Titolo: Here comes my man.
Rating:
Verde.
Conteggio parole:
4553 (secondo word)
Pairings:
Thadastian.
Genere:
Commedia, Fluff, Romantico, Sentimentale.
Avvertimenti:
One Shot.
Note: Questa
shot è stata plottata da me e Robs in uno dei nostri
momenti di pura follia/ sclero/ feelings/ e chi più ne ha più ne metta; e a lei
vanno tutti i complimenti per la nascita, la caratterizzazione e l’ironia di
quel pezzo d’uomo del signor Jonathan Harwood. Io lo
amo e sono sicura che voi farete lo stesso, quando leggerete di lui. Avevo
voglia di scrivere questa shot priva di qualsiasi
forma di filo logico – sul serio, io ancora devo capire se ne ha uno – perché i
Thadastian sono belli, anche in situazioni esilaranti/
spinose come questa. Dunque, vi lascio alla lettura, senza perdermi
ulteriormente in chiacchiere. Grazie a tutti quelli che passeranno a dare una
sbirciatina. ♥
Vals
~
Here comes
my man~
Stava provando a
sfuggirgli, ma lo sapeva che mancavano pochi gradini e che, alla fine della
scalinata, sarebbe stato in trappola, privato di una via d’uscita e alla sua
completa mercé. Cercava sempre di stare un paio di passi più avanti rispetto a
lui, in modo tale che Sebastian potesse ammirarlo da lontano e rimpiangere di
averlo provocato a quel modo.
Non aveva capito che la
tattica della gelosia non funzionava con lui, anzi, lo innervosiva
maledettamente, soprattutto perché sapeva a cosa era finalizzata. Non lo
reggeva quando faceva così, quando fingeva di essere interessato a qualcun
altro solo per vederlo mettere dei paletti tutt’attorno a lui, a mo’ di
muraglia di protezione. Thad era un sacco geloso di
lui, certo, ma più di trascinarlo via dal locale e tenergli il broncio non
aveva intenzione di fare.
Arrivò alla fine della
rampa e iniziò a frugarsi svogliatamente nelle tasche alla ricerca delle chiavi
di casa. Di lì a poco, Sebastian lo avrebbe raggiunto e avrebbe cercato coccole
che Thad non aveva intenzione di concedergli. Non
avrebbe ceduto così facilmente, non gli avrebbe regalato il perdono anche
quella volta come se nulla fosse stato.
Come previsto, prima
che Thad potesse raggiungere le chiavi nell’ennesima
tasca che stava esaminando, Sebastian gli arrivò alle spalle, gli posò una mano
sul braccio e lo fece voltare con delicatezza. Thad
sospirò e lasciò che le sue mani si adagiassero sui suoi fianchi e lo facessero
arretrare verso la porta. Vi si poggiò, esattamente come voleva lui, ma
continuò a guardarlo con occhi inespressivi.
‹‹Non vedo l’ora di
coccolarti un po’›› disse. Il ghigno che aveva in volto aveva un che di dolce,
un dettaglio che solitamente faceva sciogliere Thad
come il burro. ‹‹Devo vendicarmi per il bacio che mi hai negato prima.›› Si
chinò e fece aderire le labbra sulla sua guancia.
Thad
fece una smorfia che presto si trasformò in un sorrisino birichino. Gli avvolse
le braccia intorno al collo e rimase un attimo a godersi la consistenza della
bocca di Sebastian che scivolava sulla propria pelle intenta a stuzzicarlo.
‹‹Non lo so, sai?››
Sebastian voleva giocare e lui l’avrebbe ripagato con la stessa moneta. ‹‹Se
continui ad ammiccare in quel modo a tutti i baristi che incontriamo, ti
negherò molto più che un semplice bacio.››
Le sue labbra scesero
ancora e poi lasciarono il posto alla punta del suo naso. Lo solleticava in
corrispondenza della mascella, conosceva ogni suo punto debole, sapeva come
fare per farlo rabbrividire e sospirare; ma Thad
sarebbe riuscito a resistere, ne andava del rispetto che nutriva per la sua
stessa persona e che Sebastian sembrava poco intenzionato ad offrirgli.
‹‹E riusciresti a
negarlo a te, questo?›› Gli baciò il
collo, più volte, una serie di tocchi leggeri e umidi, e Thad
si lasciò andare contro la porta di casa sua, quasi a voler assecondare i suoi
capricci.
‹‹Dovrò fare un
tentativo, allora.››
Le mani di Sebastian si
mossero sui suoi fianchi, lasciandovi qualche carezza appena accennata,
prontamente accompagnata con un piccolo morso che gli pizzicò la pelle del
collo.
‹‹Vediamo quanto
resisti.››
‹‹Così non vale››
mugugnò Thad, le palpebre che gli si abbassavano,
pericolosamente succube di quelle moine. Quel maledetto diavolo era
perfettamente capace di catturarlo con la sua rete; sapeva spegnergli i
pensieri come nient’altro al mondo. Thad si sforzò di
tenergli testa. ‹‹E sono ancora… arrabbiato con te.››
Sebastian non diede
cenno di volersi fermare. Sorrise sulla sua pelle e ne approfittò per
sfiorargliela lievemente con la punta della lingua.
‹‹A me sembra un ottimo
metodo per farti passare l’arrabbiatura.››
Un brivido corse lungo
la sua schiena, ma Thad lo ignorò come meglio poté;
il broncio che gli increspava il viso si stava distendendo man mano, le labbra
gli si erano schiuse lasciando fluire fuori un sospiro.
‹‹Te… te ne stai
approfittando, maledetto.››
‹‹Non mi pare ti
dispiaccia.››
E no, quella serie di
baci non gli dispiacevano affatto; piuttosto gli dispiaceva il non essere in
grado di allontanarlo e pretendere le sue scuse.
‹‹Con te non si può
fare un discorso serio›› disse, ma dentro di sé lo sapeva che Sebastian aveva
soltanto preso sottogamba tutto quello che era successo al bar. Accadeva
spesso, lo faceva indispettire ma erano solo scherzi stupidi; scherzi stupidi
che a Thad non andavano per niente a genio.
‹‹Ma io non ho fatto
proprio nulla›› rispose infatti, come se non avesse colpa di niente, come se
fosse stato il barista a guardarlo troppo insistentemente, non lui. Gli sfiorò
il petto con le dita e assunse l’espressione innocente di chi non ne sa nulla.
‹‹Tranne fare gli occhi
dolci a quel tipo.››
Il broncio sul volto di
Thad, stavolta, parlava da solo; i suoi occhi
sfuggenti erano il chiaro segno di quanto fosse deluso per la sua
superficialità. E Sebastian parve ancora più cieco quando aggiunse:
‹‹È il mio sguardo
questo, non puoi cambiarmelo.››
Thad
schiuse le labbra e lo osservò con un’espressione corrucciata e lievemente
furiosa.
‹‹Non era questa la
risposta che mi aspettavo.›› Chiuse gli occhi e vi passò una mano sopra. ‹‹Dai,
andiamo dentro, inizia a fare freddo qui.››
Cercò di sfuggire dal
suo abbraccio, ma Sebastian lo trattenne, lo sguardo più morbido e il viso più
vicino al suo.
‹‹Solo se la smetti di
tenermi il broncio›› bisbigliò e gli rubò un bacio delicato, colmando la
distanza che li divideva.
Thad
continuò a tenere lo sguardo basso, mentre frugava nuovamente nella tasca dei suoi
jeans, stavolta riuscendo ad afferrare e tirare fuori le chiavi.
‹‹Certo, la smetto››
mugugnò con voce atona e, finalmente, Sebastian si accorse che era giunto il
momento di smettere di giocare. Non riusciva a coesistere con l’idea che Thad fosse arrabbiato con lui e quegli occhi spenti gli
facevano attorcigliare lo stomaco in maniera troppo dolorosa, come se riuscisse
a percepire il suo dispiacere.
Gli posò una mano sulla
guancia e gli sussurrò, apprensivo:
‹‹Ehi, lo sai che per
me esisti solo tu.››
‹‹Non mi aspettavo che
rispondessi così›› replicò Thad, a mo’ di
spiegazione.
‹‹Ma io scherzavo,
cucciolo.›› Adagiò la fronte alla sua e lo guardò con dolcezza, mentre le sue
dita scorrevano ritmicamente sulla sua guancia carezzandogliela con gentilezza.
‹‹Non me n’ero accorto,
ci sono rimasto male.››
Thad
si mordicchiò il labbro inferiore e sollevò lo sguardo su di lui. Non sapeva
resistere a quegli occhi scuri e tristi; come ogni volta, si ritrovò a
stringerlo tra le braccia, contro il suo petto, e a rassicurarlo con carezze,
baci e sussurri.
‹‹Lo sai quanto mi
piace quando fai il geloso, volevo solo stuzzicarti un po’.›› Avvertì Thad sospirare contro la sua spalla, forse per il sollievo
nell’aver udito quelle parole. ‹‹Cercherò di non farlo più›› aggiunse, come
ulteriore garanzia.
E anche se Thad sapeva che non si sarebbe risparmiato di farlo di
nuovo, accettò quella sorta di tregua e gli concesse un nuovo e bellissimo
sorriso.
‹‹D’accordo. Allora fingiamo
che non sia accaduto nulla.››
Sebastian annuì e
ricambiò la sua espressione radiosa come il riflesso di uno specchio, felice di
avere risolto quel battibecco. ‹‹Amo solo te, chiaro?›› Ci tenne a specificare,
prima di allungarsi per lasciargli un bacio sulla fronte.
‹‹Cristallino.››
Dal viso di Thad era sparita qualsiasi forma di disappunto, così
Sebastian lo lasciò andare e gli consentì di aprire la porta d’ingresso; la
mano di Thad corse a stringere la sua, prima che
varcasse la soglia. Una volta messo piede in casa, si sarebbero coccolati fino
a tarda notte, stesi sul divano e illuminati dalla fioca luce della lampada del
salotto, approfittando del fatto che l’appartamento in cui viveva Thad fosse… occupato
dalla sua famiglia al completo, o quasi.
‹‹Porc-
Papà›› si corresse Thad, stupito nel vedere la tv
accesa e il divano occupato da suo padre e suo fratello. ‹‹Credevo non ci fosse
nessuno a casa.››
Il signor Harwood li guardò sospettoso, il sopracciglio inarcato e
l’espressione indecifrabile. ‹‹E quindi hai pensato bene di approfittartene?››
‹‹Non si fa,
fratellino. Non me lo aspettavo proprio da te.›› Wayne
stava rivolgendo loro un sorrisino divertito, anzi, più che entrambi, era
Sebastian il fulcro della sua attenzione. I suoi occhi verdi erano puntati su
di lui e Thad lo conosceva abbastanza per comprendere
che la sua iperprotettività, nascosta alla meglio, stava venendo a galla.
‹‹Mi dispiace per
l’intrusione, signore.›› Thad quasi sobbalzò quando
udì la voce di Sebastian, al suo fianco; non pensava che sarebbe intervenuto
così presto, dato che era la prima volta che incontrava suo padre. ‹‹Io e Thad pensavamo di berci una bevanda calda in casa, visto
che fuori il tempo non è dei migliori.››
Lo sguardo di Jonathan,
il padre di Thad, si fece scettico. ‹‹Sì? Peccato che
io sia nato diversi anni prima di te, figliolo›› lo incalzò, poi spense il
televisore e si alzò in piedi, facendo qualche passo verso di loro. ‹‹Thad, che avevamo detto a riguardo?››
Thad
roteò gli occhi. ‹‹Niente ragazzi in casa quando non c’è nessuno. Sì, pa’, me lo ricordo›› disse, ‹‹È stata un’eccezione, okay?
Ve lo avrei detto comunque, dopo.››
Sebastian parve non
scomporsi affatto di fronte a quella sorta di ramanzina. Tenne la schiena
dritta e i muscoli del viso distesi, quasi fosse una statua lasciata al centro
del salotto di casa Harwood. Neppure quando parlò
apparve più sciolto.
‹‹Non lo rimproveri. Thad è un ragazzo di cui ci si può fidare. Piuttosto, sono
rammaricato di essere piombato a casa sua senza aver avuto prima la possibilità
di presentarmi.›› Gli allungò la mano destra e incurvò appena un angolo delle
labbra. ‹‹Sono Sebastian Smythe, il ragazzo di suo figlio.››
Thad
non si stupì nel vederlo parlare a quel modo, con così tanta premura ed
eleganza. Aveva già assistito all’incontro che era avvenuto tra lui e sua
madre, ed era stato altrettanto impeccabile ed educato, tanto che Amanda lo
aveva adorato dal primo momento che aveva messo piede nella sua cucina. Ma su
suo padre e suo fratello non sembrò fare lo stesso effetto. Wayne,
quando ebbe finito di parlare, si schiarì la voce, quasi a voler lanciare
segnali a suo padre per dirgli “Non
fidarti di questo lecchino”, e Thad fu abbastanza
veloce da fulminarlo con lo sguardo prima che potesse aggiungere altro.
Jonathan pareva della
stessa opinione di Wayne. ‹‹No, giovanotto. Il tuo
fare adulatorio non funziona con me. Dovrai fare molto di più per guadagnarti
la mia approvazione.››
‹‹Ma papà, tutto questo
è ridicolo›› protestò Thad, la fronte corrugata e i
nervi a fior di pelle per la poca fiducia che la sua famiglia riponeva in
Sebastian. ‹‹Stiamo insieme da mesi ed è animato dalle migliori intenzioni. Non
è così che immaginavo il giorno in cui vi avrei fatto conoscere.››
‹‹Amore, calmati.›› Era
stato Sebastian a parlare, aveva la voce tranquilla e rassicurante, impregnata
della dolcezza che soleva mettere solo nelle frasi rivolte a lui. Gli avvolse
un braccio attorno alle spalle e gli lasciò una carezza in corrispondenza della
scapola, facendolo sentire già più rilassato. ‹‹È normale che tuo padre voglia
conoscermi meglio, dopotutto.››
Jonathan incrociò le
braccia al petto, con un piccolo sorriso in volto. ‹‹Sai qual è stata la prima
cosa che tuo nonno mi ha detto quando tua madre ci ha presentati?››
Le spalle di Thad si afflosciarono in maniera arrendevole, mentre
quest’ultimo scuoteva la testa preparandosi ad uno dei racconti interminabili
di suo padre e ignorando volutamente, intanto, il ghigno sardonico che si era
disegnato sul viso di Wayne.
‹‹Mi ha chiesto se
avessi origini messicane perché non poteva permettere che la sua unica figlia
frequentasse qualcuno che...›› Disegnò un paio di virgolette a mezz’aria con le
dita, ‹‹non potesse garantire un’adeguata conservazione della specie.››
Thad
sgranò gli occhi, allibito. ‹‹Papà, tu hai origini messicane tanto quanto io ne
ho tailandesi.››
‹‹Appunto.›› L’uomo
ridacchiò e, per la prima volta da quando avevano messo piede in casa, parve
più accondiscendente nei confronti di Sebastian. ‹‹Capisci dove voglio
arrivare?››
Thad
fece di no con la testa, lentamente, senza capire il motivo per cui suo padre
stesse mettendo in mezzo quella storia.
‹‹Credo che tuo padre
voglia dire che, comunque, qualunque cosa lui dirà di me, tu farai ugualmente
di testa tua.›› Rivolse un sorriso smagliante al signor Harwood.
‹‹Sangue del suo sangue, signore.››
Ma non era quello il
punto. Gli occhi di Jonathan dicevano molto di più e non aspettò molto prima di
esprimere a parole i suoi pensieri. ‹‹Vostro nonno era un sadico messicano
conservatore che si divertiva a mettere in difficoltà i poveri pretendenti di
sua figlia›› disse, mentre il suo sorriso si allargava. ‹‹Passai giorni a
cercare un albero genealogico che mi desse uno straccio di speranza e, quando
poi tornai da lui e gli dissi che mi dispiaceva ma che ero arrivato solo fino al 1798 e che nessun Harwood era messicano, lui rise.›› I suoi occhi si
concentrarono su Sebastian. ‹‹E disse che mi stava solo mettendo alla prova per
accertarsi delle mie intenzioni.››
‹‹Lo stavi mettendo
alla prova?›› Domandò Thad. Era sorpreso, esattamente
come lo era Sebastian. Per un momento, avevano davvero creduto che Sebastian
avesse poche speranze di piacere al signor Harwood.
‹‹Sì, in effetti è
quello che stavo facendo.›› Gettò uno sguardo eloquente a Wayne,
che sembrava sul punto di obiettare la decisione di suo padre. ‹‹A me basta
sapere che sia tifoso dei Giants e andremo
d’accordo.››
Il viso di Sebastian si
illuminò tutto, in seguito a quella frase, e solo in quel momento Thad si accorse che era stato rigido per tutto il tempo che
aveva preceduto quella rivelazione; ora riconosceva il sorriso felice e disteso
che gli compariva in volto quando era di buonumore. Era un sole, un sole che
brillava di contentezza.
‹‹Tifosissimo dei Giants, signore›› esclamò. ‹‹Dovrebbe vedere la mia camera.
Non c’è un angolo che indichi il contrario.›› Ammiccò in direzione di Thad e quest’ultimo si sentì del tutto sollevato, finalmente.
Udì a mala pena suo fratello che borbottava contrariato, pieno di gelosia nei
confronti di Sebastian.
Si sedettero tutti in
salotto, in seguito. Jonathan invitò Sebastian ad accomodarsi e a bere una
birra con lui, mentre parlavano del più e del meno – la scuola, il lavoro, i
manicaretti della madre di Thad – e alla fine, il
ragazzo fu costretto a rimanere per cena. Il signor Harwood
non ammise repliche, anzi, addusse che Amanda sarebbe stata felice di rivederlo
e Sebastian non se la sentì di rifiutare. La simpatia che la madre di Thad provava nei suoi confronti era reciproca e avrebbe
fatto piacere ad entrambi scambiare due chiacchiere.
Così non era, invece,
per quanto riguardava Wayne. Non fece altro che
stuzzicare Sebastian nel tentativo di metterlo in cattiva luce. A tutto c’era
un limite e Thad, ad un certo punto, lo raggiunse, ma
convenne che non fosse il caso di scannarsi con suo fratello. Ci avrebbe fatto
i conti quando Sebastian sarebbe andato via.
Prese la mano del suo
ragazzo e disse a suo padre che sarebbero andati un po’ in camera sua.
‹‹Andate pure. Vi vengo
a chiamare per ora di cena›› assentì, sventolando una mano come se stesse
cercando di scacciare una mosca fastidiosa, poi guardò il figlio con fare
eloquente. ‹‹Ma con la porta aperta, Thad.››
Prima di sparire dal
salotto, trascinandosi dietro Sebastian, Thad non
mancò di alzare gli occhi al cielo per quella muta raccomandazione.
‹‹Mi dispiace un sacco
per… per Wayne. È un idiota.››
Una volta entrati in
camera, si erano seduti sul letto, stringendosi le mani e guardandosi
semplicemente negli occhi, come se nient’altro importasse in quel momento. Thad aveva le labbra incurvate in un’espressione delusa, a
causa dell’ostilità che Wayne aveva mostrato nei
confronti di Sebastian, ma quest’ultimo, al contrario, pareva tranquillo e
sereno. Gli accarezzò le mani con i pollici nel tentativo di rassicurarlo e
accompagnò i movimenti delle sue dita con delle parole dal tono di voce dolce e
basso.
‹‹Dai, ci siamo
divertiti a stuzzicarci.›› Il ghigno gli si aprì sul volto, mentre parlava. ‹‹È
un odio cordiale il nostro.››
‹‹Non mi va che odi mio
fratello. Cioè, vorrei che andaste d’accordo, sai›› sospirò Thad,
abbassando lo sguardo, arreso, e facendo ammorbidire, in tal modo, i lineamenti
del volto di Sebastian.
‹‹Oh, non fare quel
faccino›› mormorò, intenerito. ‹‹Vedrai che tuo fratello imparerà ad
apprezzarmi, col tempo.››
‹‹Mmh.››
Thad
non pareva convinto. Sembrava che ci tenesse molto all’approvazione di suo
fratello. Aveva sempre raccontato a Sebastian che era un rapporto bellissimo,
quello che aveva con Wayne, e probabilmente era
questo il motivo per cui quella sceneggiata lo aveva reso inconsolabile. Suo
fratello non si comportava in maniera così scortese con nessuno dei suoi amici
e Thad, dal canto suo, si era aspettato che, anche
con Sebastian, acquisisse la stessa complicità che aveva con lui, con Jeff e
perfino con Nick. Tuttavia, il ragazzo sembrava intenzionato a tenere alto il
vessillo di guerra e, nonostante Thad sapesse che
quello di Wayne era solo un modo poco ortodosso per
difendere il suo fratellino piccolo da eventuali delusioni d’amore, non riusciva
ad evitare di rimanerci male. Sua madre e suo padre avevano accettato la sua
relazione con Sebastian; perché Wayne doveva rendere
tutto più difficile?
Sebastian osservò
l’espressione crucciata che aleggiava sul volto di Thad
per un lungo momento, senza dire niente; il suo cervello iniziò a lavorare
frenetico, alla ricerca di un metodo funzionante o meno, finalizzato a
distrarlo da quel pensiero molesto. Continuò ad accarezzargli le mani quasi
meccanicamente, mentre voltava appena il capo e lo faceva vagare per tutta la
stanza. Smise di osservare i libri perfettamente impilati sulle mensole, la
scrivania lucida, la lampada azzurra, la fioriera sul davanzale della finestra,
quando si ricordò della tastiera che possedeva Thad e
che stava in un angolo della stanza come l’ultima volta che l’aveva vista.
Le labbra gli si
distesero in un sorriso enorme e pieno di sicurezza. Tornò a guardare Thad, che aveva ancora lo sguardo basso e triste, e ruppe
il silenzio all’improvviso.
‹‹Che ne diresti se ti
cantassi qualcosa?›› Domandò e non aspettò neppure che Thad
gli facesse un cenno d’assenso. Si alzò in piedi, lasciando le sue mani con un’ultima
carezza leggera.
‹‹Adesso?›› Thad alzò lo sguardo su di lui, con le labbra schiuse per
lo stupore. ‹‹C’è mio padre di là, pensi che-››
‹‹È solo una canzone,
amore›› rispose Sebastian, interrompendolo e dirigendosi verso la tastiera,
seguito dagli occhi, ora curiosi, di Thad. Pareva già
essersi dimenticato dei battibecchi avuti poco prima con suo fratello. ‹‹A tuo
padre non dispiacerà.››
Si sedette sullo
sgabello, in modo tale da trovarsi faccia a faccia con Thad,
e attaccò la spina dello strumento.
‹‹Tu stai seduto››
mormorò, pigiando un tasto per testarne il volume e l’intonazione, ‹‹e lascia
che ti dedichi questa canzone.››
Non ebbe bisogno di
sfogliare mentalmente i brani che conosceva, per scegliere il più adatto da
dedicare a Thad. L’aveva già in mente. Era come se
calzasse perfettamente, se fosse fatto appositamente per essere cantato al suo
ragazzo. Chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi sul testo, sulla tonalità da
adottare e sullo spartito da visualizzare.
Thad
stava trattenendo il respiro e lo guardava come incantato, come se fosse la
cosa più bella che avesse mai visto. Non distolse un attimo lo sguardo da lui e
probabilmente il suo cuore iniziò a tamburellare furiosamente, quando Sebastian
iniziò a suonare una sorta di intro per prepararsi alla canzone. Tastò alla
cieca il copriletto, con la mano, alla ricerca del suo cuscino; lo trovò e se
lo strinse al petto, quasi cercando un sostegno e prevedendo tutte le emozioni
che stava per provare.
Riconobbe la canzone,
quando Sebastian aprì nuovamente gli occhi e schiuse le labbra per iniziare a
cantare, più lentamente rispetto alla versione che conosceva.
‹‹He’s just a
boy and he’s on fire. Hotter than a fantasy, longer like a highway. He’s living
in a world and it’s on fire. Feeling the catastrophe, but he knows he can fly
away.››
L’espressione sul viso
di Thad si rilassò maggiormente. I suoi occhi si
fecero adoranti e innamorati e il sorriso ancora più radioso. Scosse la testa,
serrando maggiormente le braccia intorno al cuscino.
‹‹Che scemo che sei…››
Non parve neanche
ricordarsi del fatto che suo padre era nella stanza accanto. Sebastian lo aveva
rapito con una singola strofa – le mani che scorrevano leggere sul pianoforte e
lo sguardo ora fisso nel suo – e non riusciva a smettere di pensare che quelle
parole fossero per lui, solo per lui.
‹‹Ooh, he got
both feet on the ground and he’s burning it down. Ooh, he got his head in the
clouds and he’s not backing down.›› Smise di suonare, battendo
il piede a terra ritmicamente per contare i secondi che passavano, prima di
riprendere a voce più alta e a ritmo più scandito e deciso. ‹‹This boy is on
fire. This boy is on fire. He’s walking on fire. This boy is on fire.››
Accompagnò la sua voce
col suono del piano e poi riprese quasi subito, con un sorriso a metà tra il
divertito e l’emozionato.
‹‹Looks like a
boy but he’s a flame. So bright he can burn your eyes, better look the other
way. You can try but you’ll never forget his name. He’s on top of the world. Hottest of hottest
boys, say.››
Ammiccò in direzione di
Thad e quest’ultimo arrossì vistosamente. Si coprì
gli occhi con le mani e ridacchiò, stavolta pensando a suo padre e suo fratello
che ascoltavano quella serenata improvvisata e immaginandoli assumere un’espressione
comica e stupefatta, alle parole che gli stava dedicando Sebastian.
‹‹Ooh, we go our
feet on the ground and we’re burning it down. Ooh, got our head in the clouds
and we’re not coming down. This boy is on fire. This boy is on fire. He’s
walking on fire. This boy is on fire.››
Un sospiro lasciò le
labbra di Thad, prima che quest’ultimo potesse
mordersele, gli occhi che luccicavano di commozione.
‹‹Everybody
stands as he goes by, ‘cause they can see the flame that’s in his eyes. Watch
him, when he’s lighting up the night. Nobody knows that he’s a lonely
boy. And it’s a lonely
world.›› Fece una smorfia e scosse la testa, abbassando lo
sguardo sui tasti del piano, poi chiuse gli occhi e cantò con tanta intensità
che Thad si sentì esplodere il cuore in petto. ‹‹But he gon’ let it burn, baby, burn, baby. This boy is on fire. This
boy is on fire. He’s walking on fire. This boy is
on fire.››
Sebastian riprese a
guardarlo con gli occhi colmi di sentimento, mentre Thad
si alzava dal letto, lasciando il cuscino sul materasso, quasi chiamato da
quella melodia, e si avvicinava alla tastiera alla quale sedeva l’altro
ragazzo. Si fermò a pochi passi da lui. Stava continuando ad accompagnare il
ritornello con la musica sprigionata dalle dita che battevano sui tasti e,
intanto, si lasciava rapire dallo sguardo del suo ragazzo, inchiodato alle sue
pupille. Si inumidì le labbra, mentre faceva sì che la musica si affievolisse,
fino a terminare il brano a cappella con un singolo verso leggiadro.
‹‹He’s just a
boy and he’s on fire.››
Lasciò passare qualche
secondo. Lasciò che lo riempissero di sorrisi innamorati e nient’altro. Poi
spense la tastiera e si alzò per raggiungerlo. Thad
aveva gli occhi lucidi adesso e Sebastian non poté sopportare di stargli
lontano ancora per molto. Gli cinse la vita con le braccia e gli sussurrò:
‹‹E questo è quello che
penso di te.››
Thad
posò le mani sulle sue spalle e si alzò sulle punte per poterlo baciare.
‹‹Direi che sei stato esaustivo.››
‹‹Ora anche il signor Harwood sa cosa penso di suo figlio.›› Ridacchiò
direttamente sulle sue labbra e poi lo strinse maggiormente, lasciandogli baci
sempre più lunghi e dolci, come tocchi delicati e morbidi.
‹‹E anche tutto il
resto del vicinato, immagino.››
Quella voce estranea li
interruppe, ma Thad non aveva bisogno di voltare il
capo verso la soglia della porta per sapere chi ne fosse l’autore. Il tono
sarcastico apparteneva indubbiamente a Wayne. Stava
sull’uscio, con la spalla poggiata allo stipite, ma la smorfia divertita che
aveva in volto non aveva nulla di infastidito o cattivo, come poco prima,
quando lui e Sebastian avevano lasciato il salotto per salvarsi dai suoi
commenti ironici e poco amichevoli; piuttosto era tranquilla, aveva giusto
quell’accenno di scherno di cui era impregnata spesso, quando si trattava di
prendere in giro suo fratello, ma nulla di ostile.
Thad
lo guardò con la coda dell’occhio, leggermente rosso in viso per quel parere
indesiderato.
‹‹Wayne,
te ne vai, per piacere?›› Borbottò e successivamente nascose il viso sulla
spalla di Sebastian, accucciandosi come un bambino imbarazzato.
Quest’ultimo lo osservò
con un sorriso intenerito in viso e si stupì quando vide Wayne
fare lo stesso, nessuna ascia affilata nascosta da qualche parte dietro la sua
schiena, pronta a tagliare braccia e gambe a Sebastian. Forse aveva parlato col
signor Harwood e quello lo aveva convinto a comportarsi
gentilmente con Sebastian, o forse la canzone gli aveva fatto cambiare idea,
forse si era reso conto che Sebastian era sincero e che voleva solo il bene di Thad. Forse adesso si fidava.
‹‹Ero soltanto venuto
ad avvisarvi che la mamma è tornata›› disse semplicemente, sollevando lo
sguardo sul viso di Sebastian. Gli sorrise complice. ‹‹Magari il tuo fidanzato voleva salutarla.››
Thad
non si mosse, ma Sebastian lo sentì rilassarsi tra le sue braccia e fu sicuro
che la causa del suo respiro regolare e calmo fosse il nuovo modo di
approcciarsi che aveva adottato suo fratello. Gli accarezzò la schiena, come se
gli stesse comunicando silenziosamente quel pensiero, e l’altro sospirò.
‹‹Arriviamo subito, Wayne.›› Posò la bocca nell’incavo del collo di Sebastian e
questo avvertì le sue labbra incurvarsi in un sorriso, direttamente sulla sua
pelle.
Wayne
non disse altro. Tornò in salotto e Sebastian poté giurare di averlo visto
trattenere una risata camuffandola con
uno sbuffo.
‹‹Visto? Ha già
cambiato idea e adesso mi adora›› commentò Sebastian. ‹‹Non c’era motivo di
preoccuparsi.›› Posò le labbra tra i suoi capelli e chiuse gli occhi.
‹‹Sono felice››
sussurrò Thad, dopo un attimo di silenzio. ‹‹Adesso
sono felice.››
E
lo erano davvero, entrambi. Sebastian pensò che
probabilmente era una delle cose che più desiderava in assoluto, fare parte
della vita di Thad in quel modo, essere accettato
dalla sua famiglia come se fosse parte integrante di lui, come se non ci fosse
nulla in grado di dividerli, come se la porta di casa sua fosse sempre aperta e
i suoi fossero sempre pronti ad accoglierlo con un sorriso. Si era guadagnato
la loro fiducia e non aveva dovuto faticare poi tanto. Il sorriso sereno sul
volto di Thad, quando era insieme a lui, il modo in
cui si tenevano per mano, in cui si guardavano, quello era bastato per
convincere sua madre, suo padre e, alla fine, perfino suo fratello; e Sebastian
dubitava che sarebbe mai cambiato qualcosa nei loro atteggiamenti, dubitava che
avrebbe mai smesso di guardare Thad come se fosse la
prima volta che lo vedeva, come se stesse rimanendo incantato dal suo sorriso
luminoso per la prima volta. Per questo, si sentiva al sicuro all’idea di stare
con lui per sempre, all’idea di avere un posto in cui andare e rimanere.
‹‹Anch’io sono felice, Thad.›› Diede voce ai suoi pensieri in un sussurro e poi lo
strinse più forte come a voler far durare quell’abbraccio per l’eternità.
Fine.