Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Seele    22/05/2013    1 recensioni
Un giorno prima, solo un maledettissimo giorno prima di essere investito Blaine lo aveva incontrato, lo aveva aiutato perché si era perso, lo aveva coperto con il suo ombrello, lo aveva accompagnato fino alla piazza, gli aveva dato il suo numero e prestato la sua felpa. La felpa che Kurt aveva ancora addosso, la felpa che ora si bagnava delle sue lacrime e che ancora aveva il suo odore imprigionato nella stoffa.
death!fic
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note dell'Autrice: Sono  Seele ed è la prima volta che pubblico qualcosa nel fandom Glee, per cui siate clementi. Inizio col dire che la shot è dedicata al mio migliore amico Domenico, senza il quale non avrei mai pensato di scrivere una Klaine! Spero che la storia vi piaccia, se avete qualche consiglio da darmi o se i personaggi vi sembrano OOC fatemelo sapere, e nel caso la shot sia di vostro gradimento mi farebbe piacere conoscere il vostro parere :)

Vi auguro una buona lettura!


Sweatshirt


Faceva freddo, Kurt ne era fin troppo a conoscenza; era una mattinata di metà Settembre, e il tempo non era affatto dei migliori. Le foglie cominciavano già a ingiallire, e sentiva il suono dei suoi piedi che con passi affrettati le calpestavano. Poteva quasi vederle accartocciarsi, scontrarsi le une con le altre, spezzarsi sotto alla suola delle sue scarpe, anche senza abbassare lo sguardo.

Qualche mezz'ora prima pensava distrattamente al liceo terminato quello stesso anno, e all'accademia di recitazione che stava attualmente frequentando nella stessa città; evidentemente era troppo concentrato nei suoi pensieri, perché sbagliò strada e finì per perdersi e ritrovarsi chissà dove. Certo, il rumore delle foglie marroni e gialle calpestate dai suoi passi non cambiava, ma le strade erano totalmente diverse da quelle che conosceva.

Sibilò un'imprecazione fra i denti quando, al terzo giro intorno agli stessi vicoli, si ritrovò esattamente allo stesso punto di partenza, quello cioè dove si era reso conto di essere chissà dove. Sospirò, incrociando le braccia al petto per darsi un po' di calore: perché diavolo aveva indossato solo un maglioncino leggero? Cominciava a fare sul serio troppo freddo.

Qualcosa bagnò la punta del suo naso, poi qualcos'altro la sua fronte. Kurt quasi sobbalzò nel rendersi conto che stava per piovere.

Grandioso! Era in un luogo sconosciuto, perso senza possibilità di ritorno, gelava e presto sarebbe anche scoppiato un temporale.

A quel punto, come un'apparizione divina, notò un negozio di dischi proprio lì vicino. Rassegnandosi all'idea di essersi totalmente perduto e rinunciando al proprio orgoglio, estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans e fece per comporre il numero di Finn, per chiedergli di venire a prenderlo lì. Sperava che conoscesse il negozio in questione o che perlomeno, tramite il nome del locale, cercasse la sua posizione su internet; ma pregò che ciò avvenisse solo per una manciata di secondi, perché lo schermo dell'apparecchio nella sua mano si oscurò definitivamente e il telefonino non dette più alcun segno di vita.

Batteria scarica. Nemmeno nei suoi sogni più terrificanti tutto andava così dannatamente male.

Stava per disperarsi e strapparsi i suoi bellissimi capelli, quando un movimento alla sua destra catturò la sua attenzione. Si voltò, e vide una persona che conosceva fin troppo bene.

Blaine Anderson. In effetti 'conoscere' non era proprio il termine adatto, visto che non avevano mai avuto una conversazione, ma Blaine Anderson era stato la cotta storica di Kurt; aveva trascorso tutti gli anni del liceo a fissarlo da lontano e a sospirare come uno stupido, facendosi i film mentali con loro e la loro meravigliosa vita insieme. Aveva raccolto più informazioni possibili su di lui: sapeva avesse la sua stessa età, conosceva la sua data di nascita con tanto di orario preciso, il suo secondo nome, il negozio dove di solito andava a comprare dei vestiti, la palestra che frequentava, i voti che prendeva a scuola; era anche a conoscenza di strane abitudini, come quella di mettere tre cucchiaini di zucchero nel caffè insieme a una spruzzata di cacao, o quella di riempirsi i capelli di gel perché li aveva ricci, anche se lui non li aveva mai visti al naturale. Non ci aveva mai parlato. E in quel momento, nel vederlo di nuovo e così da vicino, si rese rovinosamente conto che la sua cotta per lui non era ancora passata.

"Ciao", lo salutò il ragazzo, leggermente perplesso nel notare l'immobilità dell'altro. "Dovevi entrare?"

Era appena uscito dal negozio e sembrava star per chiudere, evidentemente lavorava lì. Kurt pensò che senza quintali di gel a intrappolare i ricci, ora liberi e nerissimi, fosse molto più bello. Non aveva ancora notato la sua espressione, mentre il ragazzo lo scrutava piuttosto dubbioso; fu solo una nuova goccia d'acqua sul naso a ricordargli che doveva respirare, se non voleva morire soffocato davanti al ragazzo che aveva riempito tutte le sue giornate al liceo.

"Oh! No, no, anzi, in realtà mi sono perso" ammise senza pensarci. Kurt si maledì un secondo dopo averlo detto; pensò che adesso Blaine l'avrebbe preso per un perfetto idiota, ma lui scoppiò a ridere vanificando tutte le sue paure.

"Sì, ti capisco, capitava anche a me i primi giorni" fece comprensivo, per poi alzare lo sguardo al cielo che cominciava ad annuvolarsi.

Kurt lo fissò senza parlare, ma la sua mente continuava a urlare il suo nome. Non poteva credere che fosse lì, con lui vicino a rivolgergli la parola, sul serio.

"Blaine." mormorò, in un soffio.

Oh, cielo, la seconda cavolata in venti secondi. L'aveva pronunciato sul serio; aveva detto il suo nome, che continuava a girargli in testa, ad alta voce e senza rendersene conto.

Blaine sobbalzò, rivolgendogli un'occhiata curiosa. "Come fai a sapere come mi chiamo?"

Kurt arrossì, facendo di scatto un passo indietro, e Kurt Hummel non arrossiva mai. "E-ero anche io alla McKinley" disse tutto d'un fiato, come se stesse confessando ad un interrogatorio. "Sono Kurt. Kurt Hummel."

Blaine esitò un secondo, sorpreso che pur avendolo soltanto visto -non ci aveva mai parlato, ne era sicuro: non si sarebbe mai dimenticato di un paio di simili occhi azzurri- si ricordasse di lui, poi sorrise e tese la mano.

"Blaine Anderson" si presentò, ridacchiando. "Anche se lo sai già."

Kurt gli strinse la mano, abbozzando un sorriso, poi lasciò la presa per dare uno sguardo al negozio. "Lavori qui?"

"Già" annuì Blaine. Sembrava felice nel dirlo. "Mi piace un sacco. È un po' fuori dal mondo, ma ci vengono in tanti."

"Sì, decisamente fuori dal mondo" storse il naso Kurt, e un secondo dopo si rese conto di aver usato un tono molto poco carino. "Cioè, non intendevo..." fece per dire, ma Blaine lo fermò con una risata.

"Fa niente, hai ragione" fece ridendo, scrollando le spalle. Poi estrasse dalla borsa a tracolla un ombrello, siccome cominciava a piovigginare più forte, e lo aprì sulle loro teste.

Kurt si lasciò sfuggire un sorriso felice e imbarazzato. Ecco, quella era esattamente una delle scene migliori del film romantico, fieramente girato nella sua mente, che li vedeva protagonisti.

"Dove abiti, Kurt? Dimmi la via, ti ci porto."

"Oh, no", si affrettò a rispondere il ragazzo. "Non ce n'è bisogno, e poi è lontano..."

Ci pensò qualche secondo, poi sospirò davanti al sopracciglio alzato di Blaine. Beh, dopotutto, si era perso e l'aveva anche ammesso. "Whitman Avenue, 415."

"Uhm" fece Blaine pensierosamente, "in effetti è lontano. Sei venuto a piedi fin qui?"

"Mi piace camminare" si giustificò Kurt, leggermente in imbarazzo. "Non c'è bisogno che mi accompagni, dimmi solo che strada devo prendere, okay? Dalla piazza in poi conosco la strada."

"Va bene" acconsentì Blaine. "Allora ti accompagno fino a lì, d'accordo?"

Non aspettò un cenno di assenso da parte del ragazzo; il quale dopo qualche lieve protesta, si ritrovò sotto al suo ombrello a nascondere a fatica qualche sorriso di troppo. Stavano già parlando come due amici, e non poteva esserne più felice.

Arrivati nella piazza, Kurt si fermò repentinamente e afferrò Blaine dalla felpa. Pensò che la stoffa fosse morbida e sicuramente doveva essere calda, ma lui stava gelando -con Blaine vicino, se n'era dimenticato. "Grazie per avermi accompagnato fin qui" lo precedette prima che aprisse bocca, "ma so dove abiti e sei nelle vicinanze, quindi non ti permetterò di fare tanta strada solo per accompagnarmi. Da qui in poi vado da solo."

Blaine lo osservò perplesso per alcuni secondi, poi fece di nuovo per replicare e Kurt lo precedette ancora. "Non voglio l'ombrello."

Per la terza volta Blaine tentò di parlare e Kurt stava per fermarlo, ma stavolta il primo gli portò velocemente una mano sulla bocca senza preoccuparsene e rise della sua espressione sorpresa.

"Lasciami parlare" ridacchiò, senza levarla da lì. "Primo, domani mi spiegherai perché sai tutte queste cose di me. Secondo" gli levò la mano dalla bocca, prese una penna e un foglietto dalla borsa a tracolla e ci scribacchiò qualcosa sopra, per poi porgerglielo, "questo è il mio numero. Terzo" continuò, mentre Kurt osservava sbattendo le palpebre qualche volta di troppo quel pezzetto di carta, stentando a crederci e prendendolo con esitazione, "se non vuoi l'ombrello allora voglio che indossi questa."

Kurt, ancora scosso per via del numero, lo osservò levarsi la felpa. Già non poteva credere di avere il suo recapito telefonico, nè tantomeno di avergli parlato sul serio, e ancora di meno che fosse così gentile con lui, figuriamoci se adesso poteva anche solo pensare che gli stava porgendo la sua felpa perché la indossasse e stesse al caldo.

"Non- non ce n'è bisogno" si riscosse, ancora parecchio incredulo, alzando gli occhi azzurri dalla sua mano che reggeva l'indumento ai suoi occhi color nocciola. Occhi che sorridevano gentili, si ritrovò a constatare.

"Non dire cavolate. C'è il cappuccio, così puoi indossarlo e bagnarti di meno, visto che non vuoi il mio ombrello...anche se, se hai cambiato idea, te lo presto volentie-"

"No, va bene, mi arrendo" lo fermò Kurt, ormai prossimo all'auto combustione. Stava accadendo tutto troppo in fretta, non poteva crederci; si infilò velocemente la felpa, costatando quanto fosse calda e...quanto profumasse di Blaine. Dovette combattere contro l'istinto di chiudere gli occhi e abbandonarsi a quella sensazione così piacevole, per sorridergli timidamente e ringraziarlo quasi sottovoce.

"Allora ci sentiamo presto, Kurt" gli sorrise Blaine, e Kurt temette di svenire all'istante. Probabilmente le sue gambe dovevano essersi liquefatte, perché non le sentiva più.

"A...presto" soffiò, ancora incredulo. Tentò, senza riuscirci, di non fargli un sorriso troppo incredulo e felice, poi le sue gambe -già, stranamente erano ancora lì- si mossero da sole nel voltarsi e prendere a camminare, mentre le mani tiravano su il cappuccio della felpa e Blaine agitava la sua in segno di saluto, dandogli le spalle con un sorriso allegro e emozionato sul volto.

Era assolutamente il giorno migliore della sua vita.


*****


Kurt iniziava a rassegnarsi; non erano servite le lunghissime conversazioni al telefono con Rachel, le rassicurazioni di Finn, le chiacchierate con Mercedes. Era trascorsa più di una settimana da quel lunedì mattina in cui lui e Blaine si erano incontrati, e lui non aveva mai risposto alle sue telefonate, nè lo aveva mai chiamato. Alla quinta telefonata senza risposta, Kurt gli aveva scritto un messaggio dicendogli che, nel caso non rispondesse per via del numero non memorizzato, si trattava di lui e poteva chiamarlo quando voleva. Si era trattenuto dall'aggiungere visto che sembri tanto impegnato, tentando di convincersi che si trattasse solo di coincidenze passeggere e straordinariamente inquietanti, ma con il tempo aveva iniziato ad accettare quella che, almeno secondo lui, era la triste realtà. Blaine non era interessato a lui. Magari quel lunedì mattina lo era sembrato, ma evidentemente non lo era sul serio.

Sospirò, stringendo di più le gambe al petto e coprendo il viso fino al naso con la stoffa calda della felpa di Blaine. Eh, sì: sapeva che fosse altamente masochistico inspirare a pieni polmoni il suo profumo così buono, tanto più che avrebbe dovuto lavarla prima di resitituirgliela e gli dispiaceva troppo farlo, però non riusciva proprio a farne a meno. Seduto sul divano, stringeva nelle mani una tazza di caffè: tre cucchiaini di zucchero e una spruzzata di cacao. Proprio come piaceva a Blaine, e che lui inorridisse per il troppo zucchero importava poco.

In ogni caso dovresti ritornargli la felpa, gli aveva fatto notare Rachel qualche ora prima. E sapeva che, purtroppo, aveva ragione; non per questo la tolse, anzi, decise di fare lo sfacciato e aggiungere alla sua consegna un pizzico di rimprovero nella voce. Quasi riusciva già ad immaginarsi, mentre si levava la felpa e gliela porgeva stizzito e gli diceva che, se non era interessato a lui, avrebbe fatto meglio a dirglielo piuttosto che ignorarlo totalmente.

Raccolse il coraggio e il suo amatissimo orgoglio, messo da parte per fin troppo tempo, e si diresse a casa sua.

Suonò alla porta, con il cuore che batteva forte ma un'aria infastidita sul viso. Suonò di nuovo; possibile che non aprisse perché sapeva fosse lui a bussare? No, decisamente. Sarebbe stato assurdo.

Va bene, magari non c'era. O forse, dallo spioncino, aveva visto che era lui e si era nascosto in casa; la riteneva un'opzione abbastanza probabile, così prese il cellulare dalla tasca -cosa, una sola tacca di batteria? Ma l'ho messo in ricarica stamattina!- e compose il suo numero. L'aveva già imparato a memoria, anche se Blaine non gli aveva mai risposto.

Partì subito la segreteria telefonica; con uno scatto rabbioso allontanò il cellulare dall'orecchio, lo fissò rabbioso e prima che potesse inveirci contro, questo si spense fra le sue mani lampeggiando "batteria scarica". Si trattenne dal gettarlo a terra e pestarlo senza pietà solo per gettarsi invece sulla porta di casa del ragazzo, prendendo a batterci i pugni sopra fuoriosamente.

"Blaine Devon Anderson!" esclamò, senza curarsi di urlare il suo secondo nome -che il ragazzo, ovviamente, non gli aveva detto, e che lui, altrettanto ovviamente, conosceva lo stesso. "Non puoi scappare per sempre, quindi fa' l'uomo e affrontami!"

Che bel cambiamento. Da timido e romantico era sul punto di prendere a sprangate la porta pur di farsi aprire e gridare in faccia a Blaine.

"Blaine, dannazione, apri questa porta!" alzò notevolmente il tono della voce, bussando molto più forte e rabbiosamente. In quel momento fu un'altra porta ad aprirsi, quella alle sue spalle: una donna di mezza età, dagli occhi arrossati e l'aria triste, lo guardò per qualche secondo. Non sembrava arrabbiata, ma Kurt grugnì qualche scusa lo stesso.

"Mi scusi" sbottò, "ma il suo stupido vicino non mi risponde alle telefonate, non mi apre la porta e non si fa sentire da più di una settimana. Adesso, se non le dispiace, ricomincio a-"

Non fece in tempo a finire la frase, perché la donna singhiozzò. Si irriggidì, non sapeva come reagire.

Di norma, quando una persona piange, bisogna chiedernene il motivo e consolarla. Almeno così credeva Kurt, ma in quel momento un'azione simile gli sembrò davvero scortese. Si trattenne dal lanciarsi nuovamente sulla porta di casa di Blaine, provando questa volta a prenderla a spallate per farla cedere, torturandosi le mani con aria perplessa.

"È inutile che continui a bussare" fece la donna, con aria abbattuta e triste, "non ti aprirà."

Kurt mise su un broncio infastidito. "Si comporta sempre così? Evita le persone in continuazione?", chiese irritato. Evidentemente la sua vicina di casa era una persona sensibile e magari Blaine le aveva urlato qualcosa di scorbutico pur di non aprirle la porta, immaginò Kurt.

"No!" esclamò subito la signora. "Blaine non farebbe mai una cosa simile."

Ecco l'ennesima madre protettiva, pensò Kurt trattenendo uno sbuffo. Prendono sempre le difese di tutti, come se fossero figli loro, accettandone tutti i difetti. Constatò che era davvero un comportamento insensato.

"Va bene, signora, come vuole" tentò di liquidarla, preparandosi già a tirare la prima spallata. Non che credesse davvero che la porta avrebbe ceduto, ma doveva provarci almeno per soddisfazione personale.

"Come ti chiami?" domandò la donna, tirando su col naso. Era ancora lì? Madre protettiva, decisamente. "Kurt" sospirò, preparandosi di nuovo. Gli aveva fatto perdere la concentrazione.

"Kurt" fece lei, con un tono abbattuto e basso, "Blaine non c'è più."

Kurt si fermò, dandole ancora le spalle.

"Non...non abita più qui."

No. Impossibile.

"Si è trasferito?"

Si sorprese della sua voce, stranamente tremante.

"No."

Strinse i pugni, si voltò lentamente.

"Signora, se è uno stupido scherzo io-"

"Non è uno scherzo" singhiozzò la donna. "Mi dispiace."

Trascorse qualche secondo.

Forse più di qualche attimo.

Magari qualche minuto.

A Kurt sembrò un'ora.

Adesso anche lui sentiva gli occhi preoccupatamente lucidi. "Quando" si fermo per respirare, visto che aveva trattenuto il respiro senza accorgersene, "quando è successo?"

"Martedì pomeriggio" mormorò lei, e per Kurt fu l'equivalente di una pugnalata.

Martedì pomeriggio. Il giorno dopo che si erano incontrati. Lui gli aveva telefonato per la prima volta proprio quella sera. Quando lui era già...

Adesso capiva.

Tutto.

"Mi-mi scusi" balbettò, per poi prendere a camminare verso le scale. Si fermò solo un secondo, voltandosi di poco verso la donna in lacrime. "Dove..." non ebbe il coraggio di terminare la frase.

La signora lo informò, singhiozzando, del cimitero dove era sepolto. Kurt non riuscì ancora a piangere, perché una parte di lui stava ancora credendo fermamente che fosse tutto uno stupido scherzo. Si diresse in fretta verso il cimitero -diamine, il cimitero- indicatogli e cercò...quello che cercava. Non riusciva a pensare a quella parola, a quella...

...quella lapide. Lapide che non c'era.

Si guardò intorno, spaesato. Sì, nessuna lapide con sopra scritto Blaine Anderson, davvero, niente di simile. Il suo cuore accelerò i battiti: era sul serio uno stupido scherzo! Dannato Blaine, dannata vicina. Si erano sicuramente messi d'accordo prima. Dannazio-

Kurt si fermò all'improvviso, interrompendo i suoi pensieri, gli occhi azzurri abbassati su un epitaffio. Tremò nel vedere la foto di un viso che conosceva bene. Tremò nel leggere le frasi incise sulla lapide.

Blaine Devon Anderson , i suoi occhi divennero lucidi. 5/02/1995 - 18/09/2012 , e un singhiozzo gli scivolò da solo dalle labbra.

Non era giusto. Non era possibile. Eppure era accaduto.

Un giorno prima, solo un maledettissimo giorno prima di essere investito Blaine lo aveva incontrato, lo aveva aiutato perché si era perso, lo aveva coperto con il suo ombrello, lo aveva accompagnato fino alla piazza, gli aveva dato il suo numero e prestato la sua felpa. La felpa che Kurt aveva ancora addosso, la felpa che ora si bagnava delle sue lacrime e che ancora aveva il suo odore imprigionato nella stoffa.

Kurt singhiozzò più forte, tentando invano di frenare i sussulti che si rincorrevano mentre cercava inutilmente di asciugarsi il volto e inspirava a fondo l'odore di Blaine sulla stoffa.

Il cuore in mano e piccole gocce d'acqua sul viso, Kurt rimase solo con il suo profumo.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Seele