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Autore: naaruchan    06/12/2007    3 recensioni
Solitudine,noia,dolore, sono i sentimenti che Hoseki sta provando, percorrendo la sua enorme casa vuota, come al solito.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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SOLITUDINE

Cari lettori,questa è la mia prima fanfiction quindi siate clementi,questo primo capitolo introduce la mia OC,è un capitolo dedicato esclusivamente a lei (cosi poi si capisce meglio la storia) quindi non vi scoraggiate e non escludete questa fic alla vostra lettura anche se nel primo capitolo non ci sono i nostri amati personaggi, spero che non vi annoierete ^^

Faccio un ringraziamento particolare alla mia cara maestra KARASU alla quale dedico questa mia prima fic ^^ spero che ti piaccia e di non deluderti ^^

 

 

 

SOLITUDINE

                    X

                   SORRISO

                                X

                                FELICE

Solitudine,noia,dolore, sono i sentimenti che Hoseki sta provando, percorrendo la sua enorme casa vuota, come al solito.
Scende le scale lentamente. Il silenzio è spezzato solo dai suoi dolcissimi passi, che sembrano formare una melodia, tra quelle lunghe scale.
Finalmente giunta nel salone principale,si guarda intorno… niente, niente, ”nessuno”
D’improvviso si sente un quasi “silenzioso rumore” e una presenza provenire da una delle tante camere situate in quel piano.
La dolce bambina, Hoseki, sembra fare un sospiro di sollievo e si lancia in direzione di quella camera, contenta di poter finalmente accogliere qualcuno.
“Che bello!Allora mamma e papà sono tornati!” pensò. Ma, giunta a destinazione, il suo sguardo si fa triste, tornando nuovamente cupo…
Niente, niente, e nessuno, nessuna mente intelligente con cui scambiare due chiacchiere, solo quel grasso gattone che, scendendo dal tavolino, fu la causa di quel “felice rumore”.
La bimba, avvicinandosi all’unica finestra aperta in quel piano, si mette ad ascoltare la dolce melodia degli uccellini, facendole notare la bella giornata che trascorreva beata al di fuori di quella triste villa.
Eh sì… Avevano proprio un bel giardino: un grande parco, che faceva invidia a tutti i bambini.
Hoseki però riusciva a vedere solo una vasta distesa, verde e profumata, da non poter dividere con nessuno; una distesa desolata, che animali vari e schifosi insetti sfruttavano per sopravvivere e divertirsi… Al contrario di lei, che girovagava per la villa come un fantasma.
Lentamente quindi si dirige verso la porta di casa, mai chiusa a chiave, col desiderio di uscire fuori e prendere finalmente una sana boccata d’aria, gelosa di quegli animaletti che, alle sue spalle, rubavano la SUA aria, nel SUO giardino, nella SUA terra.
Finalmente fuori, la bimba alza lo sguardo al cielo. Sul suo viso si disegna una smorfia, simile a un sorriso… No, non può essere. Non può essere un sorriso. Troppo è il dolore nel suo cuore, per dare vita ad un sorriso: dal terreno arido è difficile che spunti una verde pianticella. Infatti è stato il sole, quell’antipatico sole, ad averle fatto fare quella smorfia così simile a uno spensierato sorriso.
“Mamma mia come ti vanti! Credi di essere bello? Più di me? Io provo a guardarti, ma tu non vuoi, dì un po’! Neanche tu mi vuoi bene, vero?”- urla Hoseki rivolgendosi al sole.
Una lacrima le riga il viso, mentre lei abbassa la testa. Gli occhi le bruciano adesso, e per qualche secondo riesce a vedere solamente nero.
“Maledetto sole!!!” dice, prima di accasciarsi sul prato, chiudendo gli occhi, e sognando di essere felice. Almeno in sogno…

Hoseki!! Hoseki!!”
Mi sento chiamare ripetutamente.
Apro gli occhi piano piano, e vedo una figura femminile dai lunghi capelli.
Sono ancora mezza addormentata, e ci metto qualche secondo a capire chi sia.
Ma si! È la mia dolcissima mamma.
“Mamma, mamma! Sei tornata finalmente!” dico io impegnandomi a fare uno di quei sorrisi mai visti prima d’ora sulla faccia della terra.
“Si amore” dice la mamma, con il suo solito modo di fare dolce dolce ”Ma che ci fai qui fuori! E dov’è tuo fratello?!?

“Io Eichi non lo vedo da quando sei andata via, mamma!” rispondo.
Nel frattempo la mamma mi aiuta ad alzarmi.
“Cosa?!? Quell’idiota di tuo fratello ti ha lasciata sola per tre giorni?” dice arrabbiata nera “Appena lo pesco gli faccio vedere io! Ma dov’è quel pigrone!?!” urla, ancora più irritata.
“Mamma,è in camera sua, ma non mi fa mai entrare, dice che è il suo spazio”
“Il suo spazio?!?”dice con il fuoco negli occhi “Ora lo metto a dormire nello sgabuzzino!”

Ci dirigiamo verso l’acensore, un bell’ ascensore in gran parte costituito di legno pregiato che rispecchiava i gusti antichi della mamma, la nostra villa sembra più un castello, ce ne vuole per raggiungere Eichi che si trovava al 4° piano.
Il piano dove abito io è silenzioso al massimo, per prendermi in giro Eichi lo chiama il “piano dei fantasmi”. Quello di mio fratello invece non è silenzioso per niente, eppure dal mio piano la casa mi sembra così vuota, così tetra, quasi come un cimitero: l’atmosfera è praticamente la stessa.
Mio fratello Eichi non vuole che vada da lui. L’unica che sembra provare affetto per me è la mia dolce e cara mamma.
Odio mio fratello. E credo che un giorno di questi lo ucciderò…
Per il momento mi basta pensare cosa gli farà la mamma ora, sì , credo proprio che oggi mi divertirò davvero. Mamma fatti valere! Quando ci vuole ci vuole! E pensare che fino a un’ora fa la situazione era da suicidio, eppure ora, scendendo dall’ascensore, percorrere i corridoi della villa mi sembra quasi divertente!!! Mio fratello se la merita proprio una bella lezione.
Eichi! Eichi! Stupido che non sei altro, in quale camera ti sei cacciato?”
“Madre sei tornà…” mio fratello non ha nemmeno finito di parlare che si ritrova la mano della mamma impressa sulla faccia. Che ridere, gli ha dato uno di quei ceffoni che non si dimenticano facilmente, tanto che il segno della mano rimastogli sulla guancia sembra marchiato a fuoco.
“Mamma cosa ho fatto ?” dice Eichi perplesso e con le lacrime agli occhi per il dolore.
“Cosa hai fatto? Cosa NON hai fatto!! Ti ricordo che hai una sorellina!”
“Si Eichi, hai una sorellina, e ora la mamma ti farà il sederino rosso”, penso facendo un sorrisino malefico.
“E ti ricordo che in questi giorni dovevi anche accertarti che si allenasse!” urla ancora più forte.

…No, no mamma, non mi puoi cadere così. Tutta la mia felicità sembra svanire a queste parole.
Allenarmi, basta! Non ne posso più… non è giusto. Mio fratello non si allena mai, e quando lo faccio io si mette a dormire o a guardare la tv.
“Ma mamma, perché devo allenarmi? Perchè? Pensi solo a questo?” le domando disperata.
“Oh cara, ma io voglio solo il tuo bene, voglio che ti alleni così da diventare forte come me, anzi, come tuo padre, perché potresti lavorare con noi molto presto… Cara, la tua famiglia ha bisogno di te, e così saremmo sempre insieme, inseparabili” risponde lei sorridendomi.
La mamma ha un sorriso talmente bello e dolce che quando la guardo non posso che essere felice. È possibile che mi basti così poco?
E per quanto riguarda mio padre… Odio anche lui. Ai miei occhi è esattamente come mio fratello, se non addirittura peggio: mi critica sempre e per allenarmi mi fa molto male. Lui  non mi vuole bene, me lo sento, infatti non capisco perché perda tutto questo tempo con me. Certo, non che passi veramente molto tempo con me, ma durante questo tempo non fa altro che torturarmi.
I miei genitori di solito tornano nel pomeriggio, stanno qui fino alle 9 di sera e vanno via, tornando poi il pomeriggio successivo.
Questa non è la prima volta che mi lasciano sola con quello stupido di Eichi, convinti che nel frattempo io faccia qualcosa e lui il baby-sitter. Ancora non hanno capito che io invece me ne sto tutta sola nel mio silenzioso pianerottolo, a pensare a che cosa servo io se non all’allenamento o alla distruzione di tutto quello che trovo.

“Piccola mia, vai in camera tua e apri tutte le finestre del tuo piano, così circola un po’ d’aria... Tra un poco arriverà tuo padre, fatti trovare pronta e riposata. Su, vai pure,tanto a tuo fratello ci penso io!” dice mamma sorridendomi ancora una volta.
Per scendere stavolta uso le scale. Si nota bene l’arrivo di mio padre: tutto ad un tratto infatti nella villa c’è un gran movimento. Quando mamma torna, tutta la servitù si tiene pronta per l’arrivo imminente di mio padre: lui deve trovare la casa tutta sistemata ed in ordine e una perfetta accoglienza. Strano, però: ci sono tantissimi servi, ma dove “vivo” io non ce n’è neanche uno…
Forse perché mamma sa che non sopporto che quegli estranei invadano la mia privacy… Ora non ha importanza. Chissà cosa starà facendo mia mamma piuttosto, per l'appunto mi ha fatto smammare sul più bello.

“Bravo figlio mio, come al solito ho sempre e solo motivo di lodarti, fai sempre il tuo dovere al meglio” dice compiaciuta la madre al figlio, accarezzandogli quella guancia ancora rossa per lo schiaffo ricevuto qualche minuto prima.

 

  
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