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Autore: Vals Fanwriter    22/05/2013    3 recensioni
Dal viso di Thad era sparita qualsiasi forma di disappunto, così Sebastian lo lasciò andare e gli consentì di aprire la porta d’ingresso; la mano di Thad corse a stringere la sua, prima che varcasse la soglia. Una volta messo piede in casa, si sarebbero coccolati fino a tarda notte, stesi sul divano e illuminati dalla fioca luce della lampada del salotto, approfittando del fatto che l’appartamento in cui viveva Thad fosse… occupato dalla sua famiglia al completo, o quasi.
Thadastian | Verde | OS | Commedia, Fluff, Romantico, Sentimentale
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Here comes my man.

Rating: Verde.

Conteggio parole: 4553 (secondo word)

Pairings: Thadastian.

Genere: Commedia, Fluff, Romantico, Sentimentale.

Avvertimenti: One Shot.

Note: Questa shot è stata plottata da me e Robs in uno dei nostri momenti di pura follia/ sclero/ feelings/ e chi più ne ha più ne metta; e a lei vanno tutti i complimenti per la nascita, la caratterizzazione e l’ironia di quel pezzo d’uomo del signor Jonathan Harwood. Io lo amo e sono sicura che voi farete lo stesso, quando leggerete di lui. Avevo voglia di scrivere questa shot priva di qualsiasi forma di filo logico – sul serio, io ancora devo capire se ne ha uno – perché i Thadastian sono belli, anche in situazioni esilaranti/ spinose come questa. Dunque, vi lascio alla lettura, senza perdermi ulteriormente in chiacchiere. Grazie a tutti quelli che passeranno a dare una sbirciatina. ♥

Vals

 

~

 

Here comes my man~

 

 

 

Stava provando a sfuggirgli, ma lo sapeva che mancavano pochi gradini e che, alla fine della scalinata, sarebbe stato in trappola, privato di una via d’uscita e alla sua completa mercé. Cercava sempre di stare un paio di passi più avanti rispetto a lui, in modo tale che Sebastian potesse ammirarlo da lontano e rimpiangere di averlo provocato a quel modo.

Non aveva capito che la tattica della gelosia non funzionava con lui, anzi, lo innervosiva maledettamente, soprattutto perché sapeva a cosa era finalizzata. Non lo reggeva quando faceva così, quando fingeva di essere interessato a qualcun altro solo per vederlo mettere dei paletti tutt’attorno a lui, a mo’ di muraglia di protezione. Thad era un sacco geloso di lui, certo, ma più di trascinarlo via dal locale e tenergli il broncio non aveva intenzione di fare.

Arrivò alla fine della rampa e iniziò a frugarsi svogliatamente nelle tasche alla ricerca delle chiavi di casa. Di lì a poco, Sebastian lo avrebbe raggiunto e avrebbe cercato coccole che Thad non aveva intenzione di concedergli. Non avrebbe ceduto così facilmente, non gli avrebbe regalato il perdono anche quella volta come se nulla fosse stato.

Come previsto, prima che Thad potesse raggiungere le chiavi nell’ennesima tasca che stava esaminando, Sebastian gli arrivò alle spalle, gli posò una mano sul braccio e lo fece voltare con delicatezza. Thad sospirò e lasciò che le sue mani si adagiassero sui suoi fianchi e lo facessero arretrare verso la porta. Vi si poggiò, esattamente come voleva lui, ma continuò a guardarlo con occhi inespressivi.

‹‹Non vedo l’ora di coccolarti un po’›› disse. Il ghigno che aveva in volto aveva un che di dolce, un dettaglio che solitamente faceva sciogliere Thad come il burro. ‹‹Devo vendicarmi per il bacio che mi hai negato prima.›› Si chinò e fece aderire le labbra sulla sua guancia.

Thad fece una smorfia che presto si trasformò in un sorrisino birichino. Gli avvolse le braccia intorno al collo e rimase un attimo a godersi la consistenza della bocca di Sebastian che scivolava sulla propria pelle intenta a stuzzicarlo.

‹‹Non lo so, sai?›› Sebastian voleva giocare e lui l’avrebbe ripagato con la stessa moneta. ‹‹Se continui ad ammiccare in quel modo a tutti i baristi che incontriamo, ti negherò molto più che un semplice bacio.››

Le sue labbra scesero ancora e poi lasciarono il posto alla punta del suo naso. Lo solleticava in corrispondenza della mascella, conosceva ogni suo punto debole, sapeva come fare per farlo rabbrividire e sospirare; ma Thad sarebbe riuscito a resistere, ne andava del rispetto che nutriva per la sua stessa persona e che Sebastian sembrava poco intenzionato ad offrirgli.

‹‹E riusciresti a negarlo a te, questo?›› Gli baciò il collo, più volte, una serie di tocchi leggeri e umidi, e Thad si lasciò andare contro la porta di casa sua, quasi a voler assecondare i suoi capricci.

‹‹Dovrò fare un tentativo, allora.››

Le mani di Sebastian si mossero sui suoi fianchi, lasciandovi qualche carezza appena accennata, prontamente accompagnata con un piccolo morso che gli pizzicò la pelle del collo.

‹‹Vediamo quanto resisti.››

‹‹Così non vale›› mugugnò Thad, le palpebre che gli si abbassavano, pericolosamente succube di quelle moine. Quel maledetto diavolo era perfettamente capace di catturarlo con la sua rete; sapeva spegnergli i pensieri come nient’altro al mondo. Thad si sforzò di tenergli testa. ‹‹E sono ancora… arrabbiato con te.››

Sebastian non diede cenno di volersi fermare. Sorrise sulla sua pelle e ne approfittò per sfiorargliela lievemente con la punta della lingua.

‹‹A me sembra un ottimo metodo per farti passare l’arrabbiatura.››

Un brivido corse lungo la sua schiena, ma Thad lo ignorò come meglio poté; il broncio che gli increspava il viso si stava distendendo man mano, le labbra gli si erano schiuse lasciando fluire fuori un sospiro.

‹‹Te… te ne stai approfittando, maledetto.››

‹‹Non mi pare ti dispiaccia.››

E no, quella serie di baci non gli dispiacevano affatto; piuttosto gli dispiaceva il non essere in grado di allontanarlo e pretendere le sue scuse.

‹‹Con te non si può fare un discorso serio›› disse, ma dentro di sé lo sapeva che Sebastian aveva soltanto preso sottogamba tutto quello che era successo al bar. Accadeva spesso, lo faceva indispettire ma erano solo scherzi stupidi; scherzi stupidi che a Thad non andavano per niente a genio.

‹‹Ma io non ho fatto proprio nulla›› rispose infatti, come se non avesse colpa di niente, come se fosse stato il barista a guardarlo troppo insistentemente, non lui. Gli sfiorò il petto con le dita e assunse l’espressione innocente di chi non ne sa nulla.

‹‹Tranne fare gli occhi dolci a quel tipo.››

Il broncio sul volto di Thad, stavolta, parlava da solo; i suoi occhi sfuggenti erano il chiaro segno di quanto fosse deluso per la sua superficialità. E Sebastian parve ancora più cieco quando aggiunse:

‹‹È il mio sguardo questo, non puoi cambiarmelo.››

Thad schiuse le labbra e lo osservò con un’espressione corrucciata e lievemente furiosa.

‹‹Non era questa la risposta che mi aspettavo.›› Chiuse gli occhi e vi passò una mano sopra. ‹‹Dai, andiamo dentro, inizia a fare freddo qui.››

Cercò di sfuggire dal suo abbraccio, ma Sebastian lo trattenne, lo sguardo più morbido e il viso più vicino al suo.

‹‹Solo se la smetti di tenermi il broncio›› bisbigliò e gli rubò un bacio delicato, colmando la distanza che li divideva.

Thad continuò a tenere lo sguardo basso, mentre frugava nuovamente nella tasca dei suoi jeans, stavolta riuscendo ad afferrare e tirare fuori le chiavi.

‹‹Certo, la smetto›› mugugnò con voce atona e, finalmente, Sebastian si accorse che era giunto il momento di smettere di giocare. Non riusciva a coesistere con l’idea che Thad fosse arrabbiato con lui e quegli occhi spenti gli facevano attorcigliare lo stomaco in maniera troppo dolorosa, come se riuscisse a percepire il suo dispiacere.

Gli posò una mano sulla guancia e gli sussurrò, apprensivo:

‹‹Ehi, lo sai che per me esisti solo tu.››

‹‹Non mi aspettavo che rispondessi così›› replicò Thad, a mo’ di spiegazione.

‹‹Ma io scherzavo, cucciolo.›› Adagiò la fronte alla sua e lo guardò con dolcezza, mentre le sue dita scorrevano ritmicamente sulla sua guancia carezzandogliela con gentilezza.

‹‹Non me n’ero accorto, ci sono rimasto male.››

Thad si mordicchiò il labbro inferiore e sollevò lo sguardo su di lui. Non sapeva resistere a quegli occhi scuri e tristi; come ogni volta, si ritrovò a stringerlo tra le braccia, contro il suo petto, e a rassicurarlo con carezze, baci e sussurri.

‹‹Lo sai quanto mi piace quando fai il geloso, volevo solo stuzzicarti un po’.›› Avvertì Thad sospirare contro la sua spalla, forse per il sollievo nell’aver udito quelle parole. ‹‹Cercherò di non farlo più›› aggiunse, come ulteriore garanzia.

E anche se Thad sapeva che non si sarebbe risparmiato di farlo di nuovo, accettò quella sorta di tregua e gli concesse un nuovo e bellissimo sorriso.

‹‹D’accordo. Allora fingiamo che non sia accaduto nulla.››

Sebastian annuì e ricambiò la sua espressione radiosa come il riflesso di uno specchio, felice di avere risolto quel battibecco. ‹‹Amo solo te, chiaro?›› Ci tenne a specificare, prima di allungarsi per lasciargli un bacio sulla fronte.

‹‹Cristallino.››

Dal viso di Thad era sparita qualsiasi forma di disappunto, così Sebastian lo lasciò andare e gli consentì di aprire la porta d’ingresso; la mano di Thad corse a stringere la sua, prima che varcasse la soglia. Una volta messo piede in casa, si sarebbero coccolati fino a tarda notte, stesi sul divano e illuminati dalla fioca luce della lampada del salotto, approfittando del fatto che l’appartamento in cui viveva Thad fosse… occupato dalla sua famiglia al completo, o quasi.

‹‹Porc- Papà›› si corresse Thad, stupito nel vedere la tv accesa e il divano occupato da suo padre e suo fratello. ‹‹Credevo non ci fosse nessuno a casa.››

Il signor Harwood li guardò sospettoso, il sopracciglio inarcato e l’espressione indecifrabile. ‹‹E quindi hai pensato bene di approfittartene?››

‹‹Non si fa, fratellino. Non me lo aspettavo proprio da te.›› Wayne stava rivolgendo loro un sorrisino divertito, anzi, più che entrambi, era Sebastian il fulcro della sua attenzione. I suoi occhi verdi erano puntati su di lui e Thad lo conosceva abbastanza per comprendere che la sua iperprotettività, nascosta alla meglio, stava venendo a galla.

‹‹Mi dispiace per l’intrusione, signore.›› Thad quasi sobbalzò quando udì la voce di Sebastian, al suo fianco; non pensava che sarebbe intervenuto così presto, dato che era la prima volta che incontrava suo padre. ‹‹Io e Thad pensavamo di berci una bevanda calda in casa, visto che fuori il tempo non è dei migliori.››

Lo sguardo di Jonathan, il padre di Thad, si fece scettico. ‹‹Sì? Peccato che io sia nato diversi anni prima di te, figliolo›› lo incalzò, poi spense il televisore e si alzò in piedi, facendo qualche passo verso di loro. ‹‹Thad, che avevamo detto a riguardo?››

Thad roteò gli occhi. ‹‹Niente ragazzi in casa quando non c’è nessuno. Sì, pa’, me lo ricordo›› disse, ‹‹È stata un’eccezione, okay? Ve lo avrei detto comunque, dopo.››

Sebastian parve non scomporsi affatto di fronte a quella sorta di ramanzina. Tenne la schiena dritta e i muscoli del viso distesi, quasi fosse una statua lasciata al centro del salotto di casa Harwood. Neppure quando parlò apparve più sciolto.

‹‹Non lo rimproveri. Thad è un ragazzo di cui ci si può fidare. Piuttosto, sono rammaricato di essere piombato a casa sua senza aver avuto prima la possibilità di presentarmi.›› Gli allungò la mano destra e incurvò appena un angolo delle labbra. ‹‹Sono Sebastian Smythe, il ragazzo di suo figlio.››

Thad non si stupì nel vederlo parlare a quel modo, con così tanta premura ed eleganza. Aveva già assistito all’incontro che era avvenuto tra lui e sua madre, ed era stato altrettanto impeccabile ed educato, tanto che Amanda lo aveva adorato dal primo momento che aveva messo piede nella sua cucina. Ma su suo padre e suo fratello non sembrò fare lo stesso effetto. Wayne, quando ebbe finito di parlare, si schiarì la voce, quasi a voler lanciare segnali a suo padre per dirgli “Non fidarti di questo lecchino”, e Thad fu abbastanza veloce da fulminarlo con lo sguardo prima che potesse aggiungere altro.

Jonathan pareva della stessa opinione di Wayne. ‹‹No, giovanotto. Il tuo fare adulatorio non funziona con me. Dovrai fare molto di più per guadagnarti la mia approvazione.››

‹‹Ma papà, tutto questo è ridicolo›› protestò Thad, la fronte corrugata e i nervi a fior di pelle per la poca fiducia che la sua famiglia riponeva in Sebastian. ‹‹Stiamo insieme da mesi ed è animato dalle migliori intenzioni. Non è così che immaginavo il giorno in cui vi avrei fatto conoscere.››

‹‹Amore, calmati.›› Era stato Sebastian a parlare, aveva la voce tranquilla e rassicurante, impregnata della dolcezza che soleva mettere solo nelle frasi rivolte a lui. Gli avvolse un braccio attorno alle spalle e gli lasciò una carezza in corrispondenza della scapola, facendolo sentire già più rilassato. ‹‹È normale che tuo padre voglia conoscermi meglio, dopotutto.››

Jonathan incrociò le braccia al petto, con un piccolo sorriso in volto. ‹‹Sai qual è stata la prima cosa che tuo nonno mi ha detto quando tua madre ci ha presentati?››

Le spalle di Thad si afflosciarono in maniera arrendevole, mentre quest’ultimo scuoteva la testa preparandosi ad uno dei racconti interminabili di suo padre e ignorando volutamente, intanto, il ghigno sardonico che si era disegnato sul viso di Wayne.

‹‹Mi ha chiesto se avessi origini messicane perché non poteva permettere che la sua unica figlia frequentasse qualcuno che...›› Disegnò un paio di virgolette a mezz’aria con le dita, ‹‹non potesse garantire un’adeguata conservazione della specie.››

Thad sgranò gli occhi, allibito. ‹‹Papà, tu hai origini messicane tanto quanto io ne ho tailandesi.››

‹‹Appunto.›› L’uomo ridacchiò e, per la prima volta da quando avevano messo piede in casa, parve più accondiscendente nei confronti di Sebastian. ‹‹Capisci dove voglio arrivare?››

Thad fece di no con la testa, lentamente, senza capire il motivo per cui suo padre stesse mettendo in mezzo quella storia.

‹‹Credo che tuo padre voglia dire che, comunque, qualunque cosa lui dirà di me, tu farai ugualmente di testa tua.›› Rivolse un sorriso smagliante al signor Harwood. ‹‹Sangue del suo sangue, signore.››

Ma non era quello il punto. Gli occhi di Jonathan dicevano molto di più e non aspettò molto prima di esprimere a parole i suoi pensieri. ‹‹Vostro nonno era un sadico messicano conservatore che si divertiva a mettere in difficoltà i poveri pretendenti di sua figlia›› disse, mentre il suo sorriso si allargava. ‹‹Passai giorni a cercare un albero genealogico che mi desse uno straccio di speranza e, quando poi tornai da lui e gli dissi che mi dispiaceva ma che ero arrivato solo fino al 1798 e che nessun Harwood era messicano, lui rise.›› I suoi occhi si concentrarono su Sebastian. ‹‹E disse che mi stava solo mettendo alla prova per accertarsi delle mie intenzioni.››

‹‹Lo stavi mettendo alla prova?›› Domandò Thad. Era sorpreso, esattamente come lo era Sebastian. Per un momento, avevano davvero creduto che Sebastian avesse poche speranze di piacere al signor Harwood.

‹‹Sì, in effetti è quello che stavo facendo.›› Gettò uno sguardo eloquente a Wayne, che sembrava sul punto di obiettare la decisione di suo padre. ‹‹A me basta sapere che sia tifoso dei Giants e andremo d’accordo.››

Il viso di Sebastian si illuminò tutto, in seguito a quella frase, e solo in quel momento Thad si accorse che era stato rigido per tutto il tempo che aveva preceduto quella rivelazione; ora riconosceva il sorriso felice e disteso che gli compariva in volto quando era di buonumore. Era un sole, un sole che brillava di contentezza.

‹‹Tifosissimo dei Giants, signore›› esclamò. ‹‹Dovrebbe vedere la mia camera. Non c’è un angolo che indichi il contrario.›› Ammiccò in direzione di Thad e quest’ultimo si sentì del tutto sollevato, finalmente. Udì a mala pena suo fratello che borbottava contrariato, pieno di gelosia nei confronti di Sebastian.

Si sedettero tutti in salotto, in seguito. Jonathan invitò Sebastian ad accomodarsi e a bere una birra con lui, mentre parlavano del più e del meno – la scuola, il lavoro, i manicaretti della madre di Thad – e alla fine, il ragazzo fu costretto a rimanere per cena. Il signor Harwood non ammise repliche, anzi, addusse che Amanda sarebbe stata felice di rivederlo e Sebastian non se la sentì di rifiutare. La simpatia che la madre di Thad provava nei suoi confronti era reciproca e avrebbe fatto piacere ad entrambi scambiare due chiacchiere.

Così non era, invece, per quanto riguardava Wayne. Non fece altro che stuzzicare Sebastian nel tentativo di metterlo in cattiva luce. A tutto c’era un limite e Thad, ad un certo punto, lo raggiunse, ma convenne che non fosse il caso di scannarsi con suo fratello. Ci avrebbe fatto i conti quando Sebastian sarebbe andato via.

Prese la mano del suo ragazzo e disse a suo padre che sarebbero andati un po’ in camera sua.

‹‹Andate pure. Vi vengo a chiamare per ora di cena›› assentì, sventolando una mano come se stesse cercando di scacciare una mosca fastidiosa, poi guardò il figlio con fare eloquente. ‹‹Ma con la porta aperta, Thad.››

Prima di sparire dal salotto, trascinandosi dietro Sebastian, Thad non mancò di alzare gli occhi al cielo per quella muta raccomandazione.

 

 

‹‹Mi dispiace un sacco per… per Wayne. È un idiota.››

Una volta entrati in camera, si erano seduti sul letto, stringendosi le mani e guardandosi semplicemente negli occhi, come se nient’altro importasse in quel momento. Thad aveva le labbra incurvate in un’espressione delusa, a causa dell’ostilità che Wayne aveva mostrato nei confronti di Sebastian, ma quest’ultimo, al contrario, pareva tranquillo e sereno. Gli accarezzò le mani con i pollici nel tentativo di rassicurarlo e accompagnò i movimenti delle sue dita con delle parole dal tono di voce dolce e basso.

‹‹Dai, ci siamo divertiti a stuzzicarci.›› Il ghigno gli si aprì sul volto, mentre parlava. ‹‹È un odio cordiale il nostro.››

‹‹Non mi va che odi mio fratello. Cioè, vorrei che andaste d’accordo, sai›› sospirò Thad, abbassando lo sguardo, arreso, e facendo ammorbidire, in tal modo, i lineamenti del volto di Sebastian.

‹‹Oh, non fare quel faccino›› mormorò, intenerito. ‹‹Vedrai che tuo fratello imparerà ad apprezzarmi, col tempo.››

‹‹Mmh.››

Thad non pareva convinto. Sembrava che ci tenesse molto all’approvazione di suo fratello. Aveva sempre raccontato a Sebastian che era un rapporto bellissimo, quello che aveva con Wayne, e probabilmente era questo il motivo per cui quella sceneggiata lo aveva reso inconsolabile. Suo fratello non si comportava in maniera così scortese con nessuno dei suoi amici e Thad, dal canto suo, si era aspettato che, anche con Sebastian, acquisisse la stessa complicità che aveva con lui, con Jeff e perfino con Nick. Tuttavia, il ragazzo sembrava intenzionato a tenere alto il vessillo di guerra e, nonostante Thad sapesse che quello di Wayne era solo un modo poco ortodosso per difendere il suo fratellino piccolo da eventuali delusioni d’amore, non riusciva ad evitare di rimanerci male. Sua madre e suo padre avevano accettato la sua relazione con Sebastian; perché Wayne doveva rendere tutto più difficile?

Sebastian osservò l’espressione crucciata che aleggiava sul volto di Thad per un lungo momento, senza dire niente; il suo cervello iniziò a lavorare frenetico, alla ricerca di un metodo funzionante o meno, finalizzato a distrarlo da quel pensiero molesto. Continuò ad accarezzargli le mani quasi meccanicamente, mentre voltava appena il capo e lo faceva vagare per tutta la stanza. Smise di osservare i libri perfettamente impilati sulle mensole, la scrivania lucida, la lampada azzurra, la fioriera sul davanzale della finestra, quando si ricordò della tastiera che possedeva Thad e che stava in un angolo della stanza come l’ultima volta che l’aveva vista.

Le labbra gli si distesero in un sorriso enorme e pieno di sicurezza. Tornò a guardare Thad, che aveva ancora lo sguardo basso e triste, e ruppe il silenzio all’improvviso.

‹‹Che ne diresti se ti cantassi qualcosa?›› Domandò e non aspettò neppure che Thad gli facesse un cenno d’assenso. Si alzò in piedi, lasciando le sue mani con un’ultima carezza leggera.

‹‹Adesso?›› Thad alzò lo sguardo su di lui, con le labbra schiuse per lo stupore. ‹‹C’è mio padre di là, pensi che-››

‹‹È solo una canzone, amore›› rispose Sebastian, interrompendolo e dirigendosi verso la tastiera, seguito dagli occhi, ora curiosi, di Thad. Pareva già essersi dimenticato dei battibecchi avuti poco prima con suo fratello. ‹‹A tuo padre non dispiacerà.››

Si sedette sullo sgabello, in modo tale da trovarsi faccia a faccia con Thad, e attaccò la spina dello strumento.

‹‹Tu stai seduto›› mormorò, pigiando un tasto per testarne il volume e l’intonazione, ‹‹e lascia che ti dedichi questa canzone.››

Non ebbe bisogno di sfogliare mentalmente i brani che conosceva, per scegliere il più adatto da dedicare a Thad. L’aveva già in mente. Era come se calzasse perfettamente, se fosse fatto appositamente per essere cantato al suo ragazzo. Chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi sul testo, sulla tonalità da adottare e sullo spartito da visualizzare.

Thad stava trattenendo il respiro e lo guardava come incantato, come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto. Non distolse un attimo lo sguardo da lui e probabilmente il suo cuore iniziò a tamburellare furiosamente, quando Sebastian iniziò a suonare una sorta di intro per prepararsi alla canzone. Tastò alla cieca il copriletto, con la mano, alla ricerca del suo cuscino; lo trovò e se lo strinse al petto, quasi cercando un sostegno e prevedendo tutte le emozioni che stava per provare.

Riconobbe la canzone, quando Sebastian aprì nuovamente gli occhi e schiuse le labbra per iniziare a cantare, più lentamente rispetto alla versione che conosceva.

‹‹He’s just a boy and he’s on fire. Hotter than a fantasy, longer like a highway. He’s living in a world and it’s on fire. Feeling the catastrophe, but he knows he can fly away.››

L’espressione sul viso di Thad si rilassò maggiormente. I suoi occhi si fecero adoranti e innamorati e il sorriso ancora più radioso. Scosse la testa, serrando maggiormente le braccia intorno al cuscino.

‹‹Che scemo che sei…››

Non parve neanche ricordarsi del fatto che suo padre era nella stanza accanto. Sebastian lo aveva rapito con una singola strofa – le mani che scorrevano leggere sul pianoforte e lo sguardo ora fisso nel suo – e non riusciva a smettere di pensare che quelle parole fossero per lui, solo per lui.

‹‹Ooh, he got both feet on the ground and he’s burning it down. Ooh, he got his head in the clouds and he’s not backing down.›› Smise di suonare, battendo il piede a terra ritmicamente per contare i secondi che passavano, prima di riprendere a voce più alta e a ritmo più scandito e deciso. ‹‹This boy is on fire. This boy is on fire. He’s walking on fire. This boy is on fire.››

Accompagnò la sua voce col suono del piano e poi riprese quasi subito, con un sorriso a metà tra il divertito e l’emozionato.

‹‹Looks like a boy but he’s a flame. So bright he can burn your eyes, better look the other way. You can try but you’ll never forget his name. He’s on top of the world. Hottest of hottest boys, say.››

Ammiccò in direzione di Thad e quest’ultimo arrossì vistosamente. Si coprì gli occhi con le mani e ridacchiò, stavolta pensando a suo padre e suo fratello che ascoltavano quella serenata improvvisata e immaginandoli assumere un’espressione comica e stupefatta, alle parole che gli stava dedicando Sebastian.

‹‹Ooh, we go our feet on the ground and we’re burning it down. Ooh, got our head in the clouds and we’re not coming down. This boy is on fire. This boy is on fire. He’s walking on fire. This boy is on fire.››

Un sospiro lasciò le labbra di Thad, prima che quest’ultimo potesse mordersele, gli occhi che luccicavano di commozione.

‹‹Everybody stands as he goes by, ‘cause they can see the flame that’s in his eyes. Watch him, when he’s lighting up the night. Nobody knows that he’s a lonely boy. And it’s a lonely world.›› Fece una smorfia e scosse la testa, abbassando lo sguardo sui tasti del piano, poi chiuse gli occhi e cantò con tanta intensità che Thad si sentì esplodere il cuore in petto. ‹‹But he gon’ let it burn, baby, burn, baby. This boy is on fire. This boy is on fire. He’s walking on fire. This boy is on fire.››

Sebastian riprese a guardarlo con gli occhi colmi di sentimento, mentre Thad si alzava dal letto, lasciando il cuscino sul materasso, quasi chiamato da quella melodia, e si avvicinava alla tastiera alla quale sedeva l’altro ragazzo. Si fermò a pochi passi da lui. Stava continuando ad accompagnare il ritornello con la musica sprigionata dalle dita che battevano sui tasti e, intanto, si lasciava rapire dallo sguardo del suo ragazzo, inchiodato alle sue pupille. Si inumidì le labbra, mentre faceva sì che la musica si affievolisse, fino a terminare il brano a cappella con un singolo verso leggiadro.

‹‹He’s just a boy and he’s on fire.››

Lasciò passare qualche secondo. Lasciò che lo riempissero di sorrisi innamorati e nient’altro. Poi spense la tastiera e si alzò per raggiungerlo. Thad aveva gli occhi lucidi adesso e Sebastian non poté sopportare di stargli lontano ancora per molto. Gli cinse la vita con le braccia e gli sussurrò:

‹‹E questo è quello che penso di te.››

Thad posò le mani sulle sue spalle e si alzò sulle punte per poterlo baciare. ‹‹Direi che sei stato esaustivo.››

‹‹Ora anche il signor Harwood sa cosa penso di suo figlio.›› Ridacchiò direttamente sulle sue labbra e poi lo strinse maggiormente, lasciandogli baci sempre più lunghi e dolci, come tocchi delicati e morbidi.

‹‹E anche tutto il resto del vicinato, immagino.››

Quella voce estranea li interruppe, ma Thad non aveva bisogno di voltare il capo verso la soglia della porta per sapere chi ne fosse l’autore. Il tono sarcastico apparteneva indubbiamente a Wayne. Stava sull’uscio, con la spalla poggiata allo stipite, ma la smorfia divertita che aveva in volto non aveva nulla di infastidito o cattivo, come poco prima, quando lui e Sebastian avevano lasciato il salotto per salvarsi dai suoi commenti ironici e poco amichevoli; piuttosto era tranquilla, aveva giusto quell’accenno di scherno di cui era impregnata spesso, quando si trattava di prendere in giro suo fratello, ma nulla di ostile.

Thad lo guardò con la coda dell’occhio, leggermente rosso in viso per quel parere indesiderato.

‹‹Wayne, te ne vai, per piacere?›› Borbottò e successivamente nascose il viso sulla spalla di Sebastian, accucciandosi come un bambino imbarazzato.

Quest’ultimo lo osservò con un sorriso intenerito in viso e si stupì quando vide Wayne fare lo stesso, nessuna ascia affilata nascosta da qualche parte dietro la sua schiena, pronta a tagliare braccia e gambe a Sebastian. Forse aveva parlato col signor Harwood e quello lo aveva convinto a comportarsi gentilmente con Sebastian, o forse la canzone gli aveva fatto cambiare idea, forse si era reso conto che Sebastian era sincero e che voleva solo il bene di Thad. Forse adesso si fidava.

‹‹Ero soltanto venuto ad avvisarvi che la mamma è tornata›› disse semplicemente, sollevando lo sguardo sul viso di Sebastian. Gli sorrise complice. ‹‹Magari il tuo fidanzato voleva salutarla.››

Thad non si mosse, ma Sebastian lo sentì rilassarsi tra le sue braccia e fu sicuro che la causa del suo respiro regolare e calmo fosse il nuovo modo di approcciarsi che aveva adottato suo fratello. Gli accarezzò la schiena, come se gli stesse comunicando silenziosamente quel pensiero, e l’altro sospirò.

‹‹Arriviamo subito, Wayne.›› Posò la bocca nell’incavo del collo di Sebastian e questo avvertì le sue labbra incurvarsi in un sorriso, direttamente sulla sua pelle.

Wayne non disse altro. Tornò in salotto e Sebastian poté giurare di averlo visto trattenere  una risata camuffandola con uno sbuffo.

‹‹Visto? Ha già cambiato idea e adesso mi adora›› commentò Sebastian. ‹‹Non c’era motivo di preoccuparsi.›› Posò le labbra tra i suoi capelli e chiuse gli occhi.

‹‹Sono felice›› sussurrò Thad, dopo un attimo di silenzio. ‹‹Adesso sono felice.››

E lo erano davvero, entrambi. Sebastian pensò che probabilmente era una delle cose che più desiderava in assoluto, fare parte della vita di Thad in quel modo, essere accettato dalla sua famiglia come se fosse parte integrante di lui, come se non ci fosse nulla in grado di dividerli, come se la porta di casa sua fosse sempre aperta e i suoi fossero sempre pronti ad accoglierlo con un sorriso. Si era guadagnato la loro fiducia e non aveva dovuto faticare poi tanto. Il sorriso sereno sul volto di Thad, quando era insieme a lui, il modo in cui si tenevano per mano, in cui si guardavano, quello era bastato per convincere sua madre, suo padre e, alla fine, perfino suo fratello; e Sebastian dubitava che sarebbe mai cambiato qualcosa nei loro atteggiamenti, dubitava che avrebbe mai smesso di guardare Thad come se fosse la prima volta che lo vedeva, come se stesse rimanendo incantato dal suo sorriso luminoso per la prima volta. Per questo, si sentiva al sicuro all’idea di stare con lui per sempre, all’idea di avere un posto in cui andare e rimanere.

‹‹Anch’io sono felice, Thad.›› Diede voce ai suoi pensieri in un sussurro e poi lo strinse più forte come a voler far durare quell’abbraccio per l’eternità.

 

Fine.

 

 

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