ticchettare del vecchio orologio in legno che qualcuno aveva posto accanto alla libreria erano quanto di più simile potesse esserci ad una prigione. Sui pavimenti giacevano cumuli di libri e fogli sparsi, lasciati a marcire nella loro inutilità, e pezzi di vetro dei bicchieri rotti in impeti di violenza.
Alcune luci poste sui pannelli di controllo brillavano ad intermittenza, e quello che sembrava un allarme Dean non era riuscito a spegnerlo. Almeno non prima di avergli puntato contro la Taurus del 92 e aver premuto il grilletto.
Le sue azioni negli ultimi sette giorni erano state sempre le stesse, compiute in maniera semplice e rituale da risultare quasi maniacale: controllare ogni libro del covo in cerca di una soluzione, non riuscire a trovarla, lanciare lontano il libro, riempire il bicchiere di whisky, tracannarlo, ricominciare da capo.
E ogni ora controllare lo stato di suo fratello.
Dal loro ritorno, Sam non aveva mostrato segni di miglioramento.  La tosse persisteva, il sangue continuava a fluire dalla bocca e dalla ferita alla mano, che non voleva saperne di cicatrizzarsi. Le ore che passava a dormire sembravano non passare mai, e c’era stato un giorno in cui Sam non s’era svegliato per niente. Di contro, Dean aveva deciso che poteva evitare di dormire, fino a quando le cose non sarebbero migliorate.
Passava la maggior parte del tempo col naso infilato nelle carte, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse aiutarlo a salvare il suo fratellino. Eppure nemmeno i trecento e più anni di ricerca dei Letterati sembravano poter fare qualcosa.
Sam è danneggiato, in un modo che nemmeno io posso guarire..
Dean era a pezzi, ma non l’avrebbe mai ammesso nemmeno a se stesso.
Tra una ricerca e un’imprecazione, Dean Winchester sedeva senza fare altro che fissare il bicchiere mezzo vuoto che era sul tavolo davanti a lui.
Nemmeno il rumore di passi che si avvicinavano, o la voce che lo chiamava, lo indussero a distogliere lo sguardo. Una voce giovane, ma rauca e stanca.
“..intendi restare lì a fissarlo?”
Non ci fu risposta.
Kevin Tran superò l’uscio e attraversò la sala, dirigendosi verso la libreria alle spalle di Dean. Il suo aspetto non era cambiato, pallido e provato per i mesi passati a tradurre le Tavolette del Verbo. Dean aveva chiesto al ragazzo di controllarle, ma nemmeno tra quei geroglifici sembrava esserci la soluzione.
“Ho controllato Sam, sta ancora dormendo.”
Ancora una volta, nessuno rispose.
“La ferita continua a sanguinare, ma la febbre è scesa un poco..” Si voltò verso il tavolo. Dean restò immobile come una statua.
Kevin sospirò. “Amico, solo Dio sa cosa ti passa per la test-“
Non riuscì nemmeno a finire la frase, che vide la figura di Dean alzarsi di scatto e gettarsi verso di lui. Lo prese per la maglia alzandolo di qualche centimetro da terra. Dean scagliò il Profeta contro la libreria, l’urto fece cadere a terra un libro.
“COSA DIAMINE-“
“NON VOGLIO SENTIRE NEMMENO UNA PAROLA! NON UNA, E SOPRATTUTTO NON QUEL NOME.”
L’eco delle parole di Naomi tormentavano ancora la mente di Dean. L’ultimo sacrificio di Dio.
Kevin Tran fissò l’uomo negli occhi. Qualcosa si era acceso nel profondo, un fuoco che il ragazzo temeva si fosse spento per sempre.
Restarono fermi per qualche secondo, in silenzio, poi Dean si decise a lasciare la presa.
Senza dire nulla si voltò di scatto, e tornò a sedersi vuotando il bicchiere che era sul tavolo.
“Non puoi continuare così.” Kevin si sistemò gli abiti.
“Beh chissà, io credo di potere.”
“Otto giorni, Dean. Otto giorni da quando siete tornati, otto giorni da quando il mondo è sull’orlo della fine – di nuovo.”
Dean restò in silenzio.
“Non mi hai nemmeno spiegato che è accaduto in quella chiesa. Tutto ciò che so è che Sam è in una stanza probabilmente in lotta tra la vita e la morte, e tu non fai altro che bere e lanciare libri per aria!”
Silenzio.
“Hai almeno dato un’occhiata fuori? Sentito la tv? O la radio?”
Il Profeta prese un giornale ripiegato che era sul tavolo, e lo gettò davanti agli occhi di Dean.
“E allora?”
“La chiamano pioggia di meteoriti. Ma credo tu sappia cosa sia in realtà.”
“Non me ne importa”
“Beh dovrebbe, la gente comincia a domandarsi come possano delle persone cadere dal cielo. Non puoi continuare a far finta di niente.”
“Non posso smettere di cercare..”
“Cercare COSA? Hai praticamente controllato ogni volume dei Letterati, ma alla ricerca di un modo per guarire Sam o per rimediare a questo casino?”
“Quello che cerco sono affari miei”
“Sei un coglione! Quello che intendo è..”
Dean Winchester si voltò, e lo guardò con fare interrogativo.
Kevin sospirò. “Sai cosa, lascia perdere. Certe volte sei più strano di Castiel.”
Castiel.
Il nome portò un senso di apparente calma in Dean, la calma che imperversa nel mezzo della tempesta. Il tuonare silenzioso che si sente, ma non si vede.
Già, Castiel. L’angelo ribelle che aveva provato così tanto a sistemare le cose, che aveva finito per peggiorarle. La salute di Sam non era stata l’unica preoccupazione di Dean in quei giorni. Si era più volte chiesto cosa ne fosse stato dell’angelo, senza mai riuscire a rispondersi. L’aveva chiamato, cercato, pregato, ottenendo sempre lo stesso risultato. Ovunque egli fosse, Dean si era convinto che non volesse essere trovato. Gli tornarono alla mente le numerose volte che era scomparso, e le volte in cui era tornato. Solo alla fine, solo per vedere il mondo finire ancora e ancora.
Quando si destò da quei pensieri, notò che Kevin se n’era andato. Si pentì per averlo aggredito, per non avergli detto niente del fallimento della Terza Prova o degli Angeli caduti. Non c’era un vero motivo, semplicemente non voleva. Non ora.
Si alzò e andò a riempirsi di nuovo il bicchiere. Davanti al carrello del bar, lasciò cadere la testa all’indietro e chiuse gli occhi.
Dannazione, Castiel.. cos’hai fatto?
 
 
Qualche livello più in basso, un uomo vestito con eleganti quanto sudici abiti neri era seduto su una sedia da tortura. I polsi e le caviglie erano legati da pesanti catene fissate al pavimento, mentre una corda girata più volte lo assicurava alla sedia e un collare di metallo gli tratteneva il collo. Ovunque, nella stanza che lo ospitava e sulle catene, erano stati posti dei sigilli anti-demone per impedire che l’ospite potesse scappare.
Non che il Re dell’Inferno ne sentisse la voglia, comunque.
Nei giorni trascorsi da quando era stato condotto alla  sua prigione, Crowley aveva avuto molto tempo per riflettere sulla sua posizione.
Le visite di Dean Winchester si erano ridotte drasticamente dopo i primi due giorni, quando il demone aveva giurato sulla sua anima di non avere idea di come salvare Sam.
In effetti, era proprio questo l’interrogativo che attanagliava la mente del Re. Per la prima volta dopo secoli, avvertiva qualcosa di anomalo.
Qualcosa di diverso, che quelli come lui non dovrebbero provare, quasi un peso indescrivibile, eppure leggero.
Qualcosa era cambiato in lui, lo sapeva. Quasi lo temeva. E assieme lo desiderava, lo voleva con tutto se stesso.
Non aveva ben capito cosa fosse accaduto in quella chiesa. I tentativi di curarlo, Abaddon incenerita dall’olio santo, i terremoti e le comete..
L’Apocalisse la ricordavo differente, era stato il suo pensiero più ricorrente.
D’improvviso, proprio come la luce del cielo, un lampo bianco lo investì costringendolo a chiudere gli occhi di scatto e a voltarsi. Quando avvertì che la luce andava affievolendosi, trovò – è curioso dirlo – il coraggio di voltarsi e fissare la figura che era davanti a lui.
A metà tra la paura e la contentezza, Crowley non riuscì a emettere fiato.
“Dobbiamo parlare.” Fu tutto ciò che udì. 

*

 
La donna attraversò correndo la stretta strada male illuminata, evitando di inciampare nei cassonetti della spazzatura. Nonostante il freddo della notte, la sua fronte era bagnata. Gocce di qualche strano liquido continuavano a caderle davanti agli occhi, costringendola a strofinarseli per vedere meglio la strada. Il rumore dei suoi passi rimbombava nell’oscurità, passo dopo passo, mentre si lasciava alle spalle le alte finestre dei palazzi e, con qualche speranza, anche il suo inseguitore.
Mise un piede in fallo, inciampando, e d’istinto pose le mani in avanti per proteggere il volto. Un dolore mai provato prima la costrinse nella sua morsa, mentre le mani cominciavano ad arrossarsi di sangue a causa dell’urto. Un graffio misero, rispetto alle ferite a cui era abituata, eppure quel graffio bruciava come l’Inferno. Si voltò ansimando, controllò che la strada fosse sgombra dietro di sé, mentre la vista le si annebbiava sempre di più. La donna avvertì l’odore del sangue mescolato al suo sudore, odore mai avvertito prima, intenso e forte come l’incenso lasciato acceso in una stanza senza finestre e assieme putrido come la pelle marcia.
Qualcosa si mosse, e si voltò di scatto.
La figura che era davanti a lei la fissò, e sorrise.
Ti prego. No..
“Mi sono sempre chiesto.. dove vanno gli Angeli che muoiono?”
L’urlo che si levò dal vicolo portò qualcuno ad affacciarsi da una finestra, alla ricerca della fonte che l’aveva prodotto.
Nell’oscurità, nessuno poté vedere il rivolo di sangue scorrere verso la grata della fogna.

*

 
“Dean Winchester”
Il cacciatore varcò la soglia della prigione dei Letterati, presentandosi agli occhi del Re dell’Inferno. La sua mano destra era impegnata a reggere una grossa tanica di plastica bianca.
“Per essere il vicino del piano di sopra, sei piuttosto silenzioso. Non mi aspettavo di riveder-“
Uno spruzzo di acqua santa lo costrinse a zittire. Dean poggiò a terra la tanica piena d’acqua, e incrociò le braccia.
“..anch’io sono contento di rivederti, biondino”
“Pare tu abbia gradito il bagno meno del solito.”
“Che posso dire, mi hai pulito abbastanza. E poi, sono un uomo dalle mille risorse.”
“Rivedi il copione, Crowley. Sei ancora un demone.”
Il Re dell’Inferno incassò il colpo senza controbattere. Ma era vero, l’acqua santa non sortiva più gli stessi effetti. La sua pelle bruciava meno, e il fastidio era molto più sopportabile.
“Come riesci a farlo?” chiese Dean.
Crowley parve divertito dalla domanda. “..davvero me lo stai chiedendo?”
L’espressione immutata di Dean fu una risposta soddisfacente. Crowley si sistemò sulla sedia, e cominciò a ridere.
“E va bene, Enigmista, vediamo se riesco a delinearti un quadro semplice e conciso: un mastino sventrato, un’anima riscattata, ripetute iniezioni di sangue..”
Dean lo osservava impassibile.
“Le Prove.”
“Curare un demone non è stato proprio come ve l’aspettavate, vero? E, che io sia dannato, devo ringraziare l’alce.. a proposito, com’è che non è ancora passato a salutarmi?”
A quelle parole Dean vuotò il contenuto della tanica su Crowley, e questa volta l’acqua sortì l’effetto sperato. Il Re dell’Inferno lanciò un grido, contenuto certo, ma pur sempre un grido.
La trasformazione non era stata ultimata, e per quanto redento, Crowley restava davvero ancora un demone.
“Vuoi vedermi con la maglietta bagnata?”
“Non sei esattamente il genere di porno slash che preferisco.” Dalla tasca del jeans rovinato estrasse un pugnale tibetano, con la lama incisa di simboli anti-demone. Il pugnale di Ruby.
Se lo rigirò tra le mani, mentre Crowley lo osservava con preoccupazione crescente.
“Scommetto che questo funziona proprio come ai vecchi tempi..”
“Cos’è che vuoi?” il demone voleva prendere tempo, era chiaro.
“La cura per mio fratello”
Crowley parve sorridere. “Sai che non ce l’ho”
“No, ma scommetto che qualcuno dei tuoi conosce un modo. Sempre ammesso che non sia tu quel qualcuno”.
Il vecchio demone degli incroci abbassò lo sguardo. Dean si piegò verso di lui, avvicinandogli il pugnale al volto. Il graffio bruciava sulla pelle ancor peggio dell’acqua. Quella lama l’avrebbe ucciso come un qualsiasi demone. Fissò Dean negli occhi per qualche minuto, poi voltò il capo.
“Io non so come curare tuo fratello..” pronunciò ogni parola con lentezza, aspettandosi una pugnalata al cuore come risposta. E invece la pugnalata arrivò alla mano, costringendo il demone ad urla sovrumane.
Dean lasciò il pugnale nella mano di Crowley, e fece per allontanarsi.
Quando fu ad un passo dalla porta, sentì Crowley ridere.
“Io non so come curarlo.. non per certo, almeno.”
Quelle parole riportarono Dean faccia a faccia col Re degli Inferi.
“Se non vuoi ritrovarti quella lama nel cuore, farai meglio a parlare.”
Crowley abbassò la testa quando sentì le forze cominciare a mancargli.
“Il sangue..”
“Non ti sento.”
“Il sangue di Sam, idiota! Credo.. sì, credo sia quella la chiave.”
Per la prima volta da giorni, e nonostante l’alcol ingerito, Dean Winchester si sentì lucido.
“Il sangue? Quello che ha usato per guarirti?”
“Il sangue del tuo fratellino è stato.. è stato –argh, dannata lama – purificato dalle prove.”
“Non mi dici nulla di nuovo”
“E’ una purezza che nessuna creatura può tollerare, figuriamoci il pupillo dell’Inferno!”
Dean colpì il demone con un pugno, facendogli sanguinare il naso.
“Non dire cazzate!”
“CREDI CHE MI DIVERTA A INVENTARE CERTE COSE PER IL GUSTO DI ESSERE PRESO A CALCI IN CULO DA DEAN WINCHESTER?! TUO FRATELLO ERA IL PUPILLO DI AZAZEL, ERA STATO SCELT O E CRESCIUTO PER OSPITARE LUCIFERO!! HAI UNA VAGA IDEA DI QUANTO PERVERSO E DANNATO DOVEVA ESSERE IL SUO CORPO PER OSPITARLO?!” Crowley vomitò la rabbia e le parole senza fermarsi un attimo per respirare.
Dean arretrò di qualche passo.
“Tuo fratello ha la più alta concentrazione di sangue demoniaco che abbia mai visto, nemmeno io ne possiedo tanto! Posso solo immaginare come lo abbiano ridotto le Prove. La mia modesta opinione è che sia questo il motivo per cui l’alce sta ancora interpretando il ruolo da bella addormentata. Il suo corpo non può reggere questo contrasto.”
Dean si sentì improvvisamente confuso. Non c’erano dubbi, la spiegazione di Crowley sembrava non avere falle.
“E tutte queste cose ti sono tornate in mente soltanto adesso..”
Crowley emise una smorfia di dolore. “Diciamo che i ripetuti bagni mi hanno.. rinfrescato la memoria. Vuoi togliere questo dannato coso?!”
“Dimmi come  guarire Sam.”
Crowley lo fissò. “Davvero non ci sei ancora arrivato?”
“DIMMELO!”
“Il sangue, idiota.. C’è bisogno di sangue demoniaco.”
No.
“E non basta. Deve essere sangue di un demone potente, almeno quanto lo era Azazel.”
“Abbiamo arrostito quel figlio di puttana una vita fa.”
Guarito o no, il sorriso sul volto del Re degli Inferi avrebbe fatto rabbrividire un bambino.
“..fortuna che io conosco un demone di sicuro più potente di Azazel.”
 
 
Quando Kevin tornò nella sala principale notò che Dean non c’era più.
Si avvicinò al tavolino da bar, si versò del whisky e andò a sedersi.
Sorseggiò un po’ del liquore, che trovava sempre meno forte da quando aveva cominciato a bere.
Mi starò abituando,pensò.
In quei giorni il whisky era stato il suo unico amico. Dean Winchester non era esattamente il massimo della compagnia. Il rapporto tra loro sembrava essersi incrinato da quando Dean era tornato al covo, reggendo suo fratello sulla spalla. Sam era pallido, sanguinava ed era febbricitante.
Tutto quello che Dean aveva detto quel giorno era stato: “C’è un regalino nell’Impala, portalo di sotto nella prigione”. Kevin era riuscito a stento a trattenere un urlo scoprendo che su sedile anteriore dell’auto c’era il Re dell’Inferno, legato e imbavagliato. Il demone non aveva opposto resistenza, mentre il Profeta lo aveva condotto nella prigione dei Letterati. L’aveva lasciato a terra, immobilizzato dalla trappola del diavolo disegnata sul pavimento. Che sia Dean a legarlo a quella sedia, si era detto.
In seguito aveva provato a chiedere a Dean cosa fosse accaduto, se erano riusciti a chiudere i Cancelli per sempre. Non aveva nemmeno fatto in tempo a dirgli degli allarmi che erano esplosi tutti insieme inaspettatamente, quando Dean lo cacciò dalla stanza di Sam.
E da quel giorno le cose non avevano fatto altro che peggiorare. Non poteva fare altro che aspettare, si era detto, ma sapeva che le cose non sarebbero cambiate molto presto.
Vuotò il bicchiere e andò a riempirlo di nuovo. Quando tornò a sedersi, sollevò lo schermo del portatile di Sam. Per qualche assurda ragione, si aspettò di trovare la home del sito porno preferito da Dean, ‘’Tettone Asiatiche.com”. E invece non c’era altro che lo sfondo azzurro del desktop, con quelle poche icone sparse qua e là.
Fortuna che non ha fatto ricerche online, pensò Kevin. O dubito che il pc sarebbe ancora integro.
Quasi istintivamente cercò in rete le ultime notizie dal mondo, come aveva fatto per mesi sulla barca dove aveva tradotto la Tavoletta sui Demoni.
Fissò annoiato l’elenco delle notizie, senza curarsene troppo. Il più riguardavano la misteriosa pioggia di meteoriti di otto giorni prima, o la comparsa di sempre più persone trovate sbandate e senza memoria in qualche città o in qualche campo. Per il resto, non vi erano altre notizie di particolare importanza.
Kevin Tran bevve d’un sorso il bicchiere di whisky, e fece per alzarsi.
D’improvviso si voltò di nuovo verso il pc, concentrandosi su una delle notizie scritte in piccolo a lato della pagina. Cliccò sulla notizia per leggerla meglio.
Mentre cercava di coglierne il senso, sentì in lontananza il rumore di una porta che si chiudeva. Poco dopo Dean Winchester fece capolino nella sala. Lo osservò, quando si accorse che il Profeta era intento a usare il pc di suo fratello.
“Attento con quello, o diventerai cieco” disse salendo le scalette.
“Quindi ora mi parli?”
Dean restò in silenzio. Non sapeva bene come rispondere.
“Pare di si.”
Kevin si voltò verso di lui. “Dai per scontato che io stia guardando un porno”
“Ehi, alla tua età io mettevo già in pratica i loro insegnamenti” gli scappò una risata, come se non potesse reprimerla. Kevin restò serio.
“Non puoi aggredirmi un momento e il momento dopo far finta che non sia accaduto nulla.”
“Beh sì, ma nel caso non te ne fossi accorto, ho una certa situazione qui-“
“Me ne sono accorto, invece, anche se ti ostini a non dirmi nulla!”
“Perdonami, o Divino Profeta! Non fulminarmi!”
“Sei uno stronzo.” Kevin non poteva più sopportare oltre.
“Si, beh, sono anche il più quotato sulla piazza.”
“Devi uscire, cambiare aria. O ci rimettiamo la sanità mentale tutti e due.”
Dean si riempì un bicchiere, e andò a sedersi all’altro capo del tavolo, di fronte a Kevin. “Magari quando tutto questo sarà finito, andremo a farci un pic-nic con Yogi e Bubu”
“Sono serio, Dean. Non hai lasciato questo posto da quando sei tornato.”
Il cacciatore sembrò ignorarlo, e si limitò a tracannare il whisky.
Kevin lo fissò. “Non fai altro.”
“Glen Grant, il miglior amico di un cacciatore da.. nemmeno io so da quando.”
“Non hai pensato che lì fuori potrebbe esserci la risposta per curare Sam?”
“..sì.”
“E allora perch-”
“Inizi a rompere sul serio, ragazzino.”
Le parole rimasero bloccate nella gola di Kevin, che ancora una volta si costrinse a tacere. Poi però prese il pc, lo chiuse e lo spinse verso Dean. Il cacciatore lo guardò con fare interrogativo.
“Aprilo”
Dean obbedì, ritrovandosi a leggere un articolo che parlava di un’aggressione avvenuta in una città dell’Illinois.
“E allora?”
“Non sono un esperto, ma quello mi sembra proprio un caso dei vostri.”
Dean sbuffò. “Non è il momento” disse, e abbassò lo schermo del pc.
Quando rialzò lo sguardo, Kevin lo stava ancora fissando.
“Cosa?”
“Pensavo fosse il vostro lavoro, il vostro dovere. Il tuo dovere. Affari di famiglia.”
Dean si ritrovò ad osservare quel ragazzo asiatico mingherlino con stupore. Aveva una mezza idea di picchiarlo. Nella sua testa si fece spazio l’eco delle parole di suo padre, John. Fece scorrere lo sguardo dal pc al tavolo, dove qualcuno aveva poggiato un’agenda rilegata in pelle e gonfia degli appunti riposti all’interno. Il diario di John Winchester.
Dean guardò Kevin, e sorrise.
“Piccolo bastardo.”
Per tutta risposta, il Profeta incrociò le braccia e rispose beffardo al sorriso.
  
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