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Autore: Cialy    08/12/2007    3 recensioni
Durante la sua vita, Eden non aveva mai saputo cosa volesse davvero dire controllarsi.
[Sylar/Eden]
Genere: Generale, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eden McCain, Mr. Bennet, Sylar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi della storia non mi appartengono e vengono utilizzati non a scopo di lucro, ma semplicemente per divertimento.

 

Beta: IoSonoSara

 

Note: Ambientata durante la puntata 1x11.
Eden è troppo figa per non essere shippata. Tutto qua. E questa doveva essere una double-drabble, ma… ehm.

Sarei felice di sapere cosa ne pensate :D 

 

_____________________________

 

 

Falling Down

 

 

Durante la sua vita, Eden non aveva mai saputo cosa volesse davvero dire controllarsi. Dal primo momento in cui aveva appreso di essere capace di qualcosa di speciale, da quando aveva scoperto di avere un potere meraviglioso, controllarsi non era stato necessario. Erano gli altri quelli su cui esercitare coercizione, la loro volontà era quella da plasmare in base alla propria.

 

L’arrivo della Compagnia, però, aveva cambiato le cose, recuperandole proprio quando stavano per volgere al peggio.

Mr. Bennet era arrivato a proporle l’accordo esattamente l’attimo prima che lei precipitasse nel buio, che la perdita di controllo fosse completa e non le lasciasse salvezza. Le aveva mostrato una via d’uscita e lei, all’istante, aveva deciso di intraprenderla e venirne fuori.

Le aveva ricordato cosa volesse dire avere la piena padronanza di sé, dominare gli istinti, i desideri, scegliere la via più giusta e non quella più allettante.

Eden aveva appreso tutto, era riuscita a mettere da parte il proprio potere quando non era richiesto, obbediva agli ordini, sapeva restare in silenzio quando la situazione lo richiedeva. Il controllo faceva di nuovo parte della sua vita.

 

Poi, quella notte, avevano catturato Sylar.

Eden aveva fatto l’errore di guardarlo, per un solo attimo – ed era bastato, quel misero attimo –, con gli occhi di una ragazza, invece che di un membro della Compagnia. Aveva percepito la sua forza, che continuava ad emanare anche chiuso in cella e indebolito dai sedativi, la sua pericolosità, e si era resa conto di quanto quell’uomo le ricordasse la sua vita passata. Aveva visto il cambiamento rispetto al Gabriel Gray che, molto tempo prima, il Dottor Suresh le aveva presentato.

E non solo si era sentita intimorita, ma anche incredibilmente affascinata.

E la sua capacità di controllo, ancora una volta, stava vacillando.

 

Sylar, chiuso in quella stanza, rappresentava una tentazione costante a cui, assolutamente, non poteva permettersi di cedere. Non era come una bottiglia di vodka o un’auto sportiva da lanciare a tutta velocità sulla strada, ma un assassino, e Eden se lo ripeteva ogni volta che le difese sembravano abbassarsi e il desiderio farsi più forte.

Devi controllarti, aggiungeva, ricorda cos’ha detto Mr. Bennet.

È l’assassino del padre di Mohinder!, continuava, ancora e ancora, come ripetendosi un mantra in grado di difenderla.

E resisteva, anche se avvertiva crescere l’urgenza di una soluzione definitiva.

 

«Dobbiamo ucciderlo, lasciamelo fare,» ripeteva a Noah, ma lui non voleva darle ascolto, sostenendo che bisognava controllarsi, che il volere della Compagnia era più importanti.

Ma Eden perdeva colpi, ogni ora di più, e vie d’uscita non riusciva a vederne. Poteva solo occuparsi personalmente della faccenda, muoversi di propria iniziativa, fregandosene degli ordini. Puntare gli occhi in quelli di Sylar e indurlo a farsi fuori era la soluzione migliore – migliore per molta gente – a cui riusciva a pensare.

Così decise di agire.

 

Ma quando qualcosa andò storto e si ritrovò nelle sue mani, le possibilità di riuscita si ridussero drasticamente. Sylar l’aveva in pugno, a breve avrebbe potuto aprirle la testa e prendersi quel potere che tanto amava. Eden non lo avrebbe permesso.

Non mi avrai mai, fu il suo ultimo pensiero, prima di puntarsi la pistola alla testa ed esercitare l’ultima forma di controllo su se stessa possibile: uccidersi.

  
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