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Autore: padaleckles    22/05/2013    6 recensioni
Ho semplicemente pensato di scrivere un altro finale a Mockingjay.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la fine della guerra, Katniss non ebbe altra scelta che tornare a casa. Anche se lei non sapeva più cosa fosse, una casa.
In effetti, Katniss ormai non sapeva più niente. Solo una cosa era certa di sapere: non aveva più niente per continuare a vivere. La persona che amava di più nella sua vita, la piccola e indifesa Prim, era morta. Tutte le persone che amava erano morte, o lontane. Lontane da case, da lei.
Katniss si sentiva sola, e morta. Morta dentro.
Tanto tempo prima, c’era un fuoco in lei che la portava avanti: era la speranza di una vita migliore, la volontà di prendersi cura della famiglia, anche l’odio per Capitol City che li distruggeva giorno per giorno.
Ora, però, tutto quello che poteva essere fatto per una vita migliore era stato fatto. La famiglia, o quel che ne restava, non aveva più bisogno di lei. Capitol City era stata brutalmente sconfitta.
Nessuno voleva dirle dov'erano finiti tutti gli altri, e non aveva nessun mezzo per informarsi. 
Era lì, in quella casa, sola, senza nulla da fare per ammazzare il tempo. Ma lei comunque non avrebbe voluto fare nulla. Per quale motivo avrebbe dovuto?
Sapeva di essere controllata, perciò sarebbe stato inutile qualunque tentativo di suicidio o di lasciarsi morire. In un modo o nell’altro, le facevano fare il minimo necessario per la sua sopravvivenza.
Combattevano per tenerla in vita, ma era una vita che lei non voleva più vivere.
Molti dicevano che avrebbe dovuto essere grata della propria vita, ma lei non si sentiva pronta a essere grata per qualcosa che le aveva dato solo crudeltà e dolore giorno dopo giorno. Si chiedeva cosa ancora le riservasse, giacché era costretta a viverla.
Un giorno la risposta arrivò.
Chiunque vivesse nel Distretto 12 (Sae la Zozza, qualche ex minatore che aiutava gli operai che arrivavano ogni giorno a ricostruire il distretto) aveva le chiavi della sua casa, perciò fu sorpresa quando qualcuno bussò alla porta.
“Non m’interessa se hai dimenticato le chiavi” disse Katniss con la sua solita gentilezza.
I colpi continuarono.
“Vai via!”
E i colpi finirono. Chiunque fosse, Katniss pensò che sarebbe potuto entrare dalle finestre perennemente aperte. Non si preoccupava di chi fosse: il peggio che gli poteva capitare era di essere catturata da qualche fanatico di Capitol City sfuggito che l'avrebbe, e lei ne sarebbe stata felice. 
Sedeva su una delle poltrone, quando una mora cadde dall’alto. La prese in bocca al volo in un gesto automatico, e il suo cuore sobbalzò quando immediatamente ricordò i momenti in cui faceva quel gesto.
“Ciao, Catnip.”
Katniss si alzò in piedi a guardare da dove proveniva quella voce, e per un momento si chiese se non stesse sognando.
Gale, il suo Gale. In piedi davanti a lei.
“Non abbracci il tuo vecchio amico?”
Katniss avrebbe dovuto odiarlo. E lo aveva odiato, e tanto. Ma c’è un momento nella tua vita in cui smetti di portare rancore dopo che l’hai fatto per tanti anni, e cominci a perdonare. Perché forse non ce la fai da sola, come avevi sempre creduto. Forse hai bisogno di qualcuno che ti porti avanti.
Lei in quel momento non sapeva se fosse Gale quello che l’avrebbe portata avanti, non sapeva nemmeno se c’era un’amicizia tra loro.
Eppure, per qualche motivo, si buttò fra le sue braccia come se fossero l’ultimo rifugio su quella terra. E in effetti, lo erano. Comincio a piangere istericamente, dicendo parole incomprensibili; ma Gale aveva imparato a conoscerla, e sapeva che quelle parole significavano solo una cosa: “Mi sei mancato.”
Dopo tempo ognuno nelle braccia dell’altra, Gale si staccò e cominciarono a parlare.
“Dove sei stato,Gale? Perché mi hai abbandonata qui?”
“Ho sistemato un paio di cose, fatto qualche lavorino. Ho riposato. Ho preso un periodo di pausa: dovevo capire cosa fare di questa nuova vita.”
“E l’hai capito?”
“Non del tutto. Ma qualcosa l’ho capito” disse, ma non si dilungò in spiegazioni.
“Tu cos’hai fatto Catnip?”
“Volevo morire. Voglio ancora morire, Gale. Non ho più nulla per cui vivere.” Diceva questo, mentre una lacrima ricominciava a scorrere sul suo viso e altre minacciavano di fare lo stesso.
Gale se ne accorse e la fece sedere sulle sue gambe. Lei appoggiò la testa nell’incavo della sua spalla. Si sentiva protetta, per la prima volta dopo tanto.
“Ti farò cambiare idea, vedrai.”
Katniss era troppo offuscata da quella ritrovata sensazione di protezione per riflettere su quelle ultime parole, perciò non ci pensò su più di tanto. Fu così che si addormentarono quella sera, e così li ritrovò Sae la Zozza che passava ogni mattina a controllare la casa. Sorrise, e capì che forse da quel giorno non avrebbe più dovuto preoccuparsi per Katniss come prima.
Fu Gale il primo a svegliarsi. La osservò: studiò la sua espressione serena forse per la prima volta mentre dormiva, le sue ciglia, gli zigomi, le labbra. Quelle labbra che aveva sempre amato baciare.
“Svegliati, Catnip.”
Katniss aprì gli occhi, e per un momento si sentì confusa; poi ricordò.
Si guardarono negli occhi, e i loro visi erano così vicini che ognuno sentiva il respiro dell’altro sulla propria pelle. Chiunque si sarebbe aspettato un bacio, a quel punto. Ma loro non erano ciò che gli altri si aspettavano, erano cambiati. Katniss si alzò e si avviò in cucina; fece solo qualche passo, prima di girarsi e chiedere: “Gale, cosa farai?”
“Non lo so, Katniss. Voglio solo ricominciare a vivere. E tu?”
“Non lo so, io non lo so. Ho sempre pensato fino ad ora che sarei morta sola, qui. Sono passati dei mesi, né tu né Peeta vi siete fatti minimamente vedere, nessuno che conosca si è fatto vedere tranne Sae. Avevo accettato che vi avevo perso entrambi. E poi tu ti presenti qui, mi stringi a te ed io mi sento protetta per la prima volta dopo tempo. Mi rendo conto di quanto mi manchi il contatto umano. Non so se mi sento pronta a perdonare chiunque, per ora sono riuscita a perdonare solo te. E nemmeno del tutto. Ma se continuo ad odiare tutti, questo odio non mi porterà da nessuno parte. Sei venuto qua, e in mezza giornata hai completamente cambiato il programma che mi ero fatta per il futuro. Mi ero preparata un futuro fatto di giornate solitarie, ricordi, noia, lacrime, dolore, solitudine, senza nessuno delle persone che amo. E ora torni qui, e mi dici che non sai che farai. Come posso reagire? Mi hai sconvolto.”diceva questo, e nel mentre lacrime le scorrevano sul viso.
“Katniss, ricominciamo a vivere. Insieme. Tu ed io, possiamo farlo. Ti ricordi quando dicevamo di andare a vivere nei boschi? Lasciare il distretto? Scappare? Ancora prima che cominciasse tutto. Ecco, facciamolo. Andiamo via, ma non dal distretto, ma dal dolore. Siamo ancora due sedicenni che cacciano, ma questa volta senza una famiglia che ha bisogno di noi. Proviamoci. Ti prego Katniss, non posso vederti così.”
Katniss lo guardò triste e si asciugò le lacrime; andò in cucina, senza dare risposta. Sarebbe stata pronta a ricominciare?  Con Gale? Lo chiese a se stessa. E si rese conto che sì, lo era.
Corse in salotto, da lui.
“Sì” Gale la guardò stranito, non capiva. 
“Ricominciamo, Gale. Non ci avevo mai pensato, ma questa vita mi ha dato troppo dolore equando non me lo dà lei, me lo procuro io. Proviamo ad essere liberi da tutto questo.”
Probabilmente, quello che nacque sulle labbra di Gale fu il sorriso più bello che un essere umano abbia mai potuto vedere. Ma solo Katniss lo vide. E chissà che non fu proprio quello a farla innamorare completamente.
 Gale non andò da lei ad abbracciarla; semplicemente le prese la mano e la portò fuori da quella casa, nei boschi. Ricordavano ancora dove sistemavano gli archi, e li andarono a riprendere facilmente..
 
Sae la Zozza trovò la casa vuota per una settimana intera: ogni mattina andava lì, e non c’era un’anima viva. Pensò che non ci fosse da preoccuparsi: lei ormai era con lui, e lui non avrebbe permesso a nessuno di farle del male.
 
Gale e Katniss passarono tutti quei giorni rinchiusi nella magia dei boschi; si cibavano di ciò che cacciavano, bevevano da qualche corso d’acqua e si lavavano nel lago. Dormivano sulla loro terrazza rocciosa sulla valle, ognuno beandosi del calore dell'altro. 
Uno di quei giorni, l’ultimo che avrebbero passato interamente nei boschi, Gale cominciò a parlare.
“Ero qui quando i Giochi cominciarono. Sapevo che ti avrei rivisto, eri troppo forte per perdere. “
“Certe volte me ne pento. Se mi fossi uccisa e avessi lasciato vincere solo Peeta, quante persone sarebbero ancora vive ora?”
“Vive, ma schiave. Già morte. Senza futuro né speranza. Se quelle persone morte potessero parlare, ti ringrazierebbero solo per aver reso questo mondo migliore. Tu, loro, noi, l’abbiamo fatto. Abbiamo dato un futuro a tutti. Pensa questo: hai dato un futuro al figlio di Finnick, e pensi che se Finnick fosse qui ti porterebbe rancore per essere morto nel seguirti o ti ringrazierebbe?”
“Forse... forse hai ragione.”
“No, non forse.”
Ci fu un lungo silenzio.
“Katniss, sono arrugginito con gli archi. Mi insegni a tirare di nuovo?”
Katniss sorrise, e gli diede l’arco; passarono il resto del giorno così, con lei che gli insegnava di nuovo le tecniche basilari di tiro con l’arco.
Fu quella sera che Katniss fece una domanda che le ronzava in testa da un po’: “Gale... ma Peeta?”
“Lo sapevo che me l’avresti chiesto. Peeta... è rimasto a Capitol City. Ha una pasticceria tutta sua, e ha detto da tempo che qui non tornerà. Troppi brutti ricordi.”
Katniss si chiedeva se fra quei brutti ricordi fosse compresa anche lei, e Gale glielo lesse negli occhi.
“Non gli ho mai chiesto se tu facessi parte di quelli; ma non ha fatto niente per tornare da te, e nemmeno tu. Un giorno magari tornerà qui, e tu intanto cosa fai? Rimani qui ad aspettarlo?”
Katniss rimane in silenzio.
“Katniss, lo ami ancora?”
“Non lo so, Gale. So solo che a quanto pare lui non mi vuole nella sua vita, ed io gli ho fatto solo del male. Sono stanca di fare del male alla gente. Perciò non tornerò, e nemmeno lui lo farà. E tu? Tu tornerai lì?”
Questa volta, fu Gale a non rispondere.

 
 
Passarono mesi, e ognuno divenne la salvezza dell’altro. Ricominciarono a vivere, come volevano. Vedevano la vita in modo diverso. 
È come guardare un fiore appena fiorito: puoi ammirare la bellezza di questo fiore, o pensare al fatto che presto seccherà e morirà. Gale e Katniss avevano smesso di guardare il lato negativo della vita. Ricominciarono a essere felici, e non solo sulla terrazza rocciosa sulla valle. Anche quando stavano semplicemente insieme.
Da quando Gale era tornato, avevano sempre dormito in quella casa come avevano dormito la prima sera: sulla poltrona, ognuno nelle braccia dell’altra.
Fu in una sera di quelle che Gale le diede la risposta.
“No.”
“Cosa Gale?”
“Non tornerò a tutto il dolore. Non scapperò dalla mia felicità. Rimarrò qui. Con te. Perché ti amo.”
Katniss non era mai stata una tipa molto romantica, e Gale non si aspettava un ‘ti amo’.
Ma Katniss fece di più. Gli prese il viso tra le mani, e lentamente sfiorò le labbra di Gale con le sue in un leggerissimo bacio. Nient’altro. Solo un piccolo bacio. Per gale, però, era anche più di un ’ti amo’. Era la promessa che l’avrebbe amato per sempre, la promessa che lei sarebbe stata sempre stata sempre lì per renderlo felice. Con quel bacio gli aveva detto di aver ritrovato un motivo per vivere: Gale. Gale era il suo motivo.
Si erano trovati, e non si sarebbero lasciati andare.
  
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