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Autore: micRobs    18/05/2013    8 recensioni
Sterek | Pseudo-Angst/Fluff | Post-Season II
Dal testo: "Lui pare lottare contro un enorme mostro viscido che preme per uscirgli dal petto e tu sai che quello è il segno che Derek si sta sforzando di tenere a freno le parole che minacciano di scivolargli dalle labbra.
«Continui a non capire» fa un passo verso di te. «Continui a non voler capire le mie ragioni.»
Schiudi le labbra e sollevi entrambe le sopracciglia in un’espressione palesemente sconvolta. «Magari, non lo so, se tu provassi a spiegarmele con idiomi imparentati con l’inglese, potrei anche provare a capirle. Purtroppo non sono un lupo, i ringhi contrariati non funzionano con me.»"
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Derek/Stiles
Genere: Sentimentale / Romantico / Pseudo-Fluff / Pseudo-Angst / Malinconico.
Avvertimenti: Slash / post-Season II / Un po' tante banalità / Probabile OOC, in quanto è la prima volta che scrivo di questi due personaggi.
Rating: Verde.
Parole: 1822 (secondo Word)
Note d’Autore: Avevo immaginato un qualcosa più in grande stile, per il mio sbarco in questo fandom, ma la fanfiction che state per leggere ha deciso che non voleva saperne di venire come dicevo io e quindi alla fine mi sono dovuta arrendere all’evidenza. È stato maledettamente difficile, non lo nascondo, e sono anche piuttosto certa di aver toppato alla grande, per cui la rimando a voi e mi rintano in qualche angolino a farmi corrodere dall’ansia. Sentitevi liberi di rimandarmi da dove sono venuta o di consigliarmi di darmi all’ippica. Il titolo della shot è preso della canzone “Wolves” dei Mallory Knox.
Note di betaggio: La mia metà che beta e argina le mie crisi di panico, Vals.
 

 
 

Sweetest Enemy

 
 

 
Ti sei sempre vantato di avere una mente scientifica e analitica, di afferrare concetti al volo e sviscerarli minuziosamente in collegamenti logici immediati e fulminei. Trovare soluzioni a problemi anche complessi ed organizzare i pensieri in schemi matematicamente precisi e rigidi.

Tuo padre si è sempre chiesto come possa un ragazzo dotato di una mente così finemente organizzata essere così caotico e confusionario all’esterno, ma tu non hai mai avuto bisogno di chiarire che questa condizione è limitata al tuo intelletto, perché lui lo sa perfettamente.

In fondo, è una caratteristica che ti è sempre stata un po’ stretta, sebbene tu non possa essere definito un ragazzo con poca elasticità mentale e sebbene i tuoi schemi siano stati alterati e messi in discussione più di una volta.

Per questo, quando apri la porta della tua camera e ti scontri con la cupa e composta figura di Derek Hale, non ti sorprendi più di tanto, perché lo sai che, come ogni avvenimento che ti ha coinvolto nell’ultimo periodo, lui non risponde a nessuno schema a te conosciuto.

Ti chiudi la porta alle spalle e sospiri stancamente. Una parte di te sarebbe tentata di chiedergli cosa ci fa lì, appollaiato sulla poltrona accanto al tuo letto, a giocare distrattamente con la lampada che hai sul comodino. L’altra parte non è certa di gradire l’eventuale risposta.

Luce accesa, luce spenta.

Lampi aranciati che illuminano il suo profilo e lo rendono più inquietante di quanto non sia in realtà.

Luce accesa, luce spenta.

«Potresti piantarla, per cortesia?» Sbotti, forse troppo poco gentilmente, mentre ti dirigi verso la scrivania per svolgere i compiti che hai convenientemente rimandato a dopo cena.

È stata una settimana stancante, tra la scuola, il lacrosse, i problemi esistenziali di Scott alle prese con la rottura con Allison, tuo padre che fa domande. Adesso vorresti solo buttarti sul letto e dormire fino ad anchilosarti il cervello e smettere di pensare per un’unica, meravigliosa, volta.

Lui stringe il pugno sul bracciolo della poltrona e serra la mascella e una piccola parte di te quasi teme che possa scattare e azzannarti alla giugulare. Ma sai che non lo farà, la tua parte razionale lo sa e tu ti fidi di essa così come, inaspettatamente, ti fidi del lupo che abita dentro Derek.

Luce accesa, luce spenta.

Inspira profondamente e allontana le dita dall’interruttore; tu ti passi una mano sugli occhi e poi, esasperato dal suo silenzio, te le porti entrambe in vita e lo guardi con espressione di sfida, provando a mascherare la frustrazione che senti nel vederlo lì.

«Che vuoi?» Domandi allora. «Hai detto che non dovevamo più vederci, quindi che ci fai qui?»

Non puoi fare a meno di sperare che alle sue orecchie quelle parole siano sembrate meno patetiche e lamentose di quanto non lo siano sembrate alle tue, perché l’ultima cosa che vuoi è che lui sappia quanto ti pesa quella situazione. Sebbene tu sia perfettamente consapevole che lui ne sia già a conoscenza.

E infatti, Derek si alza in un unico movimento fluido, gli occhi attenti e impenetrabili, e ti guarda con quell’espressione impassibile e corrucciata che sai voglia dire tutto e niente. Una volta, non facevi fatica a leggerla, adesso sembra quasi che le parole nascoste dietro le sue iridi si siano riorganizzate in neologismi alieni che tu non riesci a interpretare.

«Vuoi che vada via?» Domanda lui e tu sai di non poter mentire, perché i suoi sensi da lupo lo saprebbero ancora prima di te.

«Ha importanza?» Decidi di ribattere quindi, ostentando una freddezza che non ti appartiene.
«Mi sbatterai la testa contro lo stipite della porta, se non faccio come dici? Sai che novità.»

Lui inspira profondamente e fa un altro passo verso di te. Derek è sempre stato come il fumo. Denso e compatto, eppure inafferrabile. Impossibile da catturare e tenere tra le dita. Tante volte hai creduto di essere riuscito ad afferrarlo, ma la realtà è che l’illusione di averlo in pugno era data dalla sua costante e avvolgente presenza intorno a te: non sei mai stato tu a catturare lui, è sempre stato lui a prendere te.

«Dimmi che vuoi che me ne vada e lo faccio.»

Emetti una risata simile a uno sbuffo e scuoti la testa. Quello è profondamente ingiusto.

«Da quand’è che ciò che voglio io ha importanza?» Fai una smorfia. «Vogliamo fare come dici tu? Okay, bene, facciamo come dici tu. Voglio che te ne vada.»

Lui rimane impassibile e tu avverti improvvisamente il peso di quella settimana gravarti sulle spalle. Adesso vorresti davvero che se ne andasse o, meglio, vorresti che restasse, ma non a quelle condizioni.

«Stai mentendo.»

Sbuffi e ti produci in una smorfia fintamente ammirata. Chiunque avrebbe capito che stai mentendo. A volte, ti chiedi se Derek ti conosca davvero o se percepisca il tuo stato d’animo solo grazie ai suoi sensi potenziati.

«Che intuito» commenti, caustico. «Se sei venuto qui per dirmi cose che già so, potevi anche evitare di prenderti il disturbo.»

Lui pare lottare contro un enorme mostro viscido che preme per uscirgli dal petto e tu sai che quello è il segno che Derek si sta sforzando di tenere a freno le parole che minacciano di scivolargli dalle labbra.

«Continui a non capire» fa un passo verso di te. «Continui a non voler capire le mie ragioni.»

Schiudi le labbra e sollevi entrambe le sopracciglia in un’espressione palesemente sconvolta. «Magari, non lo so, se tu provassi a spiegarmele con idiomi
imparentati con l’inglese, potrei anche provare a capirle. Purtroppo non sono un lupo, i ringhi contrariati non funzionano con me.»

C’è stato un tempo in cui eri sinceramente spaventato da quel ragazzo, dai suoi modi burberi, dalla sua capacità di comparire all’improvviso, dall’aura scura che lo avvolgeva perennemente. È stato prima. Prima di renderti conto di essere attratto da lui, prima di ritrovarti a creare occasioni per averci a che fare, prima di iniziare a sentirti al sicuro in sua presenza, prima di sentirti cercato da lui, prima di iniziare a lasciare appositamente la finestra aperta di notte per permettergli di entrare nella tua camera. Prima. Prima di ritrovarti irrimediabilmente fregato da un altro schema saltato.

«Non voglio che ti usino per arrivare a me» Derek interrompe il flusso dei tuoi pensieri. «Te l’ho già spiegato.»

«No» obietti, forte della consapevolezza di essere dalla parte della ragione. «Non me lo hai spiegato, me lo hai ordinato e imposto. Ma, indovina un po’? Io non faccio parte del tuo branco, Derek, non sono uno dei tuoi cuccioli, tu non sei il mio alfa e non puoi darmi ordini, perché non sono tenuto a rispettarli.»

Lui si è avvicinato tanto da essere di fronte a te, ad un passo da te, e tu vorresti trovare la voglia o la forza di allontanarlo, ma la realtà è che non riesci a impedirti di pensare a quando quella distanza tra voi era inesistente, a quando le sue braccia ti stringevano possessive e sicure, a quando i vostri odori si mischiavano fino a diventare uno.

«Ti ho spiegato anche questo» sibila lui e tu non hai la più pallida idea di cosa stia parlando perché, come ogni volta che Derek ti è vicino, ti dimentichi di pensare.

«Forse non a parole» sbuffi, mentre lui inclina leggermente la testa di lato e un angolo delle sue labbra si solleva in una parvenza di sorriso.

«Credevo tu fossi quello intelligente, Stiles» commenta, quasi divertito.

Tu rotei gli occhi. «La lettura del pensiero non fa parte dei miei superpoteri» ribatti, sarcastico. «Per adesso mi sto specializzando nell’illimitato e letale potere della sottile ironia, ma un giorno arriverò anche a quel livello. Magari puoi ripassare.»

Derek tace per qualche attimo, il suo sguardo non tradisce alcuna emozione e tu ti ritrovi a considerare che magari, ogni tanto, i sensi da lupo farebbero piuttosto comodo.

«Tu parli sempre tanto» argomenta, infilando le mani nelle tasche del giubbotto. «Ma di concreto dici molto poco, sai?»

Sgrani gli occhi, perché lui è sinceramente l’ultima persona dalla quale accetteresti un commento del genere. «Almeno io parlo» ti difendi, «mica come te, Signor Se-gli-sguardi-potessero-uccidere-sareste-tutti-morti.»

«Stiles» ti ammonisce lui, la sua voce è un pacato rimprovero, ma qualcosa dentro di te la percepisce come un avvertimento più intimo, come se Derek si sia reso conto che stai iniziando a straparlare e abbia pensato bene di fermare la tua lingua sciolta.

Non hai mai avuto problemi con le parole, tu, hai sempre detto ciò che ti suggeriva l’istinto, limitando al massimo la parte razionale di quel processo. Avere a che fare con uno come Derek, uno che le parole le pesa e distilla attentamente, ti costa una fatica immane. Perché tu sei fatto per i grandi discorsi, le discussioni filosofiche, i ragionamenti ad alta voce, mentre lui è l’esatto opposto e, hai imparato a capire, le sue conversazioni sono prevalentemente silenziose, qualche cenno d’assenso all’occorrenza, poche e sporadiche parole e grugniti eloquenti.

È sfiancante e lui non si sforza di renderti le cose facili.

«Che ci fai qui» Ripeti, stancamente, quasi sperando che lui si renda conto dell’arrendevolezza della tua voce e decida di darti finalmente una risposta esaustiva.

E forse funziona, perché lui inspira profondamente e fa un altro passo verso di te, tanto che sei costretto ad alzare lo sguardo perché adesso è troppo vicino. Contrae la mascella in un modo così anomalo che sei costretto a deglutire.

«I lupi sono sempre alla ricerca di un compagno» inizia e la sua bocca è una linea talmente sottile e immobile che ti domandi come faccia a emettere suoni. «Lo scelgono tramite l’istinto e ne hanno uno solo. Uno e basta.»

In cuor tuo, sai già dove vuole arrivare con quel discorso, perché Scott ti ha rifilato quella manfrina decine di volte, a proposito del suo rapporto con Allison.

“Deve essere lei, Stiles, io so che è così, lo sento.”

Ma tu lo hai sempre ritenuto un discorso fin troppo romanzato e sei sempre stato convinto che fossero i vaneggiamenti di un ragazzo innamorato. E forse lo sono, ma questa improvvisa presa di coscienza ti fa schiudere le labbra e boccheggiare stupidamente, mentre Derek ti guarda come se stesse decidendo da quale parte iniziare a sbranarti.

«Oh mio Dio… cioè, wow» blateri, in maniera sconclusionata, passandosi una mano tra i capelli corti.
«Questa è una di quelle rivelazioni alla "Te lo dico ma poi dovrò ucciderti", uh?»

«Mh» concorda lui, un sorrisino sarcastico a illuminargli leggermente il viso, poi torna immediatamente serio. «Sono debole con te» sibila, come se quella rivelazione gli costasse uno sforzo enorme. «Ma lo sono anche senza te

Fai una smorfia, mentre il pieno significato di quella frase ti scalda al pari di una doccia bollente. «Bella fregatura» minimizzi, dopo un attimo di doveroso silenzio, ma lui piega le labbra in quello che è inequivocabilmente un sorriso e tu ti rendi conto che sì, sei Stiles Stilinski, ma certe parole sono davvero superflue.
 
 
 


 
The End.
   
 
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