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Autore: taurie    08/09/2004    2 recensioni
Quanto è che non piango? Non l’ho più fatto dal giorno che me ne sono andato, e mentre me ne sto lì rannicchiato davanti alla tua porta mi addormento. Non so quanto tempo dopo, il rumore del montacarichi che si ferma al piano mi richiama alla realtà...

Ho scritto il lieto fine della FF della mia Twin Ewyn ^_^

[ NdAdmin: questo riassunto è stato modificato dall'amministrazione poichè non conteneva alcun accenno alla trama. L'autore è invitato a cambiarlo con uno di sua creazione. ]
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non credo di avere mai avuto tanta paura (e allo stesso temo di aver provato una simile felicità) come quando ti ho visto che mi aspettavi fuori da scuola. Il cuore ha cominciato a battermi talmente forte che credevo lo avresti sentito anche tu!
Ma sono riuscito ad essere alla tua altezza: ti ho fissato con freddezza e le poche frasi che ho detto erano più gelide dell’aria di quel pomeriggio. Ti ho visto stringerti addosso la giacca e mi sono chiesto se era il clima o io il responsabile. Mi piace credere di esserne l’unico colpevole, mentre me ne sto qui sdraiato sul letto con indosso una vecchia maglia sformata, e improvvisamente mi torna alla mente “quel” giorno, alla festa di compleanno di tuo figlio… quando la mia memoria è tornata improvvisamente e tu mi hai riportato a casa, mi ricordo ancora le tue mani mentre mi facevi sdraiare e mi accarezzavi i capelli, e dopo abbiamo fatto l’amore come fosse la prima volta… e tutto in un colpo i fantasmi venivano esorcizzati.
Almeno alcuni.
Altri sono restati qui, accanto a me, come questa maledetta mano che mi fa impazzire dal dolore quando lavoro troppo, come sto facendo ultimamente. Dopotutto cosa mi resta? Tu non ci sei più, lo so che è stata una mia decisione, ma è dipesa anche da te… ho fatto passi da gigante nello studio, disegno un foglio dietro l’altro, a volte incurante del dolore stesso, per sfinire la mia mente che non fa altro che tornare a te, per sfinire il corpo che è diventato un gelido estraneo… in tutti questi mesi non ho avuto nessuno, gli sguardi colmi di desiderio degli altri mi scivolano addosso, non sono i tuoi, io stesso non provo la minima pulsione, neppure il desiderio di masturbarmi… che forse mi verrebbe se mi concedessi di farlo pensando a te, ma non posso, non devo cedere, ho giurato a me stesso che sarei stato forte, che non mi sarei mai più piegato!
Allora perché me ne sto su questo letto, rannicchiato, a piangere come un bambino?

Ho corso come un disperato verso casa tua, al diavolo l’orgoglio, e tutti gli altri sentimenti, giusti, di risentimento nei tuoi confronti!
Sono entrato nel palazzo puntando direttamente alla tua porta e ho picchiato i pugni sulla lastra di metallo chiamando il tuo nome decine di volte, ma non hai risposto, chiaro segno che non ci sei. Tu non sei un codardo, non saresti mai fuggito dal confronto. Mi sono appoggiato con la schiena alla porta e mi sono lasciato scivolare fino a terra e ho sentito un dolore immenso allargarsi nel mio petto come se una qualche specie di fiore maligno stesse sbocciando.
“È troppo tardi…” mi sento singhiozzare, dove potresti essere? Sicuramente nella dark di qualche locale, sicuramente ti sta facendo qualcuno, ho aspettato troppo e ora ti ho davvero perso per sempre… sento le lacrime calde e lente che mi scivolano sul viso… quanto è che non piango? Non l’ho più fatto dal giorno che me ne sono andato, e mentre me ne sto lì rannicchiato davanti alla tua porta mi addormento.

Non so quanto tempo dopo, il rumore del montacarichi che si ferma al piano mi richiama alla realtà… mi fa male dappertutto, soprattutto il braccio destro, non dovrei dormire per terra al freddo, non gli fa bene.
Stranamente non realizzo subito che qualcuno si sta avvicinando alla porta, e non deve essersi accorto di me cha all’ultimo minuto, infatti sento il passo tranquillo bloccarsi repentinamente, alzo lo sguardo e tu sei lì che mi fissi… non saprei decifrare la tua espressione, e forse ho paura di farlo, mi limito a guardarti e a formare il tuo nome con le labbra, senza lasciarmi sfuggire alcun suono… e poi sorrido…
E all’improvviso accade tutto, la velocità ha qualcosa di sconvolgente, tu sei seduto accanto a me e mi tieni il viso tra le mani gelide, devi essere stato in giro a lungo, da solo, e improvvisamente quella constatazione mi dà la forza di sorriderti di nuovo e di baciarti.
Sei esterrefatto, ma reagisci abbastanza prontamente, mi tiri in piedi, mi abbracci come se avesse paura di vedermi scomparire in una nuvola di fumo e mi attiri all’interno dell’appartamento.
  
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