Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Hika86    05/12/2007    0 recensioni
Diverse storie
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In realtè "Parole Cremisi è un progetto in via di definizione. Dovrebbe essere una raccolta di tanti racconti brevi che hanno a che vedere gli uni con gli altri, ma che si possono leggere singolarmente e saltano dall'uno all'altro senza problemi. Avviso subito che si parla di Vampiri... non quelli belli e carini di Twilight, ma esseri sicuramente più cinici, spietati e crudeli. Io mi baso sull'ambientazione del mondo di "Vampire" (della White Wolf), ma non uso mai terminologia dei libri, lascio tutto sottinteso. Non c'è bisogno di conoscere il gioco di ruolo quindi. Buona lettura a voi! E buon lavoraccio a me!
Perdonatemi padre, perchè ho peccato.
Mi sono lasciata andare al peccato più grave: la curiosità. Il Diavolo ha lasciato che assaporassi il suo meraviglioso mondo per poi negarmelo e lasciarmi, insoddisfatta e peccatrice.

Era una festa, padre, a me non piacciono, ma quella volta ci sono stata. Non partecipo quasi mai: sono una persona timida e ho difficoltà a conoscere nuove persone, quindi mi evito da sola l'impaccio di trovarmi in situazioni imbarazzanti o difficili da affrontare. Quella era una serata particolare però, era una rimpatriata tra vecchi amici e conoscenti e non potevo mancare; non solo perchè l'imbarazzo era di certo meno di una qualunque festa, ma anche perchè gli amici lontani si ha poche opportunità di rivederli.
Così era sabato sera il confine in cui comincia il mondo dei giovani e il mondo della notte. Per una volta ero tra loro. C'erano tanti visi che ricordavo in un modo e mi si presentavano in un altro e i colori intorno a me, la musica. I saluti si accavallavano, le persone da rivedere e riabbracciare erano tante e gli aggiornamenti sulla vita di ognuno riempivano le mie orecchie. Era come non aver mai visto più di un ruscello e poi trovarsi improvvisamente davanti all'onda dell'oceano. Era tutta una novità per me che non sono avvezza ad incontrare così tante persone in una sola volta, a sorridere a tutti, a ricordare momenti vissuti. Mi stavo perdendo in quel turbine di emozioni e luci quando lo vidi. Tutto intorno a me sembrò fermarsi. Le persone mi passavano davanti, ma nella mia mente avevano la stessa importanza degli alberi che passano nel quadrante del finestrino di un treno in corsa: dettagli insignificanti di pochi secondi. Lo stesso per i rumori e i saluti che mi venivano rivolti: nella mia mente rimbalzavano lontani gli echi di quelle parole a cui non davo affatto ascolto.
Lo vidì così per la prima volta, un'immagine bella e perfetta nella folla confusa che andava e veniva ad intermittenza coperta dai ragazzi che ridevano di gusto muovendosi in gruppi o dalle ragazze trottanti, le une al braccio delle altre. Non passarono che pochi secondi, dopo che avevo fissato il mio sguardo su quella figura, che lui ricambiò la mia occhiata, come avesse intuito di essere osservato o come se qualcosa lo avesse improvvisamente colpito e si girasse per scoprire chi fosse stato. Mi guardò con un'espressione a metà tra lo stupito e il seccato. Quello fu il primo contatto che ebbi con lui, un innocente contatto visivo padre... eppure fu come aver permesso al male di sapere della mia esistenza. L'immagine di quei primi momenti ce l'ho così vivida nella mia mente che ho creduto più volte me l'avessero marchiata a fuoco negli occhi.
Non so quando tempo passammo a fissarci; forse dei minuti oppure pochi secondi; ma il tempo riprese improvvisamente a scorrere quando lui tornò a sorridere e questa volta era rivolto a me. Quello, padre. Quell'improvviso batticuore doveva bastarmi come avviso e invece ho peccato di avidità e non mi sono accontentata di quella breve emozione, di quello sguardo sfuggente. Io gli risposi, con un sorriso probabilmente meno affascinante del suo e più sciocco, ma nonostante questo lui continuò a guardarmi e parlò per qualche istante alle persone intorno a lui. Tutti si girarono a guardarmi ed io arrossii improvvisamente e non perchè tutti mi guardavano, ma perchè un moto di felicità aveva accelerato ancora i battiti del mio cuore: quella creatura aveva appena parlato di me, dalle sue labbra erano sfuggire parole che mi riguardavano, ed era un pensiero meraviglioso. I vari ragazzi che gli stavano vicino mi fecero segno di avvicinarmi ed io non me lo feci ripetere due volte avvicinandomi con la scusa pronta che quei visi mi erano noti ed erano persone che ancora non avevo salutato. In realtà volevo assolutamente avvicinarmi a quello sconosciuto, a quella figura che sembrava circondata da una luminosa aura di carisma.
Il tempo sembrava passare più rapidamente del solito, presa da troppi stimoli: parlavo con le persone che stavano lì con lui, perchè le avevo conosciute da qualche parte e non lo vedevo da tanto tempo, ma per quanto mi sforzassi di concentrarmi sulle risposte da dare e sul guardarli in viso, non potevo fare a meno di tornare sempre ad osservare lo sguardo dello sconosciuto cercando un'espressione di approvazione o disapprovazione per quello che dicevo. Presa da quella preoccupazione a malapena facevo caso alle mie risposte o alle domande: tutto ciò che non lo riguardava riceveva da me la stessa attenzione che avrei riservato alla cornice dell'Ultima Cena. Infine tutti notarono la mia curiosità per lo sconosciuto e ci presentarono. Allungai la mano, padre, ma voleva essere un gesto innocente per salutare una nuova conoscenza. Invece lo feci perchè bramavo del contatto fisico con quella persona, forse si può considerare un pensiero impuro, ma non desideravo altro che sfiorare quell'uomo. Cosa che avvenne in parte e in modo strano: a malapena sentii il tocco freddo delle sue dita sul dorso della mia mano, che spinse verso il basso. Mi sfiorò quel che bastava, quasi avesse timore di rompermi, e tenne la mia mano ferma perchè le sue labbra potessero trovare il tempo di avvicinarsi e toccarmi leggere. Non saprei immaginare la faccia che dovevo avere dopo che mi venne fatto quel singolare gesto da un così strano individuo. Il fatto passò come normale agli occhi degli altri e si ricominciò a parlare. Non faceva parte di nessuna cerchia di amici particolare e diceva di esser stato invitato da un tizio, che nessuno di noi pareva conoscere, sentitosi male all'ultimo momento. Lo aveva pregato di andare alla festa senza di lui per portare i suoi saluti e le sue scuse ad un paio di persone. Così si ritrovava in mezzo a gente che non conosceva, ma nonostante questo sembrava completamente a suo agio e si rivelò una compagnia brillante quanto spiritosa. Era una figura talmente curata e particolare che mi sarei aspettata qualcuno di più sofisticato, eccentrico, persino silenzioso. Invece no, era eloquente e spiritoso, tanto quanto riservato e pronto a cedere la scena, anche a persone meno interessanti di lui.
Tra i vari discorsi mi fece promettere un ballo, ma padre, io non so perché dissi di sì: io non so ballare, né mi piace farlo, però quella fu la mia risposta. Giuro su Dio che non c’è stato ballo in quella serata caotica e piena di emozioni e l’unico momento in cui ci toccammo fu durante quel suo singolare baciamano, ma… mentirei se dicessi che non avrei voluto quel ballo nonostante la sicura figuraccia che avrei fatto.

Dio mi perdoni per ciò che ho fatto, pensato e detto quella sera, ma se mai riuscirà a farlo non potrà essere indulgente una seconda volta nel sapere che quella non fu l’unica occasione in cui incontrai quell’uomo.

Written by Hika86, Fiò as beta-reader.
  
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