Guardami, papà

Ti guardo fissare impassibile un punto indefinito davanti a te.

Perché non mi guardi, papà?

Da bambino, idealizzavo come sarebbe stato averti accanto a me. Immaginavo che mi avresti preso in braccio, che mi avresti allenato e guardato sorridendo, lo sguardo vibrante di orgoglio.

Ti prego, guardami.

Ho dannatamente bisogno che tu mi guardi in quel modo, papà.

Ho bisogno di vedere i miei sogni, le mie fantasie, concretizzarsi ora che ti ho qui accanto a me.

Eppure, non mi sei mai sembrato così distante.

Persino nel mio tempo, quando fisicamente sei irraggiungibile, mi è sempre sembrato che potessi in qualche modo vivere nei racconti di mamma.

Non allontanarti da me.

Sei distante, papà, non t’importa nulla di me.

Avevo sempre desiderato conoscerti e ora che ne ho la possibilità, tu mi scansi, argini ogni mio tentativo di avvicinarti, di costruire quel rapporto che ci è sempre stato negato.

Che cosa posso fare per ottenere qualcosa di diverso da una gelida indifferenza?

Guardami, papà.

Vorrei costringerti a incrociare il mio sguardo, ma ho paura. Paura di non trovare altro che due pozzi scuri nei tuoi occhi, due voragini vuote, prive di quei sentimenti che desidero tanto vedere.

Mamma mi ha sempre detto quanto siano espressivi i tuoi occhi. Diceva che vi leggeva tristezza, rancore, felicità, amore, sempre accompagnati da quella punta di orgoglio che non li abbandonava mai.

Ho paura, papà.

E se, guardando nei tuoi occhi, non scorgessi nulla?

Magari non sono abbastanza importante da poter leggere cosa si nasconde dietro le tue iridi scure e forse è per questo che non mi vuoi.

«Papà mi voleva bene?» avevo chiesto una volta e mamma aveva sorriso, accarezzandomi la testa.

«Certo. Tantissimo.» aveva risposto.

E se tu in realtà non mi volessi? Mi hai fatto chiaramente capire che il legame di sangue che ci unisce non significa nulla per te. Eppure continuo stupidamente a sperare che tu possa voltarti e sorridermi, orgoglioso di quello che sono diventato. Di quanto ti somigli. Perché, come mi diceva sempre mamma, più cresco, più ti somiglio.

E allora perché mi sembri così distante?

Chiamami, papà.

Vorrei sentirti pronunciare il mio nome, non importa che il tuo tono sia burbero come al solito, l’importante è che tu imprima in quell’unica parola tutto l’affetto che vorrei provassi per me. Quell’affetto che vedo negli occhi di Goku quando guarda suo figlio.

Perché tu non mi guardi così, perché?

Hai un cuore duro, papà, lo so bene, ma perché non ti lasci andare anche solo un istante? Io lo so che sei buono, in fondo.

Non pretendo molto. Vorrei solo che mi guardassi, ripagandomi di tutti quegli anni senza di te. Basterebbe un solo sguardo, un solo cenno da parte tua. Un piccolo gesto, che purtroppo non arriva mai.

Fai il papà per una volta, ti prego.

Goku sorride a suo figlio. Lo abbraccia, gli dice quanto gli voglia bene e quanto sia orgoglioso di lui.

Tu lo guardi, me ne sono accorto, lo fissi di nascosto, ostentando quello che sembra autentico disgusto.

Non pretendo che mi abbracci, mi sembrerebbe strano, ora che ti ho conosciuto. No, non voglio questo, non voglio cambiarti.

Mi basterebbe uno sguardo, papà.

Mi basterebbe un sorriso appena accennato.

Chiedo forse troppo?

Io ci sto provando a comportarmi da figlio, davvero.

Perché tu non ti sforzi di fare il padre?

Voltati, guardami, ti prego.

Vorrei riuscire a sciogliere la gabbia di ghiaccio che imprigiona il tuo cuore, papà. Non ci riesco. La mamma ci è riuscita. Spero che anche il piccolo Trunks, quello che ha ancora il suo papà, possa riuscirci e che tu gli dia tutto quello che io non sono riuscito a ottenere.

Vorrei correre tra le tue braccia e stringerti, sentire per una volta il calore di una stretta diversa da quella della mamma, così delicata e dolce. Vorrei che fossi tu ad abbracciarmi per una volta.

Ma non sono uno stupido, capisco di chiedere troppo.

Capisco di non poter pretendere tanto.

Ma uno sguardo, papà, che ti costa?

Guardami, ti prego.

Sospiro.

Non potrò mai essere il figlio che vorresti.

Non sono forte abbastanza da renderti orgoglioso, non sono nulla ai tuoi occhi. Nemmeno perdi tempo a guardarmi.

Mi volto anche io, dandoti le spalle.

Non mi hai guardato, non mi guarderai mai.

L’orgoglio che avrei tanto voluto vedere lampeggiare nei tuoi occhi continuerà ad essere solo un sogno.

Angolo Autrice

*sbuca da un angolino buio*

Ehm… Ciao! ^-^

Grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui! ^0^

Allora, questa è la mia prima storia nel fandom di Dragon Ball, ma, avendone lette molte, mi rendo perfettamente conto che non sia affatto originale, anzi. Solo, mi è venuta l’ispirazione e dovevo scriverla, perdonatemi se non è gran ché ^^”

Parla del rapporto tra Vegeta e Mirai Trunks, in un momento non ben definito e dal punto di vista di quest’ultimo. Ho provato a mettermi nei panni di un ragazzo che non riceve alcun tipo di approvazione dal padre che ha sempre desiderato poter avere accanto, ma che quando finalmente ha la possibilità di conoscerlo lo scansa. Spero di esserci riuscita, ma non sono troppo convinta :’)

Ringrazio tutti coloro che hanno letto e un grazie speciale a chi spenderà un po’ del suo tempo per lasciare una recensione.

A presto!